Lo sceicco dei desideri: Harmony Destiny
Di Kristi Gold
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Kristi Gold
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Lo sceicco dei desideri - Kristi Gold
uomo.
1
Che diamine, di nuovo lui!
Da dietro il bancone di marmo della rinomata gelateria dei Barone, Karen urtò con il gomito contro lo spigolo del registratore di cassa e soffocò un grido di dolore che avrebbe sicuramente superato la musica diffusa nel locale dagli altoparlanti. Borbottò una sfilza d'imprecazioni dirette contro l'uomo che era andato a sedersi al tavolino nell'angolo, accanto alla finestra. Un uomo che spiccava come un riflettore in mezzo alla classica semplicità del locale di proprietà della famiglia italiana dei Barone.
Karen si vantava di avere buongusto e doveva riconoscere che quell'uomo era il ritratto della perfezione, con quei suoi tratti esotici e la sua aria misteriosa.
Lei sapeva bene chi fosse. Era lo sceicco Ashraf Saalem. Lo aveva conosciuto alla festa di benvenuto che i Barone avevano organizzato in suo onore, circa un mese prima.
Era un uomo veramente affascinante, carismatico, per quanto un po' troppo sicuro di sé, per i suoi gusti. La troppa sicurezza era sintomatica di un'indole da maschio dominatore. E a lei non piacevano gli uomini fatti così, benché dovesse ammettere che riuscivano a dare la scossa a una donna con la sensualità di un semplice sguardo. Certo, lei ne aveva ricevuti più d'uno dallo sceicco l'ultima volta che si erano visti. E non poteva dimenticare cos'altro avesse ricevuto da lui.
Un bacio.
Un bacio sconvolgente, da brivido. Un bacio che lei non era stata in grado d'ignorare.
Ma doveva ignorarlo, specialmente ora. Doveva ignorare le sue occhiate furtive, i suoi occhi scuri come il popolare caffè espresso che veniva servito alla gelateria Baronessa. E non era un compito facile, anche se lui aveva abbandonato la tradizionale tunica araba per indossare abiti più adatti a un uomo d'affari, un completo grigio e una camicia nera come il nero dei suoi capelli lucenti. Sembrava un qualunque uomo d'affari in una pausa di lavoro, eppure trasudava un'aura di potere fuori dal comune. Perché lui non era un uomo comune e Karen se n'era resa subito conto non appena si erano conosciuti... e baciati.
Dopo un'ultima occhiata furtiva, Karen tornò ad allineare al di sotto del bancone le coppe di gelato misto alla frutta con nocciole. Era piacevole lavorare alla gelateria insieme alla sua meravigliosa cugina, Maria.
Circa un mese prima era stata accolta a braccia aperte dalla sua nuova famiglia. Aveva accettato la posizione di assistente di Maria nella gestione della gelateria, guadagnando in cambio uno stuolo di parenti, oltre che un grazioso appartamentino che un tempo era appartenuto a un'altra sua cugina, Gina.
Ora che la sua vita era tornata in carreggiata, non aveva certo né tempo né voglia di accettare la distrazione di un uomo, anche se si trattava di un carismatico principe mediorientale.
Come se la forza di volontà avesse disertato la sua mente, Karen gli lanciò un'altra rapida occhiata. Come poteva non notare la sua presenza dal momento che il locale era praticamente deserto? Era più che naturale che fosse così, considerato che aveva appena smesso di diluviare.
Oltre allo sceicco, c'era una coppietta seduta al tavolino nell'angolo opposto, un ragazzo e una ragazza che si tenevano le mani e si sussurravano paroline dolci, mentre il loro gelato si scioglieva.
Che stupidi, pensò Karen. Che ridicola esibizione di romanticismo.
Karen mosse un rimprovero a se stessa per quell'eccesso di cinismo. Chi diceva che quel loro amore non li avrebbe resi felici per sempre? Solo perché lei aveva deciso di non affidare la propria felicità a una vita a due non significava che gli altri non potessero trovare la proverbiale anima gemella.
«Vedo che hai visite.»
Lo sguardo di Karen saettò dalla sdolcinata coppietta al sorrisetto allusivo che lampeggiava negli occhi marroni della cugina.
«Perché non mi hai detto che era qui?» Non era intenzionale l'irritazione che emerse dal suo tono di voce, ma osservare quella giovane coppia aveva messo Karen di cattivo umore. E così pure la comparsa a sorpresa dello sceicco Ashraf Saalem.
«Eri nel seminterrato quando è arrivato» le spiegò Maria. «Non immaginavo che ti interessasse tanto.»
«Non m'interessa, infatti.» Karen passò uno straccio sul bancone, che non aveva affatto bisogno di essere pulito, eseguendo il movimento con vigore. «Per quello che mi riguarda, è un cliente come un altro.»
Maria si affiancò a Karen e lanciò un'occhiata indiscreta in direzione dello sceicco. «Ho l'impressione che lui non sia venuto qui per rifugiarsi dal temporale o perché avesse voglia di un gelato.» Poi, le sussurrò in un orecchio: «Considerato come ti guarda, mi sa tanto che sia qui per godersi un altro tipo di dessert... Non so se mi spiego».
Maria si era spiegata più che bene, pensò Karen, solo che lei non aveva voglia di diventare il dessert di nessuno.
Rivolgendo le spalle alla saletta, si appoggiò al bancone e scoccò una fugace occhiata all'indietro. «Non mi guarda affatto. È tutto preso dalla lettura del suo giornale.»
«Fa solo finta di leggerlo. In realtà, è molto più incuriosito da te.»
Karen si arrotolò le maniche della camicetta bianca e consultò l'orologio, più per nervosismo che per altro, benché avesse un appuntamento importante. Molto importante. «Non lavora?»
«Oh, sì. È uno stimato consulente finanziario, così mi ha detto mio cugino Daniel. È un uomo di successo, sempre in viaggio per il mondo.»
Era stato Daniel, un altro cugino, figlio di Paul, a invitare lo sceicco alla festa di benvenuto.
«Non so perché, ma mi sembra un tipo sospetto» borbottò Karen.
Maria appoggiò i gomiti al bancone, sostenendo le guance sulle mani in atteggiamento sognante. «A ogni modo, che Ashraf lavori o meno, è sicuramente ricco, nobile e... e si sta dirigendo verso di noi.»
Karen rimase impietrita, come incollata con la schiena al bancone.
«Le possiamo offrire qualcosa, sceicco Saalem?»
Lo sguardo fisso davanti a sé, Karen udì lo scricchiolare dello sgabello, ma non osò voltarsi.
«Le sarei grato se mi chiamasse Ash. In America, preferisco fare a meno del titolo, perlomeno fra gli amici. E considero i Barone miei carissimi amici.»
«Sicuro» accettò Maria. «Gli amici di Daniel sono anche nostri amici. Vero, Karen?»
Karen sobbalzò all'improvvisa gomitata che la cugina le sferrò nel fianco. Rendendosi conto di non avere via di scampo, si decise alla fine a girarsi. «Certo, nostri amici.»
Perché doveva essere così bello?, si chiese immediatamente, quando se lo trovò davanti. Di una bellezza inquietante, quasi minacciosa.
«La trovo in gran forma, quest'oggi, signorina Rawlins» esordì lui con voce vellutata.
Le teneva gli occhi fissi addosso e Karen fu tentata di distogliere lo sguardo, ma decise di non cedere. «Grazie.»
«Le piace lavorare qui, Karen?»
Karen non riusciva a credere che fosse stato così audace da chiamarla per nome. Ma, in fondo, perché stupirsi? Dopo che aveva osato addirittura baciarla, la prima sera che si erano conosciuti, perché formalizzarsi tanto? «Adoro lavorare alla gelateria.» Si stampò un sorriso cordiale in volto, benché le sue labbra fossero alquanto rigide. «E, a proposito del mio lavoro, posso servirle qualcosa?»
Lui si protese in avanti, portando con sé una traccia dell'intenso profumo speziato di cui era intrisa la sua pelle ambrata. «Lei che cosa mi consiglia?»
Oh, no. Karen non aveva voglia di prestarsi a quei giochetti. «Del gelato, forse. È molto rinfrescante. Aiuta... quando fa così caldo.»
«E se, invece, le chiedessi di offrirmi un po' del suo tempo? Magari stasera a cena, quando avrà finito il suo turno qui alla gelateria.»
«Non credo che...»
«Signorina! Allora, ci muoviamo?»»
Karen guardò in fondo al bancone, dove un uomo di mezza età aspettava con aria seccata. Cercò con lo sguardo Maria, che aveva pensato bene di dileguarsi.
«Mi scusi» disse Karen allo sceicco e si diresse verso il cliente. Prese una penna dal taschino del grembiule, insieme al blocchetto delle ordinazioni. «Che cosa le porto, signore?»
L'espressione dell'uomo era funerea. «Un caffè.»
«Espresso, cappuccino o...»
«Un caffè normale, nero. Semplicemente.»
«Certo. Ho appena acceso il bollitore e...»
L'uomo sbuffò. «Si sbrighi. Ho fretta.»
E così pure lei. Aveva fretta di andarsene da lì prima di commettere qualcosa d'insensato come accettare l'invito a cena di Ash. «Glielo porto fra due minuti.»
«Deve ancora rispondere alla mia domanda.»
Karen si girò verso Ash, poi elargì allo scontroso cliente il migliore dei suoi sorrisi. «Chiedo scusa.» Si allontanò finché non fu di nuovo a faccia a faccia con lo sceicco. «Non ho tempo per cenare. Devo andare in un posto dopo il lavoro.»
«Un posto importante?»
Più di quanto lui non immaginasse. «Sì.»
«E la mia presenza non sarebbe gradita?»
Karen decise che, probabilmente, la sua presenza sarebbe stata più che gradita alla clinica della fertilità, quantomeno per una donazione. Nessuno sarebbe stato così sciocco da rifiutarlo. Tranne lei. Mai e poi mai gli avrebbe rivelato del suo appuntamento. «Devo andare dal medico.»
Una ruga di preoccupazione gli increspò la fronte. «Non sta bene?»
«È solo un normale controllo.» Non era propriamente una bugia. «Sto bene.»
La ruga si dissolse e sul viso dell'uomo affiorò un sorriso impudente. «Non c'è bisogno di nessun esame per capire che lei sta bene. A ogni modo, non indagherò oltre.»
«Allora, questo caffè?» tuonò il cliente nevrotico.
Per un verso, Karen accettò di buongrado l'interruzione, sebbene si sentisse intrappolata tra due uomini insistenti che stavano mettendo a dura prova il suo spirito di sopportazione. Indirizzò all'estraneo un sorriso cordiale. «Ancora un minuto e glielo porto.»
L'uomo sbatté il palmo sul bancone. «Non ho un altro minuto, quindi, se la smette di parlare con il suo fidanzato e mi serve il caffè, sarò ben felice di andarmene. C'è gente che lavora, qui.»
Karen digrignò i denti e sibilò, sforzandosi di restare calma: «Capisco, signore, ma il caffè non è ancora pronto. Le posso offrire un bicchiere d'acqua, nel frattempo?». O, meglio, vuole che gliela butti addosso?, avrebbe preferito dirgli, se non le fosse stato inculcato che il cliente aveva sempre ragione. Anche quello più rompiscatole.
«Io non voglio nessun dannato bicchiere d'acqua, ha capito, bella? Voglio soltanto il mio caffè!»
Ash, che era rimasto apparentemente indifferente di fronte alla scortesia dell'uomo, si alzò di scatto con espressione truce, si tolse la giacca e si tirò su le maniche della camicia.
Karen temette il peggio, tremando all'idea che lo sceicco potesse fare a pugni con il cliente scorbutico. Invece, lui girò dietro al bancone, prese un bicchierino di plastica, lo riempì di quel po' di caffè rimasto nel bricco precedente, poi si voltò e lo sbatté davanti all'uomo.
«Si beva questo e stia zitto» disse con voce minacciosa. «Mi rendo conto che non c'è nessun cartello sulla porta di questo locale che