Compendio di DIRITTO REGIONALE e degli ENTI LOCALI
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Compendio di DIRITTO REGIONALE e degli ENTI LOCALI - Pietro Giaquinto
PIETRO GIAQUINTO
Compendio di
DIRITTO REGIONALE e degli ENTI LOCALI
2018
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PREFAZIONE
Questo Compendio è stato pensato per tutti coloro che si trovano ad affrontare un esame di diritto o un concorso pubbico per qualunque qualifica professionale; con la sinteticità propria della Manualistica STUDIOPIGI viene affrontato, innanzitutto, il discorso sul Regionalismo italiano alla luce del dettato costituzionale; si passa poi alla disamina dell'impianto delle autonomie locali, della Pubblica Amministrazione, degli Enti locali, del sistema dei controlli interni ed esterni gli Enti, ai servizi locali di interesse statale, passando per il rapporto di pubblico impiego, il bilancio ed i contratti pubblici.
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INDICE DEI CONTENUTI
PREFAZIONE.....................................................................................................................pag 3
CAPO I
IL REGIONALISMO COSTITUZIONALE..................................................................pag 9
Regionalismo e amministrazione locale nella Costituzione del 1948-L'attuazione del dettato costituzionale e le più recenti modifiche-Le Regioni-Gli organi delle Regioni-Gli statuti delle regioni ad autonomia speciale-La competenza legislativa delle regioni ad autonomia speciale-La competenza legislativa delle regioni ad autonomia ordinariaL'autonomia amministrativa delle regioni ed i rapporti con gli enti locali-Il finanziamento delle regioni-Gli organi di raccordo con lo stato ed i controlli sulle regioni.
CAPO II
IL SISTEMA DEGLI ENTI LOCALI...........................................................................pag 19
L'amministrazione locale-Il Comune e le sue funzioni-Le forme associative-Le città metropolitane-La riforma delle province-Gli organi di governo dell'Ente Locale.
CAPO III
L'ATTIVITÀ DI CONTROLLO NEGLI ENTI LOCALI..........................................pag 33
Verso un'amministrazione trasparente-I controlli sugli Enti Locali. Generalità-IL controllo sugli atti-Il controllo sugli organi-Sul potere sostitutivo-I controlli sulla gestione-I controlli esterni. La Corte dei Conti.
CAPO IV
DIRITTO AMMINISTRATIVO E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE..............pag 45
Una definizione di diritto amministrativo-Evoluzione dell'organizazione della pubblica amministrazione-L'autonomia e la riforma del 2001-Gli interventi sul procedimento-L'organizzazione statale-La struttura della Pubblica Amministrazione-L'amministrazione direttadello Stato-I beni della Pubblica Amministrazione.
CAPO V
GLI ENTI PUBBLICI......................................................................................................pag 77
Generalità-Criteri di identificazione degli Enti Pubblici.
CAPO VI
IL DIRITTO DI ACCESSO AGLI ATTI DELLA P.A...............................................pag 83
Generalità-La legittimazione all'accesso-Modalità di accesso agli atti-L'accesso ai documenti tra pubbliche amministrazioni-Diritto di accesso e diritto alla riservatezza.
CAPO VII
IL RAPPORTO DI PUBBLICO IMPIEGO.................................................................pag 91
Gli elementi caratteristici del rapporto-L'accesso al pubblico impiego-Le tipologie contrattuali-Incompatibilità e cumulo di impieghi-La contrattazione collettiva-Procedimento d efficacia del contratto collettivo-La disciplina applicabile al rapporto di lavoro-Le mansioni del dipendente pubblico-La responsabilità disciplinare-Mobilità individuale e collettiva-La riforma della dirigenza pubblica-La tutela giurisdizionale.
CAPO VIII
I SERVIZI DEMOGRAFICI........................................................................................pag 107
Competenze statali e comunali-L'anagrafe della popolazione residente-Comunicazioni in via telematica-Concetto di domicilio e residenza-Famiglia anagrafica, unioni civili e convivenza di fatto-La responsabilità delle dichiarazioni anagrafiche-Iscrizioni, modifiche e cancellazioni angrafiche-La posizione anagrafica dei cittadini stranieri-Gli adempimenti anagrafici-Lo schedario anagrafico della popolazione residente-Servizi di anagrafe e di stato civile per unioni di comuni.
CAPO IX
LA GESTIONE DEL SERVIZIO ANAGRAFICO...................................................pag 139
Un pò di storia-Il ruolo del sindaco-Le nuove certificazioni anagrafiche-L'anagrafe dei pensionati.
CAPO X
L'ANAGRAFE DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO-AIRE........................................pag 147
Istituzione e funzionamento-Il comitato permanente anagrafico-elettorale.
CAPO XI
L'ORDINAMENTO DELLO STATO CIVILE.........................................................pag 151
Entrata in vigore ed attuazione-L'ufficio e l'ufficiale dello stato civile-Formazione ed archiviazione degli atti-Contenuto e redazione degli atti.
CAPO XII
LA NORMATIVA SULLA CITTADINANZA........................................................pag 157
La legislazione in materia di cittadinanza-Il riconoscimento del possesso dello status civitatis-Gli adempimenti dell'ufficiale di stato civile.
CAPO XIII
GLI ATTI DI NASCITA...............................................................................................pag 167
Le iscrizioni e le trascrizioni-La denuncia di nascita-Il riconoscimento-Le adozioni in casi particolari.
CAPO XIV
ATTI E CELEBRAZIONI DI MATRIMONIO E UNIONI CIVILI......................pag 177
Le unioni civili: le modifiche al regolamento di stato civile introdotte con il D.Lgs 5/2017-Atti di matrimonio e unioni civili: iscrizioni e trascrizioni-Il matrimonio concordatario-Il matrimonio degli altri culti riconosciuti-La legge 24 giugno 1929 n 1159-La scelta del regime patrimoniale-La separazione e la riconciliazione dei coniugi-Scioglimento, cessazione degli effetti civili, nullità del matrimonio e dell'unione civile-La separazione ed il divorzio consensuali.
CAPO XV
GLI ATTI DI MORTE..................................................................................................pag 193
Generalità-Dichiarazione e atto di morte-Casi particolari-Il permesso di seppellire.
CAPO XVI
CAMBIAMENTO DI GENERALITÀ DEI C. DI GIUSTIZIA.............................pag 199
La normativa ed il regolamento ministeriale-Atti di stato civile ed altri atti in deroga alle norme vigenti-Gli effetti del decreto di cambiamento delle generalità.
CAPO XVII
I SERVIZI PUBBLICI LOCALI...................................................................................pag 203
Servizi con e senza eilevanza economica-La società mista con partecipazione pubblica-Gli strumenti per la governance nelle società con partecipazione pubblica-Le SPA con partecipazione pubblica minoritaria-Le società di trasformazione urbana-I servizi a domanda individuale.
CAPO XVIII
LA CONTABILITA' PUBBLICA................................................................................pag 209
Definizione ed ambito applicativo-Le fonti normative-I soggetti della contabilità pubblica.
CAPO XIX
IL SITEMA DEGLI APPALTI PUBBLICI................................................................pag 215
Definizione di appalto-Il codice dei contratti pubblici ed i suoi correttivi
-Le strutture preposte agli appalti pubblici-I punti salienti del codice corretto
-Lo svolgimento delle procedure per i settori ordinari-L'armonizzazione contabile del bilancio degli enti locali.
NOTE BIBLIOGRAFICHE............................................................................................pag 237
CAPO I
IL REGIONALISMO COSTITUZIONALE
§ 1. REGIONALISMO E AMMINISTRAZIONE LOCALE NELLA COSTITUZIONE DEL 1948
L'ordinamento regionale e locale della Repubblica Italiana, appare profondamente cambiato in conseguenza di tre leggi costituzionali (1/1999, 2 e 3/2001 (oltre al contemporaneo ed incompiuto cd. DDL Boschi
), che hanno, nel loro complesso, notevolmente modificato l'impianto del titolo V della seconda parte della Costituzione (risultano mutati o abrogati ben 18 dei venti articoli che lo componevano, sono state radicalmente modificate le Province e sono, di fatto, fortemente mutati i rapporti tra Stato e Regioni).
LE ORIGINI COSTITUZIONALI
Il nuovo ordinamento democratico, e la neonata Costituzione, nati dalle ceneri del regime fascista, guardarono alle autonomie locali, alla loro rinascita e al loro potenziamento, come uno dei punti fermi del nuovo Stato, libero e fondato sulla partecipazione popolare.
Senza dubbio il rilievo concesso a tali autonomie era anche legato alle aspirazioni di una civiltà contadina che stava per subire,in quegli anni, il più forte ridimensionamento degli ultimi secoli e che concepiva la contrapposizione, e non la necessaria collaborazione, tra potere centrale e potere locale.
Tuttavia alla fine della guerra e nel periodo di preparazione della nuova Costituzione, era ben chiara agli osservatori più attenti la necessità di ridare vigore alle istituzioni con una ripresa di efficienza e di velocità della pubblica amministrazione. Era necessario cercare di trovare un corretto punto di equilibrio tra le esigenze dello Stato e dell’Amministrazione centrale e quelle delle autonomie locali, spesso eccessivamente frammentate, anche in prospettiva di programmazione economica: la dimensione regionale divenne così la dimensione ottimale della nuova organizzazione amministrativa. Su tali basi la Commissione FORTI
condusse tra il 1945 e il 1946 una serie di studi importanti sulla riorganizzazione dello Stato, per approdare al testo costituzionale del 1948, in cui le disposizioni costituzionali più espressive del mutamento intervenuto rispetto ai modelli precedenti di amministrazione locale, vennero individuati negli articoli 5 (principio dell'unità e indivisibilità della Repubblica, autonomia locale e decentramento amministrativo) e 114 (la Repubblica si riparte in regioni, province e comuni
).
La creazione delle regioni, come enti le cui competenze sono costituzionalmente garantite, venne dunque concepita non in chiave concorrenziale con gli enti locali, ma, anzi, in vista di un loro auspicato rafforzamento. Gli enti locali infatti, mantenevano intatto il loro ruolo amministrativo, pur all'interno della materia di competenza delle regioni, e, anzi, queste ultime venivano esplicitamente impegnate dalle fonti costituzionali a delegare agli enti locali altre funzioni amministrative fra quelle che ad esse spettavano.
§ 2. L'ATTUAZIONE DEL DETTATO COSTITUZIONALE E LE PIÙ RECENTI MODIFICHE
Ma il lungo ritardo nell'elezione dei consigli delle regioni ad autonomia ordinaria, ebbe come conseguenza che le regioni ad autonomia particolare finirono per apparire enti del tutto atipici e quindi le loro funzioni, pur definite negli statuti speciali in modo particolarmente ampio, vennero non poco ridimensionate dall'azione degli organi dello Stato centrale.
Con la legge 1084/1970 in parte si abrogarono ed in parte si dichiararono solo momentaneamente vigenti tutte quelle disposizioni, contenute nella legge 62/1953, che miravano a condizionare le scelte statutarie delle regioni. La formazione, per la prima volta, nel sistema politico italiano, di uno schieramento di amministratori regionali e locali sufficientemente forte e unito nel rivendicare il ruolo non secondario delle regioni contribuì a due importanti vicende istituzionali:
-in primo luogo, l'approvazione parlamentare degli statuti delle regioni ordinarie, adottati dei consigli regionali con contenuti in certa misura imprevisti e non poco innovativi;
-in secondo luogo la delega legislativa al governo per l'adozione degli atti necessari per il trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative. I molti problemi irrisolti hanno determinato, nel clima degli anni '90 di ripensamento del complessivo modello costituzionale, una spinta a verificare se in materia regionale non fosse necessario introdurre modifiche alle disposizioni costituzionali.
Alcune importanti novità sono state poi introdotte da tre importanti leggi ordinarie (59/1997, 127/1997, 191/1998), in parte di riforma e in parte di delega.
Le prime modifiche al titolo V della costituzione avvennero invece con la legge 1/1999, relativa alle regioni ad autonomia ordinaria, e con la legge 2/2001, relativa alle regioni ad autonomia speciale.
Si è proceduto così ad introdurre l'elezione diretta dei presidenti regionali e l'elezione dei consiglieri regionali mediante un sistema elettorale di tipo proporzionale corretto da un significativo premio di maggioranza.
LA LEGGE COSTITUZIONALE 3/2001
La legge costituzionale 3/2001 è entrata in vigore nel novembre di quell'anno dopo lo svolgimento a esito favorevole del referendum popolare.
Il nuovo articolo 114 stabilisce che La Repubblica è costituita da comuni, province, città metropolitane, regioni e stato
.
Il nuovo articolo 117, che stabilisce le materie di competenza regionale, afferma che lo Stato mantiene una competenza esclusiva in diciassette materie o gruppi di materie, mentre in altre 19 materie o gruppi di materie si ha una legislazione concorrente fra Stato e regioni, nel senso che lo Stato mantiene il potere di determinazione di principi fondamentali; in tutte le residue materie spetta alle regioni la potestà legislativa. Nel nuovo titolo V vengono abrogate le precedenti disposizioni costituzionali che disciplinavano i controlli amministrativi sugli atti delle regioni e sugli atti degli enti locali, nonché quella che prevedeva l'istituzione del commissario di governo.
Infine pare, ad oggi, ormai definitivamente fallita la riforma costituzionale di nuova modifica dello stesso titolo V della Costituzione.
§ 3. LE REGIONI
Alle regioni in particolare fa riferimento l'art. 115 della Costituzione: le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni, secondo i principi fissati dalla Costituzione
.
La carta costituzionale differenzia, dalle Regioni ad autonomia ordinaria, cinque Regioni alle quali, secondo l’art. 116, sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia
(in particolare, dove più forte è la presenza delle minoranze linguistiche): Sicilia, Sardegna, Trentino–Alto Adige, Valle d’Aosta, istituite nel 1948, e Friuli–Venezia Giulia, istituita invece nel 1963.
Gli statuti speciali, atti dello Stato e non della Regione, conferiscono ad esse più ampi poteri potendo derogare alle prescrizioni generali fissate dalla Costituzione, pur non godendo di potestà statutaria.
GLI STATUTI REGIONALI
Il testo originario dell'articolo 123 della costituzione prevedeva che le regioni dovessero dotarsi di uno statuto per disciplinare "le norme relative all'organizzazione interna" mediante un atto normativo deliberato a maggioranza assoluta dal consiglio regionale e poi approvato dal parlamento con legge.
Secondo il dettato dello stesso articolo, ogni statuto ordinario è deliberato dal Consiglio regionale (entro 120 giorni dalla prima convocazione) a maggioranza assoluta dei suoi componenti ed è approvato con legge della Repubblica. Il Consiglio regionale trasmette lo statuto deliberato al presidente del Consiglio dei ministri, il quale provvede a presentarlo entro 15 giorni al Parlamento.
Ogni statuto, nonostante la successiva approvazione statale, è e resta atto della Regione e va attribuito alla sola volontà regionale.
Si è spesso sostenuto che lo statuto vada considerato in posizione sovraordinato alla legge regionale; tuttavia deve comunque escludersi che il legislatore regionale debba sottostare, per obbligo giuridico, alle indicazioni programmatiche degli statuti.
Sempre ai sensi dell' art. 123 Cost. lo statuto, in armonia con la Costituzione e con le leggi della Repubblica
stabilisce le norme relative all’organizzazione interna della Regione. Inoltre regola l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali
.
L' armonia con la Costituzione e con le leggi della Repubblica
non deve essere considerata come un limite degli statuti, o semplice e piatta conformità. Essa esprime infatti l’esigenza di un collegamento logico con il sistema generale che, proprio per essere unitario, non potrebbe tollerare contrapposizioni organizzative così rilevanti da compromettere il quadro logico dell’ordinamento.
La revisione degli statuti si opera mediante legge costituzionale per le Regioni ad autonomia speciale e mediante procedimento identico all’adozione di testi statutari per le Regioni ordinarie. La deliberazione di revisione statutaria dovrà essere adottata dal Consiglio regionale a maggioranza assoluta e sottoposta ad approvazione da fare con legge della Repubblica.
§ 4. GLI ORGANI DELLE REGIONI
La stessa Costituzione, all’art.121, indica, quali organi della Regione il Consiglio regionale, la giunta e il suo presidente, definibili organi necessari alla Regione e organi istituzionali, cioè organi che corrispondono alla struttura organizzativa fondamentale dell’ente.
Per la maggior parte la materia dell’organizzazione dei massimi organi regionali è comunque da ritenersi rimessa all’autonomia statuaria di ogni Regione, ovvero a statuti regionali e a regolamenti interni.
IL CONSIGLIO REGIONALE
Il Consiglio regionale è rappresentante in via diretta della volontà popolare ed ha importanti poteri di decisione. Alcuni principi riguardo alla sua organizzazione sono dettati dalla Costituzione ma la maggior parte dalla legge statale: il numero di consiglieri regionali è compreso tra 30 e 80; sono eleggibili e elettori sostanzialmente tutti i maggiorenni; il sistema elettorale regionale combina sistema maggioritario e proporzionale; i Consigli regionali durano in carica 5 anni.
Come per i parlamentari, esistono diverse cause di ineleggibilità e incompatibilità per i consiglieri regionali, che non sono tenuti a giurare, godono di insindacabilità per gli atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni, rappresentano l’intera Regione e godono di un’indennità di carica.
I consiglieri regionali sono proclamati eletti dal presidente dell’ufficio centrale circoscrizionale: tale elezione deve però essere convalidata dallo stesso Consiglio regionale che incarica un’apposita Commissione di scovare eventuali cause di ineleggibilità.
Secondo l’art. 122 Cost., il Consiglio regionale elegge in suo seno un presidente e un ufficio di presidenza per i propri lavori
. Il presidente viene eletto a scrutinio segreto, talora con particolari maggioranze; l’ufficio di presidenza, eletto dal Consiglio, si compone del presidente, dei vice presidenti, dei segretari. Altri organi spesso specificati dagli statuti sono i gruppi consiliari, la conferenza dei capigruppo, le commissioni consiliari (con il compito di esaminare preliminarmente i progetti di legge e le altre deliberazioni consiliari, non dotate di competenza deliberante).
Secondo il dettato costituzionale, il Consiglio regionale esercita le potestà legislative e regolamentari attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi
. Inoltre può fare proposte di legge alle Camere
.
Appare dunque evidente che il Consiglio è il massimo organo deliberativo della Regione.
Le norme sul funzionamento dei Consigli regionali sono contenute negli statuti che rinviano a loro volta ai regolamenti consiliari. Spesso i lavori consiliari vengono divisi in sessioni e programmati.
LA GIUNTA REGIONALE E IL SUO PRESIDENTE
La Giunta regionale, organo esecutivo della Regione, viene eletta dal consiglio regionale tra i suoi componenti, solitamente a scrutinio palese per appello nominale. Tra Consiglio regionale e Giunta si instaura un rapporto fiduciario simile a quello Parlamento - Governo.
La Giunta si compone del presidente, che rappresenta la Regione
, e dei membri della Giunta, spesso definiti assessori
. Il numero di assessori è fissato dagli statuti; quando essi agiscono come componenti della Giunta, non godono dell’immunità di cui godono i consiglieri regionali.
Compiti principali attribuiti alla Giunta sono quelli di attuare i programmi approvati dal Consiglio regionale, conformarsi agli indirizzi politici e amministrativi deliberati dal Consiglio, proporre al Consiglio regionale i provvedimenti da valutare ed eventualmente deliberare.
La Giunta regionale ha l’iniziativa delle leggi regionali e degli altri atti normativi la cui adozione spetta al Consiglio. Spetta anche alla Giunta deliberare di ricorrere alla Corte Costituzionale.
Bisogna escludere invece che la Giunta regionale possa adottare in via d’urgenza, in mancanza di disposizioni statutarie che lo consentano, deliberazioni o atti di competenza del Consiglio.
Per espressa disposizione costituzionale spetta al presidente rappresentare la Regione; promulgare le leggi e i regolamenti; dirigere le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla regione, conformandosi alle istruzioni del Governo centrale. La sua posizione è simile a quella del presidente del Consiglio dei ministri per il compito di dirigere e coordinare l’attività della Giunta e di mantenere l’unità di indirizzo della Giunta medesima. Il presidente può essere coadiuvato da un vice presidente che lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento.
Principio della collegialità: si ritiene che sia necessario privilegiare ed evidenziare l’attività della Giunta con limitazione dell’attività individuale dei suoi componenti. In pratica, il principio risulta spesso disatteso con notevole incremento delle attività individuali degli assessori.
§ 5. GLI STATUTI DELLE REGIONI AD AUTONOMIA SPECIALE
Il regime giuridico fondamentale delle quindici regioni ad autonomia ordinaria è contenuto nelle disposizioni del titolo V della seconda parte della costituzione; l'articolo 116 della costituzione riserva ad apposite leggi costituzionali l'adozione di statuti speciali che garantiscano forme e condizioni particolari di autonomia alla Sicilia, Sardegna, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta, denominate ragioni ad autonomia particolare, per rispecchiare i caratteri peculiari di ciascuna. Le disposizioni statutarie prevalgono su quelle costituzionali, salvo che vengano in gioco principi assolutamente fondamentali del patto costituzionale.
Sono comuni a tutte le regioni le forme principali di partecipazione all'esercizio di funzioni statali: ciascun consiglio regionale dispone dell'iniziativa legislativa, delegati nominati dai consigli regionali partecipano all'elezione del presidente della Repubblica, cinque regioni possono chiedere che si svolgano i referendum di cui agli articoli 75 e 138 della costituzione, le regioni e le province autonome possono ricorrere alla corte costituzionale a tutela delle proprie competenze.
Ogni regione potrà adottare una speciale legge regionale, da approvare a maggioranza assoluta, per determinare la forma di governo regionale, in analogia con quanto si prevede per gli statuti delle regioni ad autonomia ordinaria dalla legge 1/1999. Tutti gli statuti speciali prevedono che le rispettive norme di attuazione siano poste in essere dal governo mediante speciali decreti legislativi. Ci si trova dinanzi all'unico, e alquanto discutibile, caso di vera e propria attribuzione in via esclusiva al governo di un potere normativo primario, per di più in un settore di grande importanza e senza nemmeno una precisa determinazione delle possibili materie disciplinabili.
§ 6. LA COMPETENZA LEGISLATIVA DELLE REGIONI AD AUTONOMIA SPECIALE
La precedente riforma del titolo V della costituzione ha precisato che le materie di competenza legislativa delle regioni ad autonomia ordinaria sono quelle non regolate dalla costituzione, mentre per le regioni ad autonomia speciale sono quelle loro attribuite dalla costituzione.
Le regioni ad autonomia speciale dispongono in alcuni settori di un tipo di potestà legislativa che incontra limiti solo esterni
alle materie espressamente elencate dagli statuti speciali (la cosiddetta potestà legislativa primaria esclusiva); in altri settori, invece, dispongono della cosiddetta potestà legislativa ripartita o concorrente, la quale spetta anche le regioni ad autonomia ordinaria.
La potestà legislativa facoltativa-integrativa può essere esercitata dalle regioni in materia di competenza statale, ma solo se e nella misura in cui la legge dello Stato permette alle regioni la possibilità di adattarne il contenuto alle particolari esigenze locali. La potestà legislativa regionale primaria ha il divieto di disciplinare i rapporti di diritto privato, penale e processuale.
Il limite dei principi delle grandi riforme risponde alla volontà di consentire, nelle materie di competenza regionale, che il legislatore nazionale possa procedere a profondi processi di riforma o di riordino. La potestà legislativa delle regioni non deve contraddire gli elementi di fondo caratterizzanti il complessivo sistema giuridico.
Il limite degli obblighi internazionali dello Stato stabilisce che solo lo Stato può esprimere apprezzamenti di politica estera e stipulare accordi con soggetti di diritto internazionale. Per quanto riguarda le fonti normative comunitarie nelle materie di competenza regionale, la legge statale prevale sulla legge regionale. Il quinto comma dell'articolo 117 della costituzione garantisce, a livello costituzionale, che le regioni e le province autonome nelle materie di loro competenza provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionale e degli atti dell'Unione Europea nel rispetto delle norme di procedure stabilite dalla legge dello Stato.
§ 7. LA COMPETENZA LEGISLATIVA DELLE REGIONI AD AUTONOMIA ORDINARIA
Come abbiamo ricordato in precedenza, il secondo comma dell'articolo 117 elenca diciassette materie o gruppi di materie nelle quali lo Stato dispone di una competenza esclusiva; il terzo comma contiene un secondo elenco di materie o gruppi di materie (in particolare, 19) nelle quali spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato; infine, nel quarto comma, si stabilisce che spetta alle regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Per quanto riguarda i limiti della potestà legislativa regionale, il primo comma dell'articolo 117 afferma che questa è esercitata nel rispetto della costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e di obblighi internazionali
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Nelle materie in cui lo Stato deve esclusivamente dettare i principi generali, si dice che emani cosiddette "leggi cornice o quadro", che fungeranno appunto da limite per le disposizioni regionali.
Il nuovo articolo 127 cambia notevolmente il sistema di controllo sulle leggi regionali: si è eliminato il precedente sistema di controllo preventivo, e il governo può impugnare le leggi per motivi di presunta incostituzionalità entro sessanta giorni dalla pubblicazione della fonte normativa. Lo Stato può dolersi che una legge regionale ecceda la competenza della regione, mentre la regione può promuovere la questione di legittimità costituzionale quando ritenga che una fonte primaria statale o di un altra regione lega la sua sfera di competenza.
§ 8. L’AUTONOMIA AMMINISTRATIVA DELLE REGIONI ED I RAPPORTI CON GLI ENTI LOCALI
Nel precedente titolo V della costituzione la regione era titolare, in base al principio del parallelismo delle funzioni, dei poteri amministrativi nelle medesime materie di sua competenza legislativa (valevole ancora per gli statuti speciali).
Tuttavia agli enti locali venivano riservate le funzioni amministrative di interesse esclusivamente locale delle materie di competenza regionale al fine di salvaguardare la loro funzione di enti direttamente rappresentativi delle popolazioni locali, anche perché altrimenti si sarebbero trovati senza un ruolo specifico, dal momento che operano quasi interamente nelle materie di competenze regionali.
Con il nuovo titolo V si annulla il potere di indirizzo e coordinamento (con delega alle amministrazioni locali di funzioni amministrative), l'attuazione dei trattati delle norme comunitarie nelle materie di competenza legislativa regionale viene affidata alle regioni, e, con la scomparsa dei controlli sugli atti amministrativi regionali, viene introdotto un tipo di controllo sostitutivo da parte del governo particolarmente ampio (in prima istanza con una sollecitazione a mutare l'atto, in secondo luogo adottando i provvedimenti necessari).
§ 9. IL FINANZIAMENTO DELLE REGIONI
I comuni, le province, le città metropolitana e le regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, in armonia con la costituzione secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica del sistema tributario.
Il decreto legislativo 56/2000 prevede che il finanziamento delle regioni debba esser assicurato da un'ampia compartecipazione regionale alle entrate dell'IVA, da una limitata addizionale regionale all'IRPEF e da un'aliquota dell'imposta sulla benzina. A ciò è da aggiungere la permanenza di alcuni fondi settoriali, fra i quali emergono, per la loro grande consistenza, i fondi destinati al settore sanitario e al settore dei servizi sociali.
Viene inoltre previsto un fondo perequativo nazionale
alimentato da una parte del gettito della compartecipazione alle entrate dell'Iva e suddiviso fra le diverse regioni in base a complessi parametri perequativi.
§ 10. GLI ORGANI DI RACCORDO CON LO STATO E I CONTROLLI SULLE REGIONI
La riforma del titolo V ha eliminato alcune forme di relazione fra Stato e regioni che risentivano di una concezione di tipo gerarchico.
La possibile integrazione della commissione bicamerale per le questioni regionali con rappresentanti delle regioni, delle province autonome e degli enti locali è stata sostanzialmente rifiutata dal sistema politico. Gli unici organi istituzionali che al momento attuale, seppure debolmente, fungono da raccordo tra Stato e regioni, sono le conferenze fra Stato, regioni ed enti locali che sono state create e disciplinate negli ultimi anni.
Trattasi di un organo consultivo composto dai presidenti delle giunte delle regioni