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Come le cicale
Come le cicale
Come le cicale
E-book133 pagine1 ora

Come le cicale

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Info su questo ebook

Per primo è arrivato l’uomo nudo, perfetto, silenzioso, discreto. Poi si è presentata Lucia, e Canio dopo di lei. Infine, Federico. Hanno occupato le sedie disposte a circolo, cinque, una era per me. Cinque sedie al centro di un’enorme stanza al piano superiore di un edificio abbandonato. Pilastri spogli, ampi finestroni con i vetri sporchi, uno rotto, battuto di cemento senza piastrelle, il resto, completamente spoglio. L’uomo nudo aveva lo sguardo che abbracciava tutto, dentro e fuori l’edificio. Lucia era serena, aveva una bellezza naturale e cicatrici che non si vedevano, di ferite vecchie diciassette anni. Canio aveva l’espressione di chi ha combattuto una guerra lunga, non l’ha persa ma non l’ha nemmeno vinta, l’ha superata, e non è stata cosa da poco. Federico ostentava uno sguardo deciso, orgoglioso, ma si capiva che aveva perso qualcosa o qualcuno. Siamo rimasti seduti a guardarci, tutti tranne l’uomo nudo, che era lì, ma era come se non ci fosse. Eppure, eravamo in quello stanzone grazie a lui. E raccolti in un pomeriggio fuori dal tempo, chiusi in un luogo che il tempo l’ha subito, ho conosciuto la duplice faccia del silenzio, la differenza fra tacere e silere. Giorgio Binnella illustrazione di copertina: Chiara Lamieri
LinguaItaliano
Data di uscita30 giu 2018
ISBN9788828340171
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    Anteprima del libro

    Come le cicale - Giorgio Binnella

    GIORGIO BINNELLA

    COME LE CICALE

    AmicoLibro

    Giorgio Binnella

    Come le cicale

    Proprietà letteraria riservata

    l’opera è frutto dell’ingegno dell’autore

    © 2018 AmicoLibro

    Vico II S. Barbara, 4

    09012 Capoterra (CA)

    www.amicolibro.eu

    info@amicolibro.eu

    Prima Edizione

    giugno 2018

    Prefazione

    Prologo

    Giorno 1

    1

    2

    3

    4

    5

    6

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    8

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    10

    Giorno 2

    1

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    21

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    23

    Giorno 3

    1

    2

    3

    Postfazione

    Ai miei genitori

    Prefazione

    E allora il silenzio divenne materia, il passato divenne doloroso presente e lo specchio divenne abisso. Tutto ciò, e molto altro, è rappresentato dall’uomo nudo che compare all’inizio dell’opera. Chi è costui? Da dove arriva? Che ci fa lì, in quel cantiere in demolizione?

    Quando lessi, in anteprima, Come le cicale di Giorgio Binnella, una crescente sensazione di euforia e dolce spaesamento si impossessò, anzi, mise radici, nella mia anima. L’autore aveva messo in campo l’artiglieria pesante, la sua competenza linguistica e sulla comunicazione, per non parlare della naturale inclinazione all’introspezione come motore per far evolvere la narrazione e portarla su livelli tutti da esplorare. Tutto in questo romanzo si fa esplicita allegoria, un ossimoro che trova conforto, e giustificazione, in uno schema narrativo perfetto. I personaggi e i relativi dialoghi sono vivi, reali, le descrizioni rigorose, le azioni incisive e nette.

    Il rischio di un bizantinismo formale lascia spazio a sottili competenze retoriche, a nuove tecniche di ‘persuasione’. L’uomo nudo, nel suo ‘silere’, rimette in discussione le regole codificate della trasmissione paraverbale.

    Il romanzo è, inoltre, un utile spunto di riflessione sulle angosce dell’uomo moderno, sempre più incentrato sul proprio io, e su come queste possano trovare facile risoluzione nel ragionamento e nella consapevolezza del proprio trascorso umano.

    Personalmente, posso dire che la lettura del libro ha risvegliato, in me, emozioni e considerazioni che credevo (temevo) ormai sepolte dal cinismo, tipico, del nostro tempo. Al pari di Canio o Lucia o Federico, anche io, alla fine ho trovato l’uomo nudo, e allora il silenzio si è fatto materia, il passato si è fatto doloroso presente e lo specchio si è fatto abisso… per poi tornare alla sua naturale funzione riflettente.

    Andrea Fulgheri

    Prologo

    La torre è l’edificio più alto della città. Ci sono voluti undici anni per costruirla. I turisti fanno la fila per arrivare in cima, a oltre trecento metri d’altezza. Cento metri più in basso, si può cenare e ammirare la baia illuminata dalle luci della notte. Oltre le luci, l’oceano Pacifico si perde nell’oscurità, sembra un immenso buco nero.

    Auguri, amore, sussurra lui.

    La cravatta è facoltativa, l’apparenza conta poco, non è così per la sostanza, ci vuole il portafoglio pieno per cenare a duecento metri dal suolo.

    Buon anniversario, risponde lei.

    Lei indossa un vestito Blu Klein che le arriva al ginocchio, sagomato in vita, ha ancora la stessa taglia di dieci anni prima e questo la rende tuttora attraente.

    Il sommelier ha stappato una bottiglia di Mumm Cordon Rouge del 2006 e l’ha versato delicatamente nei flûte.

    Domani sera prenoterò la suite e partiremo.

    Perché domani sera? Perché non domattina?

    C’è il fuso orario da considerare. Quando qui è già sera, lì è ancora pomeriggio, il momento migliore per prenotare, chi doveva andare ha lasciato l’albergo, e chi doveva arrivare ha già sistemato le valigie.

    È così distante?

    Sono più di cinquemila chilometri, e tre ore di differenza. Quando atterreremo sarà come se avessimo viaggiato metà del tempo. Partiremo all’alba, voleremo per sette ore, e quando arriveremo, il sole sarà di poco sopra l’orizzonte e avremo ancora un giorno intero davanti.

    Sarà come fuggire dal tempo.

    Se le voci potessero viaggiare per cinquemila chilometri, potremmo dirci buongiorno in un aeroporto e sentirne l’eco nell’altro.

    Chiediamo al mondo di fare silenzio, poi io griderò ti amo con tutto il fiato e voleremo sopra l’oceano, e quando arriveremo, tu potrai sentirlo ancora.

    Mi basta saperlo.

    Poi le labbra si uniscono e sigillano il silenzio.

    A duecento metri d’altezza sembra che la luna si possa quasi toccare. Sarà l’amore, o il Cordon Rouge del 2006, oppure entrambi, perché un duemilionesimo della distanza fra la Terra e il suo satellite non si può quantificare se non perdendosi in un bacio. Sarebbe come togliere una manciata di secondi al tempo che hanno impiegato per costruire la torre. Una manciata di secondi in undici anni, il tempo di un bacio.

    Giorno 1

    1

    A undicimila chilometri di distanza dalla torre, l’ingegnere Alberti ha già le valigie pronte e la prenotazione per la suite di un tranquillo albergo di lusso che solo gli stranieri pieni di soldi si possono permettere. La città caotica e sovraffollata nemmeno lo sfiora.

    Aspetta solo il botto, poi finalmente partirà.

    Seimila chilometri e la magia di volare incontro al domani. Nello stesso giorno, un giorno più vecchio. E tutto questo senza clamore, compreso in un silenzio che ha il sapore neutro delle leggi cosmiche.

    Però all’ingegnere la magia non interessa, aspetta solo il botto.

    Il botto è quello della vecchia fabbrica. Gli anni e l’abbandono ne hanno fatto un monumento industriale senza valore, un ricovero per barboni, drogati, topi e cani randagi. Una vergogna per il quartiere.

    Appena il capocantiere terminerà l’ultimo giro di controllo e sarà uscito dal recinto di sicurezza, le cariche brilleranno, lasciando solo un cumulo di polvere e detriti che le ruspe provvederanno a spianare. E quando tutto sarà livellato, un nuovo centro commerciale metterà le radici e comincerà a crescere, una colata di cemento dopo l’altra, restituendo dignità al quartiere. Ma, a quel punto, l’ingegnere sarà già nella sua suite a seimila chilometri di distanza.

    2

    Merda, pensa il capocantiere, maledicendo le sigarette e i chili di troppo che si porta dietro a ogni passo e che proprio adesso baratterebbe col fiato necessario per correre o almeno per gridare.

    Tossisce e impreca, mentre scende di corsa le due rampe di scale. Con una mano regge l’elmetto di sicurezza che si è sfilato dalla testa. L’ingegnere glielo farebbe subito rimettere, Chi se ne frega dell’ingegnere, pensa. Giunto all’uscita dell’edificio, solleva il copricapo e comincia ad agitare le braccia.

    Che cosa vuole? chiede ad alta voce l’ingegnere.

    Fate silenzio, che non si sente nulla, grida il geometra agli operai.

    Vagli incontro, ordina l’ingegnere al geometra, vai a sentire cosa succede.

    Il geometra si allenta il nodo della cravatta e comincia a camminare in direzione dell’edificio. Li divide un parcheggio infuocato dal sole, suda solo a pensarci.

    Il capocantiere, dopo aver ripreso fiato, si raddrizza e gli va incontro. Meno male, pensa il geometra. Le due figure si raggiungono all’incirca in mezzo al piazzale. Pressappoco cinquanta passi ognuno, per il geometra un po’ meno, per la verità, nonostante l’altro ansimi ancora per la concitata discesa. Il sole è quasi a picco sull’asfalto che da lontano sembra ribollire come l’acqua nella pentola.

    Fermate tutto, ordina il capocantiere col fiato corto, c’è un uomo nudo dentro l’edificio.

    Un uomo nudo? Sei sicuro? chiede il geometra.

    Merda, un uomo nudo, ti dico. In sala mensa. Per la miseria, non me lo sono mica inventato. Vai tu a vedere, se non ci credi.

    E che ci fa un uomo nudo in sala mensa?

    Che razza di domanda mi fai? Non lo so che ci fa, mica lo conosco, di sicuro non fa la fila per il pranzo. Sarà un barbone, magari era in letargo in un angolo del sotterraneo, oppure un drogato che si è aperto un passaggio nella recinzione.

    E perché non l’hai fatto scendere con te?

    Prova tu a parlare con un uomo nudo. Sicuramente è pazzo, e non voglio averci niente a che fare. Magari tira fuori un coltello e me lo ficca nel petto.

    Ma se è nudo, da dove lo tira fuori il coltello?

    Senti, se ti va, vacci a parlare tu. Io non ci torno lassù.

    La radio portatile del geometra gracchia e la voce dell’ingegnere s’intromette nella discussione.

    Si può sapere che succede? Fra poco qui salta tutto in aria, dovete togliervi di mezzo, e di corsa, per la miseria.

    Ingegnere, dobbiamo sospendere la demolizione, sembra che nell’edificio ci sia un uomo nudo.

    Che diavolo ci fa un uomo nudo nell’edificio? Fatelo uscire immediatamente. Ci mancava solo questa, per la miseria.

    3

    Due piani da abbattere non sono una grande impresa per chi ha fatto delle demolizioni la propria professione, tuttavia ci vuole metodo e pianificazione, bisogna eseguire calcoli precisi, rispettare i tempi e, soprattutto, garantire

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