Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Tutte le ragioni del mondo
Tutte le ragioni del mondo
Tutte le ragioni del mondo
E-book141 pagine2 ore

Tutte le ragioni del mondo

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Il sessantenne Maurizio, un uomo dal cuore buono, vive solo nel suo piccolo appartamento, con alle spalle un bagaglio di vita, colmo di esperienze e ricordi, che rievoca continuamente durante il suo cammino. Trova in Cristina e Raffaele, vicini di casa, dei veri amici, con i quali instaura un rapporto sincero e profondo, lasciando un segno nella loro vita e in quella della figlia. La storia di Maurizio è la storia di tutti noi, di quanto i rapporti umani possano insegnarci, e di come la vita stessa possa essere fragile, come una farfalla, e a volte a solo un battito d'ali dalla morte.
LinguaItaliano
Data di uscita2 set 2020
ISBN9788831691437
Tutte le ragioni del mondo

Correlato a Tutte le ragioni del mondo

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Tutte le ragioni del mondo

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Tutte le ragioni del mondo - Ylenia Fabbio

    Cominciò a piovere di colpo, goccioloni cadevano sulla visiera del cappello con un tonfo sordo. Maurizio alzò il capo e scrutò il cielo: le nuvole grigie si rincorrevano veloci. Si alzò all’improvviso un forte vento. Meglio incamminarsi in direzione di casa. Gettò a terra il mozzicone di sigaretta e si alzò, con qualche fatica, dalla panchina. Una donna, con due bambini al seguito, correva verso il portico, in cerca di riparo. Tirò fuori dalla borsa degli ombrellini colorati. I ragazzini, un maschio e una femmina, li aprirono e Maurizio riconobbe le figure di un supereroe e di una principessa dei cartoni animati stampate sopra di essi. Si avviò quindi lungo la strada quando avvertì una fortissima folata di vento, seguita da delle grida.

    L’ombrello! Mamma, l’ombrello!

    L’ombrello di Spiderman terminò la corsa proprio ai suoi piedi. Maurizio si abbassò quanto bastava per prenderlo, data la rigidità alle articolazioni che non lo abbandonava più, e tornò indietro.

    Ecco. Tieni.

    Il bambino lo guardò con aria perplessa.

    Come si dice? Disse la madre.

    Gr… grazie.

    La donna lo ringraziò a sua volta, con un cenno del capo.

    Maurizio gli accarezzò la testa con il palmo della mano e lo salutò.

    Ciao passerotto!

    La donna si diresse verso una macchina parcheggiata poco distante, fece salire i bambini, e andò via. Maurizio seguì l’auto con lo sguardo finché scomparve dalla visuale e, ormai del tutto bagnato dalla pioggia, riprese a camminare. Nel breve tragitto che percorse incontrò diverse persone.

    Ehi, Maurì!

    La voce che gli suonava familiare in effetti era quella di Armando, un uomo che gestiva un banchetto di frutta e verdura.

    Buon Natale, Maurì!

    Anche a te!

    Vide anche Roberto, il macellaio, che portava fuori dal negozio la spazzatura. Camminava velocemente, cercando di ripararsi dalla pioggia con il braccio. I commercianti avevano decorato le vetrine dei negozi, e le lucine appese fuori ad adornare i balconi delle case rendevano magica l’atmosfera. Maurizio non si era nemmeno reso conto che fosse arrivato il Natale. Non solo perché da un po’ di tempo a questa parte aveva problemi di memoria, ma anche perché ogni giorno era uguale al precedente, e per lui semplicemente il tempo passava. Tuttavia quest’anno il suo Natale sarebbe stato diverso dagli altri. Si fermò al supermarket e comprò una bottiglia di vino. A lui la pioggia non dispiaceva, anzi, gli trasmetteva un senso di pulizia, come se un bell’acquazzone potesse in qualche modo ripulire la città da tutto lo sporco. In men che non si dica smise di piovere. Quando stava per girare la chiave nel portone, intravide una montagna di boccoli scuri da dietro la staccionata al piano terra. La testolina si nascose alla sua vista, divertita. La scorgeva nello spazio tra una stecca di legno e l’altra, che armeggiava con qualcosa tra le mani.

    Che fai?

    Stiamo finendo di mettere le lucine.

    Occhio a metterle in modo da non far inciampare Babbo Natale, mi raccomando!

    La ragazzina rise, e Maurizio notò i denti storti, accavallati uno sopra l’altro. La bambina, minuta e vivace, si chiamava Adele, e quei lunghi capelli, che ricordavano la chioma di una bambola di porcellana, le incorniciavano il viso angelico. Non ricordava precisamente quanti anni avesse, ma frequentava da poco la scuola elementare, forse la seconda, o la terza, perciò aveva sei o sette anni. Cristina, sentendo parlare, uscì fuori al terrazzino e raggiunse la figlia. Indossava la parannanza e aveva i capelli spettinati e tirati su con un mollettone. Scambiarono qualche parola e poi la donna gli ricordò del loro appuntamento.

    Ci vediamo domani sera, allora.

    Si. ci vediamo domani, cara. Ciao, passerotta!

    Ciao. Rispose Adele, con la sua vocetta delicata.

    Maurizio entrò nell’androne del palazzo popolare dove abitava, in un appartamento di due stanze, privo di ricordi, ma colmo di cianfrusaglie. Si accorse che c’era della posta nella cassetta, la aprì per vedere di cosa si trattava, mentre l’ascensore lo portava al quarto piano. Una lettera dal comune di Roma. La poggiò sul mobiletto vicino la porta d’ingresso, insieme al cappello e alle chiavi. L’avrebbe letta con più attenzione in seguito. Accese il televisore. Si lasciò cadere a peso morto sulla vecchia poltrona, dove c’era un foro sul bracciolo destro. Dapprima quel foro era piuttosto piccolo ma, da quando aveva cominciato a giocherellarci, infilando il dito nella stoffa, si era decisamente allargato. Quella poltrona sarebbe stata da buttare. Il beige ormai scolorito virava verso il bianco, e i fiori rossi cangianti erano divenuti quasi rosa. Ma la adorava. Gliel’avevano regalata anni prima i suoi vicini, Anna e Roberto, quando comprarono i mobili nuovi. Il piccolo appartamento era disseminato di scatoloni, contenenti ogni genere di cose, anche di poca utilità, che Maurizio aveva trovato o gli erano state regalate. Non gettava via nulla. Era una persona che si accontentava di poco, e con quel poco era felice. Quando spalancò gli occhi l’orologio sulla parete segnava le 2.23 del 25 dicembre. Si era addormentato di nuovo sulla poltrona, con la tv accesa. La mattina seguente, come al solito, si svegliò molto presto, vero le 7. Spazzò per terra, sistemò la cucina, e mise a fare la lavatrice. Indossò gli abiti migliori che possedeva. Un maglioncino nero, seminuovo, e un paio di jeans. Era il giorno di Natale e ci teneva a essere presentabile. Stava per infilarsi il solito cappello, per abitudine, ma realizzò che non era il caso. Meglio senza. Prese la bottiglia di vino dal frigorifero, e scese giù. Appena fuori il portone del palazzo, che dava sulla strada, c’era un cancello verde. Suonò, e il cancello si aprì. Varcò la soglia del terrazzino, adornato con lunghe file di lucine natalizie, e lo attraversò fino ad arrivare a un’altra porta, lasciata semiaperta.

    Permesso…

    Non appena mise piede nel salone avvertì il profumo invitante di ragù fatto in casa insinuarsi dolcemente nelle radici. Un maestoso albero di Natale, color argento, padroneggiava nell’ampio e spazioso salotto open space.

    Eccoti qua!

    Cristina gli andò incontro a braccia aperte, insieme a Raffaele. Aveva sciolto e lisciato i capelli, che le arrivano appena sopra alle spalle, e sembrava più bionda rispetto a quando li teneva raccolti. Sugli occhi, color nocciola, aveva applicato dell’ombretto scuro che ne intensificava lo sguardo. Difficilmente la vedeva truccata, e secondo lui non ne aveva bisogno perché la sua era una bellezza acqua e sapone.

    E’ qui la festa?

    Si scambiarono auguri e baci di rito.

    Accomodati, non fare complimenti. Gli disse Raffaele.

    Nonostante conoscesse ormai bene i De Angelis, e frequentasse la loro casa da tempo, Maurizio provava sempre un pizzico di reticenza, e aspettava il permesso anche per sedersi.

    Ti ho portato questo. Disse, porgendo a Cristina la bottiglia di vino bianco.

    Ti avevo detto di non portare nulla. Lo rimproverò lei.

    L’angolo cottura, seminascosto, precedeva uno stretto e lungo corridoio, ricoperto di foto di famiglia, che portava alla camera da letto, alla camera della bambina, e al bagno. L’appartamento era accogliente e arredato con gusto e cura dei dettagli. Raffaele chiamò la figlia, perché Maurizio aveva qualcosa da darle, e vedendo che non rispondeva lo accompagnò in camera sua. La vide seduta sul tappeto, con in mano qualcosa. Insieme al padre si erano divertiti a incollare stelline adesive sul soffitto, che di notte si illuminavano, ma dal quale di tanto in tanto se ne staccava una. Il suo lettino era ricoperto di pupazzi e peluche, e sulle pareti erano attaccati alcuni disegni. Ad Adele piaceva molto disegnare. Quando lo vide balzò in piedi e lo abbracciò.

    Maurizio!

    Indossava una salopette di jeans rossa, delle calze nere, e stivaletti lucidi rossi. La sollevò da terra giocosamente, mentre lei scalciava con i piedi.

    Mettimi giù!

    Somigliava sempre più al padre. Quando Maurizio lo sottolineò Cristina aprì le braccia in segno di resa.

    Magari il prossimo somiglierà a te, dai!

    … il prossimo?!?

    Cristina soffocò una risata. Dalla sua faccia si evinceva non fosse molto entusiasta all’idea.

    Non volete fare un altro passerotto?

    Raffaele rise e affermò che erano vecchi per fare un altro bambino.

    Vecchi? Ma che dici… hai trentanove anni… trentanove, giusto?

    Si.

    … E tu Cristina… Trenta…

    … cinque. Maurì, non gli mettere strane idee in testa.

    Adele gli mostrò il regalo che aveva ricevuto dai genitori, un gioco da tavola con cui disegnare, creare e realizzare dei veri e propri vestiti per bambole. Ma anche Maurizio aveva un pensiero per lei, e come glielo diede la ragazzina corse in salone dalla madre.

    Mamma, guarda!

    Oh… Forza, scartiamolo!

    La carta da regalo era rovinata in alcuni punti, s’intuiva c’era stata qualche difficoltà nell’incartamento. Si trattava di un album da disegno e una scatola di pennarelli con centoventi colori. C’erano tutte le sfumature esistenti di ogni colore, disposte in fila dal più chiaro al più scuro. Quando Adele li vide i suoi occhi si illuminarono come lanterne giapponesi nel buio del cielo.

    Grazie Maurizio!

    Raffaele stava aprendo il vino, quando Cristina disse a tutti di mettersi a tavola. Adele aiutò la mamma a servire gli antipasti, la lasagna al forno, la carne con patate e insalata. Durante il pranzo Maurizio ripensò per un momento alle festività che da bambino aveva trascorso in collegio, dopo che la madre vi aveva portato lui e suo fratello, e realizzò solo in quel momento che quando si era addormentato in poltrona aveva sognato sua madre. Si domandò perché proprio lei fosse venuta a fargli visita in sogno, e non Antonio. Poter godere di una tavola imbandita il giorno di Natale era qualcosa che non aveva mia vissuto per tutta la vita, ma erano le persone con cui condividerla il vero lusso. Perché a volte avere un amico significa molto più di ciò che si può credere, e Maurizio, che lo sapeva bene, sottolineava sempre, a chiunque, quanto fosse legato a quella famiglia.

    Allora, che mi racconti? Chiese a Raffaele, mentre condiva l’insalata con dell’aceto. Ti vedo un po’ deperito.

    Vedi?!? Esclamò lui, rivolgendosi a Cristina Te l’ho detto che sono dimagrito!

    Vedrai che in questa settimana di ferie rimetterai a paro. Ribatté lei, ridendo.

    Raffaele spiegò che in quel periodo c’era molto da fare in azienda, ma il personale era ridotto all’osso, e lavorare in quelle condizioni era decisamente stressante. Ogni pomeriggio quando rientrava era sempre sfinito.

    Non ho nemmeno il tempo materiale di controllare la nostra di caldaia, che da problemi, pensa...

    Eh già. Aggiunse Cristina E’ impegnato ad aggiustare quelle altrui.

    Dopo aver mangiato un dolce al cioccolato, preparato da Cristina seguendo una ricetta in televisione, Raffaele mise su la macchinetta del caffè. Maurizio diceva che il caffè più buono che avesse mai bevuto era quello di casa De Angelis, e che come lo faceva Raffaele non lo faceva nessuno, perché lui ci metteva la crema. Quando il caffè cominciava a uscire dalla macchinetta ne versava un po’ (né poco e né troppo) in un bicchierino contenente zucchero, e cominciava a girare il tutto con un cucchiaino finché non veniva fuori

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1