Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Un romantico weekend sul lago
Un romantico weekend sul lago
Un romantico weekend sul lago
E-book200 pagine2 ore

Un romantico weekend sul lago

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

In visita ad alcuni amici, Penelope conosce Bruno, affascinante architetto con cui condivide la passione per il design e la bellezza. Un incontro, il loro, che sembra voluto dal destino ma che non offre alcun seguito, fino a che i due si rivedono per caso a una festa di amici comuni. In quest’occasione, Penelope ritrova anche Alex, caro amico di Bruno che lei già conosce ma con cui non si è mai trovata particolarmente bene. 
Anche se inizia una relazione con Bruno, per Penelope c’è in Alex qualcosa che non riesce a spiegarsi, qualcosa che la attrae e la respinge…

Barbara Martinenghi, nata a Novara (NO) nell’agosto del 1971.  Vive e lavora nell’hinterland della campagna novarese in un’azienda tessile di alta moda.
È sposata dal 2000 e con il marito condivide la passione per il cinema e la montagna. Le piace leggere e adora la musica. 
LinguaItaliano
Data di uscita31 gen 2022
ISBN9788830656499
Un romantico weekend sul lago

Correlato a Un romantico weekend sul lago

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Un romantico weekend sul lago

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Un romantico weekend sul lago - Barbara Martinenghi

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di Lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: «Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov».

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Capitolo 1

    «Penelope, per favore: devi farmi subito questa giacca, è di un ospite importante, devono fare il tour della ditta e a quanto pare si è strappato il bottone e ha combinato un disastro, Matilde l’ha già rammendato per quanto era possibile e ora manca il bottone. Guarda, addirittura sono lì che aspettano! Cominciamo bene la giornata, di corsa come al solito.»

    Era il mese di aprile e dopo un lungo inverno finalmente sarei andata a trovare la mia madrina di battesimo a Biella e più precisamente in una frazioncina.

    Era quasi un anno che non tornavo da quelle parti cioè da quando erano mancati i miei carissimi zii Elisabetta e Gioele. Erano persone molto simpatiche, tanto era loquace lei quanto era taciturno lui, direi che si compensavano a vicenda, avevano vissuto una vita piena e felice; Marzia (questo era il nome della mia madrina e loro figlia) assomigliava alla zia Elisabetta in tutto e per tutto, era molto simpatica e mi era mancato andare a trovarla. In questo lungo periodo erano successe diverse cose che avevano impedito di vederci: la morte degli zii e il fatto che io non ero stata benissimo per via di alcune vicissitudini lavorative, che mi avevano lasciato con il morale un po’ – per non dire decisamente – a terra. Ma comunque tutto sembrava passato e adesso ero contenta di andare a trovarla.

    Il piccolo paesino o meglio la frazioncina era a sua volta divisa in minuscoli borghi nel comune di Lessona. La casa si trovava su una splendida collinetta circondata da altre abitazioni molto carine, anche se alcune di loro erano disabitate e richiedevano un intervento di restauro.

    Stavo pensando che era veramente un peccato lasciare tutte quelle casette vuote o magari vuote non lo erano ma i proprietari avevano deciso di non vivere più lì perché attratti dalle comodità della città. Sì, perché il posto era decisamente carino ma devo dire che comodo non lo era certo perché il paesino vantava pochi negozi e bisognava sapersi organizzare per quanto riguardava l’approvvigionamento di cibo e altre cose.

    Ecco qua che mi appare l’indicazione della frazione Enoch dove mi stavo recando, ed ecco che subito partiva una salita che piano piano si faceva sentire… ancora un piccolo sforzo e ci sarebbe stata una grande curva, qua un piccolo scorcio del panorama con sotto un boschetto che permetteva alle persone che lo percorrevano a piedi di fare delle belle foto poiché offriva anche un pianoro per sostare. Dato che ero in anticipo e non c’era in giro nessuno, mi fermai anche io, scesi dall’auto e non seppi resistere alla tentazione di fare una foto, oltretutto la giornata lo permetteva, un bellissimo sole era spuntato già di prima mattina facendo intravedere che la situazione sarebbe solo migliorata.

    Fatta la foto mi rimisi subito in auto facendo una piccola retromarcia perché la casa degli zii si trovava proprio sulla mia destra e dovevo affrontare una salita molto ripida che faceva già parte del vialetto d’entrata della loro abitazione. Arrivata in cima trovai parcheggio proprio sotto un bellissimo pergolato di glicine. Riconobbi l’auto di Marzia, mentre quella a fianco mi era sconosciuta, vuoi vedere che c’era anche Andrea il figlio di mia cugina e del marito Alberto?

    Presi dal bagagliaio la teglia di lasagne che mi ero offerta di preparare per pranzo e piano piano mi avviai verso la porta di casa guardandomi attorno per vedere se qualche cosa era cambiato in quel lasso di tempo.

    «Permesso, Marzia? Sono arrivata!»

    «Ma ciao! La mia figlioccia!» faceva proprio così nonostante gli anni e il tempo che ci conoscevamo!

    «ciao Marzia, come stai?» e ci abbracciammo a lungo.

    «Sto bene, grazie… e tu?» le chiesi guardandola in viso per vedere meglio quelle rughe di espressione che conoscevo e che si erano ancora più accentuate, «Mi sei mancata e mi è mancato venire qua, grazie ancora dell’invito.»

    «ma scherzi, Penelope, anche tu mi sei mancata e sono felice che stai meglio e che hai deciso di venire a trovarmi! Oltretutto hai anche cucinato per cui… lascia che ti prenda la teglia, l’appoggiamo qua e andiamo a salutare Alberto.»

    «Ma ho visto che c’è anche un’altra auto, c’è anche Andrea?»

    «No, cara, ma abbiamo un ospite. Mi spiace che magari volevi stare un po’ con noi ma era l’unico giorno disponibile per vederlo poiché partirà per un periodo ed io avevo fretta di fargli vedere la casa per mettermi d’accordo per fare dei lavori.»

    Non penserà di venderla spero!

    «Dei lavori, Marzia? Non avrai mica intenzione di…» guardandomi intuì quello che stavo immaginando e mi rincuorò subito dicendo: «No, stai tranquilla che non la voglio mica vendere, ma la voglio ristrutturare anzi devo, non posso tenerla così se verremo ad abitarci un giorno!».

    «Oddio, Marzia, che spavento, ho pensato al peggio piuttosto stavo già cercando una soluzione per comprartela io!» Mi abbracciò. Uscimmo e raggiungemmo Alberto e lo sconosciuto che erano di spalle intenti a osservare il panorama sottostante. Sentendoci arrivare si girarono e… ebbi come un flashback… c’era il sole ad accecarmi oppure io quell’uomo o meglio quella giacca l’avevo vista proprio ieri?

    Che stupida, ma cosa vado a pensare, come se non esistessero due giacche uguali!

    «Ciao Alberto, che bello rivederti, come stai?»

    «sto bene, grazie, e tu come stai, Penelope, sono felice di vederti.»

    Poi lui si girò verso l’ospite e me lo presentò. «Penelope, ti presento Bruno, un nostro caro amico ma che in questo caso…»

    «ah no, glielo dico io! Non togliermi il piacere di discutere di case con la mia figlioccia, lo sai che noi andiamo molto d’accordo su questo argomento, non vedevo l’ora di raccontarle quello che stiamo per fare» prese la parola la mia madrina.

    «Piacere… Bruno.»

    «Salve… Penelope» ci dicemmo stringendoci le mani. Quando alzai gli occhi per incontrare il suo sguardo vidi due bellissimi occhi blu brillanti, profondi, non so neppure io come spiegare il colore, sarà stato il sole ma erano molto belli e di conseguenza mi venne in mente che al contrario il mio sguardo sarebbe stato tutt’altro che bello vista la mia insofferenza al sole, stavo sicuramente strizzando gli occhi. Per un lasso di tempo che a me sembrò eterno gli tenni la mano anche perché mi venne da guardare la famosa giacca. «Ehm, tutto bene?» mi chiese lo sconosciuto con espressione interrogativa.

    «oddio, sì, mi scusi» dissi lasciandogli libera la mano. «In effetti stavo guardando la sua giacca, è molto bella. Il fatto è che per coincidenza ieri ho aggiustato un capo simile al suo al lavoro e di riflesso mi è caduto lo sguardo sull’abito, mi scusi ancora.»

    «Veramente questa è davvero una coincidenza! Ma lo sa che molto probabilmente questa è davvero quella giacca? Se mi dice che lavora in una famosa azienda tessile le confermo che lei mi ha salvato da una gaffe che ho fatto subito arrivato allo stabilimento!»

    Avevamo monopolizzato la conversazione a quanto pare perché in quel momento ci rendemmo conto che Marzia e Nello ci guardavano a turno come se stessero assistendo a un incontro di tennis.

    «Ma pensa a quanto è piccolo il mondo» disse, guardandomi con attenzione dopo che gli ebbi confermato che in effetti quella persona ero proprio io.

    «E cosa ha combinato per staccare il bottone in quella maniera?»

    «Un classico… sceso dall’auto ho chiuso la portiera con in mezzo la povera giacca e gli ho dato un bello strattone» disse allargando le braccia. «Per fortuna che ci ha pensato lei, anche perché doveva ancora iniziare il tour dello stabilimento e per colpa mia ho fatto attendere tutti. Però lei è stata velocissima… la persona che me l’ha riconsegnata è tornata dopo cinque minuti!»

    «Ma io allora l’ho vista, era a pochi metri da me vicino all’ingresso che se la stava levando e me l’hanno portata dicendomi che dovevo assolutamente farla subito perché era di un ospite importante e stavano aspettando solo lui. Ho visto anche quando se l’è provata e allacciata. Bene, sono contenta di aver fatto un buon lavoro perché vedo che le sta a pennello.» E dopo questa frase arrossii in modo molto evidente, speriamo che non se ne siano accorti, pensai, se sono fortunata penseranno che è stato per via del sole che sono arrossita.

    «Sì, è vero le sta molto bene» disse Marzia «ma d’altronde la mia figlioccia è una persona molto competente e le piace fare il suo lavoro.»

    «anche se la sua passione sono le case! Ma ora direi che per noi è il momento di entrare così iniziamo a preparare il pranzo, vi chiamiamo quando è pronto.»

    Incredibile, certo che più coincidenza di così!

    Preparammo la tavola e accendemmo il forno, per scaldare il primo che avevo portato io e poi per secondo scoprii che c’erano affettati con il contorno e poi il dolce era stato portato dall’ospite.

    «Allora, Marzia, non mi dici cosa stai combinando con l’ospite misterioso?»

    «ah non vedevo l’ora di raccontare! Penelope, sto per ristrutturare questa casa e Bruno è un architetto! Poiché questo era l’unico giorno disponibile prima che partisse per un viaggio e io non vedevo l’ora di sottoporgli le mie idee l’ho invitato per oggi pur sapendo che c’eri anche tu e spero che non ti spiaccia… anche se penso proprio di no perché da come chiacchieravate direi che vi siete presi in simpatia.»

    «allora prima di tutto sai che sono sempre felice di parlare di case, mobili e tutto il resto… poi, secondo, non ti devi scusare, mi fa piacere stare un po’ in compagnia, credimi: ne avevo bisogno e poi il fatto che sia un architetto. Beh, un po’ mi ha sorpreso, mi viene da chiedermi cosa ci facesse ieri in ditta… E per finire per ricollegarmi all’ultima cosa non ci siamo presi in simpatia diciamo che è una persona molto cortese e si è interessato al lavoro fatto, ti ripeto: è stata pura coincidenza. Per il resto non saprei cos’altro potrei avere in comune con una persona del genere. Io operaia e lui a quanto pare un famoso architetto. Ma cosa pensavi di ristrutturare in generale oppure solo qualche parte della casa?»

    «No, no, una ristrutturazione generale, sempre mantenendo la sua struttura ma rendendola più funzionale, non vedo l’ora di entrare nei dettagli con Bruno.» E appena lo nominammo ecco che apparve davanti a noi.

    «Eccoci qua» dissero tutti e due, «sentendo arrivare un profumino da fuori ci siamo decisi ad entrare senza aspettare la vostra chiamata.»

    «Avete fatto benone perché è tutto pronto per cui… tutti a tavola.»

    «Posso dirle una cosa?»

    «Certo, dica pure» ci stavamo accingendo ad accomodarci a tavola cosa voleva dirmi?

    «Ho sentito quando parlava con Marzia e diceva di non avere nulla in comune con una persona come me, lei operaia e io architetto… io non la conosco, questo è vero, ma per il momento ho intravisto una persona che a quanto pare ama fare il suo lavoro anche se come deduco non era quello che sognava fare, ma comunque lo svolge con serietà e competenza. Mi sa che ha un po’ di pregiudizio nei miei confronti o sbaglio?» E dicendo così mi lasciò li impalata e confusa più che

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1