Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Karman
Karman
Karman
E-book401 pagine4 ore

Karman

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

In un Medioevo fantastico, popolato di inquietanti creature, guerrieri feroci e maghi dai poteri oscuri, il giovane Karman intraprende un viaggio, che lo porterà a scoprire se stesso, l'amore e buona parte delle terre conosciute. Dimostrerà più volte il suo valore e la sua abilità, fino a scoprire una verità inattesa.
LinguaItaliano
Data di uscita9 nov 2018
ISBN9788829547241
Karman

Correlato a Karman

Ebook correlati

Fantasy per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Karman

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Karman - IVAN MARCHETTI

    Via Roma 12, 67039 Sulmona (AQ) 

    Tutti i diritti riservati 

    www.yndy.it

    Karman

    di Ivan Marchetti

    Finito di stampare nel mese di settembre 2016 presso Universal Book srl - Rende (CS)

    per conto della casa editrice Lupi Editore

    Karman

    di

    Ivan Marchetti

    "Karman la strinse a sé con più vigore. 

    La possibilità di fuggire si dileguò

    del tutto dalla sua mente.

    Era prossima la venuta del Caos

    e Karman seppe in quel momento, 

    stringendo accanto colei che aveva 

    dato un senso ed una ragione

    alla sua vita, che bene o male,

    volente o nolente, avrebbe dovuto affrontarlo. 

    Avrebbe dovuto combattere. Per lei, per lui, per il Regno intero". 

    A mia Moglie, che ha creduto in me.

    Ai miei Genitori, che mi hanno permesso di essere quello che sono.

    Ai miei Amici, che non mi hanno mai abbandonato.

    All’Amore, che vive in ogni pagina e ha creato da sé quest’opera.

    CAPITOLO PRIMO

    - L’Uomo in Nero -

    Il grido gli uscì così forte dalla gola da far tremare i vetri dell’immensa finestra nella sala da letto.

    Il sudore gli aveva inzuppato capelli, abiti e lenzuola. Il terrore che stava provando era reale e non sembrava derivare da un sogno.

    L’Uomo in Nero si alzò di scatto e si precipitò nella Sala del Domani al fine di far interpretare al Caos le immagini che ancora gli danzavano davanti agli occhi.

    Un ragazzo con una spada, a cavallo di un bianco destriero. A cavallo del destino; il cuore spezzato a metà e nella mano tesa in avanti stretta per i capelli neri, una testa mozzata. La sua!

    Si affannò innanzi alla fonte oscura, chiese più volte il nome. Le lettere apparvero nell’antica lingua del Regno, una dopo l’altra vennero e svanirono nella melma della fonte...

    "Karman dei Sator"!

    L’Uomo in Nero si affrettò a diramare le ricerche, cosa che forse non sarebbe servita neanche; le imprese di Karman ad Eromas raggiunsero presto la piana di Aroon e le orecchie dell’oscuro individuo. Lo raggiunsero molto prima che i suoi uomini riuscissero ad arrivare alla città natale del giovane Sator. Ora l’Uomo in Nero aveva la certezza che il suo destino stava per compiersi.

    - L’Addio - 

    -I -

    Era la sera di una giornata di festa. Era La Festa. Tutto il villaggio viveva l’eccitazione per quell’evento. Da mesi, ormai, andavano avanti i preparativi. Giostre, risa, scherzi, musica. L’odore forte della carne arrostita, del fieno, del fritto, degli animali.

    Numerosi gli stranieri, alcuni venuti persino dalle remote città della piana di Aroon. Le vie del villaggio si erano riempite di un fiume di gente che osservava, rideva, danzava. Un via vai confuso e frastornante.

    Una ricorrenza che si ripeteva ogni anno ed ogni anno ognuno era impegnato in qualcosa di diverso.

    Quell’anno, l’anno della partenza, Karman si occupava del chiosco che offriva agli avventori carni di prima scelta con le quali deliziare il palato.

    Era aiutato dalla sua futura sposa, Sonia, una ragazza di bell’aspetto. Esile e forte al tempo stesso. Aveva una folta chioma di capelli, rossi come fuoco, mossi come le onde del mare. Due occhi color ghiaccio, tra i quali scendeva una pioggia di lentiggini. Sembrava affogare all’interno del costume indossato per la cerimonia. Un vestito rosso vivo, non come i suoi capelli, ma quasi, con una gonna larga e un grembiule bianco legato alla vita. Ancora non si notava il ventre che stava crescendo per la gravidanza, e Karman pensò che fosse meglio così.

    Era intenta ad arrostire sulla brace salsicce di maiale e costate d’agnello.

    Karman la guardava dal bancone. Si sarebbero dovuti sposare appena finita la festa, appena tornata la quiete. Quattro giorni al massimo.

    Ma il matrimonio che avrebbero dovuto celebrare non era uno di quelli nati dall’amore e dalla passione. Era uno di quelli, come del resto la quasi totalità delle nozze celebrate ad Oram, voluti dal Consiglio, dalle famiglie. Ma non sicuramente dagli sposi.

    La vita ad Oram si svolgeva monotona e consuetudinaria. La popolazione era suddivisa in classi, dai contadini e allevatori fin su ai commercianti, attraverso una scala gerarchica basata sul denaro e sui possedimenti. Tali potevano essere sia temporali che materiali. Del resto chi deteneva un potere temporale percepiva uno stipendio adeguato alla carica ricoperta cosicché fosse anch’egli considerato uomo dell’alta società di Oram.

    Le relazioni che intercorrevano tra una classe e l’altra si limitavano ai rapporti lavorativi. C’era chi avendo proprietà le metteva a disposizione (mediante il pagamento di un affitto periodico) a chi le lavorava per tirare avanti e pagare le tasse.

    Sostanzialmente l’organizzazione sociale richiamava i feudi del sud, ma al contrario di questi a detenere il potere qui non era un’unica persona bensì un Consiglio di quindici membri. Tale Consiglio decideva sulle questioni di interesse comune richiamandosi al popolo solo per motivi molto gravosi. Faceva decidere la popolazione, della quale i due terzi erano contadini, su questioni prefissate dal Consiglio stesso con risposte che non andavano oltre il lo-vogliamo o il non- lo-vogliamo.

    I quindici membri non erano eletti da qualcuno ma vi si diventava per successione genealogica. Cosicché gli anziani consiglieri del villaggio avevano tutto l’interesse a mantenere viva la loro genie. Gli stessi possidenti avevano d’altro canto interessamenti a far sì che i loro discendenti sposassero i figli o le figlie dei consiglieri. I benefici che ne potevano trarre erano immensi e così avvenne che Karman, figlio di un benestante, e Sonia, figlia di un consigliere, fossero promessi sposi.

    Lui era l’ultimogenito di Graeme il possidente, il commerciante, la seconda persona più ricca del villaggio.

    Lei era figlia del Capo-Consiglio, il possidente del potere decisionale, il politico più abile e scaltro.

    Un matrimonio perfetto. Un connubio di interessi troppo elevati. Nulla avrebbero potuto dire Karman e Sonia. Nulla se non sì alle decisioni dei genitori. E così fecero.

    Ma il cuore di Karman sentiva che qualcosa non era al posto giusto. Non era solo l’imposizione di sposare qualcuno che non aveva ancora cominciato ad amare. C’era qualcosa di più profondo che lentamente lo stava logorando. Sentirsi incasellato in qualcosa di prestabilito, schiavo di un qualcosa troppo grande per essere combattuto, affrontato o solamente capito.

    L’aria allegra che si respirava nel paese non riusciva a sedare il malessere che Karman portava nel cuore ormai da tempo. Nulla avrebbe giovato alla sua anima ansiosa se non qualcosa di straordinario e folle al tempo stesso. Mascherò per bene la sua smania dietro falsi sorrisi e false frasi vuote, ma non bastò a scacciare dalla sua mente il pensiero di dover compiere quell’atto sconsiderato.

    Quale fosse quest’atto Karman ancora non ne aveva idea, focalizzava visioni di abbandono e libertà ma nulla più.

    Tornò a casa da solo quella sera, lasciando il chiosco nelle mani dei fratelli, scansando le proteste e le proposte di Sonia come mosche. Voleva riflettere. Cosa c’era che non andava? Il futuro era lì a portata di mano, così semplice da afferrare. Cos’era quell’angoscia strisciante che gli frugava le viscere da ormai quasi un anno? E perché aveva paura di trovare la risposta?

    Si illuminò davanti alla luce di un lume spento.

    Era solo nella sua dimora, cenava stancamente. La luce del crepuscolo filtrava a stento dagli scuri che aveva socchiuso, per difendersi dal mondo, per rinchiudersi in se stesso.

    Un uccellino, veloce come il lampo, entrò dalla piccola fessura della finestra. Karman trasalì dai suoi pensieri e la osservò con curiosità, pronto a essergli d’aiuto.

    Smarrito e impaurito volò per la stanza, quel luogo sconosciuto e ostile stava dettando legge sulla sua vita. Con un frullo d’ali volteggiò nel mezzo della camera, planò dolcemente sul tavolo al centro di essa, a un passo da Karman.

    Si fermò come se stesse riflettendo sul da farsi, scrutò l’essere che gli era di fronte con occhietti neri e vivi più che mai. Poi, proprio mentre Karman stava per alzarsi ad aprire la finestra, il piccolo animale afferrò nel becco un pezzo di pane della sua cena e, come se conoscesse a memoria quel luogo, fuggì veloce per dove era arrivato, senza esitazione.

    Stupore e ilarità colpirono la mente di Karman; gli era sembrata indifesa e bisognosa d’aiuto quella piccola creatura, si rilevò invece cosciente e determinata nelle sue azioni.

    Un episodio banale più che mai, ma che scosse lo spirito di Karman nel profondo.

    Quante domande nella mente. Quanto lui poteva assomigliare a quell’animale? Quanto avrebbe resistito senza chiedere aiuto in un luogo sconosciuto e ostile? Quanto ancora il suo malessere l’avrebbe accompagnato se non avesse trovato risposta a quelle domande?

    Sorrise per la semplicità di quell’evento, ma più che mai sorrise per aver finalmente compreso quel che cercava veramente: una prova. La più dura e incosciente. Lasciare una vita per cercarne una nuova senza sapere se sarebbe esistita veramente. Una prova incosciente? Forse sì, ma forse era anche quello l’unico gesto che avrebbe compiuto in pace con se stesso, l’unico di una vita passata tra doveri e oppressioni. Costrizione e liberazione. A non dover più essere il figlio fortunato e ingrato, l’amico di tutti e di nessuno, lo sposo imposto dalla legge.

    Solo Karman in lotta con se stesso, Karman e una strada che lo attendeva lì da una vita. Karman e la sua scelta.

    - II -

    E così decise che l’unico modo per dare un senso alla sua esistenza era quello di cominciare a viverla.

    Partì una mattina di fine giugno. Aveva venticinque anni.

    Il vento era propizio e l’aria limpida, tersa come una lastra di vetro. Più volte, prima di partire, cercò di parlare con la futura sposa, ma tutte le volte ella lo rifiutò. Forse per paura, forse perché così facendo, sperava di tenere lì il suo amore, imposto come da legge e non cercato, ma non per questo meno intenso d’ogni altro. La verità è che la ragazza non volle più parlargli dopo che Karman rifiutò l’invito che lei gli fece una sera di luna piena.

    Sonia gli apparve innanzi a un’insolita ora della notte. Entrò nella sua dimora silenziosa come una volpe e svegliò il suo amante con un dolce bacio sulle labbra. Poi gli prese una mano e la poggiò dolcemente sul suo stesso ventre, quindi gli parlò, fissandolo negli occhi con occhi seri: «Tu non puoi andartene! Tu padre del figlio che porto in grembo non puoi fuggire via così! Tu sposo assegnatomi dal destino! Ma dimmi, è forse questo che ti mette così tanta paura? Stai solamente fuggendo le tue responsabilità o c’è qualcos’altro? Se sei ancora l’uomo che conosco rispondi! Esaudisci la mia preghiera e resta qui, nel luogo che sia a me, sia a te si addice! Qui dove tutto è predisposto e nulla più ci manca per essere felici! Abbiamo imparato ad amarci, potremo anche imparare a vivere insieme!»

    Lui le sorrise e, carezzandole le mani ghiacce e tremanti per la disperazione, per la consapevolezza di un appello fatto a chi non vuol sentire, le parlò con calma: «So che ciò che ho deciso è difficile a comprendersi, ma tu, madre dei miei figli, cerca di capire. Tu parli di cose sistemate, di un futuro a cui non manca nulla se non di essere vissuto. Credi che non mi alletti tutto questo? Tutto quello che mi spetterebbe ha un sapore così dolce che tremo al solo pensiero. Ma non è per me! E come il pesce che boccheggia fuori dell’acqua, anch’io respiro a fatica in questa prospettiva. È proprio il fatto che nulla più ci manca a mettere paura al mio cuore. È questa sicurezza che tutti invidierebbero che sento non addirsi alla mia vita, a quello che vorrei essere io. Prendimi per folle, in molti già lo fanno, ma è quel che sento e sarei un vigliacco a non esprimerlo proprio con te!»La ragazza lo guardò e nel suo sguardo era dipinta l’ala nera della rassegnazione. Solo un miracolo avrebbe potuto fargli cambiare idea. Lo comprese e questo le sarebbe dovuto bastare dato che le sue ragioni non avrebbe mai potuto capirle.

    «Non so se aspetterò il tuo ritorno, se mai ritornerai...», gli disse voltandosi per uscire, «...non biasimarmi!»

    «Non lo farò!», le rispose lui accompagnandola alla porta. «Sappi comunque che mi mancherai...»

    «Non ci credo!», replicò la giovane donna, e tristemente aggiunse: «Non dire altro, non servirebbe a nulla... Addio e abbi cura di te!»

    Lui le carezzò il viso soffice come velluto, bagnato da un velo di pianto. Lei lo baciò. Per l’ultima volta, poi se n’andò, senza voltarsi più.

    - III -

    L’unica persona che non si oppose alla partenza del buon Karman, sembra sia stato il genitore; saggio veterano nell’arte della vita.

    Il padre di Karman, ormai ottantenne, era un ometto baffuto, canuto e molto basso. Parlava sempre con un gravare serio e si prendeva molto tempo per riflettere tra una frase pronunciata e l’altra. Acconsentendo al viaggio del figliolo ultimogenito, gli spiegò le sue motivazioni, il perché non si opponesse a un così insensato gesto. Ma Karman non comprese o almeno non lo fece fino in fondo. Non capì, nella sua giovane inesperienza, l’astratto discorso che gli fece il padre.

    Fu solamente al termine del suo viaggio che Karman riuscì a trovare un senso alle enigmatiche parole del suo caro. «... riconoscerai te stesso guardandoti negli occhi. Tu dallo spirito inquieto, non troverai una parte in cui immedesimarti se non la tua. E del tuo vagare, sia come sia, dovrai farne scorta per il futuro. Una riserva che sia solo tua e della quale, in ogni caso, dovrai imparare a liberarti quando serva. Quando la sentirai pesare sul collo, quando ti spezzerà la schiena!»

    Parole oscure e profetiche. Le uniche che il padre gli rivolse senza odio nella voce. Lo stesso odio che sfogava sulla moglie se provava a difendere suo figlio Karman dalle cinghiate che gli sferzava contro con forza.

    Odio verso il suo ultimo figlio. Inutili le domande sul perché quell’uomo calmo e riflessivo si adirasse come un orco temibile allorché il suo ultimo erede provava a proferire parola in sua presenza. Se tentava di parlare con lui. Un motivo doveva pur esserci, s’interrogava Karman, quel motivo lo scoprì col tempo.

    Chissà perché quella mattina non si adirò con lui. Quando pronunciò quelle frasi l’aspetto serio, austero, che emanava rispettabilità ogni sospiro si squarciò. E fu quella la prima volta che padre e figlio s’intesero. Per la prima e ultima volta Graeme accettò e rispettò il pargolo Karman.

    «Fatti forte fuscello! Non voglio figli effeminati nella mia famiglia!» E quante legnate sulla schiena per far sì che così non fosse. «Nonostante tutto Padre, ti ho voluto bene e te ne voglio ancora...»

    Il giovane uomo guardò il padre sull’orlo delle lacrime. Un ulteriore gesto di generosità da quell’uomo che fu sempre e solo rude nei suoi confronti. Riconobbe in quegli occhi il calore paterno. Quello stesso che non ricevette mai, che ora, troppo tardi, il genitore era disposto a dargli. Tra i due non ci furono più parole, solamente un lungo abbraccio. Un dialogo tra scuse e perdono, tra cuore e cuore, tra due spiriti uguali.

    Il padre si rammaricò per aver perso tempo, per non aver intuito il bisogno di maturità del figlio. E Karman, da sempre considerato un pargolo, ora non lo era più. Era un uomo che cercava la sua via, il suo sentiero. Un voler elevarsi sopra il suo stato attuale, di là da tutto, bene e male.

    Una pacca poderosa sulle spalle. Poi l’ometto si andò a sedere sulla sua solita poltrona, accanto alla luce opaca della finestra. Leggeva uno dei numerosi libri della sua vasta biblioteca. Karman lo salutò con la mano mentre usciva col fagotto sulle spalle.

    L’uomo alzò gli occhi dal testo e un’espressione dolcemente strana gli incrinò il volto perennemente scuro: era un sorriso.

    L’anziano Graeme fu l’ultima persona con cui Karman parlò prima di partire.

    - IV -

    Quando Karman imboccò il viale per uscire dal villaggio aveva indosso dei pantaloni di tela color bianco sporco, una casacca nera molto ampia e fresca, un paio di sandali di cuoio intrecciato e un fagotto inserito nell’elsa della spada portata su una spalla come un bastone. All’interno del sacco c’erano tutti i suoi averi, dei soldi guadagnati negli anni con il lavoro presso l’ostello del paese e quelli che la madre di nascosto gli aveva consegnato come regalo d’addio, indumenti di ricambio, due tozzi di pane azzimo e nulla più.

    Chi lo avesse visto partire così avrebbe pensato di certo che sarebbe stato di ritorno a casa prima del tramonto. Ma era quello che gli bastava, lo disse ai suoi fratelli e a suo padre prima di partire. Non gli serviva altro. Avrebbe trovato quello di cui aveva bisogno lungo la strada. Ne era certo.

    Gli studi affrontati durante l’infanzia sotto la supervisione di Kraahm, il vecchio saggio del paese, lo avrebbero messo in guardia dai disonesti. Conosceva a perfezione le tre lingue del Regno e parlava anche piuttosto bene quella degli stranieri. I soldi che possedeva potevano bastargli per almeno un anno o anche per il doppio se non si fosse fermato ogni sera in una locanda.

    C’era poi la spada che era donata agli uomini del villaggio raggiunti i ventuno anni d’età. Karman non l’aveva mai usata realmente se non per il doveroso allenamento quotidiano. Forse non sarebbe servita affatto, ma qualcosa nella sua coscienza gli disse di portarla con sé.

    Era una spada di fattura orientale, la lama leggermente ricurva verso il dorso, poteva avere mille anni per quanto ne capiva Karman. La scanalatura era percorsa da una sottile venatura in oro. L’elsa era in avorio, su di essa vi erano due incisioni raffiguranti dei draghi. Sulla destra uno di essi stringeva in una zampa una sfera raffigurante il mondo, sulla sinistra l’altro stringeva nella zampa la figura del primo drago.

    Karman pensò che fosse una metafora della vita di coppia. L’uomo, il primo drago, avrebbe anche potuto possedere il mondo ma la donna, il secondo drago, avrebbe sicuramente posseduto lui e tutte le conquiste da lui eseguite nel mondo.

    Chissà se l’interpretazione era quella giusta o se invece i due draghi rappresentavano la razza umana e il destino. Qualunque cosa potesse fare l’uomo sarebbe sempre sottostato alle leggi del destino. Con buona pace del suo potere decisionale. Chissà?

    Una brezza spirò da sud. Nonostante si fosse fatto giorno da poco l’aria era già calda.

    Il piccolo viale sterrato e polveroso lo attendeva, lo guardava quasi lanciandogli una sfida. E Karman aveva tutta l’intenzione di raccoglierla. Si sistemò meglio il fagotto sulle spalle. Guardò lontano verso est, fin dove lo sguardo poteva arrivare, fino alle montagne d’oriente.

    Si avviò, dapprima lentamente successivamente con passo sempre più deciso.

    Arrivato al bivio dove la piccola via sterrata confluiva con la Strada Maestra esitò. Andando a destra sarebbe arrivato alla piana di Aroon, ricche città come Gimas e Lani e la stessa Aroon l’attendevano. Sfarzo e lusso. Gli ultimi ritrovati della tecnica. Luoghi che conosceva molto bene. Dove sin da piccolo era stato assieme alla famiglia, per affari di lavoro del padre o per piacere.

    Andando a sinistra si sarebbe avventurato verso il confine orientale al di là dei monti di Crisis. Un luogo sconosciuto. Un luogo ove non era saggio avventurarsi.

    Si disse che aveva già esitato troppo, voltò a sinistra senza più pensare.

    Voltò a sinistra verso l’ignoto.

     -V-

    Camminò a lungo su quella strada, mille furono i pensieri che gli affollarono la mente, ma uno su tutti gli stringeva il cuore più degli altri. Una domanda, e per quanto cercasse risposta non riusciva a trovarla. Era giusto?

    Lasciare il vuoto intorno a sé, e quanto freddo da affrontare, e quante maglie a cercar di riscaldare qualcosa che non ha spalle da poter coprire...

    Ne avrebbe avuto la forza? Il coraggio?

    Pensò che quello era coraggio, ci sorrise su sapendolo incoscienza e proseguì per la sua via.

    - Il Druido - 

    -I -

    Si fermò a metà giornata per consumare uno dei due pezzi di pane azzimo che aveva con sé. Fortunatamente l’acqua non mancava sulla Strada Maestra. Ogni tanto fontane per l’abbeveraggio del bestiame spuntavano ai margini della strada.

    Ne raggiunse una. Azionò la pompa con notevole sforzo. Pensava di veder arrivare un fiotto marrone ma l’acqua che uscì dalla cannella era limpida e fredda. Si sciacquò il viso con il liquido che sgorgava impetuoso e risucchiò due o tre boccate che gli gelarono i denti. Poi si sedette sul bordo della vasca, doveva essere l’ora più calda. Il sole allo zenit proiettava ombre circolari. L’ombra di Karman risultava un piccolo cerchio sotto di lui e nulla più.

    Poggiò il suo bagaglio a terra e fu in quel momento che avvertì la presenza.

    Si voltò di scatto verso i campi dietro di sé ma non vide nessuno. Al di là della fonte c’era una vasta pianura, qualche ovino in lontananza belava alla calura.

    Più a sud si intravedevano la cime di alcune montagne. Nessuno.

    Si guardò intorno con fare circospetto. Prima a sinistra verso Aroon poi a destra verso il confine. Nessuno.

    Eppure qualcuno o qualcosa c’era. Lo sentiva.

    Raccolse la spada da terra e se la sistemò tra le gambe. Pronta per essere sguainata. Aprì lentamente il sacco, ne estrasse il pane e lo addentò voracemente come se non mangiasse da giorni.

    Stava riflettendo sul fatto che, da quando era partito, non aveva incontrato nessun essere vivente che non fossero ovini o bovini. Eppure pastori in quella zona dovevano pur esserci; strano, molto strano.

    Era solo. Per la prima volta ne sentì il peso. La sensazione di essere osservato poi rimarcava ancora di più l’esigenza di poter allentare la tensione con qualcuno.

    Crebbe lentamente, come quando un suono si avvicina da una distanza che si fa via via più breve tra l’ascoltatore e la fonte del rumore. Crebbe tanto da dover fargli alzare lo sguardo e guardarsi nuovamente attorno e dietro e poi ancora a destra e a sinistra.

    La presenza era lì. Non sapeva dove ma la sentiva più viva che mai.

    La strada lungo l’orizzonte sbiadiva i contorni delle cose. Il caldo rendeva tutto fluido come acqua. Il manto surriscaldato rimandava immagini distorte e strambe degli elementi del paesaggio. Un albero in lontananza sembrava ora una donna curva a lavorare la terra, ora un uomo alto e magro con un mantello vaporoso sulle spalle.

    Karman distolse lo sguardo. Si concentrò nuovamente sul suo pezzo di pane, che ormai si era ridotto a un singolo boccone. Lo fagocitò senza troppi problemi. Si voltò per sorseggiare ancora un po’ d’acqua fresca e fu allora che lo vide.

    Mentre si voltava, con la coda dell’occhio, a meno di un braccio di distanza da lui.

    Lo vide.

    Rimase con le spalle rivolto alla figura che, fino a un attimo prima, non c’era. Si sentì gelare il sangue nelle vene. Il pane gli si fermò in gola impedendogli di deglutire. Sarebbe soffocato se non avesse tossito in tempo. E tossì.

    Il bolo volò dalla sua bocca affondando nell’acqua della vasca. Si poggiò con entrambe le mani al bordo e tossì ancora. Sentiva gli occhi puntati sulla sua nuca, avvertiva un leggero odore d’incenso. La spada! pensò, ma era troppo lontana adesso per poter essere afferrata in tempo e quell’uomo era molto vicino, troppo vicino.

    Se avesse voluto aggredirlo lo avrebbe fatto senza problemi. Karman avrebbe potuto gridare, ma chi lo avrebbe sentito? Doveva reagire.

    Si voltò di scatto sferrando contemporaneamente un possente pugno circolare con il braccio sinistro. Quasi cadde per la mancanza dell’impatto che doveva esserci e non ci fu. La figura era svanita. Forse non proprio, si era spostata. Ma ad una distanza esagerata per averlo potuto fare in quei pochi momenti. Adesso era al centro della Strada Maestra.

    Riacquistato l’equilibrio Karman guardò chi aveva di fronte.

    Era un Druido, forse della dinastia degli Astor. Aveva indosso una tunica bianca, mani e piedi nascosti, sembrava addirittura che non ne avesse. Il grande cappuccio gli copriva interamente il viso e dall’ombra dell’apertura si intravedevano solamente due occhi brillare.

    Il Druido parlò. Una voce profonda e sottile al tempo stesso. Grave e stridula. Mutevole.

    «Pensi davvero di poter scegliere cosa fare senza che il destino non ne sia coinvolto? Sei un illuso! Povero Karman della famiglia dei Sator, povero piccolo uomo cresciuto al suono della cinghia e delle grida di suo padre.»

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1