I suicidi si ammazzano al lago
Di Stan
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Giallo - racconto lungo (52 pagine) - Torna il più dissacrante dei detective!
Paul Niente e l’agente Qualunque, indagando sulla morte del cognato del titolare di un negozio di animali “La serpe in senno”, incappano in una misteriosa serie di suicidi che sta colpendo una cupa cittadina di lago.
Andrea Nani, in arte Stan (Milano, 1967), grafico creativo e paroliere, disegna, inventa e gioca con i linguaggi da sempre. Laureato in Architettura al Politecnico di Milano è grafico e creativo e collabora con diverse case editrici, tra cui il gruppo Mondadori, HarperCollins e altri. Blogger dal 2004, scrive gag, microscritti, aforismi su stanlaurel.wordpress.com. Ha pubblicato due racconti nella collana Gialli Mondadori: Il parquet nudo (2008) e Boulevard Delacroix (2011) e i primi due ebook della serie Paul Niente Detective: Terna secca, Un dolce al sangue (Delos Digital 2015).
È stato tra gli autori di L’antitempo, rivista di satira, premio Satira di Forte dei Marmi 2013. Nel marzo 2015 è uscito sul numero 69 di Nuovi Argomenti (Mondadori) il suo racconto Rifiuti. È in programmazione la pubblicazione di un racconto weird sulla collana Innsmouth di Delos Digital. Nel frattempo continua a portare in scena, dal vivo, i suoi testi di comicità surreale.
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Anteprima del libro
I suicidi si ammazzano al lago - Stan
Prologo
– Paul.
– Cosa.
– Ti ricordi il caso dell’affittacamere? A New Venice?
– Il tizio con la casa ostello sull’acqua, che sezionava i suoi inquilini ospiti in porzioni uguali per non litigare? L’affetta–camere
?
– Sì, così l’avevano battezzato i giornali. Ebbene, pare che lo abbiano rilasciato dal carcere di Minarwelii dopo soli due anni. Gliene avevano dati novantacinque ma dopo neanche due è già a piede libero.
– Non mi sorprende.
– La prima cosa che ha fatto, rientrando nella sua casa ostello degli orrori, è stata andare a comprare della panna montata.
– Non mi sorprende.
– Duecento bombolette spray, a lunghissima conservazione.
– Non mi sorprende.
– Ti ricordi quale fu la nostra fetta per aver dato una mano a risolvere quel caso, Paul? Una mano! Ricevemmo una mano! E un biglietto: Con affetto
.
– E questo mi sorprese.
– Già. Vuoi ancora una fettina di cheesecake?
– Un dito.
I
– Paul.
– Sì.
– Pare stia per piovere.
– Fa parte del quadro. Ma non è niente. È un cimitero, è un funerale, è il lago, è mattina, il sole è ancora basso, che cosa ti aspetteresti se non che inizi a piovere da un momento all’altro?
Arrivammo a Howo Lake City all’alba. Avevamo fatto l’errore di sottovalutare la forma perfetta della nostra Bentley e di sopravvalutare le distanze, immaginando che tutti i laghi, compreso quello di Howo, siano per definizione lontani e per qualche motivo inarrivabili, o almeno irraggiungibili per tempo. Invece avevamo un sacco di tempo.
Immersi in un nero aviazione speciale, i cancelli del cimitero erano appena stati aperti ma, a parte noi, non entrò nessuno per un’ora.
Avanzavamo in ordine sparso, assenti ma vivi in un deserto di tombe, lapidi, mausolei, statue, cristi, angeli e cipressi, fino a quando non sentimmo la ghiaia dei vialetti cominciare a scricchiolare da lontano, piano piano, sempre più forte e da sempre più vicino. Mentre tutto intorno rischiarava e riverberava di un più classico blu aviazione.
Stavo leggendo i nomi di una tomba di famiglia, presumo di migranti, i Consorzi: Pina Marittima, vedova Consorzi; Angelo Maria Consorzi, Matthew Consorzi, Milly Acqualife Consorzi, i gemelli Madodeo, e Morandio Consorzi, deceduti lo stesso giorno, il 22 novembre, giorno del loro compleanno, a ventidue anni,
– Probabilmente un incidente.
Qual mi arrivò alle spalle, rimase sulla soglia della cripta in cemento, pietra e ghisa, interni in alkantara, almeno la tovaglia sull’altare, o quello che era quel tavolo di pietra.
– O un suicidio – risposi senza voltarmi, fissando con gli occhi le iscrizioni e con le orecchie lo scricchiolio della ghiaia sempre più rumoroso.
– Suicidio dici, Paul?
– Non ne sarei sorpreso. Tutto questo cielo blu aviazione.
– O carta da zucchero.
– Già, non ho mai capito il punto cromatico di differenza. A ogni modo è un colore che porta alla nevrosi.
– A dispetto dello zucchero.
Un caccia sfrecciò lasciando uno squarcio bianco nel cielo cupo e raccolto da una cerchia di monti con poche pretese. La scia non risolse granché nella tavolozza di colori del quadro in cui eravamo, forse ne accentuò la grevità, proprio al sopraggiungere della processione, con tutto quello scalpicciare, tutti quei piedi. Affacciati alla cripta vedemmo sfilare a capo chino, lenta e nera, una torbida onda umana, sulla cui breccia una bara stava per raggiungere la sua ultima spiaggia, laconica tavola da surf.
Ci staccammo dallo scoglio in cemento e ghisa che era la cripta dei Consorzi ed entrammo anche noi nella tragica corrente fino a che questa non si placò poco più avanti e tutti ci dispiegammo intorno a una buca. In quel momento di silenzio, il calare perfetto della bara nel rettangolo su misura, ritagliato nel terreno, dava alla faccenda un senso di intelligenza, di test passato con profitto, un’aura di risoluzione.
Qualcuno vicino a me sussurrò.
– Lei dev’essere il detective, Paul Niente.
Mi girai.
– Esatto, e lei dev’essere Mr. Green.
– Anche questo è esatto, Aaron Green.
Mr. Green era fin troppo magro, alto e brizzolato. Un lungo soprabito squamoso in pelle di serpente verde, dai riflessi petrolio, lo copriva fino alle caviglie dando alla sua figura stagliante la fredda sinuosità di un rettile. Anche i suoi lineamenti, il viso bianco verdastro scavato, gli zigomi aguzzi, il naso minuscolo, suggerivano una testa di vipera. C’era da fidarsi?
Ogni volta che mi trovo ad associare un carattere, ovvero la propensione criminale di un individuo alla propria fisionomia penso a Lombroso. Lombroso. Mi chiedo: se Lombroso avesse applicato la sua teoria ai cognomi si sarebbe costituito?
A ogni modo Mr Green aveva una parlata tutt’altro che insidiosa o viscida, anzi, era calda, calma, radiofonica, da speaker della notte.
– Dobbiamo parlare, non pensavo che sarebbe venuto qui, Mr. Paul Niente, l’aspettavo da me, come ci