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Il ciondolo
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E-book239 pagine3 ore

Il ciondolo

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Info su questo ebook

1856. C'è un ciondolo di giada, da qualche parte in Nuova Zelanda, che il ricco latifondista Arthur Blunt vuole trovare a tutti i costi.

Marlon ed Eric Ross, due avventurieri, vengono pertanto convocati nella sua tenuta per recuperarlo.

L'ultima volta pare sia stato utilizzato da una guaritrice Māori, ma c'è un problema: nel 1825, trentun anni prima.

Riusciranno a trovare la sciamana e a recuperare il ciondolo? Ma, soprattutto, riusciranno a portarlo a Mr. Blunt in tempo?
LinguaItaliano
Data di uscita26 gen 2018
ISBN9788827810354
Il ciondolo

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    Anteprima del libro

    Il ciondolo - Kate Bitrix

    DELLA STESSA AUTRICE:

    Collana I romantici:

    La coccarda di cuoio

    Collana Azione:

    Lo strano caso Donovan

    Questo libro è un’opera di fantasia.

    Qualsiasi riferimento a persone, luoghi e avvenimenti reali è puramente casuale.

    Copertina: da un’idea e in collaborazione con Massimo Beatrice

    www.katebitrix.com

    IL CIONDOLO

    Kate Bitrix

    IL LIBRO

    1856. C’è un ciondolo di giada, da qualche parte in Nuova Zelanda, che il ricco latifondista Arthur Blunt vuole trovare a tutti i costi.

    Marlon ed Eric Ross, due avventurieri, vengono pertanto convocati nella sua tenuta per recuperarlo.

    L’ultima volta pare sia stato utilizzato da una guaritrice Māori, ma c’è un problema: nel 1825, trentun anni prima.

    Riusciranno a trovare la sciamana e a recuperare il ciondolo? Ma soprattutto, riusciranno a portarlo a Mr. Blunt in tempo?

    L’AUTRICE

    Kate Bitrix è una scrittrice esordiente.

    Ha pubblicato il suo primo romanzo ("La coccarda di cuoio") nel 2016, sempre in versione ebook, una storia romantica intensa ed avvincente, a cui è seguito un romanzo d’azione, "Lo strano caso Donovan".

    Con questo libro d’avventura sono definitivamente nate tre  differenti collane: "I romantici", "D’azione" e "Di avventura", generi sui quali le piace scrivere e cimentarsi.

    www.katebitrix.com

    Chi non farebbe di tutto,

    pur di salvare un proprio caro?

       Eric Ross

    ——————             Marlon             ——————

    21 gennaio 1856

    Fummo convocati a pranzo nella tenuta di Mr. Blunt con tanto di invito ufficiale. Filigrana pregiatissima, oltretutto; io e mio fratello Eric non vedevamo biglietti così lussuosi da quando vivevamo ancora in Inghilterra.

    Accettammo, chiaramente: Arthur Blunt era un ricco proprietario inglese che aveva ereditato un bell’appezzamento di terreno duecento miglia a nord di Wellington; come rifiutare? Certo raggiungerlo sarebbe stato complicato: il terremoto aveva trasformato Wellington in un guazzabuglio di macerie e zone paludose. Dopo le scosse l’acqua si era riversata nell’interno trasformando tutto in fango, ma conoscevamo un paio di piste alternative, poco più a est, avrebbero allungato un po’ il tragitto ma non sarebbe stato poi così impossibile.

    Perciò partimmo, vestiti di tutto punto sui nostri bei cavalli; riuscite a immaginarci? Due gentiluomini rispettabili, così sembravamo: nessuno avrebbe mai pensato che ci guadagnavamo il pane smerciando giada sottobanco e concludendo strani affari coi Māori e i ricchi proprietari inglesi, invece. Nessuno che non ci conoscesse già, almeno. Ma andiamo avanti.

    Mr. Blunt ci avrebbe atteso a "Violet", nella sua tenuta. Un nome assai grazioso, come graziosa era pure la sua casa: colonne classiche, un bel portico ombreggiato. Si notava subito che era la dimora di un uomo ricco e facoltoso: ovunque si guardasse non c’era il minimo dettaglio che non fosse ricercato. Persino i fiori dentro ai vasi erano eleganti.

    Una giovane Māori ci accolse sull’ingresso e ci guidò in silenzio fino a una sala ampia e raffinata: mobili intarsiati, bei quadri alle pareti, un tappeto a terra così folto e soffice che pareva quasi di camminare sopra l’erba.

    Mr. Blunt era seduto su una poltrona accanto al caminetto. Come ci sentì entrare si alzò di scatto. Bell’uomo: alto, muscoloso, il volto colorito di chi è avvezzo a stare molto all’aria aperta ma coi vestiti palesemente ricercati ed eleganti di chi è avvezzo a stare molto all’aria aperta comandando.

    «Benvenuti..!» - salutò, cordiale.

    Si protese un po’ in avanti stringendoci la mano, abbozzò persino un piccolo sorriso, ed ecco, mio fratello incominciò a squadrarlo con un’espressione strana, la sua solita espressione mezza sardonica e mezza di scherno che tanto odiavo e disapprovavo. Non so perché, tutti questi ricchi proprietari lo mettevano a disagio. Più si sentiva a disagio più tentava di nasconderlo, e più tentava di nasconderlo più si faceva progressivamente rigido ed altero, quasi spocchioso. Era più forte di lui, mi bastava un solo sguardo per capirlo.

    Mr. Blunt finse di non notarlo, invece, e ci accolse gentilmente. Ci domandò com’era andato il viaggio, s’informò sullo stato delle strade attorno Wellington, ci offrì persino un paio di whisky intrattenendoci con qualche aneddoto. Insomma, fece il possibile per  metterci del tutto a nostro agio; ciononostante mio fratello continuò a scrutarlo con quella sua espressione fredda e altera. Tentai persino di farglielo notare (in fin dei conti non conoscevamo neanche il motivo per cui ci aveva convocati; che parlasse, prima) ma niente, lui insistette. Ditemi voi se non era un atteggiamento zotico e ignorante.

    Ci accomodammo a tavola, e ciò che vidi fu incantevole, sul serio: tovaglia ricamata, piatti di porcellana sottilissimi, che se li avessi sollevati in alto ci avrei visto attraverso, bicchieri di cristallo, posate elegantissime in argento. Lo riconosco, mi sentii  spiazzato: non ero abituato a così tanto lusso. La maggior parte delle volte pranzavamo in piccole taverne su tavoli di legno ruvido e scheggiato, per non parlare delle stoviglie e dei bicchieri: era già tanto se trovavamo la forchetta. E questo quando eravamo fortunati: dei bivacchi improvvisati nelle zone desolate meglio non parlarne.

    Ma Mr. Blunt era nel suo elemento, invece; con molta grazia sollevò un campanellino in aria e lo scosse brevemente (vi lascio immaginare il nuovo sguardo di disprezzo di mio fratello). Subito dopo una giovane Māori entrò spedita recando dei vassoi in argento grandi e cesellati. Sì, lo ammetto, li osservai con attenzione, molta attenzione, non riuscii a evitare di domandarmi quanto potessero valere, ma certamente capirete: uno di quelli per le mani e saremmo stati a posto per almeno un buon mesetto, senza alcun dubbio.

    Fu un pranzo ottimo e squisito. Mr. Blunt affermò di gradire carne e pesce in egual misura pertanto prima ci servì anguille affumicate e paua (un crostaceo tritato ed impastato sotto forma di frittelle), poi agnello arrosto con kumara. Tra pesce e carne fece mescere vino di kiwi fermo.

    «Per rinfrescare un po’ il palato e prepararlo al resto.» – spiegò, il bicchiere sollevato in aria a mo’ di brindisi, e per fortuna era troppo deliziato da tutto quel buon cibo per accorgersi dell’espressione sempre più sprezzante e ironica di Eric, stavolta non fece semplicemente finta, non se ne accorse veramente.

    Finito tutto, un gran vassoio pieno di afghan.

    Non avevo mai impiegato così tanto tempo per un pranzo, giuro: trascorsero più di due ore da quando incominciammo. Ero satollo, soddisfatto; fosse stato per me mi sarei buttato sopra un letto a farmi una dormita. Invece, Mr. Blunt ci guardò amabilmente, e disse:

    «Ci spostiamo in biblioteca?»

    Non potemmo che accettare.

    Fu allora che l’atmosfera incominciò a cambiare. Mr. Blunt ci fece accomodare in biblioteca, è vero, ma chiuse pure la porta a chiave. Si accomodò in poltrona e ci fece cenno di sederci sul divano lì vicino, facendosi serissimo.

    C’era un tavolino in mogano fra il divanetto e la poltrona con sopra un plico gonfio di carta, o documenti. Mr. Blunt lo prese con cautela e se lo mise in grembo. Era solo una busta anonima e ingiallita, coi bordi pure un po’ sciupati, eppure la trattò e la maneggiò come se contenesse oro.

    «Allora, signori.» - esordì, senza preamboli. -  «Parliamo un po’ d’affari. C’è un ciondolo di giada che desidero recuperare con urgenza. Mi sono rivolto a voi perché mi è giunta voce che potreste avere dei contatti o conoscere dei luoghi ben precisi; zone Māori, magari…?» – aggiunse, una nota leggermente interrogativa in fondo. – «Sarò chiaro: sono disposto a tutto, per averlo. Naturalmente, sarete ricompensati ottimamente.»

    «Ottimamente quanto?» – domandò Eric, brusco, con l’atteggiamento pratico e un po’ ruvido del commerciante scaltro e navigato, non di certo del gentiluomo rispettabile da cui si era travestito per l’incontro.

    «…… dollari e ….. lingotti d’oro come anticipo, ed altrettanti a recupero avvenuto.»

    Mio fratello lo fissò senza espressione. Conoscevo quell’atteggiamento: sguardo diritto, volto impassibile, nessun commento nell’immediato: non solo era incuriosito, ma anche fortemente interessato.

    Mr. Blunt ci porse il plico.

    «Spiegarvi a voce sarebbe lungo e complicato, temo. Leggete voi direttamente, invece. Capirete subito, e meglio.»

    Eric si allungò verso la busta e ne estrasse piano il contenuto.

    «Lettere.» – commentò, piatto. Ed in effetti di lettere si trattava; sottili, un po’ ingiallite, sicuramente vecchie e delicate.

    «È forse un problema..?» – insinuò Blunt, inarcando impercettibilmente un sopracciglio in alto. - «O preferite che ve le legga io, magari?»

    Non mi sarei mai aspettato un’ironia così pungente e così sottile, da parte sua, ma d’altro canto mio fratello non lo aveva trattato molto meglio scrutandolo sprezzante tutto il tempo.

    «Vi ringrazio, non occorre.» – replicò Eric, quasi piccato. – «Possiamo farlo noi.»

    Lentamente, spiegò il foglio della prima lettera e  incominciò a leggere.

    5 luglio 1825

    Violet, amore mio, l’ho trovato..! L’ho trovato, finalmente..!

    È un appezzamento di terreno grande e fertile duecento miglia a nord di Wellington. Il proprietario deve trasferirsi ad Auckland e sta cercando un acquirente. Pensa, amore: l’oceano vicinissimo, le montagne sullo sfondo, un fiume accanto… Potremo perfino collegare il pozzo in casa..!

    L’ho fatto valutare da un agronomo ed è perfetto, l’ideale. Ottimo da coltivare, con buona terra fertile, ventilato ma allo stesso tempo asciutto. Dice che il frumento crescerebbe bene, e pure l’orzo.  A dire il vero stavo pensando ai kiwi: una bella piantagione tutta di kiwi. Che ne pensi?

    E sia, va bene; anche un po’ d’orzo e di frumento..!

    Mi vedo già la scena: una dimora grande e signorile, stalle, recinti, un bel po’ di pecore… Merinos, ovvio. Anche dei maiali ed un pollaio: uova fresche tutte le mattine..! Ed ovviamente il pozzo. Dico, quante persone conosci, lì, con un collegamento in casa?

    Nemmeno uno, esatto! Non Johnnie Abbot, col suo ranch da mille capi di bestiame, e neppure quello spocchioso di Joshua Garth, coi suoi cavalli purosangue da migliaia di dollari. Invece noi ne avremo uno; non è meraviglioso?

    I monti a oriente sono perfetti: portano aria fresca, mentre l’oceano sul davanti spinge la brezza nell’interno; ciò significa che l’aria è in continuo movimento, non ristagna nella conca come dove vivi adesso. Niente umidità, né nebbia, neppure afa nella stagione estiva. I panni, qui, si asciugherebbero molto più in fretta; riesci a immaginarli sventolare all’aria, profumati..?

    Al momento la dimora già esistente è malandata ma l’agronomo mi ha fornito il nominativo di un costruttore molto affidabile, e se decideremo di comprare la proprietà farò iniziare subito i lavori.

    Oh, Violet, tesoro; dimmi che l’idea ti piace..! Sarebbe un tale un colpo di fortuna..!

    Pensaci, e rispondimi al più presto. Il proprietario è disposto a lasciarmi un po’ di tempo, ma l’offerta non durerà per sempre. Non lasciamocela sfuggire..!

    Potresti raggiungermi verso novembre dell’anno prossimo; c’è una nave che da Sidney fa regolarmente scalo a Wellington. È la Goldfish, conosco il capitano.

    Sì, lo so che soffri il mal di mare, ma non sarà una tratta lunga, l’oceano è calmo, e poi a novembre comincia già a far caldo, è una stagione buona. Parlerò io personalmente col capitano Farrell e mi raccomanderò affinché il tuo viaggio sia tranquillo e confortevole. Di sicuro non sarà come la traversata orribile che abbiamo dovuto affrontare insieme dall’Inghilterra. Affatto...! Vedrai che questa volta ci vorrà più tempo a preparare tutti i bagagli che ecco, sarai già sbarcata in Nuova Zelanda, amore mio, da me, e questa volta definitivamente in pianta stabile.

    Dunque attenderò con ansia, mia adorata.

    Mi manchi tanto, sai? Non vedo l’ora di rivederti, di abbracciarti, di accarezzare quei tuoi capelli lunghi e soffici. Li adoro così tanto quando li sciogli liberi e, ogni volta che ti muovi, loro si muovono con te, sinuosi.

    Ti amo. Immensamente.

    Un bacio al piccolo Arthur. Chissà quanto sarà già cresciuto, nel frattempo..!

    A presto!

    27 agosto 1825

    Mia cara Violet! Hai accettato! Hai accettato, dunque..!

    Oh, sono felice, felicissimo! Felice più che mai..! Esulto dalla gioia; sono così contento che non riesco a stare fermo..!

    Non devi preoccuparti, amore mio. Certo che verrò io in persona a Wellington quando verrai; naturalmente..! Percorreremo tutto il tragitto insieme, così potrai ammirare lo splendido paesaggio e goderti il caldo sole di novembre dopo la traversata. Di più: arriverò in calesse, così starai all’aperto e potrai ammirare ogni più piccolo dettaglio..!

    Allora è fatta, amore caro;oh, che meraviglia..! Domani stesso andrò dal proprietario e firmerò il contratto..! Saranno mesi intensi ma ne varrà la pena. Vedrai che bella, la nostra nuova casa..! La chiameremo Violet; esattamente come te, tesoro.

    Bene. Ti scriverò ogni volta che avrò notizie fresche sui lavori.

    Ti bacio, mia adorata. Ti bacio e ti abbraccio forte.

    Solo una lettera, eppure hai fatto di me la persona più felice di questa Terra..!

    A presto, dunque..!

    3 ottobre 1825

    Mia cara Violet,

    i lavori procedono spediti. La casa è in costruzione e l’ossatura è ormai praticamente pronta.

    Sarà grande, ancora più grande di dove vivi adesso lì in Australia e certo, ci sarà una stanza pure per la bambinaia, ovvio.

    Trovo che quella della lavanderia sia un’altra idea bellissima; di più, geniale..! Non solo: potremmo collegarla al pozzo, visto che sarà attigua alla cucina, così potrai attingere l’acqua direttamente dall’interno sia per cucinare che per i panni. Stupefacente, vero? Fossi in te andrei da quell’invidiosa di Mrs. Garth solo per dirglielo..!

    Nel frattempo l’agronomo mi ha dato il nome di un bravo falegname. Penserà lui a tutta la mobilia; preparati, non rimpiangerai minimamente tutte le comodità a cui sei già avvezza..!

    Inoltre, il proprietario del terreno (l’ex proprietario, ormai; il proprietario del terreno adesso sono io..!) conosce un uomo di fiducia che può dirigere i lavori. Lo incontreremo questa settimana. Vive in un villaggio a un paio di giorni di cavallo; un po’ distante, è vero, ma ne verrà la pena. Lui sarà contento di prendere un lavoro così grosso ed io sarò sollevato almeno da una parte dell’infinità di cose a cui pensare.

    A breve contatterò pure un coltivatore per l’orto e gli alberi da frutta. E per dei consigli sugli alberi da kiwi, chiaramente. Ripongo molta fiducia, in lui; ha lavorato già per altri proprietari e ne sono rimasti tutti soddisfatti.

    Dimmi, è passata presto quell’infreddatura di cui mi raccontavi? E al piccolo Arthur, è andata via la febbre?

    Coraggio. I lavori procedono spediti ed anche il tempo scorre via veloce. Sì, è vero, i mesi che ancora ci separano sembrano parecchi ma, vedrai, pian piano passeranno, e in men che non si dica…

    Scrivimi, tesoro mio adorato. Mi manchi tanto.

    Con affetto.

    6 dicembre 1825

    Violet, tesoro.

    Buon Natale. Buon Natale con tutto me stesso. Quando riceverai questa mia lettera saremo già nel nuovo anno, ma io ti penso adesso, indaffarata nei preparativi natalizi.

    Penso al profumo dei dolci che farai servire in tavola, all’abete decorato in sala col piccino che ci sgambetta attorno curioso di scoprire cosa si cela nei pacchetti infiocchettati.

    Mi manchi tanto. Mi manchi più che mai in queste feste da trascorrere in famiglia e invece eccoci qui, a centinaia di miglia di distanza, in due Paesi separati. Ma sarà l’ultimo, tesoro, non succederà mai più. A Natale prossimo saremo di nuovo insieme, e niente, niente potrà più dividerci.

    Come lo trascorrerò io, questo Natale? Il coltivatore con cui mi sono confrontato per

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