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La montagna della vendetta (eLit): eLit
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E-book227 pagine3 ore

La montagna della vendetta (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Thea Sarazin non è affatto contenta di dover incontrare l'ex fidanzato Spence Cannon alle nozze di un'amica in comune, in un remoto maniero del Colorado. Ma lo spiacevole inconveniente passa subito in secondo piano quando al castello il maggiordomo comunica loro la scomparsa degli sposi, Jenny e Gregory. Iniziano subito le ricerche, che portano alla luce l'abito nuziale macchiato di sangue. Poi la voce registrata di Gregory li avverte che dovranno tutti pentirsi del male commesso. Sono in trappola!
LinguaItaliano
Data di uscita31 gen 2017
ISBN9788858966174
La montagna della vendetta (eLit): eLit

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    Anteprima del libro

    La montagna della vendetta (eLit) - Cassie Miles

    successivo.

    Prologo

    Al di là dell'arcata in pietra scolpita che segnava l'accesso al castello, le ombre della notte invernale avvolgevano il sentiero coperto di neve. Grosse nuvole si susseguivano nel cielo oscurando la luna e le stelle, ma quel buio inquietante si attagliava perfettamente ai propositi di Gregory Rosemont, proprietario del maestoso maniero che sorgeva su un'alta cima circondata dalle vette innevate dei monti del Colorado.

    Nonostante il fascio di luce della sua torcia penetrasse a fatica il buio, l'uomo procedeva con sicurezza. Conosceva ogni centimetro, ogni pietra, ogni albero di quel tratto di montagna. Aveva memorizzato ogni dirupo, ogni precipizio che isolava il castello, raggiungibile solo con una funivia che portava al massimo dieci persone.

    Poco dopo, la torcia illuminò le pareti della stazione della funivia, costruite con lo stesso granito dei bastioni merlati della sua dimora.

    L'indomani, la cabina avrebbe effettuato la sua ultima salita. L'indomani si sarebbe compiuta la sua vendetta. Stava preparando quell'evento da anni, con un'attenzione quasi ossessiva ai dettagli. Aveva ammassato una vera fortuna per finanziare il suo obiettivo, e il suo piano adesso era perfetto: un test severo per quel campione di esseri umani senza rimorsi che sarebbe stato suo ospite.

    Una volta all'interno della stazione, si tolse lo zaino dalle spalle, tirò fuori gli attrezzi e si mise al lavoro. Ignorando le grandi ruote e i grossi ingranaggi di metallo necessari a trascinare la pesante cabina, si concentrò su un particolare meccanismo del macchinario, e lo modificò in modo che al momento giusto tranciasse il cavo portante facendola precipitare nell'abisso.

    Riusciva persino a immaginare il rumore dello schianto che avrebbe echeggiato tutto intorno quando si fosse fracassata sulle rocce giù in fondo, l'eco delle grida di terrore dei suoi passeggeri fra quelle cime silenziose...

    Sarebbe stato uno schianto spettacolare.

    Non appena ebbe finito con le bobine di avvolgimento, le molle del meccanismo stridettero, metallo contro metallo. Soddisfatto, respirò a fondo, contento del gelo che lo circondava, promettendo una gran nevicata che avrebbe impedito ogni tentativo di soccorso immediato.

    Sorrise. Aveva pensato proprio a tutto. Non aveva lasciato niente al caso.

    Quando ripercorse il sentiero, la luna occhieggiò per alcuni attimi attraverso le nuvole illuminando le torri e i bastioni del suo castello in stile medievale. L'unica luce visibile proveniva dalla finestra della suite matrimoniale, al piano più alto di una delle torri.

    1

    Nella luce del sole del tardo pomeriggio, Thea Sarazin risaliva faticosamente verso la costruzione in granito dalla quale una funivia l'avrebbe portata, superando un incredibile abisso, fino al castello.

    Oltre a una piccola valigia, aveva con sé una custodia di plastica che conteneva un abito lungo: una creazione in broccato di un arancio smagliante decisamente poco adatto alla sua carnagione olivastra, ai suoi capelli scuri e ai suoi occhi nocciola che, dopo quel weekend, avrebbe raggiunto in fondo al suo armadio gli altri tre abiti da damigella d'onore appesi nelle loro custodie.

    Nonostante avesse giurato a se stessa che non avrebbe mai più partecipato a un matrimonio, non aveva potuto rifiutare l'invito di Jenny Trevain, sua collega alla scuola media di Denver. A parte il fatto che era una sua cara amica, partecipare a quella cerimonia avrebbe significato passare due giorni in quella favolosa residenza, dove avrebbe finalmente conosciuto il suo misterioso fidanzato, Gregory Rosemont.

    Quell'evento era troppo fantastico e romantico perché lei potesse resistere. Soprattutto dal momento che Jenny, che aveva trentaquattro anni, fino a pochi mesi prima aveva dubitato di poter incontrare ormai il vero amore. Vi si era imbattuta all'improvviso quando aveva incontrato un capitano d'industria, ricco e misterioso, che aveva iniziato subito a farle una corte serrata.

    Rosemont era un milionario eccentrico che aveva accumulato una fortuna aprendo uno dei primi siti on-line per fare shopping, e lei si aspettava che quel weekend sarebbe stato molto eccitante ed esotico. La storia di Jenny induceva a pensare che i sogni e le speranze qualche volta potevano avverarsi, e quel pensiero la metteva di buonumore.

    Quello di Jenny era il classico sogno divenuto realtà. Non aveva forse trovato una versione moderna del principe azzurro, con tanto di castello?

    D'altra parte, però, Gregory Rosemont aveva fama di essere un misantropo. Viveva come un recluso. Di lui non esistevano fotografie di nessun genere, al punto che nemmeno Jenny ne possedeva una. Non aveva mai concesso un'intervista, e viveva in quel castello isolato dal resto del mondo dal quale guidava i suoi affari servendosi della tecnologia. La privacy, per quell'uomo, era talmente importante che aveva deciso di condurre la propria esistenza sulla cima di una montagna che poteva essere raggiunta solo grazie a una funivia. E i suoi contatti con il resto del mondo avvenivano grazie a un satellite, o qualcosa del genere.

    Il freddo insopportabile le stava facendo gelare il naso. Intorno si ergevano montagne antiche come il tempo. Le sembrava di aver raggiunto un altro pianeta, un pianeta di ghiaccio lontano da tutto e da tutti...

    Ma dov'era la macchina di Jenny? Dov'erano le macchine di tutti gli altri?

    Faceva un freddo terribile. I piedi le si stavano congelando, non sentiva più le punte delle dita e si augurò che la stazione fosse riscaldata.

    Tutto quel freddo e quell'isolamento stavano iniziando a preoccuparla. Anche il pensiero di Jenny, che sperava di trasformare presto il suo fidanzato in un essere socievole, la preoccupava. Non credeva che l'amica sarebbe riuscita nel suo intento. Il dottor Jekyll e mister Hide appartenevano alla letteratura, e sperare in una metamorfosi di quel genere era come credere di poter trasformare il paesaggio del Colorado con le sue cime impervie in un dolce paesaggio collinoso.

    Lei aveva messo in guardia Jenny circa la sua intenzione di cambiare il futuro marito. Perché lei, che si era illusa di poter trasformare l'arrogante e ambizioso medico con cui era stata fidanzata in un essere sensibile, sapeva che le persone non si potevano cambiare. Ma Jenny era innamorata, e le donne innamorate si raccontano un sacco di bugie...

    Quando raggiunse la stazione notò lo stemma sopra l'entrata e si fermò un momento. Raffigurava una rosa in boccio, probabilmente per via del nome Rosemont, due corone intrecciate e quattro pugnali. Si chiese quale incredibile presunzione avesse spinto quel mago dei computer a inventarsi uno stemma pseudonobiliare, ma poi pensò che forse avere uno stemma sarebbe stata una tentazione anche per lei, se avesse posseduto qualche milione di dollari e la copia di un vero castello...

    Doveva essere meno critica con Gregory Rosemont. Dopotutto Jenny lo amava, si disse mentre apriva la massiccia porta di legno della stazione.

    All'interno non c'era nessuno. E, se era possibile, faceva più freddo che fuori. Diede un'occhiata al proprio orologio. Non aveva impiegato molto ad arrivare lì da Denver, se considerava che sull'ultimo tratto di strada aveva tenuto una media di circa quaranta chilometri all'ora per via della neve. Era arrivata con mezz'ora di anticipo, si rese conto, ma ciononostante si stupì che non ci fosse nessuno ad accoglierla.

    Mentre posava la valigetta e la sacca su una delle panche in pietra a ridosso di una parete, notò in un angolo una stufa a legna spenta. E, lungo la parete opposta, alcuni armadietti di metallo e una vecchia cassaforte pesantemente decorata.

    La cabina in fibra di vetro appariva invece modernissima, in confronto ai meccanismi che le consentivano di funzionare. Facevano venire in mente una macchina di tortura medievale, con quelle catene e quelle ruote dentate...

    Osservò con attenzione il cavo d'acciaio cui la cabina era sospesa. Era abbastanza robusto da reggere il peso di parecchie persone? Oltretutto, lei aveva il terrore del vuoto, soffriva di vertigini già al terzo scalino di una normale scala a pioli. Di sicuro il tragitto in funivia sarebbe stato la cosa più penosa di quel weekend, ma l'avrebbe affrontato come era solita fare con altre cose altrettanto sgradevoli e altrettanto inevitabili.

    Tornò all'aperto, lasciando delle deboli tracce sul terreno reso duro dal ghiaccio, e osservò il castello. Oltre il parcheggio poco più sotto, ottenuto abbattendo alcuni alberi nella boscaglia, si apriva un dirupo al di là del quale, sopra una cima, sorgeva tra le nuvole scure un'imponente costruzione in stile medievale con due torri laterali, circondata da spalti merlati e dotata di una serie di finestre bizzarramente gotiche, sormontate da timpani che appartenevano a uno stile di un'altra epoca ancora. Ma il risultato, decise, per quanto disomogeneo era piacevole.

    Un fuoristrada arrivò al parcheggio sotto la stazione della funivia. Ne scese una coppia più o meno della sua stessa età, seguita da un uomo. Alto, con le spalle ampie...

    Spence Cannon.

    Un brivido la scosse. A che cosa era dovuto? A un improvviso senso di solitudine? Di panico? O era solo il freddo?

    Erano cinque anni che non vedeva l'uomo che le aveva chiesto di sposarla...

    Strinse i denti. Spence sembrava in gran forma. Decisamente in forma. Un ciuffo biondo gli ricadeva sulla fronte. Da quella distanza non poteva vedere i suoi occhi azzurri, ma di sicuro la loro espressione era fredda e condiscendente. Quando ancora credeva di essere in grado di conquistare il mondo, aveva ritenuto quella combinazione di freddezza e docilità molto sexy. Una specie di invito, di sfida. Ma aveva ingannato se stessa ogni giorno, quando loro due stavano insieme...

    Si voltò verso il castello. Accidenti a te, Jenny! Imprecò tra i denti. Come poteva aver pensato che lei volesse rivedere Spence? Qualunque cosa avesse condiviso con quell'uomo, anche se l'aveva chiamata amore, era ormai svanita da tempo. E comunque il suo orgoglio le avrebbe impedito anche solo di riconsiderare la cosa.

    Cercò di dirsi che il ricordo della loro rottura non le faceva più male, ma non era vero.

    Arretrò fino a nascondersi fra alcuni alberi come un coniglio spaventato. Di colpo desiderava scappare. Prendere il suo grottesco abito da damigella d'onore e la sua valigia e correre a perdifiato fino a casa, a Denver, dai suoi due gatti.

    Che codarda!

    Aveva aspettato con ansia quel weekend, e non avrebbe permesso a Spence di rovinarglielo, decise. Era perfettamente in grado di affrontarlo. Doveva essere forte. Lo era già stata una volta. Cinque anni prima, era stata lei a rompere il fidanzamento e a restituirgli l'anello col brillante. Era stata molto brava, ma poi si era ritrovata sola, sera dopo sera, notte dopo notte, ad aspettare una sua telefonata, a pregare che lui la chiamasse, a sperare in una riconciliazione che non era mai arrivata.

    Doveva essere forte.

    Sbirciò da dietro gli alberi. Accidenti a te, Spence. Perché era così bello?

    «Forza, Spence, vieni!» lo sollecitò Emily. «Vieni a vedere che bel posto!»

    A Spence non importava un accidente di vedere il cosiddetto castello. La sua decisione di accettare l'invito di Jenny era dovuta soltanto al fatto che ci sarebbe stata anche Thea Sarazin, perché voleva avere un'altra possibilità con lei.

    «Guarda la stazione della funivia! Sopra c'è addirittura uno stemma!» Emily si avviò lungo il sentiero che saliva verso la piccola costruzione con l'agilità di uno stambecco; poi si voltò ad aspettare il marito, Jordan Shane. «Tutto questo non ti fa pensare a cavalieri nelle loro armature lucenti, a principesse e tornei?» gli chiese allegra.

    «Fa un freddo terribile» fu la risposta di Jordan.

    «Un freddo come questo costringe le coppie a tenersi strette durante la notte» ribatté lei con gli occhi pieni di malizia.

    Spence li raggiunse. La macchina di Thea, pensò notando l'unico altro veicolo presente nel parcheggio coperto di neve. L'idea che presto l'avrebbe rivista, che sarebbe stato di nuovo vicino a lei, lo elettrizzava, ma allo stesso tempo lo spaventava. Erano ormai cinque anni che non sentiva la sua voce calma e chiara. O resa roca dal piacere. Che non vedeva il suo viso perfetto, che non ne baciava i lineamenti. Ma ricordava comunque con dolorosa precisione la profondità dei suoi occhi color nocciola e la consistenza di seta dei suoi capelli fra le dita. Quante volte si era svegliato sentendo il suo profumo aleggiare nel buio intorno a sé! Quante volte aveva sognato la sua bocca, quelle labbra che gli avevano detto che lei non voleva vederlo mai più!

    «Perché hai quella faccia triste?» gli chiese Emily. «Ti va di parlarne?»

    Lui sospirò. «Dato che è stata Thea a lasciarmi, toccherebbe a lei farmi delle scuse, non credi?»

    «Dipende dal motivo per cui ti ha lasciato.»

    «Pensava che l'avessi tradita.»

    «Con un'altra donna?»

    «Non ho mai fatto una cosa del genere.»

    «E allora che cosa le avevi fatto?»

    «È un faccenda complicata.» Spence non aveva voglia di raccontarle del grosso errore di anteporre la propria carriera a Thea, e di quanto se ne fosse pentito. «La rivoglio con me» rispose solo.

    Arrivarono alla stazione di partenza. Spence aprì la porta. Thea era lì? Come lo avrebbe accolto?

    All'interno faceva più freddo che fuori, e non c'era nessuno. Ma su una panca c'erano dei bagagli. Mentre Emily e Jordan entravano a loro volta, lui posò la sua valigia a terra. «Peccato che noi due non siamo stati invitati al matrimonio» gli disse la donna. «Credi che potremmo salire al castello con te, giusto per vedere come è fatto?»

    «Non penso sia una buona idea» rispose il marito. «Sembra che Gregory Rosemont sia un misantropo terribile, peggio ancora di Howard Hughes. Oltretutto, tutti sanno chi era Hughes, mentre Rosemont non si sa da dove venga.»

    «Be', è uno che lavora nei computer come te» ribatté Emily.

    «Ragione di più per essere discreti. Potrebbe pensare che sia venuto qui per rubare qualche suo segreto.»

    «Addirittura!»

    Mentre Emily abbracciava ridendo il marito, Spence uscì. Era contento che lei e Jordan si fossero conosciuti e innamorati. Erano due persone che meritavano di essere felici, ma lo spettacolo della loro felicità gli faceva sentire ancora più vuota la sua solitaria esistenza di medico condotto a Cascadia.

    Guardandosi intorno per vedere dove era finita Thea, notò delle piccole orme sulla neve, le seguì con lo sguardo...

    E finalmente la vide. Poco più in là, in cima a una roccia, contro uno sfondo di nuvole scure.

    Si era tagliata i capelli, che ora non superavano il mento. Indossava un parka rosso scuro come gli stivali e i guanti e, come sempre, appariva perfettamente sotto controllo. Gli era occorso un po' di tempo per scoprire la donna appassionata e impetuosa che si nascondeva in lei, ricordò; e si accorse che, al solo vederla, il suo corpo stava reagendo.

    Lasciata da parte ogni inibizione e incertezza, si affrettò a raggiungerla. Voleva prenderla tra le braccia, baciarla...

    Quando poco dopo i loro occhi si incontrarono, per un attimo lui lesse nei suoi la sua stessa emozione, il suo stesso desiderio.

    «Sembri un po' invecchiato, Spence» lo raggelò subito quando la raggiunse.

    Non indugiare. Abbracciala e baciala, si disse lui. «Ti sei tagliata i capelli» le disse invece. «Sei sempre bellissima» aggiunse poi.

    «Gli anni sono passati anche per me. Ma mi hanno reso più saggia.»

    «Abbastanza da perdonare?»

    «No.»

    Spence allungò una mano verso di lei per toccarla, per avere un contatto.

    Thea la prese, gliela strinse brevemente, e fece un passo indietro. «Perché sei venuto qui?»

    «Perché Jenny mi ha invitato.»

    «Jenny pensava che rivedendoci avremmo potuto rimetterci insieme, ma si sbaglia.»

    «Sicura?»

    «Sicura.»

    Prima che lui potesse ribattere, Thea lo superò, entrò nella stazione della funivia e si presentò a Emily e Jordan.

    Poco dopo Spence si fermò sulla porta, spostando il peso da un piede all'altro. Il cuore gli doleva come se avesse ricevuto una pugnalata. Le poche parole di Thea gli avevano fatto mancare un paio di battiti. Respirò a fondo. L'incontro non era andato come aveva sperato. Lei lo aveva respinto. Di nuovo. Perché non l'aveva presa subito tra le braccia e baciata?

    Ma quello che aveva visto per un attimo nel suo sguardo non era stato un miraggio...

    Fece un paio di passi indietro e finse di concentrarsi sulla vista del castello. Lui e Thea sarebbero rimasti intrappolati lassù per due giorni e mezzo. Forse sarebbe riuscito a farle cambiare idea. Forse. Ma di sicuro questa volta non l'avrebbe lasciata andare senza lottare.

    Il rumore di un motore nel parcheggio attirò la sua

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