Una santa mancata (Collana Tulipani)
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Anteprima del libro
Una santa mancata (Collana Tulipani) - Maria Cristina Pizzuto
stringerlo.
INTRODUZIONE
Buon giorno, miei cari lettori. Oggi voglio confidarvi cosa ci sta dietro la scelta del nome d'arte Maria Cristina Pizzuto.
Come avrete capito non è il mio vero nome, ma un mix di emozioni che racchiudono ciò che si cela nel mio cuore.
Partiamo dai significati più semplici.
Cristina è il mio nome di Battesimo. Esso significa devota a Cristo, e devo ammettere, che non esiste altro appellativo che io non avessi voluto, poiché è conforme alla mia anima e, sono sempre andata fiera del nome che i miei genitori hanno prediletto per me, non potevano fare scelta migliore.
Maria ha invece una duplice valenza. Ho una discendenza meridionale e questo portava, all'epoca, a prendere il nome di mia nonna, Maria appunto. Mio padre - che non aveva mai tollerato le vecchie tradizioni - si rifiutò di appellarmi questo nome. Per via della negazione, mio padre e mio nonno non si parlarono per anni, e questa cosa mi spiacque molto: non avrei mai voluto provocare queste discrepanze in famiglia, anche se ero ancora nel grembo materno. Oltretutto, Maria è la Madre feconda per eccellenza, la Madre universale, colei che racchiuse tutte le virtù celesti. Devo ammettere, dal profondo di me stessa, che invidio colei che ha saputo rubare il cuore di Dio, e anche Maria è un nome di innata bellezza, ai miei occhi: ho voluto usare questo titolo
, sia per continuare la tradizione e chetare l'animo di mio nonno, nonostante sia morto, ho voluto renderlo comunque fiero, da buon meridionale, della famiglia creata da papà, sia per impreziosire quel nome che già mi appartiene, a me tanto caro, entrambi in linea con le aspirazioni del mio cuore.
Ma adesso veniamo a noi… Pizzuto. Da dove viene questa preferenza?
Esso era il cognome della mamma di una signora che conosco, giudiziosa in molti aspetti e sfumature della vita, e per questo ha tutta la mia ammirazione. La sua saggezza la deve soprattutto all'educazione impartita da sua madre, la sig.ra Filomena Pizzuto, che a suo parere, era una Santa.
È difficile, molto difficile, sentire dire da una figlia, che la propria madre potrebbe essere similare a una Santa, ma questo è quello che successo, e io voglio raccontarvi la sua storia....
CAP I: LA VITA
Filomena Pizzuto nasce a Taurianova (RC) l’8 dicembre 1901.
Già da piccola si dimostrò essere molto particolare, altruista e sempre comprensiva nonostante la giovane età. Per poter aiutare i genitori a portare a casa più soldi, si avvicinò al mondo della sartoria, dove nel periodo delle elementari, imparò il mestiere a tutto tondo. Si rivelò talmente dotata in questo settore, che a soli 18 anni si mise in proprio e aprì un suo Atelier.
Filomena, grazie al suo mite carattere, alla sua bravura, alla predisposizione ad aiutare sempre tutti, e alla sua creatività, ben presto divenne famosa e ben voluta da tutte le persone del paese, che la cercavano, non solo per i lavori sartoriali quotidiani, ma anche per vestiti più complessi. La sua fama crebbe a tal punto, che le venivano ordinati capi anche dalla periferia della città, da donne di tutti i ceti sociali. Ella si dovette per forza ingrandire: creò una collaborazione con la sartoria da uomo, nata davanti al suo negozio, e prese sotto di sé trentadue donne, che la potessero aiutare a soddisfare le varie e continue richieste dei molti clienti.
Filomena era soddisfatta della vita, libera e imprenditrice, ma le voci del paese ben presto ruppero il suo ingenuo e candido ideale di donna autonoma, fatta da sé.
La malizia delle dicerie che circolavano in ogni momento, per le vie del paese, aprirono una crepa nel suo idillio personale.
La madre venne a conoscenza di queste male lingue, che la accusavano di non permettere a Filomena di sposarsi, perché le rendeva molto bene in fatto di guadagno, e se si fosse legata a un uomo col sacro vincolo del matrimonio, sarebbe dovuta uscire dalla casa materna. La madre, inizialmente fece finta di niente, ma il martello continuava a picchiare su un ferro troppo caldo, ed ella cedette alle persecuzioni mentali delle dicerie che circolavano ormai da troppo tempo.
Un giorno, Filomena, venne convocata dalla madre ai piani superiori della casa, in quanto al piano terra si stendeva il suo vasto laboratorio di sartoria.
La madre, con voce severa e addolorata, spiegò la situazione alla figlia e le chiese di trovare marito il prima possibile, in modo da azzittire le chiacchiere del paese: non sarebbe riuscita a sopportarle ancora a lungo, anche se non coincidevano con la verità.
Filomena non poteva credere alle sue orecchie; lei non voleva sposarsi, stava bene così, la sua vita era perfetta e non avrebbe voluto cambiare nulla. Con disprezzo scese le scale e ritornò al suo laboratorio.
Da lì a breve ci sarebbe stata una sfilata in paese dei suoi modelli, e non poteva perdere tempo dietro a questi discorsi senza