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Redenzione la stirpe reale
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E-book353 pagine4 ore

Redenzione la stirpe reale

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Info su questo ebook

Tre archeologi dell’Università di Roma vengono incaricati di rintracciare una delle più importanti reliquie degli ultimi due millenni: il Sacro Graal. Partono, dunque, alla volta di Glastonbury, in Inghilterra, luogo dove li ha indirizzati la loro ricerca teorica sul caso. Tuttavia, una volta giunti a destinazione, la situazione muta e i tre giovani si ritrovano ingarbugliati in una serie di eventi incomprensibili alla ragione umana. Ognuno di loro sarà il filo principe dell’intricata tela che il fato ha tessuto per loro fino allo svolgimento dello scopo finale: lo scontro definitivo tra il bene e il male.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mag 2018
ISBN9788867828173
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    Anteprima del libro

    Redenzione la stirpe reale - Paolina Daniele

    Paolina Daniele

    REDENZIONE

    LA STIRPE REALE

    Paolina Daniele

    Redenzione la stirpe reale

    Editrice GDS

    Via Pozzo 34

    20069 Vaprio d’Adda- Mi

    www.gdsedizioni.it

    Ogni riferimento descritto in questo romanzo a cose, luoghi, persone o altro è da ritenersi del tutto casuale.

    CAPITOLO 1

    28 - 12- 1999

    Francesca sgranò gli occhi all'improvviso, il rumore della pioggia che batteva incessante contro i vetri delle finestre l'aveva riportata nella gelida stanza del suo appartamento. Si alzò bruscamente e a mo' di automa si avvicinò a una di esse per dare un'occhiata al mondo esterno: là fuori sembrava scatenarsi l'apocalisse. Mancavano solo due giorni alla partenza per l'Inghilterra dove avrebbero dovuto, lei e il suo collaboratore, condurre una spedizione archeologica per conto dell'università di Roma. Peccato che ancora non era riuscita a mettersi in contatto con Andrea a causa del maltempo. Si stavano preparando da mesi e avevano organizzato tutto nei minimi dettagli: ora non poteva andare tutto in fumo per quattro gocce d'acqua e una folata di vento. Digitò il numero del suo collega sulla tastiera del cellulare pregando tra sé che la rispondesse, ma niente.

    Al diavolo! Se Maometto non va dalla montagna è la montagna che va da Maometto pensò tra sé.

    Mise le ultime cose nella valigia già pronta da due giorni e scese in garage. Pioggia o vento doveva avere notizie della spedizione, a qualunque costo. Quando Luca l'aveva ingaggiata per un lavoro così importante si era sentita trascinare fuori dal mondo, le parole del suo professore riecheggiavano nelle sue orecchie emettendo onde sonore ad alta intensità.

    Era il mese di febbraio quando Luca Umberti, professore oltre che presidente del corso di archeologia all'università la Sapienza di Roma, l'aveva convocata nel suo ufficio insieme ad Andrea, suo collega di corso e il migliore tra i ricercatori dell'università tanto che Luca stesso l'aveva nominato leader in alcune piccole missioni archeologiche svoltasi a Pompei e sotto il Colosseo.

    Francesca comunque non era da meno, aveva seguito Luca in tutte le sue spedizioni già dal secondo anno di università e vantava quindi molte esperienze in diversi siti archeologici sparsi per la penisola.

    Appena entrarono nell'ufficio di Luca i due ragazzi si accomodarono alla scrivania e trafissero il professore, piccolo, pelato e con gli occhiali, con uno sguardo straripante di curiosità:

    «Ragazzi... oggi è un giorno importante per voi e per me».

    Luca aveva cominciato con i suoi soliti giri di parole mentre i due ricercatori fremevano di curiosità:

    «Oggi siam...» Andrea intervenne forzando un po’ la mano;

    «Vai al sodo Luca, non abbiamo tutta la mattina!».

    L'uomo di mezz'età sorrise mostrando un'aria soddisfatta. Francesca piegò la testa di lato a mo' di domanda mentre Andrea fissava Luca con una linea dura, stava impazzendo. Sapeva che quando il professore ci girava intorno la spedizione cominciava a farsi importante, doveva trattarsi di un reperto archeologico con un valore rilevante, forse inestimabile, altrimenti li avrebbe già liquidati con indirizzi, soldi e biglietto aereo qualora fosse stato necessario.

    Dopo un interminabile gioco di sguardi a metà tra apprensione e attesa Luca si decise a rivelare il segreto.

    «Ragazzi miei il Santo Graal è il nostro obbiettivo!».

    Il suo tono divenne stridulo e pieno di orgoglio, assumendo un venatura solenne non appena pronunciò la parola Santo Graal, Francesca dilatò i timpani al massimo, temendo di non aver sentito bene e Andrea sobbalzò dalla poltroncina.

    «Cazzo! il Santo Graal!».

    Queste furono le uniche parole che riempirono il piccolo ufficio universitario.

    Fu ancora Luca a rompere il ghiaccio dopo qualche minuto di silenzio, come se i tre stessero onorando la sacralità del compito che li aspettava. Il professore diede loro indicazioni sulla prassi del viaggio: la spedizione avrebbe avuto luogo nella contea di Glastonbury, nel Somerset, regione inglese che avrebbero dovuto raggiungere tra due giorni. Il tutto doveva restare segreto quindi nessun altro si sarebbe aggiunto alla missione a parte i servizi segreti italiani associati alla Royal air force inglese.

    I due governi, italiano e inglese, avevano stipulato un accordo di riservatezza riguardo alla ricerca che gli archeologi romani si apprestavano a compiere. Solo il reverendo della chiesa di San Giovanni Battista a Glastonbury era stato messo al corrente perché li avrebbe ospitati all'interno della chiesa, e il presidente degli Stati Uniti d'America che aveva dato il suo consenso e la sua benedizione alla spedizione archeologica a patto che venisse informato sui progressi delle ricerche in tempo reale. Il tutto assumeva la forma di un accordo segreto di stampo internazionale che avrebbe portato la Sapienza alla gloria.

    Francesca saltò in macchina e ingranò la marcia. Non riusciva a smettere di pensare al grande compito che l'aspettava, al Sacro Graal. La leggenda narrava che il calice contenente il sangue di Cristo crocifisso venne lasciato da Giuseppe d'Arimatea nella valle di Avalon, l'isola incantata dove fu forgiata la spada di Excalibur e dove re Artù fu condotto dopo essere stato ferito a morte nella sua ultima battaglia. Qui, il leggendario sovrano trascorse un tempo lunghissimo durante il quale fata Morgana l'avrebbe curato per poter poi ritornare in seguito dai suoi cavalieri. Francesca si sentì vibrare al solo pensiero, tuttavia non doveva lasciarsi influenzare dal fascino leggendario della vicenda. Il suo obiettivo era quello di ritrovare un reperto archeologico ricercato da secoli e agognato da molti di cui ogni traccia sembrava sparita nel nulla.

    Il tronco di un albero enorme che occupava quasi tutta la strada la spinse a frenare improvvisamente, riportandola, con uno scatto in avanti, alla realtà. Le gomme dell'auto slittarono sull'asfalto bagnato e il vento spingeva la macchina di lato, verso sinistra: per poco non perse il controllo del veicolo. Dopo essere rimasta ferma per un quarto d'ora con il motore spento, rimuginando e imprecando su quanto fosse stata stupida a lasciare il suo appartamento con un uragano in atto, decise di ripartire e con andamento decisamente lento riuscì a raggiungere l'appartamento di Andrea sito dall'altra parte della città. Corse al portone d'ingresso del palazzo dove viveva Andrea e suonò più volte il citofono; una voce femminile rispose dall'altro capo della cornetta.

    «Può aprirmi per favore?» disse lei dopo aver spiegato alla donna il motivo della sua visita.

    «Cerco il signor Andrea Altavilla».

    Appena la sconosciuta udì quel nome aprì il portone dando modo a Francesca di intrufolarsi all'interno, in un luogo asciutto.

    Si rese conto solo in un secondo momento che la proprietaria della voce che l'aveva risposta al citofono era scomparsa nel nulla. Salì le scale di corsa, con i vestiti bagnati fradici e i brividi di freddo che le percorrevano la spina dorsale: se non si fosse subito asciugata avrebbe preso sicuramente l'influenza. Bussò alla porta ritrovandosi, dopo qualche istante, di fronte a due grandi occhi azzurri che la invitavano ad entrare.

    Al pian terreno intanto una luce accecante inondò l'intero palazzo. Lampi di luce folgorante fuoriuscirono dalle finestre che durante le giornate di sole illuminavano i pianerottoli e le scale che permettevano l'accesso ai diversi appartamenti. Una figura celestiale apparve dal nulla di fronte alla donna misteriosa che aveva aperto la porta a Francesca, era candida e avvolta da un alone luminoso, abbagliante

    «Lei è arrivata».

    Anael, Arcangelo dell'armonia e della bellezza, diede a Gabriele la lieta novella mentre l'Arcangelo messaggero la fissava con aria austera, anche la donna aveva mutato le sue sembianze e spalancato larghe ali candide che ombreggiavano sulle pareti a causa della scia luminosa in cui era avviluppata.

    «Bene... adesso puoi lasciare questo corpo sorella e ritornare alla nostra umile dimora!».

    Entrambi svanirono nel nulla, solo un giglio bianco giaceva sul pavimento.

    Andrea invitò Francesca ad entrare, la costrinse ad indossare una delle sue tute da ginnastica e le diede una tazza di caffè fumante per farla riscaldare un po’.

    «Scusa il disturbo Andrea... ma non riuscivo a rintracciarti, le linee telefoniche devono essere intasate e siccome volevo avere notizie della spedizione...» affermò mentre sorseggiava il suo caffè bollente, crogiolandosi nel tessuto caldo della tuta di lui, il ragazzo agitò le mani in segno di disapprovazione, poi le dedicò un sorriso ampio e cordiale.

    «Non essere sciocca! Tu non disturbi mai... perché ti fai tutti questi problemi? Credevo avessimo un rapporto più confidenziale noi due...» lei sgranò gli occhi confusa e indietreggiò la testa di qualche millimetro aderendo completamente allo schienale del comodo divano in pelle che arredava il soggiorno di Andrea.

    Più confidenziale?!.

    Ma quale confidenziale?.

    Andrea era stato insensibile con lei. Al primo anno di università aveva avuto una relazione con lui, Francesca si era innamorata perdutamente. Amava tutto di lui, i suoi modi di fare, i suoi interessi per la storia e l'archeologia. Insieme condividevano tante passioni, come quelle per la poesia e per la musica. Lui si era mostrato l'uomo perfetto, quello che si incontra solo leggendo i romanzi rosa o guardando qualche film romantico alla tv. Si era illusa di essere la donna più fortunata del mondo, che lui fosse quello giusto, aveva persino immaginato una famiglia e dei figli con lui, peccato però che si era rivelato un essere spregevole, un verme schifoso, un idiota matricolato. Francesca non riusciva ancora oggi a definirlo con un aggettivo consono al suo comportamento. Un pomeriggio infatti, al ritorno dall'università, lo trovò a letto con un'altra donna. Il mondo le crollò addosso, la terra cominciò a tremarle sotto i piedi e una valanga di lacrime le solcò il volto. Appena lui la vide scattò in piedi e cominciò a sbraitare contro la sua amante. Blaterava cose senza senso, come il fatto di essere stato vittima di un inganno, che qualcuno gli aveva fatto un incantesimo o una fattura, che non ricordava nulla di quel pomeriggio e cose del genere. Francesca ovviamente non lo prese sul serio, sapeva che le sue erano solo scuse e che era solo un donnaiolo. Lo cacciò di casa e lo evitò per due anni, fino a quando non se lo ritrovò come collega di lavoro l'anno precedente.

    «Stai un po’ meglio ora?» la voce di lui sgretolò i suoi pensieri.

    «Si grazie... tu piuttosto...come stai?».

    Lui le lanciò un'occhiata stupita, non si aspettava quella domanda e si accigliò subito dopo, aveva la medesima espressione del giorno in cui l'aveva cacciato di casa. Il dolore che le aveva lasciato era stato così grande da toglierle la fiducia in tutti gli uomini. Andrea era stato infatti il suo ultimo amore, dopo di lui si era buttata a capofitto sul lavoro. Gli uomini per lei erano solo un fardello, un peso che opprimeva la vita di qualunque donna ne avesse uno e l'amore era soltanto una chimera, una futile illusione che svaniva non appena il Don Giovanni di turno riusciva nell'intendo di portarsi la malcapitata a letto. Questa visione cinica della vita l'aveva aiutata ad andare avanti e l'avrebbe aiutata ancora. Nessun uomo si meritava il suo amore, tanto meno Andrea, l'artefice del suo dolore, nessun uomo si meritava un tono più confidenziale, punto.

    Andrea la portò alla realtà ancora una volta.

    «Ho sentito Luca due giorni fa... mi ha comunicato che non può partecipare alla spedizione...sembra che sua moglie si senta molto male ma non ho osato chiedere oltre».

    Francesca emanò un sussulto.

    «Ha deciso di affidare a me il comando della spedizione... ovviamente con il tuo supporto e quello di un'altra persona di fiducia».

    La ragazza rimase stupefatta, era convinta che la missione fosse vincolata da un trattato di riservatezza, lei stessa aveva dovuto firmare un documento dove dichiarava che qualunque fuga di notizie da parte sua sarebbe stata sanzionata con una pena che andava dai tre ai cinque anni di carcere.

    Andrea continuò «Mio fratello Paolo».

    Suo fratello?!.

    Era a conoscenza del fatto che Andrea avesse un fratello, quando stavano insieme gli parlava spesso di lui, anche se non l'aveva mai visto perché studiava all'estero, in America. Sapeva che Paolo era di otto anni più grande di loro, che si era laureato con il massimo dei voti all'università di Harvard nella loro stessa facoltà e che già aveva lavorato a diverse spedizioni archeologiche in Africa e in America meridionale, a pensarci bene lui sarebbe stato più qualificato per assumere il comando della loro missione.

    «Anche lui è stato esaminato attentamente dalla commissione ed è stato sottoposto al contratto di riservatezza questa mattina stessa».

    Lei annuì esterrefatta.

    Magnifico! Adesso invece di un Altavilla, ne avrebbe avuto tra i piedi due.

    «Spero che per te non sia un problema!».

    Andrea la guardava ansioso, come se il suo giudizio fosse più importante di quello della commissione, lei scosse la testa e sospirò profondamente, rassegnata.

    «No... non c'è problema... tanto io non avevo candidati, e poi tuo fratello sembra molto qualificato per svolgere questo compito!».

    Lui annuì entusiasta, ma lei arrossì immediatamente rendendosi conto di essere entrata su un terreno pericoloso: Andrea non aveva menzionato in quella sede i titoli del fratello ma gli parlava spesso di Paolo durante la loro relazione.

    «Cosa c'è?» le domandò lui avvicinando la mano al viso di lei nel tentativo di sfiorarla con una carezza.

    «Niente!» affermò Francesca scansandosi da lui.

    Si avvicinò alla finestra per vedere le condizioni climatiche: la situazione era davvero allarmante.

    Andrea la guardò confuso. Aveva capito perfettamente che lei non voleva averci niente a che fare con lui per quanto riguardava il livello sentimentale. Anche lui però aveva sofferto tanto quando si erano lasciati, aveva cercato di convincerla in tutti i modi che non centrava niente con quello che era successo quel maledetto giorno, che ancora oggi non ricordava nulla dell'accaduto, ma lei non aveva voluto sentire ragioni. All'epoca lo buttò fuori di casa, sconvolta, oggi non gli permetteva nessun altro approccio oltre a quello lavorativo.

    «Quando conoscerò tuo fratello?».

    L'ultima cosa che ricordava era quella di essersi addormentato sul suo letto, ed era anche solo, quindi non riusciva proprio a capire da dove fosse saltata fuori quella donna…

    «Andrea!».

    La voce di Francesca risuonò nelle sue orecchie.

    «Scusami... avevo la testa altrove... dimmi» disse divertito mentre lei sbuffava spazientita.

    «Ti ho chiesto quando conoscerò tuo fratello!».

    La ragazza capì che forse era stato uno sbaglio raggiungere Andrea a casa sua, forse sarebbe stato meglio aspettare di riuscire a rintracciarlo telefonicamente, ma la cosa che più la preoccupava era il tempo, la pioggia cominciava ad intensificarsi e il vento a vibrare più forte di quella mattina, temeva di restare bloccata lì dentro.

    «Paolo sarà qui a momenti, è arrivato in Italia ieri e stamattina alle nove ha affrontato la commissione... spero ci porti buone notizie!».

    Anche lei cominciava a sperare, odiava l'idea di dover passare una notte da sola con lui, per non parlare poi della spedizione, avrebbe passato diversi mesi insieme a lui, soli, in un luogo sconosciuto...

    No!.

    Un urlo interiore si sprigionò dentro di lei.

    «No!».

    Andrea sussultò per lo spavento.

    Oh oh... forse l'urlo non era stato solo interiore.

    «No... che cosa?» domandò attonito.

    Lei sospirò profondamente.

    «No... non può non passare, deve farcela assolutamente, abbiamo bisogno almeno di un'altra persona!» affermò cercando di motivare alla meglio quel no istintivo che aveva penetrato i timpani del suo interlocutore.

    Lui annuì con convinzione.

    «Certo!».

    La sua attenzione fu colta da una cartellina che Andrea teneva tra le mani, doveva averla presa mentre guardava fuori dalla finestra perché non l'aveva visto fare alcun movimento precedentemente, l'aprì, e tirò fuori un pezzo di carta che le porse immediatamente.

    «Tieni, questo è il tuo biglietto aereo...mettilo da parte!» e chiuse la cartellina mentre lei infilava il biglietto nella borsetta.

    «Bene...sarà meglio che vada allora... ci vediamo dopodomani all'aeroporto».

    Andrea la bloccò afferrandole il braccio…

    «Dove credi di andare?» le chiese, il tono era serio , la mascella contratta.

    «Ritorno a casa...» sussurrò lei con un filo di voce.

    Riuscì a sentire il contatto della sua mano sotto la stoffa della pesante felpa, mentre il cuore palpitava a scatti nel suo petto

    «Dove credi di andare?» ripeté lui realmente preoccupato «Non vedi che c'è l'inferno là fuori?».

    Lei strinse i pugni e si svincolò dalla sua presa.

    «Smettila!» sbraitò.

    Non voleva rimanere lì.

    «Io devo ritornare a casa mia!» affermò abbassando il volume della voce, forse stava urlando un po’ troppo.

    Non era sicuro che sarebbe rimasta lì quella notte, non era certa che Andrea intendesse questo, probabilmente voleva solo che il tempo migliorasse prima che lei ritornasse a casa sua.

    «Non ti muovi di qui! almeno finché il tempo non migliora!».

    Ecco erano giunti a una decisione, almeno lui aveva preso la sua di decisione. Francesca abbassò lo sguardo rassegnata e si lasciò cadere sulla poltrona.

    «Non temere, non voglio mangiarti!» la schernì lui decisamente più tranquillo ora «E poi anche se volessi non potrei, c'è un testimone!».

    Francesca sbatté le palpebre confusa.

    Un testimone?.

    «Paolo» intervenne lui prontamente.

    Paolo.

    Almeno aveva la certezza che non sarebbero rimasti soli ancora per molto.

    «Mettiti comoda...vado a prepararti una stanza!».

    Appena lui lasciò la stanza Francesca sentì una sensazione di disagio, non era però un disagio dovuto al luogo dove si trovava in quel momento, ma una sensazione più forte, di estraneità da quel mondo là fuori che pur la conteneva, un disagio che proveniva da dentro e che l'avrebbe fatta sentire fuori posto dovunque e in qualunque momento. L'eco di alcuni rumori provenienti dall'altra camera riportò la sua attenzione a un livello di guardia, rivelandole il presente. Si accorse, sorprendendosi, che il televisore era acceso e che buttava nell'aria parole non percepite dai suoi sensi fino a quel momento. Andrea le stava preparando una stanza in caso lei fosse rimasta bloccata in casa sua dal cattivo tempo, non riusciva ancora a crederci. Se solo una settimana fa le avessero detto che avrebbe dormito con Andrea per una notte intera sarebbe scoppiata a ridere di gusto incredula, ma ora era lì.

    Cosa poteva fare?.

    Si strinse nelle spalle e diede uno sguardo all'appartamento notandone la grandezza spropositata per ospitare una sola persona. All'entrata vi era un soggiorno molto grande arredato in stile moderno con un piccolo tavolino di vetro al centro della camera circondato da un enorme divano di pelle bianca e due poltrone della stessa tinta. Un grande televisore padroneggiava la scena e una vetrina piena di bicchieri e piattini di cristallo era abbandonata in un angoletto della stanza sola soletta. Dal soggiorno partiva un lungo corridoio che portava a quattro stanze, Francesca non aveva idea di quali stanze fossero, mentre una porta frontale, aperta, lasciava intravedere la cucina sempre arredata in stile moderno.

    Chissà quanto pagava d'affitto? O forse era un appartamento di famiglia?.

    Il suo, un monolocale al centro della città, era molto caro. Tuttavia era stata felice della scelta, anche perché era sola, non aveva nessuno con cui condividere una casa così spaziosa. Francesca era una ragazza di periferia. Aveva vissuto in Calabria da piccola, con i suoi genitori, un posto per lei meraviglioso e pieno di ricordi che aveva dovuto lasciare all'età di dieci anni, quando i suoi genitori persero la vita in un incidente d'auto. Fu allora che sua zia Clara, la sorella minore di sua madre, non sposata e quindi senza figli, aveva deciso di prenderla in adozione e portarla con sé a Roma dove lavorava. Lei era molto grata a sua zia, le doveva molto e la considerava come una seconda madre. Ricordò il momento triste che seguì la partenza dalla Calabria. Aveva pianto per giorni, per i suoi amici, per sua nonna, che aveva lasciato all'improvviso, per i suoi genitori, che non sarebbero più ritornati. Ma Clara non si era persa d'animo e aveva cercato di risollevarla in ogni modo possibile. Le era davvero grata. Ora sua zia era in pensione e viveva fuori città, nella piccola casetta dove l'aveva allevata con amore e pazienza. Le mancava molto anche se era andata a farle visita solo una settimana prima per comunicarle del suo viaggio in l'Inghilterra. La donna si era mostrata felicissima per lei e per i suoi progressi lavorativi anche se gli occhi lucidi lasciavano trasparire una vena di tristezza.

    «Non so per quanto tempo resterò in Inghilterra zia...il lavoro è importante...ma ti prometto che appena ritorno verrò subito a trovarti».

    Lei annuì tristemente e l'abbracciò.

    «Ti aspetto sempre qui tesoro mio...questa è casa tua...soprattutto casa tua».

    Si strinsero un'ultima volta e poi si salutarono definitivamente.

    Sulla via del ritorno le lacrime non smisero per un attimo di sgorgare dai suoi occhi. Sapeva che non era un addio, ma il fatto di starle lontano per molto tempo aveva suscitato in lei una disperazione infinita. Non era un addio, ma ciò le era sembrato, come se non avesse avuto più occasione di rivederla.

    Il suono del campanello s'insinuò tra i suoi pensieri.

    Asciugò le lacrime scese involontariamente sulla sua guancia con un dito e dopo essersi data un contegno andò ad aprire la porta. Due grandi occhi verdi si fissarono nei suoi per un lungo istante mentre il resto del mondo scomparve risucchiato da una luminosa nebbia bianca.

    CAPITOLO 2

    Una melodia di arpe e violini risuonò nelle orecchie di lei, chiuse gli occhi e li riaprì in un istante, temendo si trattasse solo di un sogno. La sinfonia serpeggiò nella sua anima e il cuore cominciò a batterle all'impazzata sostituendola con il suo ritmo incessante.

    cosa le stava succedendo? Chi era quello sconosciuto che era entrato nella sua anima al primo sguardo?.

    Lui sorrise e la nebbia si dissolse.

    «Salve...».

    La sua voce profonda la fece vibrare.

    «Sono Paolo Altavilla... il fratello di Andrea...».

    Francesca sbatté le palpebre confusa.

    Lui era... Paolo?.

    I pensieri svaniti dalla sua mente appena aprì quella dannata porta ricominciarono a pulsare tra i neuroni del suo cervello e si sentì barcollare come se fosse caduta giù dal cielo e avesse atterrato su una superficie ripida. Non riuscì a proferire parola ma piano, molto lentamente si spostò sul lato dell'uscio per dargli modo di entrare.

    «Andrea è in casa?».

    Le parole non riuscivano ad uscirle di bocca.

    Ma che diavolo le era preso? Possibile che un uomo le facesse quell'effetto? No! non poteva andare in estasi per uno sconosciuto.

    Si schiarì la voce e si diede il contegno necessario per riprendersi.

    «Sì...» affermò vacillante.

    «Sì?» domando lui con un mezzo sorriso e le sue gambe crollarono definitivamente sul divano.

    «Sì!» affermò lei con tono più sicuro, doveva prendere in mano il controllo della situazione anche perché altrimenti lui l'avrebbe scambiata per una stupida.

    «Con chi ho il piacere di parlare?» chiese lui suadente.

    «Sono Francesca De Grande, una collega di Andrea».

    Lui si bloccò per un istante, assumendo un'espressione seria.

    «Francesca De Grande... Andrea mi ha già parlato di te... bene allora sarai anche mia collega... per un po’…».

    Andrea irruppe nella stanza interrompendo la loro conversazione. Lei si sentì sollevata, per una volta grata ad Andrea per il suo tempismo perfetto.

    Paolo sapeva che Francesca De Grande, l'unica donna importante di suo fratello, avrebbe lavorato con loro, ma non si aspettava di ritrovarsela nell'appartamento di Andrea. Doveva ammettere che era stata una piacevole sorpresa, infatti Andrea gli aveva parlato molto di lei. Salutò Andrea, ma la sua mente era ferma su quella donna seduta sul divano di suo fratello. Capiva perfettamente perché Andrea era impazzito per lei qualche anno fa, solo a guardarla faceva girare la testa. Aveva un viso angelico dominato da due grandi occhi azzurri e labbra ben disegnate stagliati da un nasino all’insù, dolce e provocante al tempo stesso. I suoi capelli erano molto lunghi, di un nero intenso tendente al blu che cadevano a cascata sulle spalle. Non era riuscito a notare altro perché indossava una tuta extra large per il suo corpicino che lì dentro sembrava abbastanza esile.

    «Paolo! Finalmente sei arrivato! Come è andata con la commissione?».

    Il fratello annuì soddisfatto.

    «Tutto bene fratellino! Sono dei vostri!».

    Andrea era molto felice, oltreché soddisfatto. Era contento di condividere quell'esperienza con suo fratello, ammirava molto Paolo e quello che faceva, era orgoglioso di lui. Andrea si avvicinò a Francesca e la tirò per un braccio forzandola ad alzarsi.

    «Qui ci vuole un abbraccio di gruppo!» affermò entusiasta.

    Un... un abbraccio di gruppo? Ma non ci pensava proprio!

    Ma non ebbe il tempo di pensarci perché i due fratelli la imprigionarono tra le braccia urlando come pazzi. La ragazza riuscì a svincolarsi da loro solo dopo cinque minuti restando però in piedi, mentre Andrea andava a prendere champagne e bicchieri in cucina.

    «Allora non sei felice anche tu?».

    Francesca gli lanciò un sorriso forzato evitando di guardarlo in quegli occhi acquamarina che ogni volta la travolgevano e annuì timidamente.

    «Ragazzi... qui bisogna festeggiare!».

    Ancora una volta Andrea arrivò in tempo per salvarla.

    «Champagne?»

    I tre fecero tintinnare i bicchieri poi si accomodarono sul divano.

    «Ragazzi devo darvi una notizia».

    Andrea sorseggiò il suo champagne.

    «La partenza e anticipata a domani mattina. Luca mi ha chiamato informandomi che il nostro arrivo è stato registrato per domani perciò dobbiamo anticipare».

    I presenti annuirono.

    «Per me va bene» disse la ragazza con tono indifferente.

    «Anche per me».

    Andrea si sentì sollevato.

    «Perfetto, Luca mi spedirà i nuovi biglietti per fax domani

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