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Hemingway non verrà
Hemingway non verrà
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E-book128 pagine1 ora

Hemingway non verrà

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La storia di un sogno: imparare a leggere e scrivere

Questa è la storia di un taglialegna, Paride Sabin, un ragazzo forte e coraggioso, con la testa piena di storie. Vive insieme a sua madre Leondina, vedova, in una cascina isolata a Collenero, ai piedi dell’Appennino. Un paese dove le giornate si allungano secondo un calendario diverso da quello della pianura. Il suo compagno di lavoro è un mulo che si chiama proprio Mulo, ed è l’unico a conoscere le sue storie. Perché Paride ne ha tante da raccontare, e vuole diventare uno scrittore. Un lunedì del 1958, Paride si presenta dalla signorina Bianca Cardon, presidentessa della biblioteca comunale di Collenero e curatrice del festival letterario: indossa l’abito buono del padre odorante di naftalina e ha ingrassato e pulito le scarpe che usa per salire e scendere dai monti. Le uniche che possiede. Quel giorno trova il coraggio per raccontare il suo sogno, che è quello di imparare a scrivere e a leggere.

L'AUTORE: Giorgio Binnella nasce a Roma nel 1968. Dopo anni di viaggi, nel 2004 si stabilisce a Capoterra, a pochi chilometri da Cagliari. Nel 2013 crea “Fahrenheit 365” il cantiere di scrittura creativa che si tiene nello storico quartiere di Castello. Nel 2010 pubblica il primo romanzo della Trilogia, Lo spaventapasseri e l’anno successivo Nobile Verrisi. Nel 2013 amplia la storia de Lo spaventapasseri e scrive il terzo romanzo della Trilogia, Tinto.
LinguaItaliano
Data di uscita11 nov 2015
ISBN9788898738922
Hemingway non verrà

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    Anteprima del libro

    Hemingway non verrà - Giorgio Binnella

    GIORGIO BINNELLA

    HEMINGWAY NON VERRà

    Amicolibro

    Giorgio Binnella

    Hemingway non verrà

    Proprietà letteraria riservata

    l’opera è frutto dell’ingegno dell’autore

    © 2015 AmicoLibro

    via Oberdan 9

    75024 Montescaglioso (MT)

    www.amicolibro.eu

    info@amicolibro.eu

    Prima Edizione - ottobre 2015

    A Giulia

    Prefazione

    Questa è la storia di un taglialegna, Paride Sabin, un ragazzo forte e coraggioso, con la testa piena di storie. Vive insieme a sua madre Leondina, vedova, in una cascina isolata a Collenero, ai piedi dell’Appennino. Un paese dove le giornate si allungano secondo un calendario diverso da quello della pianura.

    Il suo compagno di lavoro è un mulo che si chiama proprio Mulo, ed è l’unico a conoscere le sue storie. Perché Paride ne ha tante da raccontare, e vuole diventare uno scrittore.

    Un lunedì del 1958, Paride si presenta dalla signorina Bianca Cardon, presidentessa della biblioteca comunale di Collenero e curatrice del festival letterario: indossa l’abito buono del padre odorante di naftalina e ha ingrassato e pulito le scarpe che usa per salire e scendere dai monti. Le uniche che possiede.

    Quel giorno trova il coraggio per raccontare il suo sogno, che è quello di imparare a scrivere e a leggere.

    Una storia delicata e carica di sentimento che conduce il lettore attraverso le immagini evocate dalla narrazione, in un tempo che è stato, ma che sembra non essere di questo mondo perché ha del magico, del fantastico, come le favole. E come fanno le favole, ci educa alla tenacia, alla forza, alla speranza.

    Si dice che saper scrivere non dipende dall’intelligenza, ma è l’effetto di un dono naturale che non si potrà mai acquisire. Per diventare scrittori ci vuole quindi il Talento, ma questo dono, ha bisogno di cura, di passione, di impegno per far sì che si possano scrivere tante o poche pagine belle.

    E questo accomuna il protagonista della storia, Paride Sabin e l’autore Giorgio Binnella.

    Perché Giorgio Binnella riesce a far sentire al lettore che qualcuno sta parlando con lui, creando un legame forte e difficile da descrivere e facendo passare l’amore che prova per le cose che scrive. Perché uno scrittore vero ama il testo a cui sta lavorando.

    Un’ottima scelta e forse difficile per il protagonista di questa storia, quella di prendere da uno scaffale da leggere Il vecchio e il mare.

    Ma Ernest Hemingway, nel vecchio Santiago che non pesca nulla e che si crede sfortunato, ci fa vedere la forza e la costanza di chi non smette mai di avere fiducia, di sperare. E così come Santiago continua a parlare con il mare, Paride parla con se stesso, con la vita tutta.

    E Binnella parla con noi.

    Carmen Salis

    Collenero 1958

    Si alzò alle 20,58 e si diresse verso l’altare. Con passo lento.

    Scandendo volutamente il suono breve e sordo del tacco e il sussurro appena più lungo della suola.

    La prima fila di banchi era stata spostata di lato, come nelle cerimonie di nozze, e sul gradino più alto era stato posizionato un leggio di legno.

    Estrasse dalla tasca destra del cappotto una serie di fogli battuti a macchina, tossicchiò per impostare la voce e iniziò a leggere. Alle 21,00, puntuale come da programma. Veniva dalla città. Era uno scrittore vero, di quelli che hanno i propri libri nelle biblioteche, col nome sulla copertina e la biografia in quarta. Del resto, la sera della domenica era sempre riservata all’ospite più illustre.

    Gennaio

    Nei manifesti affissi sui muri del municipio e su quelli della chiesa si poteva leggere Quinta edizione del festival letterario di Collenero, da lunedì 6 a domenica 12 gennaio, ore 21,00. Chiesa di Sant’Anna.

    Per una serie di ragioni, gli intonaci sberciati degli altri edifici non ospitavano mai i manifesti del festival letterario, ma solo quelli elettorali. I fondi messi a disposizione per la cultura erano scarsi, come sempre, e comunque, in pochi li leggevano. Il festival letterario non rientrava nelle priorità della comunità, anche se aveva un buon seguito…

    Il programma del Festival prevedeva un autore ogni sera. Un racconto per ogni autore.

    Nei freddi inverni dell’Appennino, tranne i funerali, pochi eventi trascinavano la gente fuori di casa, soprattutto dopo il tramonto. Il festival letterario era uno di quelli. La prima edizione, quella del ‘54, si tenne nell’aula consiliare, che si scoprì, inaspettatamente, troppo piccola anche per il piccolo paese di Collenero. L’anno successivo l’amministrazione comunale chiese al parroco il permesso di utilizzare la chiesa, unico locale sufficientemente ampio nel paese. Il parroco fu ben felice di vedere la chiesa affollata almeno una settimana all’anno. Mise a disposizione il leggio di legno e chiese un contributo per le candele.

    Paride Sabin non si era perso nemmeno un racconto. Dalla prima edizione del festival letterario.

    Il lunedì seguente, alle 18,00, mezz’ora prima della chiusura della biblioteca comunale, si presentò dalla signorina Bianca Cardon, coll’abito buono del padre odorante di naftalina. Aveva solo un paio di scarpe, quelle con cui saliva e scendeva per i monti, pulite e ingrassate per l’occasione.

    Voglio diventare scrittore.

    La signorina Bianca Cardon, presidentessa della biblioteca comunale di Collenero e curatrice del Festival letterario, si aggiustò la montatura degli occhiali con l’indice sinistro e sorrise con benevolenza.

    Credo d’avere quello che fa per lei.

    Si diresse verso uno scaffale, coll’abito di lana grigia che ondeggiava fasciando le forme. La lunga treccia bionda, immobile al centro della schiena, tracciava un’immaginaria linea di confine fra virtù e lussuria. Solo per gli occhi di un uomo, beninteso. La signorina Bianca Cardon non aveva pensato mai a niente che poi dovesse essere confessato al parroco. Tornò dal giovane con due volumi senza copertina.

    Questi le saranno utili.

    Paride Sabin li osservò, poi rivolse lo sguardo alla signorina e prese fiato.

    Non so leggere.

    La signorina Bianca Cardon si aggiustò nuovamente la montatura degli occhiali con l’indice sinistro e sorrise con indulgenza.

    Paride Sabin abitava in una cascina isolata a circa un chilometro dal paese, da quando era nato. La madre, la signora Leondina Dotti, vedova Sabin, vi abitava da quando si era sposata. Il signor Ettore Sabin, suo marito, taglialegna da tre generazioni, defunse una mattina d’inverno, scivolando sul ghiaccio dell’Appennino assieme al mulo. Li ritrovarono il giorno dopo, una ventina di metri più in basso della mulattiera, in mezzo ai massi imbiancati, col sangue ghiacciato che incrostava i corpi e gli abiti. Paride aveva dodici anni. Quella mattina era rimasto nel lettone dei genitori con il moccio fino alle orecchie.

    Quell’inverno riuscirono a pagare i bottegai con la legna accatastata nella stagione estiva. Prima dell’inverno successivo, la signora Leondina chiese un prestito per ricomprare il mulo. Paride si vestì cogli abiti del padre, accorciati all’occorrenza, e salì sui monti a cercare legna. Pezzò quel tanto sufficiente a restituire il prestito per il mulo e a pagare i bottegai. L’estate seguente ne fece scorta così come faceva il padre. Il povero signor Sabin gli aveva insegnato prima a condurre l’animale per il sentiero, poi a legare la legna sulla groppa dell’animale, infine a usare l’ascia. Gli aveva insegnato quali funghi rovinano la corteccia del faggio, i parassiti del pino, le insidie nascoste nella resina. Gli aveva insegnato a capire l’età giusta per tagliare un tronco e a riconoscere il sentiero più sicuro. Ettore Sabin era morto quando non aveva più niente da insegnare al figlio. Paride a dodici anni era pronto ad accollarsi il ruolo di capofamiglia. Non avrebbe voluto, ma lo fece. La signora Leondina Dotti tinse i suoi abiti di nero e scambiò mezza soma di legna con un foulard di cotone nero nuovo. Quello di lana per l’inverno già lo aveva.

    La signorina Bianca Cardon era diventata maestrina nell’Istituto Superiore di Lugo al Pozzo, un paesino della valle. La strada era così tortuosa che la corriera impiegava quaranta minuti sia d’inverno che d’estate. L’anno seguente, una lettera del Ministero le conferiva l’incarico d’insegnante in un paesino a un’ora e quaranta minuti di corriera dal paese, sia d’inverno che d’estate. Troppo lontano a giudizio dei genitori. Dovette riporre in soffitta i propri sogni e accontentarsi di condurre la biblioteca comunale. Pianse per una settimana, macchiando di rimpianto quella pagina con l’intestazione del Ministero. Poi se ne fece una ragione, acquistò un pallido abito di lana grigio e prese posto dietro il bancone della biblioteca. Smise di fare progetti e si rassegnò a invecchiare. Con l’arrivo della bella stagione, acquistò un pallido abito di cotone grigio. Aveva da poco compiuto ventisette anni, si sussurrava che sarebbe rimasta zitella. Lei faceva finta di non sentire. Non aveva polso a sufficienza per ribellarsi ai genitori e per dispetto preferì invecchiare. Precocemente. Testardamente.

    Paride Sabin aveva la stessa età, una soffitta enorme dove riporre sogni ma nessuno da lasciare impolverare anzi, nessuno e basta. Era invecchiato prima che i sogni prendessero consistenza e non era mai salito sulla corriera.

    Non so leggere, disse il giovane con tono neutro, mentre faceva girare il cucchiaio nel piatto per raffreddare la minestra.

    La madre posò il cucchiaio, si strofinò lentamente le mani nel grembiule e, senza alzare la testa, cominciò a singhiozzare.

    Non ve ne faccio una colpa, madre.

    La vedova Sabin smise di strofinare le mani sul grembiule ma continuò a singhiozzare.

    Se mio padre mi avesse mandato a scuola anziché condurmi con sé, adesso probabilmente avreste dovuto vendere la casa. Meglio, molto meglio essere andato per i monti che a scuola.

    La vedova Sabin ricominciò a strofinare le mani sul grembiule, lentamente, e smise di singhiozzare.

    "Andrò dalla signorina Cardon, m’insegnerà a leggere e scrivere. La sera, prima di cena. La mattina uscirò

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