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Anatolia - Le origini
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E-book584 pagine7 ore

Anatolia - Le origini

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Info su questo ebook

Il volume conduce l'appassionato di archeologia, il viaggiatore curioso, ma anche lo studente universitario o l'archeologo professionista in un affascinante viaggio alla scoperta della più antica preistoria dell'odierna Turchia. Pur nella rigorosità dei dati scientifici il libro è infatti pensato come un racconto e una vera e propria guida, capace di fornire sia un'introduzione generale agli aspetti storico-culturali della preistoria della penisola anatolica, sia un inquadramento dei singoli siti e musei archeologici che hanno restituito e conservino tracce delle culture umane sviluppatesi tra Paleolitico inferiore e la fine del Neolitico.

Il volume è suddiviso in tre parti: Prima parte: fornisce un inquadramento geografico, climatico e paleoambientale dell'area, per poi ripercorrere in ordine cronologico lo stato delle conoscenze sulla preistoria anatolica. La ricca illustrazione affronta, per ciascuna fase cronologica, diversi temi che rendono più comprensibile e piacevole la narrazione, quali tecniche di sopravvivenza, strategie di caccia, approvvigionamento delle materie prime, riti e culti, forme d'arte, strategie di occupazione del territorio e di impiego/produzione delle risorse.

Seconda parte: raccoglie brevi descrizioni e informazioni utili, oltre a ubicazione e recapiti, sui siti archeologici, le aree e i musei dell'odierna Turchia dove sono conservati e visibili materiali e strutture della preistoria antolica, illustrati nella prima parte del libro.

Terza parte: un vero e proprio dizionario archeologico trilingue (italiano/turco/inglese), per fornire al viaggiatore e allo studioso un utile strumento per una migliore comprensione di testi di pannelli, didascalie e indicazioni durante la visita a siti e musei della Turchia. Non esistendo ad oggi un dizionario archeologico italiano/turco, questa appendice del volume potrà essere particolarmente utile a studenti universitari e non solo nella loro attività professionale.
LinguaItaliano
Data di uscita4 dic 2012
ISBN9788897264170
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    Anteprima del libro

    Anatolia - Le origini - Andrea De Pascale

    Colophon

    Tutti i diritti riservati

    Copyright ©2012 Oltre edizioni

    ISBN 978-88-97264-09-5

    Titolo originale dell’opera:

    Anatolia

    di Andrea De Pascale

    Collana * passato remoto

    diretta da Roberto Maggi

    Prima edizione dicembre 2012

    L'autore: Andrea De Pascale

    Andrea De Pascale è archeologo, Conservatore del Museo Archeologico del Finale (Finale Ligure Borgo - SV). Laureato in Conservazione dei Beni Culturali (indirizzo archeologico) presso l'Università degli Studi di Genova, ha conseguito nello stesso Ateneo un Dottorato di Ricerca in Scienze Storiche. Svolge diversi progetti di ricerca, in Italia e in Turchia, nei quali si occupa di preistoria e protostoria, archeologia ambientale, archeologia delle cavità artificiali, storia della ricerca archeologica. Intensa la sua partecipazione a congressi scientifici nazionali e internazionali con presentazione di relazioni, oltre allo svolgimento di conferenze, seminari e lezioni presso istituti di cultura e scuole di ogni ordine e grado. Pone particolare attenzione alla divulgazione scientifica, curando eventi per il Festival della Scienza di Genova e realizzando articoli per le riviste Archeo, Medioevo e Il Giornale dell'Arte. È Ispettore Onorario del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, membro del Centro Studi Sotterranei di Genova e della Commissione Nazionale Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana, rappresentante delegato dell'Istituto Internazionale di Studi Liguri presso l'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. È co-curatore di 4 volumi e autore di oltre 100 articoli su monografie, atti di convegni, riviste scientifiche italiane e straniere.

    Note bibliografiche

    Monografie

    2008 - DE PASCALE A., AROBBA D. (a cura di), Il Neolitico - Le Guide del Museo Archeologico del Finale, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Finale Ligure, 152 pp.

    2008 - DE PASCALE A., DEL LUCCHESE A., RAGGIO O. (a cura di), La nascita della Paletnologia in Liguria: personaggi, scoperte e collezioni tra XIX e XX secolo, Atti del Convegno (Finale Ligure Borgo, 22-23 settembre 2006), Bordighera-Finale Ligure, 384 pp.

    2011 - AROBBA D., DE PASCALE A., MURIALDO G., Guida al Museo. Un racconto iniziato 350mila anni fa… - Le Guide del Museo Archeologico del Finale, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Finale Ligure, 32 pp.

    2011 - BIXIO R., DE PASCALE A. (a cura di/eds), Ahlat 2007: indagini preliminari sulle strutture rupestri / Ahlat 2007: preliminary surveys on the underground structures, BAR - British Archaeological Reports - International Series 2293, Oxford, 170 pp.

    In preparazione

    2012 - BIXIO R., DE PASCALE A. (a cura di/eds), Ahlat 2008: seconda campagna di indagini sulle strutture rupestri / Ahlat 2008: second campaign of surveys on the underground structures, BAR - British Archaeological Reports - International Series, Oxford.

    Articoli e saggi di studio (selezione tra oltre 100 titoli)

    A. DE PASCALE, 2002, Enrico Alberto D’Albertis: come un semplice touriste diventa dilettante archeologo, in G. DEVOTO (a cura di), Trasparenze, 16/2002, Edizioni San Marco dei Giustiniani, Genova, pp. 87-94.

    A. DE PASCALE, 2004, Studio preliminare dei mazzuoli litici della miniera preistorica di Monte Loreto. Analisi formale e classificazione, in E. GIANNICHEDDA (a cura di), Metodi e pratica della Cultura Materiale: produzione e consumo dei manufatti - Atti della Scuola Interdisciplinare delle Metodologie Archeologiche (S.I.M.A.), IISL, Bordighera, pp. 53-58.

    A. DE PASCALE, 2004, «Hammerstones from early copper mines»: sintesi dei ritrovamenti nell'Europa e nel Mediterraneo orientale e prime considerazioni sui mazzuoli di Monte Loreto (IV millennio BC - Liguria), in Rivista di Studi Liguri, LXIX (2003), Bordighera, pp. 5-42.

    A. DE PASCALE, 2004, I Liguri. Un antico popolo europeo tra Alpi e Mediterraneo, in R. C. DE MARINIS - G. SPADEA (a cura di), I Liguri. Un antico popolo europeo tra Alpi e Mediterraneo, Guida breve della mostra, Skira, Milano, 48 pp.

    A. DE PASCALE - R. MAGGI - C. MONTANARI - D. MORENO, 2006, Pollen, herds, jasper and copper mines: economic and environmental changes during the IV and III millennium BC in Liguria (NW Italy), in Environmental Archaeology - The Journal of Human Palaeoecology, 11-1, pp. 115-124.

    L. CORTESOGNO - A. DE PASCALE - L. GAGGERO - R. MAGGI - M. PEARCE, 2006, Strumenti litici per estrazione mineraria: il caso di Monte Loreto (IV millennio BC), in Atti XXXIX Riunione Scientifica Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Materie prime e scambi nella preistoria italiana (Firenze, 25-27 novembre 2004), Firenze, pp. 683-695.

    R. MAGGI - A. DE PASCALE - M. A. GUIDO - T. MANNONI - C. MONTANARI - D. MORENO, 2006, Per un’archeologia delle Cinque Terre, in S. F. MUSSO - G. FRANCO (a cura di), Guida agli interventi di recupero dell’edilizia diffusa nel Parco Nazionale delle Cinque Terre, Marsilio Editori, pp. 45-59.

    A. DE PASCALE, 2007, Spunti e riflessioni per una storia delle prime ricerche paletnologiche nel Finalese, in Rivista di Scienze Preistoriche LVII (2007), Firenze, pp. 379-398.

    R. BIXIO - A. DE PASCALE - S. SAJ - M. TRAVERSO, 2007, Tre acquedotti sotterranei in provincia di Genova, in Opera Ipogea 1/2007 - Carta degli Antichi Acquedotti Italiani, pp. 85-94.

    R. BIXIO - A. DE PASCALE - S. SAJ - M. TRAVERSO, 2008, Sotto il cuore delle città. Speleologia urbana, in L. CAPOCACCIA ORSINI - C. IACOPOZZI (a cura di), Acque sotterranee delle grotte, dei ghiacciai e delle città, Erga Edizioni, pp. 169-202.

    A. DE PASCALE - M. VENTURINO GAMBARI - S. BOARO, 2009, Giovanni Battista Amerano e la sua collezione, in D. GANDOLFI - M. VENTURINO GAMBARI (a cura di), Colligite fragmenta: aspetti e tendenze del collezionismo archeologico ottocentesco in Piemonte, Atti del Convegno (Tortona, 19-20 gennaio 2007), Bordighera, pp. 217-228.

    A. DE PASCALE, 2009, Enrico Alberto D’Albertis (1846-1932) e la sua collezione archeologica, in D. GANDOLFI - M. VENTURINO GAMBARI (a cura di), Colligite fragmenta: aspetti e tendenze del collezionismo archeologico ottocentesco in Piemonte, Atti del Convegno (Tortona, 19-20 gennaio 2007), Bordighera, pp. 325-330.

    R. BIXIO - A. DE PASCALE, 2009, Archeologia delle cavità artificiali: le ricerche del Centro Studi Sotterranei di Genova in Turchia, in Archeologia Medievale, XXXVI, pp. 129-154.

    A. DE PASCALE, 2010, Sille, Mahkemeağcin e Yeşilöz: tre aree con cavità artificiali nella Turchia centrale, in Opera Ipogea, 2/2010, pp. 27-42.

    A. DE PASCALE - R. BIXIO, 2011, Under and inside Ahlat: the KA.Y.A. (Kaya Yerleşimleri Ahlat) Project, in A. BAŞ - R. DURAN - O. ERAVŞAR - Ş. DURSUN (eds.), "XIV. Ortaçağ ve Türk Dönemi Kazıları ve Sanat Tarihi Araştırmaları Sempozyumu Bildirileri (Proceedings of the XIV. Symposium of Medieval and Turkish Period Excavations and Art Historical Researches - 20/22 Ekim/October 2010), Selçuk Üniversitesi - Edebiyat Fakültesi - Sanat Tarihi Bölümü, Kömen Yayınları, Konya, pp. 173-190.

    A. DE PASCALE, 2011, La Preistoria e la nascita dei musei in Italia. Un intenso dialogo, in Forma Urbis, Anno XVI, 11, Editorial Service System, Roma, pp. 18-24.

    R. BIXIO - F. BULGARELLI - A. DE PASCALE - M. TRAVERSO, 2011, Problemi metodologici e tecniche speleologiche applicate all’archeologia: il caso del pozzo romano di Vado Ligure (Savona), in Opera Ipogea", 1-2/2011, pp. 275-282.

    Introduzione di Andreas M. Steiner

    Con Anatolia. Le origini, l'autore ha tagliato un traguardo. Ed è riuscito a farlo non soltanto cimentandosi in un'impresa nient'affatto scontata – quella di presentare un argomento nuovo, con il quale il lettore italiano, fino ad oggi, non ha mai potuto coltivare alcuna consuetudine – ma anche, e soprattutto, perché ha scritto un libro. Mi spiego meglio: le pagine che seguono sintetizzano, grazie alla raccolta e all'esposizione di una mole impressionante di dati, le conoscenze su un territorio chiave per la preistoria e protostoria del Vicino Oriente antico e, come si vedrà, dell'umanità in genere; sono il risultato di letture, di ricerche, di colloqui con i protagonisti delle scoperte, di numerosi viaggi e di sopralluoghi compiuti nel paese e nei diversi siti archeologici. Più di quanto basterebbe, dunque, per assolvere al compito di redigere un ottimo testo scientifico, di cui, in verità, si avvertiva da tempo la necessità (unica altra fonte di consultazione agile cui possono ricorrere gli stessi studiosi – e il pubblico interessato – è, in lingua inglese, l'Oxford Handbook of Ancient Anatolia, pubblicato nel 2011).

    La vera intenzione dell'autore – ne siamo più che convinti – non era però solo di scrivere un erudito handbook di preistoria, ma di affrontare il racconto, o meglio i racconti, di un epoca che, paradossalmente, per sua stessa definizione rifugge dalla possibilità di essere narrata. È proprio la costante attenzione dell'autore verso la componente narrativa che fa di Anatolia. Le origini non solo un ottimo manuale – e, nella seconda parte del volume in cui sono elencati tutti i siti e i musei preistorici della Turchia, una vera e propria guida del territorio – ma, principalmente, un libro da leggere come un romanzo, dalla prima all'ultima pagina.

    Mi piace pensare che alla riuscita del volume abbia contribuito, anche solo in minima parte, la frequentazione ormai pluriennale dell'autore con le pagine della nostra rivista Archeo. Sono invece certo che la motivazione principale a compiere l'impresa sia da ricercare proprio là, in quella terra non troppo lontana, in quel ponte tra Europa e Asia che è, oggi, la moderna Turchia, e nelle sue straordinarie rivelazioni archeologiche: ai messaggi criptati del celebre insediamento neolitico di Çatal Höyük – pietra miliare dell'archeologia preistorica e vera scoperta del secolo scorso (nel luglio di quest'anno il sito è stato inserito nella lista del Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO) – si sono aggiunte, in anni recentissimi, le immagini scolpite sui pilastri monolitici del complesso di Göbekli Tepe.

    Un primo bilancio delle esplorazioni dei monumenti nei pressi di Şanliurfa, in Turchia sud-orientale, è stato presentato in un volume di questa collana (Klaus Schmidt, Costruirono i primi templi, Oltre Edizioni, 2011). Databili al X millennio a.C., si tratta, come ricorda Andrea De Pascale – dei più antichi esempi di architettura religiosa conosciuti finora e che dal punto di vista dell'organizzazione sociale e della complessità tecnologica che sono state alla base per la loro realizzazione possiamo confrontare solo con edifici assai più 'moderni' di alcune migliaia di anni, come la celebre Stonehenge. Il significato dirompente delle scoperte di Göbekli Tepe – come sostiene Roberto Maggi nella premessa al volume appena citato – va ben oltre i confini disciplinari dell'archeologia. E per avvicinarsi alla comprensione di questo luogo speciale – e del suo ruolo potenzialmente rivelatore per la ricostruzione di quel momento epocale rappresentato dalla cosiddetta rivoluzione neolitica – i lettori italiani dispongono oggi, con il presente volume, della migliore delle guide possibili.

    Andreas M. Steiner

    Direttore di Archeo – Attualità del Passato

    Nota linguistica

    Nella stesura del libro si è cercato di riportare con attenzione i nomi dei luoghi secondo l’ortografia della lingua turca. Per facilitare la comunicazione con i madrelingua turchi, qualora il lettore si trovasse a chiedere loro informazioni su una località, si riportano di seguito alcune indicazioni necessarie a pronunciare correttamente i nomi.

    Nel Turco moderno, nato dalla riforma linguistica avviata nel 1928 su impulso del partito nazionalista e del padre fondatore della Repubblica di Turchia Mustafa Kemal Atatürk, sono impiegati i caratteri dell’alfabeto latino in sostituzione di quelli arabi precedentemente adottati. Le parole turche non hanno un vero e proprio accento, ma generalmente l’ultima sillaba viene letta accentata.

    L’alfabeto turco è composto da 29 lettere e a ciascuna corrisponde un suono preciso. Di queste 8 sono vocali (a, e, i, ı, o, ö, u, ü).

    Le lettere che hanno piena corrispondenza in italiano e in turco, ossia che si pronunciano allo stesso modo, sono: a, b, d, e, f, i, l, m, n, o, p, r, t, u, v.

    Le lettere c, g, h, s, z, pur esistenti in italiano, non hanno la nostra stessa pronuncia mentre le lettere ç, ğ, ı, j, k, ş, y, ö, ü, non esistenti in italiano, hanno ovviamente pronuncia propria, ottenibile secondo gli esempi seguenti:

    c = si pronuncia sempre come la g palatale italiana, ossia come ge, gi; esempio: cam (vetro) si dice giàm.

    ç = ha il suono della c palatale italiana, ossia ce, ci, cia, cio, ciu; esempio: çok (molto) si dice cioc.

    g = ha il suono della g gutturale italiana, ossia duro come quello di gh; esempio: gece (notte) si dice ghegè.

    ğ con accento circonflesso rovesciato = non si pronuncia, ma prolunga il suono della vocale che la precede; esempio: çağ (epoca) si dice ciaa.

    h = ha un suono aspirato.

    ı = non ha un suono corrispondente in italiano. Il suono è una sorta di uh gutturale, prodotto tenendo la lingua piatta nella parte posteriore della bocca. È simile al suono che si crea se si prova a leggere la parola italiana frate staccando la f dalla r: f (ı) rate.

    j = corrisponde alla j francese di jeune, simile alla seconda g di garage.

    k = ha il suono della c gutturale italiana, ossia duro come in ca, co, cu, chi, che; esempio: kedi (gatto) si pronuncia chedì.

    ö = è simile al eu del francese o alla ö tedesca; esempio: göz (occhio) si dice geuz.

    s = corrisponde sempre in italiano alla s dura, ad esempio di sabbia e se al centro della parola va calcata prolungandone leggermente il suono.

    ş = si pronuncia sc o scia, sce, scio, sciu a seconda della vocale che segue; esempio: (lavoro) si dice isc.

    ü = è simile alla u francese o alla ü tedesca.

    y = si pronuncia come la i di iella.

    z = corrisponde sempre al suono della s dolce in italiano, ossia a quella di roseto.

    In base a quanto sopra descritto, quali ulteriori esempi si riportano alcuni nomi di siti archeologici con la relativa pronuncia:

    Can Hasan = gianhassàn

    Çatalhöyük = ciatalheuiùk

    Kaletepe = caletepè

    Körtik Tepe = keurtik tepè

    Köşk Höyük = keusck heuiùk

    Yeşilova Höyük = iescilova heuiùk

    Linee temporali

    Premessa

    Ultima regione europea e prima terra asiatica. Estrema propaggine dell'Asia e ingresso all'Europa. Da qualsiasi parte la si guardi, da qualunque parte vi si giunga lasciandosi alle spalle un mondo per dirigersi verso un'altro, quella che oggi chiamiamo Turchia è sempre stato un luogo con una propria dimensione, seppure sospeso tra Oriente e Occidente, con contraddizioni dalla grande forza ammaliatrice, cui è difficile sottrarsi. Viaggiatori e condottieri di ogni epoca non seppero resistere. Le verdeggianti coste del Mar Nero contrastano di certo con gli altopiani semidesertici e innevati per molti mesi all'anno dell'est, la frastagliata costa mediterranea si oppone alle forme morbide e curiose dell'area centrale. Pur nelle sue differenze, ognuno di quei luoghi ha ininterrottamente rappresentato per l'Uomo un territorio abbondante di ricchezze. Non mancano, del resto, risorse minerali, vegetali e animali, in quel susseguirsi di paesaggi e ambienti diversi, ma sempre prolifici. Se a quello che la natura ha fatto da sé, uniamo quanto l'Uomo ha aggiunto e plasmato dall'incontro e dal dialogo con queste terre, emerge con potenza una delle caratteristiche fondamentali dell'odierna Turchia. Risorse culturali, che si sono ben presto iniziate a stratificare nella lunga storia umana e che ancora oggi, proprio come continuano a fare i suoi panorami, affascinano l'Uomo, incuriosiscono il viaggiatore e stimolano lo studioso a porsi nuove domande e a ricercare le opportune risposte.

    La Turchia, quella che gli antichi chiamavano Asia o Asia minor e che dal X secolo d.C. divenne l'Anatolia, il paese dove sorge il sole, se è vero che per la sua posizione tra due continenti è stata sempre una via di passaggio, un ponte tra culture, popoli e religioni, non è vero che sia stata solo un corridoio. Qui, fin dalla Preistoria — come vedremo — si sono sviluppate molte di quelle innovazioni della società che, diffondendosi a macchia d'olio verso terre lontane, hanno cambiato il corso della storia e plasmato il destino di un'infinità di persone.

    Queste pagine potrebbero condurre verso i fasti della corte ottomana e le sue abitudini, con quel misterioso fascino che hanno sempre avuto, soprattutto sugli occidentali, o spingersi precedentemente alle roboanti battaglie e conquiste da parte dei nomadi dell'Asia centrale, al seguito di Tamerlano o degli eserciti devastatori di Gengis Khan, che pur nell'imprevedibile e altrettanto rapida scorreria attraverso montagne e pianure dell'Anatolia, prima di tornare nelle steppe da cui si erano mossi, lasciarono sprazzi della loro millenaria cultura, della loro lingua e dei loro colori che ancora oggi emergono girovagando per la Turchia.

    Le parole che compongono questo libro potrebbero soffermarsi su singoli personaggi e sui loro insegnamenti, le loro eredità culturali e spirituali, come quella del mistico persiano Jalāl ad-Dīn Muhammad Rūmī, noto come Mevlana, il cui azzurro intenso delle ceramiche che rivestono il suo mausoleo a Konya è divenuto un simbolo della tolleranza da lui predicata.

    Continuando a scendere nel tempo, potremmo arrivare a ripercorrere le gesta dei Selgiuchidi, che nel 1071 invasero la penisola anatolica entrando dal Lago di Van, donando ai posteri alcuni dei più eccezionali esempi di architettura sacra, come le tombe di Ahlat, e civile, quale l'ospitale di Divriği a est di Sivas, aprendo queste terre all'Islam e spazzando via quell'ormai già decaduto Impero bizantino, che tanti fasti e monumenti di incommensurabile bellezza e arditezza aveva saputo produrre. Dall'immensa cupola di Aya Sofia ai mosaici di San Salvatore in Chora, alle pitture rupestri delle chiese della Cappadocia immerse in un paesaggio da fiaba, tra rifugi di eremiti e monaci, villaggi e città sotterranee ancora da scoprire nella loro interezza.

    O ci si potrebbe spingere nelle propaggini orientali per riscoprire i capolavori lasciati dalla cultura armena e dal suo inscindibile legame alla cristianità, con le eccezionali testimonianze della chiesa sull'isola di Akdamar realizzata nel X secolo durante il regno di Gagik Ardzrouni, o la città di Ani, nei pressi di Kars, con le sue rovine.

    E ancora, perdersi tra le innumerevoli testimonianze delle due grandi civiltà classiche del Mediterraneo, che proprio qui hanno affidato alla storia alcune delle maggiori prove della loro capacità ingegneristica, della maestria tecnica e di quel modello estetico che ancora ci pervade così a fondo: Efeso, Didyma, Mileto e Pergamo, Sardi, Hierapolis e Afrodisia, Perge, Side e Zeugma. Molte di queste città si trovano in quelle stesse regioni, o lungo quelle stesse coste, che videro l'eccezionale realizzazione di sepolcreti monumentali nell'antica Frigia (Midas şehri — Eskişehir, Ayazini — Afyonkarahisar e Kütahya in Anatolia occidentale) risalenti all'VIII secolo a.C. e in Licia (Kaunos — Dalyan, Myra, Termessos e Tlos — Antalya, in Anatolia sud-occidentale), a partire almeno dal V secolo a.C.

    Un ulteriore passo indietro ci condurrebbe tra le tante e complesse società che, a cavallo tra la storia e la preistoria, furono responsabili di alcune delle fondamentali innovazioni tecnologiche e culturali a cui tutte le civiltà che seguirono furono debitrici. Il perfezionamento della metallurgia, l'organizzazione statale, l'ordinamento della scrittura: Urartu e Ittiti, con le loro città, le loro mura e fortezze, sepolture e documenti.

    Le pagine che seguono, però, non vogliono accompagnare alla scoperta di tutto questo.

    Molti altri autori, dall'antichità ad oggi, hanno con le loro parole saputo rendere omaggio a quell'immenso patrimonio culturale, visitato ogni anno da milioni di persone in costante aumento, e riconosciuto dall'Unesco nella lista del Patrimonio Mondiale dell'Umanità attraverso undici luoghi simbolo. I beni archeologici e storici presenti nella lista Unesco sono le aree storiche di Istanbul, le tradizionali case turche in legno di Safranbolu, Hattuša la capitale degli Ittiti, le chiese rupestri di Göreme e i siti rupestri della Cappadocia, la grande moschea e l'ospedale di Divriği, il monte Nemrut con il tumulo funerario di re Antioco I di Commagene. Ed ancora, Xanthos capitale della Licia tra il 700 ed il 300 a.C. e Letoon uno dei centri religiosi più importanti dell'antichità, le formazioni calcaree di Pamukkale e le rovine ellenistico-romane di Hierapolis, l'antica città di Troia nota per la guerra descritta da Omero nella sua Iliade, la Moschea di Selimiye a Edirne, uno dei più straordinari esempi di architettura ottomana realizzati dal grande Mimar Sinan fra il 1568 ed il 1574. Nel luglio 2012 anche Çatalhöyük, la più antica città del mondo, risalente al Neolitico, è entrata nella lista Unesco.

    Altri trentasette testimoni del passato e delle culture che hanno abitato queste terre sono stati individuati e rimangono in attesa di nomina da parte dell'Unesco. Tra i siti candidati si trovano proprio alcuni di quei luoghi che hanno conservato eccezionali testimonianze della storia umana più antica, delle quali questo libro vuole essere una chiave di scoperta. L'Anatolia, oltre alle celebri e irripetibili dimostrazioni culturali delle epoche più vicine a noi, precedentemente evocate come in un rapido volo, è stata la culla, fin dalla più remota preistoria, a partire da almeno 1 milione di anni fa, di tappe fondamentali del nostro passato. Ci muoveremo, così, nelle pagine di questo libro, tra la Grotta Karain e Göbekli Tepe, due dei trentasette siti prossimi ad aggiungersi al Patrimonio Mondiale dell'Umanità, oltre che fra tanti altri, ancora meno noti al grande pubblico e, purtroppo, alle volte anche agli studiosi.

    Questo volume si pone l'ambizioso obiettivo di illustrare, per la prima volta in italiano e dopo pochi casi a livello mondiale (i recenti Ancient Turkey di Antonio Sagona e Paul Zimansky del 2009 e The Prehistory of Asia Minor: from complex hunter-gatherers to early urban societies di Bleda S. Düring del 2010, preceduti nel 1996 da Early Turkey. Anatolian Archaeology from Prehistory through the Lydian Period di Martha Sharp Joukowsky), la Preistoria dell'odierna Turchia.

    I volumi sopra citati hanno una classica impostazione da manuale universitario e i curatori hanno a volte attuato scelte particolari, come nel caso dell'opera di Düring che offre un'analisi archeologica dell'Asia Minore, limitandola però al periodo compreso tra 20mila e 2mila anni fa ed escludendo completamente le regioni orientale e sud-orientale, fondamentali — come vedremo — per la preistoria anatolica. Il pionieristico lavoro della Sharp Joukowsky risente, invece, ormai degli innumerevoli e fondamentali passi in avanti che la ricerca preistorica ha compiuto in Turchia proprio dopo il 1996.

    Queste pagine — pur nella rigorosità dei dati scientifici basati sulla più ampia e aggiornata bibliografia disponibile — sono state pensate come un racconto e una vera e propria guida per condurre l'appassionato di archeologia, il viaggiatore curioso, ma pure lo studente universitario o l'archeologo professionista, alla scoperta della lunga e complessa preistoria dell'intera Anatolia, dove sarà naturalmente compresa anche la piccola parte europea storicamente nota come Tracia.

    Il libro è organizzato in tre parti e desidera fornire sia un'introduzione generale agli aspetti storico-culturali, sia una presentazione dei singoli siti e musei archeologici che conservano tali testimonianze.

    La prima parte vuole dare un inquadramento geografico, climatico e paleoambientale dei territori presi in esame, per poi ripercorrere in ordine cronologico — a partire dalle più antiche dimostrazioni del Paleolitico inferiore (1 milione di anni fa circa) fino alla conclusione del Neolitico — inizi del Calcolitico (5500 a.C. circa), periodo precedente il sorgere delle grandi civiltà — lo stato delle conoscenze sulla preistoria dell'Anatolia.

    La seconda parte è strutturata come una proposta di visita tematica all'odierna Turchia.

    Dopo aver raccolto il quadro più esauriente possibile dei luoghi d'interesse preistorico, attraverso la prima parte del libro, qui saranno presentate le aree archeologiche attrezzate alla visita e quei musei che raccolgono le testimonianze dei luoghi precedentemente illustrati. Siti archeologici e musei saranno raggruppati non in ordine cronologico, ma in diversi itinerari suddivisi per regioni o macro-regioni, in alcuni casi realmente percorribili in una giornata.

    La terza parte del libro è, infine, pensata come un dizionario archeologico trilingue (italiano/turco/inglese). Considerato che molti musei e siti archeologici presentano solo pannelli e didascalie in lingua turca, questa sezione del libro vuole offrire al lettore/viaggiatore un utile strumento che lo aiuti nella comprensione durante la visita. Inoltre, non esistendo ad oggi un dizionario archeologico italiano/turco (mentre ne esistono un paio turco/tedesco/inglese e uno turco/francese), questa appendice del volume desidera essere particolarmente utile a tutti quegli studenti universitari e professionisti italiani che hanno deciso di dedicare alla preistoria dell'odierna Turchia la loro attenzione e passione.

    Tra terra, acqua e fuoco: origine e caratteristiche dell'Anatolia

    Una terra di montagne

    Con i suoi quasi 800mila chilometri quadrati, in gran parte circondati dal mare con più di 8mila chilometri di coste, la Turchia è prevalentemente un territorio di imponenti montagne (dağ) e vasti altipiani (yayla). Il superbo paesaggio anatolico riflette notevoli diverse caratteristiche, da zona a zona, che hanno portato ad individuare — geograficamente parlando — sette differenti regioni (bölge) (fig. 1 e fig. 2): da est a ovest, l'Anatolia orientale (Doğu Anadolu Bölgesi), l'Anatolia sud-orientale (Güneydoğu Anadolu Bölgesi), la regione del Mar Nero (Karadeniz Bölgesi), l'Anatolia centrale (İç Anadolu Bölgesi), la regione mediterranea (Akdeniz Bölgesi), l'Anatolia centro-occidentale o egea (Ege Bölgesi) e la regione di Marmara (Marmara Bölgesi). La loro conoscenza è assai utile alla comprensione della preistoria anatolica, in quanto considerare le varie qualità fisiche e bioclimatiche di questa terra, permette di meglio abbracciare le interazioni che si svilupparono tra territori, culture e società nel corso del tempo.

    Fig. 1 . Le sette region i della Turchia (base cartografica R. Bixio, elaborazione di A. De Pasacale).

    Fig. 2 . Le provincie della Turchia (base cartografica R. Bixio, elaborazione di A. De Pasacale).

    Da un punto di vista geologico la Turchia è sempre stata influenzata dai movimenti tettonici di alcune delle placche che compongono la crosta terrestre, responsabili della significativa attività sismica di questa area e connessi anche ai numerosi fenomeni vulcanici che hanno plasmato gran parte del territorio. Le grandi catene montuose che dominano la Turchia e caratterizzano i suoi paesaggi trovano la loro origine proprio negli spostamenti delle placche africana e arabica, che premendo su quella anatolica, egea ed euroasiatica, hanno in milioni di anni — e continuano a farlo — modellato questi luoghi. La placca arabica si sposta verso quella euroasiatica spingendosi a nord e andando così contemporaneamente a premere verso ovest sulla placca anatolica, che a sua volta incontra in corrispondenza del mar Egeo la placca africana che la spinge proprio al di sotto del mare.

    Le principali catene montuose oggi all'interno dei confini della Turchia sono (fig. 3):

    Fig. 3 . Le principali catene montuose e i maggiori fiumi della Turchia (base cartografica R. Bixio, elaborazione di A. De Pasacale).

    i monti Pontici (Doğu Karadeniz Dağları) anche detti la Catena del Mar Nero (Karadeniz Sıradağları) e il Tauro (Toros Dağları) o Catena del Tauro (Toros Sıradağları), di cui fa parte anche l'Anti-Tauro o Tauro Orientale (Aladağlar o Aladağ). Il monte Ararat (Ağrı Dağı) è il più alto monte della Turchia con i suoi 5165 metri di quota, al confine orientale con l'Armenia, ma numerose sono le altre alte vette, sia a nord tra i monti Pontici, con i 3937 metri del Kaçkar Dağı, sia nella regione meridionale dove troviamo il Demirkazik nell'Aladağ che raggiunge i 3756 metri. Ma allargando lo sguardo al di là dei moderni confini nazionali, per meglio comprendere le caratteristiche di questa vasta area e di come esse poterono influire sulla storia umana, non si possono non considerare a nord-est la Catena del Caucaso — che si allunga per oltre 1000 km tra il mar Nero e il mar Caspio e che forma gli aspri e incredibili paesaggi tra la Russia meridionale, la Georgia, l'Armenia e l'Azerbaigian, con la sorprendente cima del monte Elbrus (5642 m) e numerose altre vette al di sopra dei 5000 metri — e a sud-est i monti Zagros che, al limite tra Iraq e Iran, scendono fino al Golfo Persico.

    In Anatolia, le diverse placche della crosta terrestre si incontrano prevalentemente attraverso movimenti di scorrimento laterale, dando origine alle cosiddette faglie. Le linee di faglia est-ovest hanno determinato passaggi e zone di transito fondamentali che hanno favorito, fin dalla preistoria, le vie di comunicazione. Anche numerosi passaggi orientati nord-sud, che si aprono tra le montagne e gli altopiani centrali, sono connessi alla presenza di altre ampie faglie perpendicolari alle prime.

    Una terra di fuoco e acqua

    I movimenti tettonici, come accennato, sono pure la causa dell'intensa attività vulcanica che ha donato all'Anatolia luoghi di indescrivibile bellezza e suggestione, come la Cappadocia, con le sue curiose formazioni tufacee, o l'enorme cratere del Nemrut Dağ nei pressi di Tatvan (Lago Van) con la sua caldera di 8 chilometri di diametro che oggi cela un lago a 3000 metri di quota, da non confondere con l'omonima montagna nella provincia di Adıyaman, che invece conserva il tumulo funerario di re Antioco I di Commagene vegliato da colossali statue in pietra. I vulcani e il loro dinamismo hanno, inoltre, permesso la formazione di numerosi affioramenti minerali metallici, che rendono la Turchia una delle più ricche aree del Medio Oriente per tali risorse: rame, piombo, ferro, argento, oro.

    Pure l'ossidiana, un vetro naturale la cui formazione è dovuta al rapido raffreddamento delle lave, è per l'uomo uno di quei positivi prodotti del vulcanismo, ampiamente presente nella Turchia centrale e orientale, che venne sfruttato fin dalla prima preistoria.

    È risaputo, però, che senza acqua non vi può essere vita, e nonostante le grandi capacità di adattamento ai climi più estremi, sviluppate dal genere umano nella sua lunga evoluzione, anche l'uomo non è indifferente a tale elemento della natura. Si può sopravvivere senza acqua, ma non vivere costantemente. E l'acqua, tranne che in rarissimi casi, anche quando parrebbe non esserci, in realtà non manca e non è mancata in queste terre. Il Kızılırmak, il fiume rosso, l'antico Halys, è il più lungo fiume della Turchia con i suoi oltre milletrecento chilometri che dal confine tra l'altopiano anatolico orientale e quello centrale lo portano a scorrere nel cuore del Paese, fino a poi sfociare nel Mar Nero. Oltre alla presenza di altri grandi fiumi, quali Tigri (Dilce), Eufrate (Fırat), Kura e Araxes (Aras), è l'elevata quantità di neve che durante gli inverni copre montagne e altipiani centrali e orientali a garantire la vita, attraverso lo scioglimento primaverile e l'alimentazione delle sorgenti.

    Oggi, il clima della Turchia racchiude diverse situazioni tra estremi opposti. Dalle coste piuttosto umide occidentali, che non conoscono praticamente mai fenomeni di gelo, alle montagne e agli altipiani orientali, con il freddo pungente e la neve che li ricopre per molti mesi all'anno, dalle abbondanti precipitazioni (2500 mm annuali) del Mar Nero, alle aree semi-aride degli altipiani centrali. Tutti questi differenti habitat sono alla base della grande varietà biologica che contraddistingue l'Anatolia, vero spartiacque tra Europa e Asia da questo punto di vista. La ricchezza faunistica, così come quella botanica che oggi registra oltre 11mila specie diverse di piante, è una ricchezza fondamentale di queste terre, e lo è stata anche nel passato, pur con profonde differenze.

    Un mosaico di paesaggi

    Se rivolgiamo l'attenzione alla copertura vegetale non si può non notare come, attualmente, gran parte delle regioni siano deforestate. Nonostante ciò, circa il 70% del territorio mantiene una potenzialità di sviluppare e conservare una copertura forestale. Se andiamo a considerare gli studi paleoecologici e archeobotanici compiuti in diverse aree del paese, soprattutto attraverso trivellazioni in alcune delle zone umide che ancora si conservano, non si può non notare come in tutta la Turchia il paesaggio, la copertura vegetale, siano stati influenzati dall'uomo nel corso del tempo. Tali trivellazioni hanno permesso di estrarre lunghe sequenze di sedimenti che sono state sottoposte a diverse analisi, in particolare allo studio del polline, attraverso il quale è possibile ricostruire la copertura vegetale del passato e, indirettamente, ricavare informazioni più ampie sul clima. Considerato che in Anatolia, e in generale nel Mediterraneo orientale, la sopravvivenza della vegetazione è strettamente legata a un ciclo di piogge d'inverno e ad una siccità estiva, nell'interpretare i diagrammi pollinici bisogna tenere conto delle differenze di necessità di precipitazioni delle quali abbisognano i diversi tipi di piante. In genere gli alberi ne richiedono una quantità maggiore rispetto agli arbusti e alle erbe, per cui periodi in cui un

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