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Doppio delitto (eLit): eLit
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E-book357 pagine5 ore

Doppio delitto (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Jackie è incinta, ma pur amando con tutto il cuore Paul, padre del bambino e suo compagno da due anni, non intende sposarlo. Anzi, il suo desiderio di indipendenza è tale che decide di comprarsi una piccola casa in un tranquillo quartiere residenziale. Un giorno, mentre lavora in giardino, Jackie scopre due scheletri sepolti da molto tempo, e il fatto che uno appartenga a un neonato la colpisce in modo particolare. Così, dopo aver appurato che la morte delle vittime risale a circa trent'anni prima, decide di chiedere al suo capo il permesso di aprire le indagini, nonostante la gravidanza avanzata. Ma le domande che rivolge ai vicini sono troppo insistenti, troppo... Serie "Jackie Kaminsky" - Vol. 4

LinguaItaliano
Data di uscita30 dic 2014
ISBN9788858928240
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    Anteprima del libro

    Doppio delitto (eLit) - Margot Dalton

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Fourth Horseman

    Mira Books

    © 1999 Dalton Enterprises Ltd

    Traduzione di Maria Claudia Rey

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2001 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5892-824-0

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Durante la notte era piovuto, una fresca pioggia primaverile che aveva portato via le ultime tracce di neve. Adesso le strade di Spokane odoravano di pulito, di erba fresca, di nuovo.

    In piedi accanto alla macchina di servizio, con le mani in tasca, Jackie Kaminsky osservava il tranquillo quartiere residenziale. Era alta e ancora snella benché il suo corpo fosse appesantito dalla gravidanza. Aveva corti capelli neri e un bel viso in cui spiccavano gli occhi scuri, gli zigomi alti e la pelle ambrata, retaggio di molte origini diverse.

    Il suo sguardo era fisso su una graziosa casa a due piani dallo steccato un po’ scrostato. Le mura della casa erano bianche, gli stipiti e le persiane verde scuro. Da un lato c’era un pergolato di legno ricoperto di vite americana, e un cancello che portava al giardino sul retro. Tutt’intorno alla casa e al giardino c’era una siepe che cominciava a ricoprirsi di tenere foglioline verdi.

    Jackie si premette una mano sul ventre. Ormai era all’ottavo mese, e le pareva di poter riconoscere la forma di un piedino o di un braccio quando il bambino si muoveva.

    «Ti piace?» sussurrò al minuscolo essere che cresceva dentro di lei. «Forse questa sarà la nostra casa, sai. Io credo proprio che ce la compreremo.»

    Non appena ebbe pronunciato ad alta voce quelle parole fu percorsa da un piccolo brivido. Si guardò attorno, e proprio allora arrivò un’altra macchina che si fermò dietro la sua. Ne uscì una donna che prese una valigetta ventiquattr’ore dal sedile posteriore prima di avvicinarsi a Jackie. Era piuttosto robusta e portava un lungo cappotto nero con uno scialle gettato su una spalla. I piedi erano stretti in un paio di scarpe nere dal tacco molto alto, e i suoi capelli avevano un’improbabile sfumatura rosso tiziano.

    «Salve» disse la donna tendendo la mano. «Immagino che lei sia la signorina Kaminsky, vero? Io sono Lola Bridges.»

    «Mi chiami Jackie» mormorò lei stringendo la mano dell’altra.

    «Lieta di conoscerla» affermò Lola Bridges frugando nella borsa. «Appena trovo le chiavi possiamo...»

    In quel momento arrivò un altro veicolo, il guidatore parcheggiò davanti alla macchina di Jackie e lei lo guardò con la gola improvvisamente arida.

    Dal camioncino, le cui fiancate erano sporche di fango e fili di paglia, scese un uomo molto alto e robusto. La pallida luce del sole d’aprile brillava sui lisci capelli biondi e sulla bella faccia dagli zigomi scolpiti. Benché appesantito dai grossi stivali e dalla giacca imbottita, l’uomo camminava con quella grazia atletica che a Jackie faceva invariabilmente venire il batticuore.

    Lo fissò mentre si avvicinava e si sentì quasi svenire per la tenerezza. Avrebbe voluto gettarsi fra le sue braccia e nascondere la faccia contro la sua spalla, ma la riservatezza ebbe come sempre il sopravvento e Jackie si limitò a sorridergli, cauta.

    Gli occhi scuri di lui la scrutarono da capo a piedi, poi si soffermarono sul suo ventre prominente con uno sguardo così colmo d’amore e di nostalgia che Jackie rimase senza fiato. Non appena si vide scoperto, Paul si rivolse alla donna per farle un educato cenno di saluto.

    «Questo è Paul Arnussen» disse Jackie all’agente immobiliare. «È un mio... un amico a cui ho chiesto di dare un’occhiata alle fondamenta e agli impianti della casa per controllare che siano in ordine. Paul, ti presento Lola Bridges.»

    Lui strinse la mano di Lola mentre lei lo guardava con la bocca aperta per l’ammirazione.

    Jackie sorrise tra sé. «Possiamo cominciare?» domandò. «Ho poco tempo, poi devo tornare alla centrale.»

    La donna si ricompose e trotterellò accanto a Jackie su per il vialetto d’accesso, mentre Paul esaminava l’esterno della casa.

    «Mi dicono che lei ha già visitato l’interno» disse Lola.

    «Sì, sono venuta ieri pomeriggio mentre la casa era aperta al pubblico.»

    «La mia segretaria mi ha riferito che c’è stata parecchia gente» continuò l’altra con un ampio sorriso professionale.

    «Infatti, una vera folla. A quanto pare, di questi tempi molti cercano case di questo genere.»

    Jackie si fece da parte mentre Lola apriva la porta d’ingresso con un mazzo di chiavi. Avvertiva la presenza di Paul dietro di loro sulla piccola veranda, e come sempre quando c’era lui anche il bambino sembrava sentire la vicinanza del padre e si muoveva con maggiore energia. Jackie fece una piccola smorfia sentendo un calcio più forte degli altri, poi entrò nell’atrio seguendo l’agente immobiliare.

    Lei e Paul si fermarono brevemente per sfilare gli stivali e deporli su un tappetino, poi seguirono Lola che li precedeva per le stanze accendendo le luci. Rimasta sola con Paul, Jackie si premette le mani sul ventre.

    «Questo bambino diventerà un acrobata» borbottò. «Non sta fermo un momento, mi sta facendo diventare matta.»

    Lui le lanciò uno sguardo intenso, poi si avvicinò e scostò i lembi della sua giacca per poggiarle una mano callosa sul ventre. Quando il bambino si mosse e scalciò, il bel volto di Paul si aprì in uno dei rari sorrisi che lo facevano tornare simile a un ragazzino.

    Poi il sorriso si spense e lui si ritrasse. «Stai bene?» domandò. «Non ti stai stancando troppo?»

    «Sto benissimo. Mi riposo, mangio spinaci e fegato anche se mi fanno orrore, e trangugio quintali di vitamine» replicò lei con forzata gaiezza. «Questo sarà il bambino più sano dell’universo.»

    Lui parve sul punto di aggiungere qualcos’altro o di toccarla di nuovo, ma in quel momento riapparve l’agente immobiliare con una cartellina in mano.

    «È una casa semplice, intima, con tutto il necessario per una giovane coppia» disse guardandoli incuriosita. «È un peccato che sia vuota... gli ultimi proprietari l’avevano arredata molto bene ed era davvero gradevole a vedersi.»

    «Se non le dispiace andrei giù a dare un occhio alla cantina» mormorò Paul. «Vorrei controllare le fondamenta.»

    Lola gli indicò una porta in fondo al corridoio e lui si allontanò rapido.

    «Avrei bisogno di sapere il costo degli atti notarili» disse Jackie.

    «Sì, certo, ho tutto qui con me. Possiamo esaminarli dopo che lei e il suo...» Lola esitò e abbassò lo sguardo sulla cartellina. «Dopo che tutti e due avrete dato un’occhiata alla casa.»

    «Grazie» rispose Jackie. Poi entrò nel piccolo soggiorno e osservò il caminetto di mattoni con la mensola di quercia lucida.

    Dalla finestra si vedeva la veranda, e un grande albero i cui rami sfioravano il parapetto.

    «È un frassino» disse la donna seguendo lo sguardo di lei. «D’estate fa ombra a tutta la facciata, e la casa è molto fresca.»

    Jackie immaginò la cupola di fronde verdi, le bacche, un’infinità di uccelli cinguettanti. Poi si volse e fece scorrere un dito sul bordo della boiserie che rico priva tutte le pareti fino a metà altezza.

    «Sembra perfino eccessivo, vero?» commentò l’agente. «Voglio dire, ho sempre pensato che fosse un po’ troppo per una casa modesta come questa.»

    Il commento negativo stupì Jackie. Forse Lola aveva anche altri compratori interessati alla casa, e voleva scoraggiarla?

    «Sembra che lei conosca molto bene questo posto» disse cercando di apparire noncurante.

    «In effetti è così. Mio padre vive qui accanto, ed è nel quartiere da più di venticinque anni. È così che ho avuto l’incarico, tra l’altro, perché lui è amico della coppia che vuole vendere la casa.»

    «Perciò lei è cresciuta in questo quartiere?»

    La donna fece un piccolo sorriso. «La ringrazio del complimento, ma non sono così giovane. Quando papà si è trasferito qui io ero già al college.»

    In quel momento Jackie sentì Paul che risaliva dalla cantina e raggiungeva il piano di sopra. Lo sentì camminare sopra le loro teste, poi lui ridiscese e si fermò sulla soglia del soggiorno.

    «Allora?» domandò lei.

    «Sembra tutto in ordine. Sulle pareti della cantina ci sono alcune crepe, ma non è insolito in un edificio un po’ vecchio. E poi sono crepe verticali, perciò non sono gravi. Se fossero in senso orizzontale allora sì che ci sarebbe da preoccuparsi.»

    Jackie sospirò sollevata.

    «Vuole scusarci un momento?» disse Paul all’agente immobiliare. Poi fece un cenno a Jackie e si avviò verso la cucina, camminando senza rumore nei pesanti calzettoni di lana.

    Lei lo seguì e si appoggiò al lavandino, guardando nervosamente verso il basso.

    Passarono alcuni istanti di silenzio teso.

    «Sei sicura di quel che fai, Jackie?» domandò lui alla fine. «È davvero questo che vuoi?»

    «Paul, non voglio discuterne di nuovo. Ne abbiamo parlato centinaia di volte e non abbiamo mai risolto niente.»

    «Già, perché tu non vuoi ragionare...» Poi, Paul strinse la mascella e si voltò a guardare fuori, con il profilo stagliato contro i vetri.

    Jackie provò un’improvvisa ondata di desiderio. Moriva dalla voglia di toccarlo, di accoccolarsi fra le sue braccia, di sentire il suo odore e il sapore della sua bocca. Si trattenne con immensa fatica e si girò per nascondere quell’attimo di debolezza, e quando parlò la sua voce era del tutto normale.

    «Non mi sento pronta a traslocare per venire a vivere al ranch con te» mormorò. «E non so dirti se mai lo sarò.»

    «Perché?» ribatté lui fissandola. «Continui a dirmi che il ranch ti piace, o sbaglio?»

    «Non far finta di non capire. Il punto non è il ranch, è che...»

    «Che non vuoi impegnarti» terminò Paul quando Jackie si interruppe. «So bene quanto ti fa paura, e sa il cielo quante volte ne abbiamo discusso. Solo che non credevo che tu arrivassi fino a questo punto.»

    «Quale punto, scusa?»

    «Al punto di voler crescere un figlio senza padre.»

    «Io non voglio affatto crescere questo bambino senza di te!» esclamò lei. «Potrai vederlo tutte le volte che vorrai!»

    «Mi fa piacere saperlo» ribatté lui secco. «Visite settimanali, e magari una telefonata la sera quando lui sarà un po’ più grande. Bella prospettiva.»

    Jackie ignorò il sarcasmo, dato che la discussione era la stessa di sempre. «Ma non voglio nemmeno farlo crescere in un appartamento in città» riprese lei, come se Paul non avesse parlato. «Perciò credo che una casetta come questa sia la soluzione ideale.»

    «Be’, io invece penso che sia un grosso errore. Penso che dovreste vivere con me, tutti e due. Voglio che questo bambino cresca in casa mia, e voglio che noi due ci sposiamo. È quello che ho sempre voluto, e che sempre vorrò.»

    «Non credo che dovremmo parlarne adesso, e...»

    «Lo so quello che credi» fece lui stancamente, interrompendola con un gesto. «E sono stanco di discutere con te. Sono stanco di tutte le tue paure, di tutti i demoni di cui non ti sei ancora liberata. Vorrei solo che mi dessi la possibilità di farti capire che con me puoi essere sicura e protetta. Perché non vuoi nemmeno tentare?»

    Per un attimo lei immaginò di cedere, di trasferirsi al ranch di Paul, di dormire con lui ogni notte e allevare insieme il loro bambino. Ma quell’immagine così allettante fu cancellata dalla solita, familiare fitta di terrore.

    Jackie Kaminsky era sempre stata una solitaria. Se restava sola, poteva badare a se stessa senza il rischio di essere abbandonata o tradita. Il pensiero di mettere la propria vita nelle mai di qualcun altro, fossero anche quelle dell’uomo che amava, la terrorizzava.

    «Per favore, non facciamo così» lo pregò distogliendo gli occhi da quelli intenti di lui. «Per adesso parliamo della casa, va bene?»

    «Certo, va bene» fece lui freddo. «È una casetta solida e graziosa. Se vuoi comprarla, fallo. Probabilmente potrai anche averla a un buon prezzo.»

    Poi si voltò e lasciò la cucina, e lei lo seguì e lo osservò mentre salutava brevemente Lola Bridges, infilava gli stivali, usciva e montava sul suo furgoncino sbattendo la portiera.

    «Dio, che bell’uomo» alitò Lola guardandolo dalla finestra mentre lui metteva in moto. «Ha detto che è un suo... un suo amico?»

    «È il padre del bambino che aspetto» tenne a precisare Jackie. «Adesso le spiace se parliamo del mio contratto? Sa, non ho molto tempo.»

    Così si sedettero nella macchina di Lola ed esaminarono i formulari e i documenti sparsi sul sedile, mentre l’agente faceva rapidi conti su una calcolatrice tascabile e prendeva appunti su un blocco.

    «Qual è il suo lavoro, Jackie?» domandò dopo un poco.

    «Sono una detective della polizia di Spokane.»

    «Davvero?» esclamò Lola corrugando le sopracciglia depilate. «E da quanto tempo?»

    «Sono stata promossa detective quattro anni fa, ma lavoro nella polizia da quattordici anni, cioè da quando ne avevo venti.»

    «Ed è sempre stata a Spokane?»

    «No. Ho cominciato come agente di pattuglia a Los Angeles, dove sono nata. E dopo circa cinque anni mi sono trasferita qui.»

    «Che lavoro interessante» commentò la donna. «Quanto guadagna all’anno, più o meno? Capisce, devo saperlo per calcolare quanto può ottenere di mutuo» aggiunse vedendo che Jackie esitava.

    «La somma base è quarantamila dollari l’anno, ma con gli straordinari aumenta parecchio. Di solito ne guadagno tremila netti al mese, calcolando tutte le trattenute.»

    «E che somma può dare come anticipo?»

    «Ho messo da parte undicimila dollari, ma vorrei tenerne duemila da parte per quando arriva il bambino.»

    «Certo, capisco. Novemila dollari è una cifra più che adeguata.» Lola continuò a prendere appunti, poi aggiunse: «Perciò, se riusciamo a trattare un po’ sul prezzo, potremmo arrivare a un mutuo di ottantamila dollari. Il che, calcolando tasse e interessi, porterebbe a una cifra mensile di circa settecento dollari. Un po’ meno del venticinque per cento delle sue entrate mensili».

    «E la banca mi concederà una cifra del genere?»

    «Oh, penso di sì. Anzi, credo proprio che lei potrebbe ottenere anche un mutuo più alto, se volesse una casa un po’ più...» Lola fece una pausa. «Un po’ più nuova» concluse con tatto.

    Jackie sospirò. «Non voglio una casa più nuova» disse. «Mi piace questa.»

    «Ne è sicura?» insistette l’altra gettandole un’occhiata. «Non bisogna mai comprare al di sotto delle proprie possibilità, sa? Con il suo stipendio potrebbe permettersi qualcosa di meglio.»

    «Grazie, ma questa è la casa che voglio.»

    Lola aggrottò la fronte come se volesse continuare la discussione, poi abbozzò un ampio sorriso. «Bene, capisco. In questo caso dobbiamo solo fare un’offerta scritta e vedere che cosa riusciamo a ottenere, eh?»

    «D’accordo» fece Jackie, un po’ irritata dall’atteggiamento condiscendente della donna.

    Ma non osava inimicarsela più di tanto, perché al momento aveva la sensazione che in quelle mani paffute e cariche di anelli Lola Bridges tenesse il suo futuro e quello del suo bambino.

    «Quando pensa che dovrei parlare con quelli della banca?» domandò.

    «Al più presto, anche oggi se ha tempo. Dobbiamo sapere appena possibile se lei può garantire la sua solvibilità.»

    Jackie si sentì afferrare dall’ansia. La sua infanzia miserabile le aveva lasciato in eredità una continua preoccupazione riguardo al denaro, che ancora adesso non riusciva a scacciare del tutto.

    «È sicura che non ci saranno problemi per ottenere il mutuo?»

    «Al momento non ne vedo, a meno che lei non abbia una quantità di debiti o di rate da pagare.»

    «Ho solo le rate della macchina, ma ammontano a trecento dollari al mese e ho quasi finito. Mi mancano quattro o cinque mesi e poi è fatta.»

    «E nessun pagamento in sospeso, magari con le carte di credito?»

    Jackie fece segno di no. «Ne ho solo una, e saldo i conti ogni mese. Sono molto attenta con il denaro.»

    Il che era assolutamente vero. L’unica spesa esagerata consisteva nelle somme che mandava regolarmente a sua nonna, a Los Angeles.

    Dio solo sapeva per che cosa venivano adoperati quegli assegni. Irene Kaminsky giurava e spergiurava che aveva smesso di bere, e che il denaro veniva ver sato subito in banca e poi usato per la spesa, le bollette, il medico. Magari anche per rendere la vita un po’ più piacevole a lei stessa e ai due cugini di Jackie, Joey e Carmelo, due fannulloni che vivevano ancora con la nonna benché fossero entrambi più che maggiorenni.

    Anche Jackie era cresciuta nello squallido appartamento di Los Angeles, dopo che suo padre era scappato e la sua giovanissima madre era morta di overdose quando lei era poco più che una neonata. Irene Kaminsky aveva allevato lei e una serie di nipoti di varia origine, i cui capricci e le cui esigenze avevano inasprito ancora di più il suo carattere già difficile.

    Adesso, durante le sue rare visite alla nonna, Jackie non vedeva mai tracce del denaro che le mandava. C’era sempre qualche elettrodomestico che non funzionava, e il vetro di una delle finestre, mandato in briciole da uno sparo un paio di anni prima, era tuttora coperto da un vecchio pezzo di compensato.

    Sicuramente, Irene spendeva il denaro in vodka e partite a tombola. Ma se Jackie tardava a spedire il solito assegno riceveva regolarmente una telefonata aggressiva e accusatoria dalla vecchia signora; e dopo tanti anni ancora non riusciva a sopportare gli insulti di sua nonna senza soffrirne.

    A dire il vero questo era un altro degli argomenti su cui lei e Paul litigavano spesso.

    «Co... come?» balbettò rendendosi conto che Lola le stava dicendo qualcosa.

    «Volevo solo che firmasse qui, sulla linea tratteggiata.»

    Jackie guardò il formulario e il suo cuore si mise a battere come un tamburo, terrorizzato dall’impresa in cui si stava buttando.

    Lei che diventava proprietaria di una casa...

    Prese la penna di Lola e firmò in calce al documento.

    «Perfetto» disse la donna riponendo il foglio nella valigetta. «Adesso torno in ufficio e presento la sua offerta ai proprietari prima di pranzo. La chiamo appena ho una risposta, va bene?»

    «Grazie. Aspetterò la sua telefonata.»

    L’agente giocherellò nervosa con la leva del cambio. «Senta, quell’uomo... il suo amico...» si azzardò a chiedere in tono cauto.

    «Sì?»

    «Ecco, perdoni la mia curiosità, ma lei ha detto che è il padre del suo bambino... eppure mi par di capire che non avete intenzione di vivere insieme.»

    «Infatti.» Jackie osservò un magro gatto nero che si infilava sotto lo steccato e saliva sulla veranda della casa, poi la percorreva e usciva dall’altro lato della casa svanendo fra le siepi di lillà.

    «Le dispiace se le domando perché?»

    Mi dispiace eccome, pensò Jackie stupita. E parec chio, anche. Guardò il pesante trucco della donna, i suoi capelli tinti, i suoi abiti eccentrici, e si meravigliò che avesse il coraggio di fare una domanda tanto indiscreta.

    «Perché vede» continuò Lola in tono nostalgico, «se io avessi un uomo come quello non lo perderei d’occhio un solo minuto!»

    Jackie guardò di nuovo la mano sinistra della donna. Tra tutti gli anelli che adornavano quelle dita grassocce non c’era una fede nuziale.

    La sua irritazione cedette il posto a una riluttante simpatia. Lola Bridges sembrava una donna molto sola, e Jackie sapeva bene che cosa significasse la solitudine.

    «Paul e io siamo in disaccordo su parecchie cose» mormorò infine. «Lui possiede un ranch poco fuori Reardan, e vivere così lontano dalla città sarebbe difficile per me, visto che ho degli orari impossibili e devo essere sempre reperibile. Oltretutto lui non è entusiasta dell’idea di una moglie poliziotta, perché pensa che sia un lavoro troppo pericoloso, e se vivessimo insieme insisterebbe perché io dessi le dimissioni. Specialmente adesso che sono incinta.»

    «Però siete sempre amici?»

    Jackie pensò allo sguardo di Paul, così intenso e colmo di desiderio, alla sua collera evidente per l’acquisto di quella casa, alla tensione che regnava tra loro negli ultimi tempi.

    Non era facile spiegare a un’estranea le complessità di una relazione, la potente attrazione che univa un uomo e una donna e i disaccordi, le paure, le insicurezze che malgrado tutto rendevano impossibile una vita insieme.

    «Certo» disse. «Siamo buoni amici.»

    Lola sospirò. «Che cosa romantica.»

    «Romantica?» sorrise Jackie senza allegria. «Non sono sicura che userei questo termine per definire il nostro rapporto.»

    «Ma lui l’ama da morire» osservò Lola. «È pazzo di lei, lo si vede da come la guarda.»

    Jackie non rispose e consultò l’orologio. «Devo andare» annunciò dopo una pausa. Fece per scendere dalla macchina, poi si fermò. «Per caso non potrebbe lasciarmi la chiave? Mi piacerebbe dare un’altra occhiata alla casa, per conto mio.»

    «Be’, di solito non è permesso finché il contratto non è firmato, ma sa cosa le dico?» Lola le scoccò un sorriso cospiratore. «Posso farla entrare in casa prima di andarmene, e basta che lei chiuda bene la porta quando va via.»

    «Grazie» fece Jackie con gratitudine. «È molto gentile.»

    Seguì di nuovo la donna fino all’ingresso, restò a guardarla mentre si allontanava in macchina, poi entrò.

    Il bambino si mosse e le diede un paio di calci.

    «Bene, ragazzo mio, a quanto pare sta per succedere davvero» sussurrò con un sorriso. «E sai una cosa? Credo che abbiamo già anche un gatto.»

    Al momento non c’era traccia del gatto nero, ma lei aveva visto una certa aria di possesso nel modo in cui l’animale saliva gli scalini e attraversava la veranda. Ma... un gatto nero non portava sfortuna?

    Di nuovo, Jackie ripensò a sua nonna e alle sue innumerevoli superstizioni. Un gatto nero è un presa gio orribile, Jackie. Se ne vedi uno quando stai per cominciare qualcosa di nuovo, ti andrà sicuramente male...

    Cancellò risolutamente il ricordo sgradevole della vecchia arpia e passò da una stanza all’altra con un senso crescente di euforia.

    Stava accadendo davvero. Stava per comprarsi una casa. Per la prima volta in vita sua sarebbe stata proprietaria di qualcosa!

    Il sedile di quercia nell’incavo della finestra del soggiorno, la carta da parati a roselline, il bagno con la vasca dalle zampe di leone, l’albero del giardino: sarebbero stati tutti suoi.

    E lei amava già quella casa, con tutto il cuore.

    Salì al piano di sopra, nella cameretta che mentalmente aveva già destinato a nursery.

    La carta da parati era sbiadita e si staccava dalla parete di legno in lunghi brandelli.

    Lei e Paul avevano rinnovato insieme la tappezzeria della casa annessa al ranch, e forse poteva chiedergli aiuto anche per questa. Loro due erano una squadra affiatata, e fare quel lavoro in coppia sarebbe stato assai più facile che non lottare da sola con i rotoli di carta appiccicosa.

    Poi Jackie ripensò all’atteggiamento di lui di poco prima, alla sua disapprovazione e alla collera che aveva trattenuto a stento mentre se ne andava.

    «Mi sa che dovremo cavarcela da soli, tesoro» disse al bambino. «Il tuo papà non impazzisce di gioia all’idea che noi ci compriamo questa casa, e non sarebbe leale chiedergli di rinnovare la carta da parati.»

    Poi esaminò la stanzetta, scegliendo il punto in cui avrebbe messo la culla, il fasciatoio e il cassettone che aveva già comprato, un buffo mobile con delle graziose maniglie a forma di orsacchiotto.

    E mentre si avvicinava alla finestra provò un brivido improvviso, simile a un alito gelido sulla nuca. Si fermò ed esaminò i vetri, che erano ermeticamente chiusi. Le tendine di pizzo lacero pendevano immobili dalle bacchette.

    Sentì di nuovo un soffio gelato e un’irrazionale fitta di terrore, come se fosse in presenza di qualcosa di malvagio. Sporse la mano per vedere se dagli stipiti della finestra passava l’aria, ma non sentì nulla.

    E in quel momento la tenda si sollevò e ondeggiò lievemente, come mossa da un alito di brezza.

    Se una tendina si muove e la finestra è chiusa è un segno di cattiva fortuna, disse la voce della nonna nella sua mente. Significa che in quella camera qual cuno morirà presto.

    Jackie provò un’ondata di terrore così intenso che ne fu stupefatta. In passato non aveva mai badato troppo alle sciocchezze di sua nonna, ma evidentemente la gravidanza le stava facendo perdere il buonsenso.

    Uscì dalla stanzetta e scese di nuovo al pianterreno, camminando con decisione e respingendo l’impulso di guardarsi alle spalle.

    Ma continuò a tenere una mano protettiva sul ventre, e rabbrividì ancora dopo aver chiuso la porta ed essere uscita nel tiepido sole di aprile.

    2

    A mezzogiorno Jackie entrò nella sala operativa del distretto con due sacchetti in mano.

    Brian Wardlow sedeva alla sua scrivania in maniche di camicia, con la fondina in vista sotto l’ascella. La giacca e una cravatta a righe verde scuro erano appoggiate sulla spalliera della sedia. Il ripiano della scrivania era ingombro di cartelle e documenti, e la sua faccia di solito così allegra era pallida e affaticata. Le efelidi spiccavano su quel pallore come se fossero in rilievo.

    «Ti ho portato il pranzo» annunciò Jackie deponendo sulla scrivania gli hamburger e le patatine fritte che aveva comprato strada facendo.

    Lui annuì con aria assente, prese uno degli hamburger e cominciò a masticare, continuando a sfogliare la cartellina che aveva di fronte.

    «La tua gratitudine è davvero esagerata, Brian» commentò Jackie sedendo alla propria scrivania e aprendo il contenitore di insalata. Poi prese una

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