Era estate
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Era estate - Mariarcangela Poy
Indice
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Mariarcangela Poy
Era estate
Temperino rosso edizioni
Temperino rosso edizioni
Prima edizione Brescia 2018
Grafica Afo-TR designer
© 2018 Temperino Rosso Edizioni Fortini
ISBN 978-88-31909-14-3
ERA ESTATE
1
Era estate in quel 1949 e la diciannovenne Zenobia Doda, nel lussuoso appartamento prospicente il lungomare di Ospedaletti, scoprì di essere incinta.
La notizia, che venne poi subito diffusa in famiglia, spaventò tutti.
I genitori, afflitti e scoraggiati, licenziarono la governante, che aveva mal adempiuto ai suoi compiti di sorveglianza, per poi trovarsi a fare scelte molte difficili.
Che Zenobia sposasse il pittore di cui si era perdutamente innamorata non era nemmeno da pensarci, anche perché il giovane in questione se ne era già ritornato a Parigi, senza sapere nulla di ciò che stava succedendo in casa Doda.
Zenobia, rattristata per l’abbandono del suo grande amore, non potè fare altro che seguire le direttive della sua famiglia.
I coniugi Cassiano che svolgevano la mansione di custodi nella palazzina dove vivevano i Doda, seppero la verità, per primi.
Clementina Cassiano che spesso era chiamata come cuoca dalla famiglia quando la loro governante era assente, era molto affezionata a Zenobia, che era la prima delle cinque sorelle Doda e anche la più espansiva e gioviale.
La notizia di quella gravidanza inaspettata e inopportuna indusse Clementina a fare una proposta alla famiglia Doda: Io non posso avere figli. Lo teniamo noi il bambino che nascerà e faremo il possibile per crescerlo bene come vorrà Zenobia
.
La famiglia Doda non accettò subito.
I dubbi furono tanti, ma Zenobia decisa ad uscire da quella situazione al più presto convinse tutti.
Se sarà maschio si chiamerà Aubert, come suo padre. Per il resto, mi fido di voi
disse la giovane alla coppia.
E infatti fu maschio e si chiamò Aubert Cassiano.
Zenobia rimase ad Ospedaletti fino alla nascita del bambino, poi fece ritorno a Torino alla sua vita di sempre.
Non proprio quella di sempre.
I suoi genitori le cercarono un marito, quasi subito e lo trovarono anche ricco.
Il notaio Domezio Dolmezio, aveva molti più anni di Zenobia ed era un affermato professionista. Rimasto solo, dopo la morte dei genitori, non desiderava altro che trovare moglie e Zenobia, che era una bellissima ragazza, lo conquistò immediatamente.
Ben istruita dalla madre che, senza troppi giri di parole, le fece capire che l’unica cosa da fare era sposare quell’uomo, Zenobia cacciò dal suo cuore il pittore francese e convolò a giuste ed eleganti nozze con quell’uomo che non amò mai, ma che rispettò sempre.
Quasi sempre.
Nessuno parlò mai di Aubert Cassiano, come figlio di Zenobia, nemmeno quando passati alcuni anni, il notaio se lo vide tra i piedi, in vacanza ad Ospedaletti.
Trovò normale che il figlio di Clementina frequentasse la loro casa, anche perché una cuoca sublime come lei non si poteva certo licenziare, solo perché aveva un marmocchio tra i piedi.
Se Dolmezio avesse saputo la verità sulla vera identità di quel ragazzino, avrebbe potuto amarlo, nonostante fosse capriccioso e farfallone?
Zenobia se lo chiese molte volte, ma non se la sentì di rovinare l’equilibrio che era riuscita a creare intorno a sé e a suo marito, specialmente in quel periodo burrascoso in cui ebbe bisogno di lui e del suo prezioso denaro.
Si prospettò, infatti, il fallimento dell’attività dei genitori di Zenobia.
Fallimento che fu sventato solo dall’intervento sollecito del notaio Dolmezio, grazie al diritto che ben conosceva e ai quattrini che coprirono i debiti dei Doda.
Come avrebbe quindi potuto Zenobia confessare al proprio marito una verità che, oltre ad essere scomoda da digerire, sapeva di tradimento?
Rimase così tutto nell’oblio per il notaio, ma non per Zenobia che contribuì sempre al mantenimento del figlio, grazie ai ripetuti versamenti che Dolmezio faceva sul suo conto, pensando che ella aiutasse economicamente le sue sorelle e i loro quattro figli.
Dopo molti anni Aubert, ormai cresciuto abbastanza e diventato un buon pittore, venne introdotto ufficialmente nella vita di Zenobia e in quella di suo marito che, acuti collezionisti d’arte, acquistarono parecchi suoi quadri.
Dopo aver trascorso, a Parigi, parecchi anni per studio ed altro, Aubert fece ritorno ad Ospedaletti, dove acquistò un attico di piccole dimensioni, nella palazzina di fronte a quella dove era cresciuto e dove soggiornava d’estate Zenobia ed aprì una galleria d’arte.
Lo zampino di Zenobia continuava ad essere presente?
Forse non solo il suo.
2
I coniugi Dolmezio, a parte la parentesi estiva ad Ospedaletti, trascorsero la loro vita in una elegante palazzina di corso Stati Uniti, immersa nel verde di Torino.
Il notaio, riverito da Zenobia e osteggiato, come spesso diceva, dall’insolente governante Josephine, morì quasi centenario e nessuno si chiese se fosse dipeso da malattia o da altro. A quell’età …
Zenobia e Josephine erano talmente contente che se ne fosse andato, che non ebbero dubbi sul fatto che la volontà divina avesse deciso di interrompere finalmente quella vita, piena di soddisfazioni e ricca di denaro, guadagnato grazie al lavoro di apprezzato uomo di legge, per più di cinquant’anni.
Zenobia, fedele consigliera, amica e, occasionalmente amante era stata, più di chiunque altro, consapevole della situazione finanziaria del marito, tanto da non lasciarlo mai solo.
La scusa più banale era il poco feeling che esisteva tra lui e Josephine, ma la realtà era un’altra: voleva controllare ogni sua mossa.
E l’unica deroga che si consentì fu sempre e solo il periodo estivo, durante il quale raggiungeva l’appartamento di Ospedaletti.
La morte del marito rappresentò quindi per Zenobia la liberazione dall’insano terrore che Dolmezio potesse decidere di fare qualche donazione particolare, che diminuisse in modo considerevole l’ammontare del suo patrimonio.
Stranamente, Dolmezio, uomo astuto e intelligente, non comprese il perché sua moglie fosse così preoccupata delle sue scelte finanziarie.
Spesso glielo faceva notare, ma Zenobia rispondeva sempre allo stesso modo: Chi ha rischiato la povertà, deve proteggere la sua ricchezza
alludendo alle disavventure dei suoi genitori.
Invece, Zenobia aveva un piano in mente perseguito con caparbietà ogni istante della sua apparentemente tranquilla vita matrimoniale. In quel piano non c’era spazio per regali a chicchessia, soprattutto ai cugini Valle a cui Dolmezio era tanto affezionato.
Erano rimasti gli unici a chiamarlo con il suo nome di battesimo, quel Domezio che gli aveva complicato non poco la vita e a cui quasi tutte le persone che lo conoscevano avevano sostituito semplicemente il cognome. Anche Zenobia, ma forse lei era l’unica che lo faceva per prenderlo in giro …
Avevano trascorso delle belle domeniche nella casa in collina dei Valle, dove abbondavano i piatti della cucina piemontese che Dolmezio adorava, ma pensare di dover spartire con quei tre il capitale del marito, non l’aveva mai sfiorata lontanamente.
Quanto aveva pregato che Dolmezio morisse prima di lei, per poter realizzare i suoi sogni e, in fondo al suo cuore, era convinta di poterci riuscire. Sarebbe stata una beffa se fosse successo il contrario…
Promise a se stessa, comunque, di non dimenticare i vecchi cugini Valle.
3
Quintino Aciscolo era diventato notaio per volontà paterna, anche se il suo spirito libero e originale lo avrebbe indirizzato verso strade molto diverse.
Era un eccentrico fannullone che non aveva messo tra le sue ambizioni di vita il lavoro e spesso il notaio padre lo aveva redarguito aspramente per quei suoi atteggiamenti apatici.
Dopo aver riflettuto a lungo, un giorno Quintino confidò al padre che avrebbe seguito le sue orme, alla condizione che potesse scegliere i casi che più riteneva fossero adatti alla sua personalità.
Sei completamente pazzo
gli disse il padre notaio.
Perché? Non ho detto che non voglio lavorare con te, ma penso di annoiarmi a fare le cose di routine. Quando ci sarà qualche caso intrigante, allora sarò presente, vivo e attivo
rispose Quintino.
Al sentire quelle affermazioni stolte, il padre rinunciò ad ogni tipo di dialogo con il proprio figlio e, dopo avergli riservato una stanza, nel suo grande studio nel centro di Torino, lo abbandonò alle sue fantasie, istruendo bene i suoi collaboratori affinchè supplissero degnamente alle lacune del proprio figlio.
Quando Quintino si rese conto che il padre non lo avrebbe degnato più di alcun interesse, decise che era arrivata l’ora di darsi da fare.
Con grande sorpresa di tutti i componenti dello studio Aciscolo, incominciò a seguire le pratiche non solo del padre, ma anche di tutti i suoi collaboratori tanto che, giorno dopo giorno, divenne finalmente l’elemento di prestigio, che tutti da tempo speravano diventasse.
Poco tempo dopo quella insperata metamorfosi, il notaio padre morì improvvisamente, forse troppo emozionato dai miglioramenti del figlio, il quale senza scomporsi prese il suo posto, esattamente come suo padre aveva sempre desiderato.
Fu in quel periodo che morì l’amico fraterno del padre, l’anziano e riverito notaio Domezio Dolmezio e Quintino incontrò la stravagante vedova Zenobia.
Quando Zenobia Doda vedova Dolmezio si presentò per la lettura del testamento del marito, presso lo studio Aciscolo, grande fu la sua sorpresa. Non pensava che al posto del padre, vecchio amico di Dolmezio, ci fosse il figlio Quintino.
Ben si ricordava quante critiche avesse sollevato il proprio marito sul comportamento irresponsabile tenuto dal giovane Aciscolo e quante pene avesse sofferto il di lui padre, costretto ad accettarne le scelte scellerate.
Furono quelli i motivi per cui Zenobia Doda ebbe qualche difficoltà a sorridere cordiale al nuovo notaio Aciscolo, ma non potendo fare altrimenti, si adeguò.
La lettura del testamento fu breve.
Dolmezio aveva infatti lasciato tutto il suo patrimonio alla moglie, tranne qualche piccolo legato ai suoi collaboratori più stretti.
Nonostante un celato disappunto, Zenobia decise di depositare presso lo stesso notaio Aciscolo, il proprio testamento, redatto nel suo studio di casa, poche ore prima di procedere alla lettura delle volontà del marito, convinta