Camelot, l'eliso della scrittura: Viaggi, sfide e incontri sul filo dell'italiano
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Anteprima del libro
Camelot, l'eliso della scrittura - Marco Bisanti
Marco Bisanti - Laura Franco
Camelot, l'eliso della scrittura
Viaggi, sfide e incontri sul filo dell'italiano
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Indice dei contenuti
Introduzione
Di nuovo in viaggio
Da bambina attraversavo l’oceano
Il mondo ghiacciato
La prima neve
Fermo sulla banchina
Un compagno di viaggio
Il giorno che ho inventato la macchina del tempo
In un tempo prima del tempo
Di polvere e di sogni
Ritorno
La rosa dei venti
Ispirato a una storia vera!
Il progetto
Lo spazio, l’infinito
Punto zero
Selezione naturale
Sogno d’estate
Simbiosi
Sostituzione
Dal mio profilo professionale
Insonnia al vertice
Dialoghi che precedettero la terza guerra mondiale
Brevi sfide
A ufo
Variatio – 02
Variatio – 03
Variatio – 04
L’ospite indesiderato
Figli delle stelle (Variatio - 2)
La terza corsia
La promessa (Variatio - 2)
Rotondità
Zero spaccato (Variatio 2)
Testa pelata (Variatio 3)
Il pomello (Variatio 4)
Note a margine della vita
?
Niente accade per caso
Il senso della vita
Folate improvvise
Il foulard
La calza sfilata
Il tappezziere
Le foglie del mandorlo
Una papera
L’appuntamento
Accordo sulla corda
Baciato dal sole
Celle e penitenze?
Francis
In un mondo più moderno e fantastico
In sogno, il lupo
Tutela virtuosa
I desideri di una mela
Briciole
Di biscotti e coleotteri
Lavori pubblici
Sorridere come un gatto del Cheshire (To grin like a cheshire cat)
Un attimo prima
Di streghe e di agrifogli
Tempi rimordenati
La chat non verrà salvata nel registro
Avanti mucca
Internet per conigli
La scala da pranzo (storia semiseria e quasi vera di un coniglio anticonformista)
Quarte di copertina
Note
Il lavoro è stato svolto interamente nel primo semestre del 2018,
alla Casa delle Traduzioni di Roma, via degli Avignonesi 32.
Marco Bisanti - Laura Franco
Camelot, l’eliso della scrittura
Viaggi, sfide e incontri sul filo dell’italiano
Introduzione
di Marco Bisanti
Quella, che tu credevi un piccolo punto della terra,
fu tutto.
E non sarà mai rubato quest’unico tesoro
ai tuoi gelosi occhi dormienti.
Il tuo primo amore non sarà mai violato.
Virginea s’è rinchiusa nella notte
come una zingarella nel suo scialle nero.
Stella sospesa nel cielo boreale
eterna: non la tocca nessuna insidia.
Giovinetti amici, più belli d’Alessandro e d’Eurialo,
per sempre belli, difendono il sonno del mio ragazzo.
L’insegna paurosa non varcherà mai la soglia
di quella isoletta celeste.
E tu non saprai la legge
ch’io, come tanti, imparo,
– e a me ha spezzato il cuore:
fuori del limbo non v’è eliso.
Elsa Morante, L’isola di Arturo (dedica a Remo N.)
I nomi parlano e indicano strade, ipotesi di viaggio che a seguirne la rotta fra altopiani nordici e grotte marine, prima o poi, si arriva sempre a un incrocio. In questo libro ne presentiamo uno che in sé non deve nulla al genere cavalleresco ma potrebbe aver bene come insegna la scritta «ciclo arturiano», perché attesta la confluenza dei percorsi indicati da due nomi. Vediamo quali sono e come si arriva al loro incontro.
Arturo è il primo nome. Dice una delle stelle più radiose nel cielo boreale: se vuoi andarci puoi prendere un telescopio o aprire il libro di Elsa Morante e stupidire davanti al canto selvatico della prosa che genera l’isola del protagonista. Poco lontano da quel brillante cosmico, si trova il nostro pianeta di funamboli della scrittura, Camelot – il secondo nome. Dice la fortezza che orienta gli eroismi di campioni aperti al confronto egualitario: se vuoi andarci puoi prendere una delle tante mappe disegnate fin dal primo racconto su Lancillotto o leggere i testi qui raccolti e fioriti nell’eliso a cui abbiamo dato lo stesso nome.
Perché è questo la scrittura: un giardino di delizie, un limbo dove il tempo è sospeso per offrirsi alla migliore elaborazione, a mezzo tra cielo e inferi, possibilità di volare alti su geografie ancora da scoprire o incartarsi nei soliloqui ombelicali della propria vanità – rischio più facile da evitare se si viaggia insieme e ci si confronta. Perciò, gli abitanti di questo pianeta cartaceo (ma alcuni, da molto lontano, giurano che si tratti di una stella) hanno deciso di fare limbo comune piazzando al centro del giardino un’ideale tavola rotonda – nello specifico, prestata dalla Casa delle Traduzioni di Roma – alla cui forma collaudare la tenuta e l’efficacia degli esercizi giocati sul filo della scrittura.
Ed ecco la confluenza, l’incontro fra mirabile eliso e ascolto reciproco: storie che crescono al riflesso della lettura altrui. Su questo incrocio funambolico il libro offre come prima tappa il rinnovo tematico di alcuni viaggi degli autori, nello spazio e nel tempo – entrambi oceanici – per poi saggiare la capacità della scrittura letteraria di esaltare l’atmosfera suggerita da alcuni angusti fatti di cronaca offrendone una visuale più ampia; affinare gli strumenti del linguaggio e dell’immaginazione in tante variazioni narrative dallo stesso incipit; descrivere il mistero della vita che si lascia spiare da una folata improvvisa e, infine, dallo stesso cerchio imboccare la tangente del genere fantastico in cui, tra le altre cose, è possibile scoprire i desideri di una mela!
Inscritti in questo metaforico «ciclo arturiano», di tante storie elaborate qui si presenta solo un’attenta selezione domata dalla cura di Laura Franco, il nostro Merlino che, ricorrendo a più di un’arte magica, ha fatto da collante e coordinatrice tra i cavalieri, ispirato gli incontri e fertilizzato la divergente creatività di ciascuno con dialoghi e plurimi scambi di penna digitale tra un incontro e l’altro.
Poco importa se nemmeno il fondamentale supporto di Marcello Pucciarelli, per la redazione di questa raccolta, è riuscito a smuovere il contributo di un cavaliere che, preso da altri eroismi, qui si limita alla stesura dell’introduzione: sono certo che tanti altri viaggi sulla carta troveranno posto nel repertorio delle nostre avventure.
Di nuovo in viaggio
Des ailes, un autre appareil respiratoire, et qui nous permissent de traverser l’immensité, ne nous serviraient à rien, car, si nous allions dans Mars et dans Vénus en gardant les mêmes sens, ils revêtiraient du même aspect que les choses de la Terre tout ce que nous pourrions voir.
Marcel Proust, La Prisonnière
Delle ali, un altro apparato respiratorio che ci permettessero di attraversare l’immensità, non ci servirebbero a nulla, perché se andassimo su Marte e su Venere conservando gli stessi sensi, questi rivestirebbero con l’aspetto medesimo delle cose della Terra ciò che ci fosse dato vedere.
La prigioniera, Traduzione G. Raboni
Siamo funamboli e quando camminiamo sul filo teso tra due predellini appoggiati a Terra, abbiamo scarpette di morbida nappa e barra di mercurio. Se un giorno qualcuno venisse a invitarci a volare, ci troverebbe pronti, come bambini dagli occhi vergini. E trasportati tra Marte e Venere useremmo scarpette, barre e sensi adatti ai nuovi spazi. Ci doteremmo di ali e di un nuovo apparato respiratorio, e prenderemmo appunti su una lavagnetta nero siderale coi gessetti d’antan… e presto avremmo le dita imbiancate da polvere di stelle. [LF]
Da bambina attraversavo l’oceano
di Laura Franco
Il rumore nella mia infanzia migrante aveva la forma della scia con le sue volute un po’ barocche, una grandissima vu che si allarga e si allontana e pure resta sempre ferma, aderente alla poppa della nave. Ipnotica immagine per minuti e minuti sempre uguale, mai monotona, bella bianca in un mare molto blu, bianca nel mare cupo e grigio delle giornate coperte, bianca di notte nel mare brillante scuro e lucido con piccole scintille e il rumore sempre uguale. La notte il vento è più freddo, a braccia conserte, con le mani mi accarezzo gli omeri, guardo il cielo. È il 1954.
Uomo: Il cielo del mare è più bello, ci sono più stelle
Bambina: Quante sono le stelle?
Uomo: Le stelle sono infinite
Bambina: Le contiamo?
Uomo: Non si possono contare
Bambina: Contiamo
Uomo: Ma
Bambina: Dài su
Uomo: Da dove cominciamo?
Bambina: Da lì
Uomo: In basso alla fine della scia
Bambina: Una, due tre…
Uomo: Lo sai che le Pleiadi sono sette? Sette sorelle. Sei hanno sposato sei dei e una, l’ultima la meno luminosa, ha sposato un uomo
Bambina: Perché era bello?
Uomo: Uhm
Bambina: Perché era bello? Dài su mi rispondi? Perché era bello? Mi rispondi?
Uomo: Mi hai fatto una domanda molto difficile
Bambina: Ma per i grandi non ci sono domande difficili
Uomo: Contiamo uno due tre
Bambina: Ma non avevi detto che non si possono contare?
Pubblicato su PositanoNews:
http://www.positanonews.it/articolo/134596/la-bambina-che-attraversava-l-oceano-una-short
Il mondo ghiacciato
di Stefania Napoleoni
Sono anni che, in perfetta solitudine, mi aggiro per il mondo, come un esule. Racconto con il linguaggio che mi è proprio, la fotografia, la sottile linea tra la vita e la morte in cui vivono migliaia di persone. Storie dolorose, inimmaginabili.
Con lo scatto, tempo infinitesimale, provo a cogliere uno sguardo smarrito, lontano, la paura nei volti atterriti. Non si può raccontare solo con le parole. A volte penso alla deriva dell’umanità, come se avesse perso le coordinate, l’essenza, la motivazione della propria esistenza.
Ero appena tornato da uno dei miei reportage, difficile da tutti i punti di vista. Ero stanco, non solo per la fatica, a cui sono abituato, ma per la ripetizione costante e ossessiva della violenza che trovavo sempre più diffusa, quando, nella sede del giornale per il quale svolgo la mia attività, mi chiesero a cosa pensavo per il prossimo reportage, senza riflettere e quasi per scherzo risposi che avrei voluto volare sopra il ghiaccio. Cercavo forse di raffreddare qualcosa dentro di me, di cristallizzare i miei pensieri? A volte le cose sono legate al caso, una frase buttata lì, come se non fosse stata pronunciata da me, ebbe una risposta:
– Bene, la Nasa fa ricognizioni ogni anno sull’Antartico per monitorare lo scioglimento dei ghiacciai.
Iniziò la mia nuova avventura non programmata. Partimmo dalla Terra del fuoco su un vecchio quadrimotore a elica, ristrutturato in laboratorio, che può volare basso e lentamente. Davanti ai miei occhi si palesò un mondo inquietante e pure magnifico. Io ero là per evidenziare l’inizio di un disastro: le fratture dei ghiacciai secolari, che dal cielo sembrano delle ferite. Sono segnali, e non i primi, dei potenziali effetti del riscaldamento globale e quindi delle gravi conseguenze per tutto il pianeta.
Come catturare con l’immagine così tanta immensità? Per