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L'isola delle Ombre
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L'isola delle Ombre
E-book213 pagine2 ore

L'isola delle Ombre

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Info su questo ebook

"Ti farò del male, sai? Per punirti di quello che mi hai fatto. Te ne farò così tanto che arriverà a piacerti l'idea di morire..." Brianna Arcieri, interior designer di professione ed appassionata di fotografia avrebbe sicuramente ricavato materiale interessante da quella visita sull'isola. Una volta giunta però fra quelle mura abbandonate da tempo, accade qualcosa di inspiegabile e terrificante che la lascerà esterrefatta e frastornata. Qualcosa che la cambierà profondamente. Terribili incubi la perseguiteranno e apriranno uno squarcio su una vita che non le appartiene, costringendola nuovamente sulla piccola isola dove tutto ha avuto inizio. Si troverà così, suo malgrado, ad indagare sulla sorte di una giovane donna di cui si sono perse le tracce nel lontano 1931, quando la vita in quei luoghi ferveva in tutto il suo splendore. Quello che scoprirà la porterà a far
luce su di un avvenimento agghiacciante e crudele. Questa è una storia inquietante che tocca corde profonde dell'animo umano, affrontando fenomeni incomprensibili che tutti noi temiamo, ma da cui tutti, prima o poi, veniamo irrimediabilmente attratti.
 
LinguaItaliano
Data di uscita21 feb 2018
ISBN9788827574973
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    Anteprima del libro

    L'isola delle Ombre - Roberta Bigi

    Roberta Bigi

    L'isola delle ombre

    Ti farò del male, sai? Per punirti di quello che mi hai fatto. Te ne farò così tanto che arriverà a piacerti l'idea di morire...

    Brianna Arcieri, interior designer di professione ed appassionata di fotografia avrebbe sicuramente ricavato materiale interessante da quella visita sull'isola.

    Una volta giunta però fra quelle mura abbandonate da tempo, accade qualcosa di inspiegabile e terrificante che la lascerà esterrefatta e frastornata.

    Qualcosa che la cambierà profondamente.

    Terribili incubi la perseguiteranno e apriranno uno squarcio su una vita che non le appartiene, costringendola nuovamente sulla piccola isola dove tutto ha avuto inizio.

    Si troverà così, suo malgrado, ad indagare sulla sorte di una giovane donna di cui si sono perse le tracce nel lontano 1931, quando la vita in quei luoghi ferveva in tutto il suo splendore.

    Quello che scoprirà la porterà a far luce su di un avvenimento agghiacciante e crudele.

    Questa è una storia inquietante che tocca corde profonde dell'animo umano, affrontando fenomeni incomprensibili che tutti noi temiamo, ma da cui tutti, prima o poi, veniamo irrimediabilmente attratti.

    UUID: fc546d9c-8116-11e8-a9de-17532927e555

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    "Niente se ne va

    prima di averci insegnato

    ciò che dobbiamo imparare"

    Buddha

    1-L’isola

    Quello che colpisce è soprattutto il silenzio.. .

    Queste strade vuote mai più percorse...

    Le finestre come bocche socchiuse in inutili sussurri.

    Un paese abbandonato da tanti anni, dove tutto si è fermato.

    Una storia antica questa, da qui sono passati grandi uomini e assassini.

    Una vita a parte, una comunità quasi del tutto indipendente, isolata dalle leggi e dal mare.

    Una cittadina viva, tanto tempo fa, con il teatro, i musicisti, il cinema, la sala da ballo, il bar per ritrovarsi la sera, la piazza dove incontrare la nuova maestra o i figli delle guardie carcerarie...

    Echi di chiacchiere e risate...

    E le feste!

    Oh quante feste sulla terrazza a mare!

    Sembra tutto così lontano...

    Così lontano…

    Qui, in questo silenzio, in questo vuoto, ha inizio la mia storia.

    2-La villa dell’agronomo

    La traversata in traghetto dall’Isola d'Elba, dove io passo ogni estate da quando sono nata, era stata piacevole, il mare di luglio era un incanto, il sole caldo e un venticello allegro ci tenevano compagnia.

    Era così tanto tempo che desideravo visitare questo luogo!

    Perché? Beh, in cerca d’ispirazione innanzitutto, dato che sono una designer, amo le case abbandonate con architetture particolari, poi amo la fotografia, e visto che lavoro in campo grafico sono sempre in cerca di inquadrature spettacolari e dettagli nascosti.

    Diciamo che sarebbe stato una specie di sopralluogo in vista di una vera e propria sessione fotografica. La fotocamera del mio telefono supertecnologico aveva comunque un’ottima risoluzione, quindi certi dettagli non mi sarebbero sfuggiti comunque.

    Il fatto è che non sapevo quanto sarei stata libera di girovagare, quindi era inutile portarmi l’intero armamentario.

    L’isola non era visitabile del tutto, sapevo che molti luoghi erano interdetti al pubblico. Bisognava solo capire quali…

    Una volta sbarcati, uscendo dal porticciolo, davanti a noi si allungava una strada asfaltata, Viale Regina Margherita, un incrocio perfettamente segnalato e, più in là, qualche insegna cadente…

    Che strano, nessun veicolo intorno a noi, solo il nostro chiacchiericcio sommesso e i nostri sguardi curiosi.

    Ora stavamo passeggiando per le strade deserte guardando ciò che restava dell’unica cittadina dell'isola, immersi in un silenzio per noi inconsueto. Non potevamo avvicinarci più di tanto alle case, alcune cadenti, altre ancora bellissime.

    Erano state forzatamente abbandonate praticamente in un solo giorno tanti anni fa, quando il carcere era stato quasi completamente dismesso.

    Il percorso predisposto non si addentrava nel paese, si dislocava semplicemente per quello che era stato una specie di lungomare. In realtà potevamo fare ben poco oltre a seguire la nostra guida...

    Avrei voluto perdermi in quelle viuzze silenziose che intravedevo qua e là, entrare a curiosare nelle case... in fondo ero venuta per quello!

    Io sono da sempre un’appassionata di foto di luoghi abbandonati, e l’isola per me avrebbe potuto essere una ghiotta occasione.

    D'altra parte il regime carcerario aveva dominato l'isola da tanto tempo, quindi c'erano ancora zone interdette, questo lo sapevo già. E comunque lo stato di completo abbandono rendeva molti degli edifici non adatti ad un tour in sicurezza. Beh, sicuramente non tutti…

    Però mi aspettavo qualcosina di più che camminare in fila indiana!

    La storia dell’isola era interessante e complessa, a me totalmente sconosciuta.

    Piano piano il passato prese vita dal racconto della nostra guida.

    Abitata pare fin dal Paleolitico, fu al centro di traffici commerciali più o meno leciti fin dall’antichità, ma col progredire dell’arte della navigazione e la costruzione di navi sempre più grandi, perse importanza come scalo intermedio, lasciando i pochi abitanti rimasti alla mercé dei predoni. In seguito vi approdarono i Romani, i quali mandarono in esilio lo scomodo Agrippa con la sua piccola corte nel 6 o 7 dopo Cristo in una sontuosa villa di cui si vedono ancora le vestigia.

    La nostra guida ci portò nelle catacombe, dove il custode ci raccontò tra le altre cose che per un certo periodo queste furono utilizzate addirittura come cantine per il vino intorno alla metà dell’ottocento.

    Paradossalmente con l’affermarsi del cristianesimo l’isola venne dimenticata, perché né santi né eremiti vi si stabilirono, come invece accadde per l’Elba o Montecristo.

    In seguito l’isola attraversò varie vicissitudini, fu dominio dei Turchi, e ad un certo punto tornò ad essere uno snodo marittimo molto conteso tra Toscana e Spagna…

    Terra per molti versi pericolosa ma fertilissima, tanto che, se pur disabitata, veniva coltivata dai vicini elbani che però non vi si stabilirono mai.

    Con Napoleone divenne nientemeno che…territorio francese!

    Quando Bonaparte venne esiliato all’Elba, tra le tante opere previste, decise di ripopolare l’isola, mandando quaranta famiglie, un medico, un cappellano, operai, animali, sementi, dividendo tra i coloni gli uliveti presenti e i campi…ma non ebbe molto successo.

    Addirittura gli abitanti che vi risiedevano nella metà dell’ottocento vivevano in grotte o avevano occupato parte delle catacombe, dividendo gli spazi con le botti!

    Nel 1857 tutto cambia: nasce la Colonia Penale Agricola, un luogo dove i detenuti lavorano all'aria aperta coltivando campi, alberi da frutto, allevando animali, producendo vino olio e formaggio... l’isola si anima intorno ad essa.

    Sorgono gli edifici del carcere ma anche le case delle guardie e tutto l’indotto.

    Nasce una cittadina vera, con le case, la chiesa, i negozi. Una vita dignitosa, quasi normale.

    Gli echi delle due guerre mondiali, le epidemie di tubercolosi, il primo generatore di corrente…

    E più avanti nel tempo le partite di calcio agenti di custodia e carcerati contro calciatori di serie A, le gare di apnea nazionali.

    Tanta gente per le strade, su queste spiagge…

    Poi il carcere divenne di massima sicurezza.

    La vita cambiò, gli abitanti furono costretti ad andarsene repentinamente..

    Tutto parve fermarsi intorno al grumo maligno che veniva detenuto tra quella mura.

    Nelle strade, nelle case dalle finestre sbarrate, si percepiva il rimpianto per questo abbandono forzato.

    Avevo quasi l'impressione che la guida fosse restia a farci avvicinare a questi edifici, perché sentiva ancora viva la presenza degli abitanti costretti ad andarsene di punto in bianco.

    Lei stessa era nata ed aveva vissuto qui. Era comprensibile.

    Ma io morivo di curiosità.

    Volevo a tutti i costi rubare qualche scatto degli interni, volevo spiare com'era stata la vita di tutti i giorni...

    Durante la pausa pic-nic, mentre tutti erano distratti, mi infilai rapidamente in un vicoletto e sparii dietro una casa.

    Non mi ero iscritta a nessuna delle altre gite proprio per essere libera di stare per i fatti miei.

    Ora sì che potevo curiosare oltre quelle finestre chiuse!

    Non fu difficile entrare nella casetta a un piano.

    Mi intrufolai nel giardino dal piccolo cancello di ferro arrugginito, inciampando nelle erbacce cresciute a dismisura.

    La porta era sprangata, ma gli scuri di una finestra consumati dalla salsedine erano socchiusi, come se chi aveva lasciato la casa avesse voluto regalarle un ultimo spiraglio di luce. I vetri per qualche motivo non c'erano più, così saltai dentro senza problemi.

    Mi colpì il senso di malinconia, l’impressione di una casa molto amata abbandonata così com’era quando ospitava degli abitanti.

    Era come un fermo immagine di quarant'anni fa.

    A parte i vestiti che non vidi nell'armadio aperto, tutto era ancora lì, coperto di polvere, in attesa di un ritorno. Il letto matrimoniale era in ordine, con una sbiadita coperta a fiori, anche se dal soffitto erano caduti calcinacci che lo avevano sfondato. Le tende chiare marcite per l’umidità, erano appese ancora alle finestre, in attesa di riparare i padroni di casa dalla luce del sole.

    Un vaso riempito con dei fiori di plastica mi guardava dal tavolo di cucina, dove un paio di bicchieri di vetro erano rimasti a fargli compagnia.

    Il frigo con lo sportello spalancato come una bocca sdentata mi sorrise, mentre stupidamente cercavo di accendere la luce in soggiorno.

    Si intravedevano nell’altra stanza un divano verde macchiato di umidità, due poltrone dello stesso colore, e probabilmente un tavolino, ma una parte del lampadario vi era crollata sopra e ne restava ben poco. Ancora qualche quadro caduto a terra vicino alla porta, e quello che nella penombra sembrava un bel caminetto sulla parete in fondo, ma non mi fidavo ad entrare perché anche lì il soffitto non sembrava molto solido.

    Chi erano stati gli abitanti di questa casa? Chi aveva bevuto per l’ultima volta in quei bicchieri, chi aveva voluto lasciare dei fiori sul tavolo, chi si era preso cura del giardino dove tra le sterpaglie crescevano ancora delle rose scarlatte?

    Mi sarei dovuta tenere la mia curiosità…

    Dopo aver scattato un po' delle mie amate foto, uscii accostando di nuovo gli scuri.

    Mi sentivo strana, come se avessi tenuto per un po’ compagnia ad una casa sola da troppo tempo…

    Più in là vidi l’insegna cadente di un bar. Non fu difficile intrufolarmi, perché la porta, che dava direttamente sulla strada, era mezza aperta per i fatti suoi.

    Grazie a quella lama di luce si riuscivano a vedere il bancone e la macchina del caffè tutta arrugginita.

    Gli sgabelli tondi erano ordinatamente allineati e gli scaffali contenevano ancora alcune bottiglie mezze piene di liquore.

    Tutto era ricoperto da uno strato di polvere mescolato alla sabbia della spiaggia poco lontana.

    Facendo luce con lo smartphone arrivai nella zona dei tavolini da gioco e dal biliardo, con il panno verde tutto macchiato di muffa e sollevato in più punti. I mazzi di carte e le bocce erano chiusi in una vetrinetta alla parete, tra i soliti specchi che pubblicizzavano bibite e birre famose, mentre le ragnatele penzolavano un po' dappertutto, ondeggiando come strani fantasmi silenziosi.

    Improvvisamente un topino bianco mi sgusciò tra i piedi.

    Solitamente non ho paura di questi animaletti, ma quella volta mi prese un colpo!

    Uscii dal bar ridendo della mia stessa reazione, e mi addentrai ancora un po’ per le stradine del paese.

    Oltre alle case unifamiliari c’erano anche dei piccoli condomini a due piani. Uno di questi aveva la porta dell’atrio che dava verso il mare leggermente aperta.

    Ovviamente mi ci infilai al volo, decidendo di salire per la scala interna che appariva sicura e solida.

    Entrai senza difficoltà in un appartamento dove sembrava che i proprietari dovessero tornare da un momento all’altro.

    In cucina c’era una sedia scostata accanto al tavolo coperto da una malridotta tovaglia di plastica a cavallucci marini, sopra di essa un vecchio telefono a rotella con la cornetta rovesciata, come se qualcuno avesse improvvisamente interrotto una conversazione. Davanti alla sedia un paio di pantofole dimenticate e sullo schienale un plaid a tinte vivaci ripiegato con cura.

    L’orologio a parete era fermo alle undici e dieci, mentre una damina di porcellana faceva la riverenza da sopra una mensola lì accanto.

    Mi incamminai per il corridoio finendo per sbattere contro una sagoma morbida. Con un grido soffocato puntai la torcia del telefono e vidi contro cosa avevo urtato: un attaccapanni con polverosi cappotti e cappelli appesi. R idacchiando per la mia fifa, entrai in un’altra stanza.

    La camera da letto era piuttosto grande, con i comodini ancora ingombri di libri ormai ammuffiti e una coperta a righe a proteggere il letto. Una lampada a stelo dal paralume di stoffa gialla con la passamaneria color oro dava un tocco di luce alle pareti scrostate da cui facevano capolino i vecchi mattoni.

    La finestra era molto grande, con le persiane mezze staccate da cui entrava parecchia luce.

    Una portafinestra si apriva sulla veranda coperta, ma non mi azzardai ad aprirla, limitandomi ad una sbirciatina fuori. Sull’ampio terrazzo si intravedevano ancora vasi che un tempo avevano contenuto fiori e un tavolino di ferro arrugginito con un paio di sedie sgangherate. Vi immaginai i fortunati abitanti di questo appartamento tranquillamente seduti a guardare il mare così vicino...

    Passai al salotto, con la tavola ancora sorprendentemente apparecchiata, chissà perché. La tovaglia era elegante, e al centro campeggiava un bellissimo candelabro scurito dal tempo, coperto da ragnatele, come quasi tutto qui, del resto.

    Stavo facendo davvero delle fantastiche foto.

    Percorsi un altro pezzo di corridoio e capitai in quella che era stata la stanza dei bambini.

    Due letti singoli, anche questi sistemati con cura, erano ricoperti di vecchie bambole e pupazzi malridotti.

    Devo dire che quella vista mi impressionò parecchio. Di solito non amo le bambole, mi inquietano con quelle loro facce fisse sorridenti.

    Quelle, la penombra e la strana atmosfera in generale, erano davvero troppo per me!

    Decisi di uscire abbastanza in fretta…

    L’appartamento di fianco

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