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Claude Glass
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E-book196 pagine2 ore

Claude Glass

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Info su questo ebook

Sebastiano e Robert, l'uno fotografo del 2000, l'altro paesaggista del 1700, sono i protagonisti di un magico carteggio che si snoda attraverso i secoli. Un epistolario di lettere e impressioni sul mondo che fu e su quello che sarà, attraverso il quale i due giovani impareranno a scambiarsi le anime e a modificare se stessi, sullo sfondo di un amore sconfinato per il paesaggio che sembra accomunarli nel cuore come nelle considerazioni.
Sebastiano e Robert sono due personaggi presi dall'inganno e dal bisogno di identificazione. Hanno bisogno di sentirsi simili anche a distanza di duecento anni; “camminano” in un tempo così distante, eppure non uniforme né statico in questa distanza. Sono rette parallele che non si incontrano ma influenzano la direzione l'una dell’altra. Sono uguali perché lo avvertono come bisogno, sono diversi perché lo rivendicano. Sono, dunque, dei veri amici. Ma qual è il motivo per cui i due riescono a dialogare nel tempo? E a che scopo?
LinguaItaliano
Data di uscita28 apr 2020
ISBN9788895187914
Claude Glass

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    Anteprima del libro

    Claude Glass - Marco Saverio Loperfido

    CLAUDE GLASS

    Toscanella, 7 aprile 1792

    Finalmente giunto nella stanza dove alloggerò per sei notti, dopo cinque lunghi giorni di viaggio. Dormono tutti nelle loro camere, benché sia presto, affaticati dal sole di oggi e dalla polvere delle strade. Ho già fatto il mio dovere, annotando le impressioni sui luoghi di posta, nonché sui palazzi, le strade, i ruderi, gli usi e i costumi che sono riuscito a scorgere tra le tende mentre la carrozza sobbalzava, così come conviene a un giovane intellettuale che abbia a cuore i preziosi insegnamenti del dotto Francis.

    Toscanella è un luogo incantato, che ho avuto la fortuna di vedere, come prima immagine assoluta che non si toglierà mai più dai miei ricordi, al tramonto. Costruita con rocce vulcaniche del colore della sabbia, essa splende di fuoco vivo quando il sole si adagia dietro le colline a ovest. Sulla collina più alta, invece, svetta come simbolo della città e baluardo della religiosità della popolazione, una splendida chiesa circondata da torri e bastioni, potente e umile allo stesso tempo.

    La serata è fresca e placida, con una bella luna nel cielo topazio a illuminare la pianura. Si scorge addirittura il mar Tosco, qui dalla mia finestra, che riluce in lontananza e mi sussurra di antichi eroi greci, studiati e amati sui libri, ma forse troppo lontani ormai per essere amici.

    Sono felice? Più che altro direi eccitato, per la felicità ci vorrebbe altro. Ci vorrebbe un coetaneo, qualcuno con cui parlare di tale euforia. Eppure gli insegnamenti a riguardo sono stati chiari: evitare il più possibile i contatti con gli italiani, che corrompono il carattere e degenerano lo spirito. E di altri viaggiatori non ce ne sono, se non Amedeo il postiglione e Pietro, l’avant-courier, un ragazzo interessante ma taciturno, col quale non nego che mi piacerebbe fare amicizia. Forse a Roma o a Napoli sarò più fortunato.

    Insomma, se non fosse per questa solitudine non mi mancherebbe nulla dell’Inghilterra, così piatta e opprimente, mentre qui, forse complice la primavera che sta ormai per esplodere, è tutto un vorticare di suggestioni e varietà di paesaggi, suoni, colori.

    Ma quale sarà il motivo di questo mio sfogo? La vana speranza di poter condividere i pensieri e le sensazioni non solo con un diario di viaggio, pallido e colato di cera, ma anche con un vero amico, seppure invisibile, perso nello spazio come nel tempo?

    Credevo che il viaggio mi avrebbe distolto da simili umori, mi avrebbe rapito e innalzato l’animo. Certo questo accade puntualmente alla vista dei borghi, delle necropoli, dell’arte che si può osservare ovunque, ma è come se mancasse il tassello più importante, e il volo pindarico in cui questi luoghi mi lanciano si spezza a metà proprio mentre sto per toccare il cielo della gioia più assoluta.

    Comunque, essendo la luce e la luna ancora alte credo che azzarderò, prima di coricarmi, una breve ma spero bella passeggiata per i campi qui attorno.

    Robert Grave

    Soriano nel Cimino, 15 novembre 2012

    Mi chiamo Sebastiano e quello che sto facendo è a metà strada tra l’assurdo e l’estremamente sensato: sto scrivendo una lettera, da mandare come messaggio nella bottiglia attraverso il tempo, o i sogni, a una persona, presumo un ragazzo di circa vent’anni, ma di duecento anni fa. Caro Robert, ho trovato la tua lettera in un negozio dell’usato, dentro un cassetto di un mobile. Era logora e sgualcita, ma ancora leggibile. La calligrafia e il tipo di carta non lasciavano dubbi: era una lettera autentica. In essa, come ben sai, le tue riflessioni su Toscanella (l’odierna Tuscania) e la primavera italiana, ma fondamentalmente quella tua richiesta di condivisione, che condivido anch’io, lontano nel tempo ma a quanto pare molto vicino nel sentimento.

    Robert, è una sconfitta per me, e forse per tutta la società, che io oggi faccia questa cosa impensabile: scrivere una risposta a questa tua lettera sospesa nel tempo, persa nel tempo, che è arrivata a me per caso. È una sconfitta perché vuol dire che io qui, solo come te quel 7 aprile del 1792, sono estraneo alla mia gente, costretto dalla solitudine e dall’individualismo ad attaccarmi a questo gioco dell’anima: fingerti ancora vivo e in grado di leggermi. Ma l’emozione di aver trovato, per pura fortuna, un documento così raro e personale, mi ha dato una tale scossa che forse la mia follia è più che giustificata, solo da questo.

    Ti giuro, poi, che il ponte che io sto illusoriamente gettando già esisteva: si è creato mentre leggevo le tue righe. Eri qui vicino, mi parlavi e io ero tutto orecchie per i tuoi discorsi, laconici o appassionati che fossero.

    Quindi eccomi qui, un po’ strano ma simpatico, no?

    Ho scritto tante sciocchezze nella mia vita, ma lo sono state tutte a posteriori. Mentre le scrivevo mi prendevo così tanto sul serio! Questa cosa, invece, pur essendo stupida come le altre, lo è però a priori, e porta con sé la consapevolezza precisa del suo essere stupida. Forse ha una sua valenza proprio per questo, una sua originalità. Di sicuro è terapeutica e infatti già mi sento meglio, al solo scriverla…

    Ti abbraccio. In tuo onore, oggi, dopo aver spedito la presente missiva, visiterò Tuscania, anzi Toscanella e la chiesa di San Pietro a cui accennavi nella tua lettera che mi hai, forse, voluto mandare tanto tempo fa.

    Sebastiano Valli

    Toscanella, 12 aprile 1792

    Sebastiano, chi sei?

    Ho trovato la tua lettera nell’incavo dell’albero dove io stesso avevo lasciato – un po’ per gioco un po’ per solitudine, come dici tu – la lettera, che poi lettera non era ma pagina strappata dal diario l’altra notte.

    Parli di cose che dovrebbero unirci ma anche di assurdità, di illusioni, di stranezze. Perché? L’unica cosa che trovo strana nella tua lettera è la data: 2012, ovviamente sbagliata.

    Dal tuo inglese e dalle parole che usi presumo che tu sia italiano. Aristocratico? Borghese? Hai la mia stessa età?

    Domani dovrei partire per Viterbo, direzione Roma, ma tornerò stasera a controllare l’incavo della farnia. Se ci sarà una tua risposta affermativa sarò contento di conoscerti, anche velocemente. I precetti, d’altronde, non mi vietano di incontrare artisti o intellettuali del posto.

    Potremmo parlare di questo nostro sentimento comune, del nostro spleen e magari organizzare qualche passeggiata insieme, al mio ritorno da Roma.

    Cordialmente,

    Robert Grave

    22 novembre 2012

    ¹

    Se la prima lettera era folle questa seconda lo è all’ennesima potenza. È uno scherzo? Una candid camera? Un reality? Una truffa? Ma che importa? Volete il gioco? E gioco sia…

    Caro Robert, benché la tua calligrafia sia molto ben curata e la pagina antica decisamente realistica, mi preme qui sottolineare una serie di incongruenze storiche: può una lettera del 1700 iniziare così colloquialmente? Così informalmente? Può un aristocratico del tuo tempo usare una tale nonchalance nel proporre un incontro con uno sconosciuto? Ma chi volete fare fesso?

    Ma comunque… Ho visto parecchi personaggi ambigui qui dal robivecchi, che non credo siano del posto. Chi di loro è lo sceneggiatore del programma televisivo? Chi il produttore? Fate mettere di nascosto le lettere in quel cassetto dalle piccole mani di quel bambino, figlio del proprietario straniero? Sappiate che non acconsentirò a firmare la liberatoria delle immagini.

    Se invece tu, caro Robert, esisti davvero, allora scusa tanto.

    Buon viaggio a Roma, terra di corrotti e papisti!

    13 aprile 1792

    Sebastiano,

    non comprendo e sono sconvolto dalla tua risposta. Parli di mancanza di forma, ma la tua scrittura è addirittura sprezzante. A dir poco incomprensibile in alcuni passaggi, anche perché è in italiano e io, benché qualcosa sappia della tua lingua da studi precedenti, sono arrivato in Italia da appena un mese. Propenderei per uno scherzo di qualcuno di qui, ma sarebbe troppo azzardato arrivare a tanto. Credo, dunque, che ci sia un certo fraintendimento. Ho deciso perciò di ritardare la mia partenza, prevista per le prime ore di oggi pomeriggio, al fine di dipanare la questione. Ho scritto questa missiva di getto e mi scuso per le cancellature. Sono disposto a parlarne a voce, o al limite anche per lettera se non vuoi uscire allo scoperto, ma ti prego di non offendermi più. È solo perché ho letto e riletto la tua prima bella lettera che ora sono qui a mediare: lo spirito degli inglesi è ben più suscettibile, orgoglioso e permaloso di quello di voi italiani, non ti credere.

    Robert Grave

    [senza data]

    Sono rimasto nel negozio a scrutarte la gente, per vedere se qualcuno armeggiasse o meno attorno a quel maledetto cassetto. Niente. Nessuno. E poi? Riaprendolo ho trovato questo tuo nuovo messaggio. Una magia…

    Robert, io mi scuso con te e sono dispiaciuto di non aver creduto alle tue parole, ma ti sei reso conto di quel che la nostra corrispondenza dà per scontato? Tu vivi nel 1792 e io nel 2012. Ebbene sì, quella data non è errata. Sono pazzo? Mi riprometto di far analizzare l’antichità della tua lettera da un esperto. Per ora (stando al gioco) cerca di ritardare la tua partenza per Roma.

    Ora vado, scusa ma sento di poter svenire da un momento all’altro… darò un giudizio più assennato in un secondo tempo.

    Sebastiano Valli

    13 aprile 1792

    Sebastiano, confermo la magia. Ho inserito la mia lettera nella fessura del legno, pensieroso ho imboccato per l’acciottolato che mi avrebbe riportato in paese, ma mi sono fermato quasi subito e sono tornato alla quercia, per controllare se qualcuno fosse arrivato nel frattempo. Dentro l’incavo la tua nuova lettera. Sono sicuro che nel mentre non sia giunto nessuno. La piana era desolata. Forse l’ha portata una cincia? Uno scoiattolo? Comunque sia, una magia…

    Mi parli di 2012 e non puoi immaginare l’effetto che mi fa. Una data così lontana nel tempo, forse, non avevo nemmeno mai pensato che potesse esistere. In fondo per te dev’essere diverso, qualcosa del mio tempo devi pur saperla.

    Spero che tutto questo sia vero e che non ci sia, come al solito, qualche disillusione dietro.

    La scienza ha fatto così tanti progressi? L’esoterismo ha divulgato finalmente i suoi successi? A Londra, una sera, un tale Mesmer tenne un convegno nel salotto di un diplomatico amico di famiglia spiegando la potenza e le potenzialità della mente e del suo fluido energetico. Fu strabiliante! Dobbiamo crederci?

    Io sono certo che sia così.

    D’altronde la tua lettera è molto convincente: non ho mai visto una simile carta, né tanto meno un inchiostro così compatto. Il tuo inglese poi, solo un genio riuscirebbe a parlare a quel modo.

    Sebastiano, la follia di quella sera, quando bisognoso di un contatto ho disperatamente lasciato quella pagina di diario nei flutti alchemici del tempo, ha dato i suoi risultati in questi giorni. E adesso eccoci qui, a parlare per iscritto a distanza di secoli.

    Comprendo il tuo scetticismo, ma ti esorto ad abbandonare tutti gli indugi e a lasciarti conquistare dalle potenzialità dell’esperimento, che chissà per quale assurda ragione stiamo facendo.

    Sapevo che in Italia avrei trovato cose straordinarie, ma a questo giuro che non pensavo affatto. O forse sì.

    Ritardare la mia partenza? Ovviamente.

    Aspetto tue nuove,

    Robert Grave

    Soriano nel Cimino, 25 novembre 2012

    Caro Robert, credo di impazzire, ma non importa. Sono giorni che non dormo e avrò letto le tue lettere almeno un centinaio di volte. Poi sono passato a osservarle: le circonvoluzioni delle f, delle g, le sbavature dell’inchiostro… tutto questo è sorprendente.

    Scusami se ti annoio ancora con la descrizione della mia incredulità, ma per me e così per tutti quelli del mio tempo forse, per quanto del futuro, è un po’ assurdo credere a certe cose, cosa che invece ho visto fare a te con molta tranquillità e fiducia.

    Io, anzi, sono sicuro che è tutto frutto della mia mente (si chiamano personalità multiple), eppure va bene così, se sto impazzendo è un bel modo di impazzire, originale, romantico e letterario.

    Non ho portato ancora le tue lettere da uno specialista per due semplici motivi: a) non è così facile trovarlo; b) mi sembrerebbe di tradirti e forse di tradire anche me stesso, o almeno l’intenzione iniziale che così ingenuamente avevo messo nello scriverti la fantasiosa prima risposta.

    Ho comprato una clessidra e l’ho messa sul tavolo dal quale ti scrivo. Oltre a essere un oggetto che in un certo senso mi ricorda la tua epoca (oggi abbiamo altri modi di calcolare il tempo) essa, mi sono accorto poi, è anche una metafora perfetta di quel che ci sta succedendo. Il tempo, al principio tutto racchiuso staticamente in un’ampolla sotto forma d’inchiostro, scivola attraverso un piccolo imbuto che fa comunicare due regioni altrimenti separate e si travasa in una seconda ampolla, spazialmente opposta. Per noi, invece, la cosa è al contrario: abbiamo lo stesso spazio, ma due tempi diversi. Non credi? E il foro è una specie di porta temporale.

    A proposito, ho avuto un’intuizione: credo che l’esatto luogo in cui tu dici di lasciare le lettere, ovvero l’incavo di un albero, abbia le stesse identiche coordinate spaziali del luogo dove lascio le mie, che altro non sarebbe che il cassetto di un bruttissimo mobile accatastato in

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