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Reborn
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E-book166 pagine2 ore

Reborn

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Info su questo ebook

Rebekah, accusata di omicidio, viene rinchiusa in una prigione all'apparenza normale, ma che in fondo nasconde spaventosi enigmi che porteranno la ragazza a ribaltare le regole di un gioco pericoloso trovandosi a fare i conti con un passato ancora presente ed un futuro incerto. Tyler, invece, orfano di una ricca famiglia vive in un rinomato collegio che, purtroppo, non gli permette di uscire.

Entrambi rinchiusi lontani, ma al contempo vicini, contro la loro volontà, scopriranno presto di essere due vite parallele unite dallo stesso destino e che il mondo nasconde oscuri segreti che rendono l'amore un sentimento macchiato di addii, dolori e sacrifici.

I due si troveranno ad affrontare cose mai viste prima ritrovandosi protagonisti di un'avventura entusiasmante ricca di azione e colpi di scena cercando di dare risposta ad una sola domanda: "Può la morte non rappresentare la fine?"
LinguaItaliano
Data di uscita5 gen 2018
ISBN9788827804988
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    Anteprima del libro

    Reborn - Regina Rocca

    resta.

    1

    Dai finestrini oscurati di quell’auto la giornata sembrava più buia e grigia di quanto già non fosse.

    Rebekah era seduta sul sedile posteriore, indossava una canotta nera che le risaltava la pelle chiara dipinta da svariati tatuaggi e, ogni tanto, le spalle scoperte le si appiccicavano ai grandi sedili neri a cui era appoggiata.

    I lunghi capelli biondi erano legati in un’alta coda di cavallo e il trucco era molto scuro e marcato al punto da far sembrare i suoi occhi verdi due meravigliosi smeraldi.

    Al posto di guida l’autista non disse nemmeno una parola per tutto il viaggio.

    <> borbottò lei senza ottenere risposta.

    Aprì gli occhi di colpo, si era addormentata.

    Davanti a loro si stava aprendo un vecchio cancello molto alto, intorno vi erano solo alberi.

    L’auto entrò lentamente in un viale sterrato completamente immerso nella boscaglia, ci vollero parecchi minuti di marcia prima che il bosco fitto diventasse sempre più rado fino a diventare un grande prato verde. In fondo ad esso si innalzava un enorme edificio, sembrava un castello con torri e statue che ne decoravano la facciata anteriore, più si avvicinavano più quest’ultimo diventava imponente.

    <> bisbigliò lei ammirandolo.

    Però l’auto non si fermò e continuò la marcia costeggiandone il lato destro. Le vetrate erano decorate da dipinti antichi e grandi archi facevano da cornice a delle vecchie porticine. Poco più avanti, sotto una di esse, vi era una scalinata, raggiungendola si intravidero due persone. Prontamente Rebekah abbassò la testa per non farsi vedere, quando, poco dopo, si ricordò che i vetri erano oscurati e che nessuno avrebbe potuto vederla.

    L’auto avanzava molto lentamente e lei poté vederli bene, erano due ragazzi, entrambi con la stessa divisa, sembravano più piccoli di lei e uno dei due portava dei grandi occhiali rotondi con cui stava leggendo un libro mentre l’altro giochicchiava con una penna.

    Superarono anche il retro del castello e imboccarono un’altra piccola stradina sterrata in mezzo agli alberi, questa volta la vegetazione divenne sempre più fitta e la stradina quasi impraticabile. Le buche erano talmente profonde che con un contraccolpo una ciocca dei suoi capelli si sfilò dalla coda e le cadde sul viso, per sistemarla sollevò entrambe le mani fermandosi un paio di secondi a fissare i suoi polsi ammanettati.

    La macchina aveva smesso di traballare e stava viaggiando su un prato incolto e decisamente non curato per poi fermarsi poco più avanti.

    Il guidatore scese dall’auto e senza dire una parola aprì la portiera posteriore, prese Rebekah per un braccio e la fece uscire.

    <> disse lei scrollandosi dalla presa e mettendosi dritta.

    Alzò lo sguardo e davanti a lei c’era un altro edificio, simile a quello che aveva visto in precedenza, ma più piccolo ed abbastanza malmesso.

    In alto vi erano grandi punte e vecchie statue quasi nascoste dalla nebbia, piccole finestre ferrate e dell’edera ne decoravano i lati. Nessun rumore si sentiva nei dintorni.

    Rebekah trasalì al suono dell’auto che veniva accesa e che, quasi subito, si allontanò.

    Rimase per un attimo sola guardandosi attorno fino a quando il portone d’ingresso si aprì. Era un vecchio portone di legno, molto alto e sicuramente molto pesante, lei, nonostante fosse alta quasi un metro e ottanta si sentiva una formica a confronto. Ne uscì un ragazzo completamente vestito di nero, rasato e con un filo di barba. I vestiti attillati lasciavano intravedere i muscoli definiti e sembrava non avere più di trent’anni.

    Scese i 5 gradoni d’ingresso e la raggiunse: <>, lei non fece in tempo a rispondere che voltandole le spalle le ordinò: <>

    Rebekah farfugliò sarcastica: <>, alzò le spalle e lo seguì.

    Appena entrò lui le chiuse il portone alle spalle, aveva un bacio tatuato sul collo e questo la fece sorridere.

    <>, le disse prima di sparire in una stanza affianco.

    Per qualche minuto Rebekah si guardò intorno, il soffitto era molto alto, ai lati c’erano solo un paio di porte e davanti a lei una grande scalinata che portava al piano superiore.

    <>

    Da quella scala stava scendendo una donna sui cinquant’anni, era molto distinta ed elegante, aveva i capelli castani decorati da qualche ciocca grigiastra raccolti in uno chignon, portava una camicetta bianca ed una gonna marrone lunga fino alle caviglie.

    La raggiunse e, tirando fuori una piccola chiave dal taschino della camicia, con un sorriso molto dolce le disse: <>, aprendole le manette.

    Rebekah la ringraziò massaggiandosi i polsi.

    <>, disse la signora iniziando a salire i gradini, Rebekah la seguì.

    In fondo alla rampa di scale vi era un corridoio che terminava con una porta. <>

    Le due proseguirono raggiungendo un altro piano <>

    La scala continuava, ma questa volta era più lunga, sembrava non finire mai. Al termine vi era solo una porticina in cui le due entrarono. <>, disse la signora andando dietro la scrivania.

    Rebekah si stava per sedere sulla sedia quando venne fermata da un: <>

    Come se niente fosse eseguì l’ordine e la signora iniziò a parlare con un tono di voce molto calmo.

    <The Village, il villaggio. Fondato dal mio bisnonno nel 1700. Qui studierai, farai attività fisica e verrai rieducata per essere riammessa in società.>>

    <>, la interruppe Rebekah ridendo.

    Ignorandola continuò: <>

    <>

    <>

    La Miss prese una scatola da sotto la scrivania, sopra di essa era incollata una targhetta con scritto Rebekah, la aprì e ne tirò fuori degli abiti: <>, disse porgendogliela.

    Rebekah la prese e la guardò per bene. Erano vari indumenti tutti uguali, t-shirt, felpa e gonna blu scuro senza scritte o disegni.

    <>

    <>, annuì lei.

    <>

    <>

    <>

    <>, rispose Rebekah mettendo la mano sul ciondolo che portava al collo.

    <>

    Rebekah contrariata si tolse la collana, la strinse nelle mani, la guardò ancora una volta e la diede alla direttrice che la mise prontamente nella scatola.

    <>

    <>

    <>

    <>, tirando fuori dei fazzoletti dall’elastico dei leggins.

    <>

    Rebekah stranita le diede anche quelli.

    <>, le rispose mettendoli nella scatola. <>, aprendo il cassetto sulla sinistra tirò fuori due dischetti di cotone e glieli porse, erano inumiditi <>

    Rebekah storcendo il naso iniziò a togliersi il trucco scuro dagli occhi <>, le disse sghignazzando mentre toglieva l’ombretto dall’occhio sinistro.

    La signora, senza dire una parola, gliene porse altri tre.

    In quel momento qualcuno bussò alla porta.

    <>

    Nella stanza entrò il ragazzo che aveva visto in precedenza.

    <>, disse lui facendo un cenno con il capo.

    <>

    La signora chiuse la scatola che aveva sulla scrivania e salutò Rebekah: <>

    <>, disse il ragazzo voltandosi.

    Entrambi uscirono dalla stanza e iniziarono a scendere la lunga scalinata.

    Rebekah lo seguì con la divisa in una mano mentre con l’altra si toglieva il trucco dall’altro occhio.

    <>, chiese lei senza ottenere risposta.

    Arrivarono al piano principale di fronte all’entrata e si diressero verso una delle due piccole porte ai lati. Dietro quest’ultima vi erano delle scale strette e sporche che portavano al piano inferiore.

    Arrivati in fondo, Rebekah si trovò davanti ad un corridoio circondato da tante porticine. Erano tutte uguali, piccole, quadrate, marroni e visibilmente molto vecchie. Fecero circa dieci metri prima di fermarsi davanti ad una di esse.

    <>, le aprì la porta e se ne andò.

    <>, borbottò Rebekah entrando nella stanza.

    Era una camera di pochi metri quadrati arredata solamente da un piccolo letto sul lato sinistro, su cui appoggiò i vestiti che aveva in mano. I muri erano grezzi e ingrigiti e il soffitto molto basso. C’era una piccolissima finestra davanti a lei, raggiungendola e guardando fuori capì che si trovava sotto terra e che, quella finestrella, le permetteva di vedere solo poco più in alto dell’erba. Alla sua destra vi era un piccolissimo bagno senza porta in cui vi erano solo un piccolo water, con un piccolo bidet e con un altrettanto piccolo lavandino senza specchio su cui era poggiato un bicchiere contenente dentifricio e spazzolino.

    Tornò al letto, si sfilò le scarpe e si tolse i pantaloni, prese la canottiera per i bordi e se la sfilò velocemente. Si mise la t-shirt e la gonna ed andò al lavandino a sciacquarsi la faccia dai residui di trucco e struccante.

    <>, borbottò guardandosi con la divisa addosso.

    2

    <>, chiese la professoressa agli alunni nell’aula del collegio senza ottenere risposta.

    <>

    <<1249…?>>, rispose il ragazzo con un tono tutt’altro che convinto.

    <>, chiese ad un altro ignorando la risposta precedente.

    <<1492.>>

    <>

    La professoressa continuò a spiegare mentre Tyler faceva dei piccoli disegni su alcuni fogli .

    Tyler era un ragazzo moro con gli occhi azzurri, aveva la mascella squadrata e le labbra carnose, era adorato dalle ragazze e invidiato dai ragazzi. Aveva un solo amico fidato, Diego, un ragazzo di diciannove anni con i capelli e gli occhi castano chiaro, abbastanza muscoloso, ma non altissimo.

    I due uscirono insieme dall’aula percorrendo il corridoio per raggiungere la mensa.

    <>

    <>

    <>, rispose Diego dandogli una spallata.

    I due risero ed entrarono in mensa.

    Anche Rebekah in quel momento si trovava in

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