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Demon's promise (eLit): eLit
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E-book441 pagine4 ore

Demon's promise (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Posseduta dal demone della Desolazione, Cameo non può sperimentare la gioia e, se osa farlo, i suoi ricordi vengono cancellati. Ha una unica possibilità di salvezza: andare alla ricerca dell’unico uomo che possiede la chiave della sua redenzione, Lazarus il Crudele. Lui, integerrimo immortale il cui obiettivo principale è distruggere i nemici, si trova ad affrontare, per la prima volta nella vita, qualcosa che non riesce a controllare: il desiderio di strappare un sorriso a Cameo e poi di... farla sua.

Mentre forze oscure cospirano contro di loro, minacciando di annientare il fragile legame che li unisce, entrambi sono preda di nuovi istinti: Lazarus, un tempo calmo e controllato, pare impazzito; Cameo si sente sull’orlo della felicità a ogni bacio travolgente, a ogni carezza ardita. Ma se cade nel baratro, rischia di dimenticare per sempre...



Il nuovo romanzo della saga de I Signori degli Inferi vi terrà col fiato sospeso fino all'ultima riga e vi regala una SCENA SPECIALE, da leggere tutta d'un fiato.
LinguaItaliano
Data di uscita30 ott 2017
ISBN9788858978153
Demon's promise (eLit): eLit
Autore

Gena Showalter

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Demon's promise (eLit) - Gena Showalter

    medico).

    1

    Non cercare di stare dieci mosse avanti rispetto al tuo avversario. Stagli dietro con un coltello.

    Estratto da Diventare il re che sei destinato a essere, lavoro in corso di Lazarus il Crudele e Insolito

    Come Alice sulla strada per il Paese delle Meraviglie, Cameo, custode del demone della Desolazione, precipitò giù per una caverna lunga e buia. Quando comparve il fondo si preparò all'impatto... solo per scivolare attraverso un portale lucente. Le pareti della caverna sparirono e lei passò da un cielo notturno a un nuovo reame.

    Non avrei mai dovuto toccare la Verga Affilata. Era bastato sfiorare con la punta delle dita il grazioso bulbo di vetro in cima all'impugnatura e l'antico oggetto divino aveva aperto un passaggio tra il mondo fisico e quello degli spiriti. E così la sua discesa era cominciata in un batter d'occhio.

    Mentre piombava verso una radura piatta, si preparò all'impatto...

    Cameo andò a sbattere per terra. Un grido le sfuggì dalle labbra, il cervello urtò il cranio, i polmoni si svuotarono e diverse ossa si ruppero tutte insieme.

    Un dolore atroce la percorse, mentre puntini neri le oscuravano la vista. Il calore sparì da mani e piedi e si raccolse nel torace. Il suo corpo era sotto shock.

    Passarono ore prima di trovare la forza di girarsi su un fianco, mentre il cuore devastato batteva forte contro le costole rotte. Le girava la testa, ma per fortuna il dolore era diminuito. Di nuovo in grado di respirare notò che il dolce profumo dell'ambrosia – la droga preferita dagli immortali – aleggiava nell'aria. Scoppiò quasi a ridere. Per una volta la fortuna era dalla sua parte. Se proprio uno doveva schiantarsi, quale posto migliore di un campo di ambrosia?

    Perse e riprese conoscenza varie volte, il passaggio del tempo evidenziato dalla guarigione delle ferite e dal cambiamento dal buio alla luce. Quando un raggio di sole la colpì, bruciandole la pelle chiara, Cameo si svegliò del tutto.

    Inspirò e arricciò subito il naso. Il profumo di ambrosia era stato sostituito dall'odore di foglie bruciate. Dov'era finita? All'inferno? Il sole era così ardente che aveva arso tratti di terra.

    Cameo strisciò verso un punto all'ombra e sospirò di sollievo quando la sua pelle si raffreddò. Osservò il cielo color lavanda solcato da nuvole verde chiaro, poi puntò lo sguardo su una strana foresta di enormi alberi rosa inframmezzati da radure di erba azzurra.

    Una foresta adatta a una principessa delle favole. Peccato che lei fosse il cattivo della fiaba. Il folletto cattivo e i dodici immortali. Per lei e la sua famiglia di guerrieri posseduti dai demoni, niente era mai andato per il verso giusto.

    Un brivido gelido le percorse la spina dorsale quando una farfalla grossa come il suo pugno la superò in volo. Nel corso dei secoli quei dannati insetti erano diventati un presagio di morte e distruzione.

    Il peso della depressione le gravò sulle spalle, presentandole la parodia della sua vita.

    Ho già avuto tante perdite. Solo perché, quando viveva sul Monte Olimpo, aveva commesso un minuscolo errore, aiutando i suoi amici a rubare e aprire il vaso di Pandora.

    Una punizione adeguata avrebbe potuto essere l'amputazione di una mano o di tutte e due, o magari qualche secolo in prigione. Invece era costretta a ospitare per sempre il demone della Desolazione. Il libero arbitrio ormai apparteneva al passato.

    Per commemorare l'occasione, un tatuaggio a forma di farfalla era comparso sulla parte bassa della sua schiena. L'inizio della fine.

    Desolazione aveva rimosso rapidamente gli strati della sua umanità, speranza e felicità, e cancellato più e più volte dalla sua mente ogni ricordo gioioso.

    Il bastardo cancellava ancora dalla sua mente ogni ricordo gioioso. Tutti i giorni le insinuava il proprio veleno nei pensieri, feriva gli altri attraverso la sua voce e rovinava qualsiasi rapporto lei riuscisse a costruire. Aveva ridotto la sua vita a un orrore dopo l'altro.

    Se solo avesse potuto controllarlo... Desolazione però era un'entità separata, con motivazioni e obiettivi tutti suoi, una presenza oscura che non era mai riuscita a scacciare. Una prigione da cui non aveva mai potuto fuggire.

    In questo momento non è il mio problema più grande. La farfalla...

    Un disastro era in arrivo.

    Cameo cercò un modo di uscire dalla foresta. Da una parte un fiume meraviglioso di tutti i colori dell'arcobaleno scorreva lungo un precipizio roccioso. Un pesce emerse in superficie. Un unicorno acquatico? Un lungo corno d'avorio gli sporgeva tra gli occhi e...

    Cameo sussultò. Un altro unicorno acquatico balzò fuori dal fiume e trafisse il ventre del primo con il suo corno. Un fiotto di sangue schizzò, creando una cascata di un rosso vivo, e una miriade di altri pesci si gettò su quello ferito. Denti aguzzi affondarono nelle squame e negli organi, fino a lasciare solo la lisca.

    Doveva ricordarsi che non era il caso di fare il bagno nei luoghi selvaggi.

    Dall'altra parte si stendeva un campo di ambrosia; pareva che il sole cocente non gli facesse alcun effetto. Grossi steli del colore dello smeraldo erano cosparsi di innumerevoli fiori violetti, le corolle chiuse per ripararsi dal calore.

    Il campo pareva l'unica possibile...

    Un arto spinoso afferrò la farfalla grossa come un pugno e la brezza lieve portò fino a lei l'eco di un urlo. Meglio andarsene, decise.

    Cameo si alzò in piedi barcollando e fece una smorfia sentendo dei rametti che le ferivano un tallone. Aggrottò la fronte. Era scalza, gli stivali da combattimento erano scomparsi.

    Qualcuno le aveva rubato le calzature?

    Un rapido esame mostrò che la canottiera e i calzoni di pelle erano strappati e macchiati di sangue, ma ancora al loro posto. I pugnali che aveva fabbricato duecento anni prima però non c'erano più.

    Qualcuno l'aveva derubata mentre era priva di sensi. Chiunque fosse stato l'avrebbe pagata cara!

    Cameo si trovava in quel luogo per rintracciare il formidabile immortale chiamato Lazarus il Crudele e Insolito e avrebbe distrutto chiunque avesse provato a ostacolarla.

    Secondo i suoi amici aveva incontrato Lazarus due volte in passato, ma grazie a Desolazione non ricordava niente di quegli episodi. O forse sì? Ai margini della sua mente si annidavano alcune immagini confuse che non sapeva se fossero ricordi o allucinazioni.

    In una, Cameo eseguiva uno spogliarello per uomo muscoloso e senza volto. Un sorrisetto sensuale le aleggiava sulle labbra e gli occhi argentei sfolgoravano di desiderio.

    In un'altra si avvicinava allo stesso uomo con un chiaro intento di seduzione.

    In una terza immagine Cameo era distesa sotto l'uomo muscoloso e senza volto; una delle sue mani grandi e callose era posata sul seno e l'altra tra le gambe, mentre lui la portava sempre più vicino all'orgasmo. Aveva la schiena inarcata, la testa gettata all'indietro e un sublime misto di dolore e piacere dipinto in viso.

    L'uomo senza volto era Lazarus? Come aveva fatto a portarla a letto?

    Avrebbe tanto voluto ricordarselo.

    Il sesso non era un'attività che in genere si godeva. Anzi, ormai non rischiava quasi più di andare a letto con qualcuno. Quasi tutti gli uomini con cui aveva fatto l'amore poi erano stati sopraffatti dalla tristezza.

    Il senso di colpa divampò, aggiungendosi alla propria divorante desolazione. Eppure...

    Ogni volta che Cameo immaginava il suo amante senza volto, un languido calore la stringeva in un abbraccio e il sangue le scorreva nelle vene con un nuovo impeto.

    L'amante misterioso sentiva la sua mancanza, o era felice all'idea di non rivederla mai più?

    Il cuore parve aprirsi, lasciando fuoriuscire un fiotto di acido. I ricordi erano necessari alla sopravvivenza come l'ossigeno e l'acqua. Senza di essi, si sentiva incompleta e debole.

    Lazarus le avrebbe raccontato ciò che era successo tra loro? Se c'era anche una sola possibilità che lui potesse darle delle risposte, doveva trovarlo.

    Il problema era che sia Cameo sia il resto del mondo sapevano molto poco di lui. Il suo passato era avvolto dal mistero. Era riuscita a sapere che il suo amico Strider, custode del demone della Sconfitta, qualche tempo prima lo aveva decapitato. Lo spirito di Lazarus aveva viaggiato attraverso la Verga Affilata ed era entrato in uno dei regni dell'aldilà. Forse proprio quello in cui lei si trovava adesso, un mondo strano e rapace.

    Poco dopo la morte di Lazarus, la sua quasi amica Viola, custode del demone del Narcisismo, lo aveva seguito senza volere, mentre era ancora viva. Anch'ella in vita, Cameo le era andata dietro a sua volta, decisa a salvarla... e a capire qualcosa di più delle sue avventure con il misterioso guerriero.

    Se gli uomini che le circostanze avevano reso suoi fratelli non avessero lanciato a loro volta una missione di salvataggio, lei avrebbe scelto di restare con Lazarus?

    In base ai frammenti che aveva ricordato prima che Desolazione le cancellasse ogni memoria, lei e Lazarus si erano messi alla ricerca di Viola e del vaso di Pandora – alias dimOuniak – entrambi in apparenza nascosti in uno dei reami.

    Cameo non era sicura di capire perché Lazarus avesse accettato di compiere quella missione insieme a lei, quando non nutriva alcun interesse nel suo potenziale risultato.

    A meno che non volesse il vaso di Pandora... DimOuniak era potente come la Verga Affilata, anzi di più, e poteva essere usato per uccidere all'istante chiunque fosse posseduto da un demone. O almeno così si diceva.

    Lazarus aveva sempre avuto l'intenzione di farle del male? La perdita dei ricordi la rendeva vulnerabile nel peggiore dei modi.

    Dunque avrebbe trovato Lazarus. Sperava di piacergli, così sarebbe stato disposto ad aiutarla. Una volta che avesse riempito i suoi vuoti di memoria, magari avrebbero potuto riprendere la ricerca del vaso. E magari lui l'avrebbe resa felice, almeno per un po'. A cosa serviva una vita senza felicità?

    Tanto lo dimenticherai un'altra volta. Perché darti tanto da fare?

    Perché... perché sì! Senza speranza tanto valeva lasciarsi morire.

    Forse Lazarus era il suo amante senza volto. Forse l'avrebbe aiutata a trovare Viola e il vaso di Pandora. La dea dell'Aldilà era stata salvata, ma poi aveva usato di proposito la Verga Affilata una seconda volta. Nessuno sapeva perché e da allora nessuno aveva ricevuto sue notizie.

    Cameo si fece avanti risoluta. Alcuni rami le sferzavano i piedi nudi, ma riuscì a mantenere un'andatura regolare e ad avanzare attraverso il bosco. Almeno la temperatura era calata.

    Il settantadue per cento degli uomini ha tradito la compagna, le sussurrò nella mente la voce del demone nel tentativo di bloccarla. Il ventiquattro per cento lo sta facendo in questo momento. Il quarantotto per cento si mostra compiaciuto e non pentito. Per quanto tempo pensi di riuscire ad affascinare Lazarus? Ammesso che tu ci riesca.

    Orribile demone, sempre pronto a bombardarla di tristezza. Lazarus era o no il suo amante senza volto?

    Se lo è, faresti meglio a dartela a gambe, suggerì Desolazione. Considerato quello che è successo con Alex...

    Alex, un umano che era vissuto nell'antica Grecia, era stato il suo primo e unico amore.

    Quando aveva otto anni una tremenda malattia lo aveva reso sordo e dunque indegno dell'amore della sua ricca famiglia che lo aveva cacciato dall'unica casa che avesse mai conosciuto. Dopo mesi in cui aveva sofferto la fame, un protettore lo aveva salvato dai bassifondi. Un fabbro con una morbosa attrazione per i bambini.

    Apprendista di giorno, schiavo di notte. Un'esistenza terribile.

    Quando Alex era diventato adolescente, il fabbro aveva deciso che ormai era troppo vecchio e l'aveva allontanato. Alex allora gli aveva piantato nel cuore il pugnale da lui fabbricato e si era preso la sua bottega.

    Aveva riversato tempo ed energia nella lavorazione dei metalli, dimostrando un indiscutibile talento. Era l'unica persona di cui Cameo si fidasse per la fabbricazione delle sue armi. L'unico uomo che restava indifferente al dolore nella sua voce.

    Si erano innamorati e per un po' si era sentita vicina alla felicità. Sperava in qualcosa di più... ma per tutto il tempo un presagio sinistro l'aveva avvolta come un'ombra, aderendo a lei come una seconda pelle.

    Ogni volta che spuntava l'alba, si chiedeva perché si ricordasse ancora di lui. Perché il demone non le avesse ancora rubato alcun ricordo che lo riguardava.

    La risposta si era dimostrata più atroce di quanto avrebbe mai potuto immaginare.

    In un momento di vulnerabilità Cameo aveva rivelato ad Alex l'esistenza del suo demoniaco compagno. Lui ne era rimasto sconvolto e aveva fatto in modo che i Cacciatori, una setta nemica mortale degli immortali, la catturassero e torturassero in tutti i modi più terribili.

    Farfalle dalle ali affilate come rasoi presero il volo nel suo stomaco. Lazarus conosceva la verità su di lei? Gli importava?

    Sì, doveva conoscerla. Era un immortale che viveva in mezzo a spiriti mortali e di sicuro non se ne curava. Veniva definito crudele e insolito e aveva un lato oscuro, molto oscuro. Buio pesto, senza la minima traccia di luce.

    Una sequenza di striduli richiami risuonò mentre uno stormo di uccelli si levava in volo dagli alberi e si disperdeva in cielo, svanendo dietro le nuvole.

    Poi il terreno cominciò a tremare. Cameo cadde in ginocchio. Lottando per respirare cercò i suoi pugnali. I suoi pugnali scomparsi.

    Maledizione! Si rifugiò dietro uno dei più grandi alberi rosa e le ombre l'avvolsero. L'adrenalina la invase potente, ma non riuscì a coprire il dolore provocato dalla corteccia ruvida che sfregava contro la pelle lasciata scoperta dalla canottiera.

    Un altro scossone. Alberi e cespugli si piegarono e caddero come pezzi di un domino.

    Un passaggio si aprì a una certa distanza, mostrando due bestie volanti, una sorta di ibrido di drago. Avevano occhi rossi, musi allungati e denti simili a corte spade. I corpi ricoperti di squame lucenti erano privi di arti e le code piene di aculei.

    Dunque erano... serpenti volanti? Draghi?

    Si innalzarono al di sopra degli alberi rimasti, con le ali dalle molteplici punte che sferzavano i rami e trapassavano la corteccia come fosse burro. Una creatura inseguiva l'altra. Quando la raggiunse si misero a... lottare come se giocassero?

    «La bella signora ha bisogno di aiuto?»

    La voce sconosciuta riuscì in qualche modo a trasformare la domanda innocente in una promessa sensuale. Cameo sollevò lo sguardo e soffocò un grido. Un enorme leopardo era appollaiato su un ramo sopra di lei e la fissava con intensi occhi verdi, agitando la coda. Un orecchio pareva mangiucchiato e la pelliccia mostrava diverse chiazze pelate.

    Desolazione provò un'immediata antipatia per l'animale e ringhiò.

    Il felino rispose con un sorriso lento e scacciò una mosca con la zampa. Anzi, la trafisse con un artiglio. «Mi chiamo Rathbone e sono al tuo servizio... per un piccolo onorario.»

    Poteva parlare! E con quella voce, avrebbe guadagnato milioni rispondendo al telefono in una linea erotica.

    La Verga Affilata l'aveva trasportata in una fiaba in versione porno?

    O magari Rathbone era un mutaforma. No, impossibile. Quando si trasformavano in animali, i mutaforma non mantenevano la capacità di parlare. Anche se in fondo c'erano eccezioni a ogni regola.

    «Posso cavarmela da sola, ma grazie dell'offerta.» Cameo aveva vissuto quattromila anni, combattuto in guerre mondiali e partecipato a innumerevoli battaglie contro predatori immortali, umani risentiti e invidiosi, e mostri usciti da miti e leggende. A volte aveva perso, ma nella maggior parte dei casi aveva vinto.

    Il leopardo trasalì. Non era certo una sorpresa: tutti sussultavano al suono della sua voce e alcuni scoppiavano addirittura in lacrime. Se qualcuno aveva mai apprezzato la sua voce, Cameo non se lo ricordava.

    Strinse le mani a pugno. Un altro ricordo che il demone le aveva rubato?

    I serpenti alati ripresero il loro inseguimento, causando quasi un terremoto e lei dovette aggrapparsi a uno dei rami più bassi per non cadere. No, non un ramo, ma la coda di Rathbone.

    «Ho qualcosa di più solido a cui puoi attaccarti» l'avvisò il leopardo.

    Possibile che si riferisse a...?

    Si contorse per leccare due palle enormi.

    Cameo lo lasciò andare e si sporse a guardare al di là del tronco. Le creature si avvicinarono a razzo... e la superarono. Cominciò a rilassarsi. Errore. Quando mai le era andato bene qualcosa? I due serpenti alati si fermarono di colpo, per poi girarsi lentamente.

    Quattro occhi rossi la fissarono. Lingue lunghe e sottili passarono sopra i denti affilati come sciabole e la bava colò dagli angoli della bocca. Bava... o accelerante? Un odore pungente simile a quello della benzina le colpì le narici.

    Bene. L'avevano appena messa nel menù del giorno.

    I serpenti sibilarono piegandosi e le squame intorno al collo brillarono.

    Hai un ottantacinque per cento di possibilità di venire fritta. Così non rivedrai più i tuoi amici e non troverai mai né Lazarus né il vaso di Pandora.

    No. Avrebbe combattuto e vinto. Se fosse morta, il demone della Desolazione si sarebbe scatenato su un mondo ignaro. Avrebbe trovato nuove prede, divorato dolci sogni, care speranze e ogni barlume di felicità.

    Quel bastardo voleva solo distrarla.

    Due fiotti di fiamme schizzarono verso di lei. Pronta alla battaglia, Cameo li schivò e si chinò ad afferrare due rami pietrificati. Poi si mise in piedi e li agitò verso il serpente più vicino.

    «Non lo farei, se fossi in te» cominciò Rathbone, ricordandole la sua presenza. Le punte aguzze colpirono il petto di un serpente e il leopardo sospirò. «Congratulazioni. Hai appena peggiorato le cose.»

    Argh! I rami non erano nemmeno riusciti a graffiare una singola squama!

    Il serpente alato ruggì furioso.

    E va bene, dunque le squame erano impenetrabili. Restavano solo altre due possibilità: colpirlo agli occhi o nella bocca. Nessun problema, a patto di riuscire a salire a bordo dell'espresso alato.

    «Ssss.»

    «Ssss.»

    Due nuovi fiotti di fuoco vennero eruttati verso di lei e il calore arrivò a un livello da barbecue con contorno di cenere. Cameo riuscì a evitarli anche questa volta, ma in effetti non poteva rifugiarsi da nessuna parte. Le bestie volavano in cerchio intorno a lei, intrappolandola in un inferno di fiamme e fumo.

    Cameo si mise a tossire ed evitò per un pelo di finire tagliata in due da un'ala.

    «Adesso vuoi il mio aiuto?» Rathbone restava al sicuro sul suo ramo e le sorrideva innocente. «Posso farti uno sconto.»

    Cameo lo ignorò e si lanciò lungo il sentiero rovente e bruciacchiato. Usò i bastoni per parare un altro colpo d'ala e riuscì a schivare un altro torrente di fuoco. Una coda affilata cercò di sferzarla, ma lei riuscì a evitarla e continuò a correre.

    Non ce la farai mai, l'ammonì il demone e la tristezza la invase. Stai per morire.

    No! Avrebbe vinto e sarebbe sopravvissuta.

    Il momento della verità era arrivato.

    Con il cuore che le batteva all'impazzata, Cameo balzò in alto, sempre più in alto. Uno dei serpenti la seguì con la chiara intenzione di afferrarla a mezz'aria. Più si avvicinava, più pareva deciso ad azzannarla. Peggio per lui. Lei gli cacciò un ramo in bocca.

    Il ramo – grosso come uno dei suoi bicipiti, lungo come un avanbraccio e più duro della pietra – rimase verticale, conficcato nel palato e nella lingua. Cameo strinse più forte il ramo e con un volteggio si mise a cavalcioni sul collo del serpente alato.

    L'animale si agitò, ma i movimenti convulsi gli impedivano di spiegare le ali, facendolo precipitare verso terra.

    Appena prima dello schianto, Cameo gli ficcò il secondo ramo in un occhio. Il serpente urlò mentre un fiotto di sangue denso e nero le imbrattava la mano e bruciava la pelle.

    Boom!

    L'animale assorbì la maggior parte dell'impatto e Cameo saltò a terra. Mentre il drago strillava e si contorceva, lei si rialzò, pronta a scappare, ma un dolore lancinante le trafisse la caviglia. Finì a faccia in giù, trascinata all'indietro e le sue unghie scavarono profondi solchi nel terreno. Lottando contro il panico, lanciò un'occhiata al di sopra della spalla. Oh, no! L'altro serpente le aveva affondato i denti nel piede.

    Cominciò a masticare, con la saliva che le inzuppava la ferita. Cameo urlò, la gamba avvolta da un calore bruciante e si rannicchiò su se stessa per colpirlo.

    Maledizione! Aveva perso i rami.

    Il serpente alato la trascinò sopra rocce ed enormi radici, strappandole i vestiti e la carne. Le girava la testa e l'oblio era in agguato. Cameo cercò un altro ramo. Sì, eccolo!

    Il serpente si raddrizzò, tenendola penzoloni a testa in giù e il dolore si intensificò.

    Ricordati, il dolore è debolezza che lascia il corpo.

    Poteva farcela. Ce l'avrebbe fatta.

    Cameo si contorse facendo oscillare il corpo avanti e indietro, sempre più veloce, avvicinandosi sempre di più al torso del nemico.

    Il serpente agitò le ali e si levò in volo, impartendole una nuova lezione sul dolore.

    Non so quanto potrò reggere ancora.

    Era madida di sudore e assalita dalla nausea, ma continuò a muoversi e alla fine riuscì a trapassare con il bastone la parte inferiore della mascella del serpente alato, dove le squame non lo proteggevano, e la gola.

    Il serpente ruggì e sobbalzò, liberandola. Cameo precipitò verso terra. Il dolore fu tremendo.

    Rimase distesa a lungo, pregando di riprendersi in fretta o morire. Forse era meglio morire. La caviglia mutilata pulsava insieme al cuore devastato che andava rigenerandosi. Dal ginocchio alla punta dei piedi le pareva che la pelle fosse stata cotta come formaggio su una pizza.

    Per quanto ci provasse, il serpente alato non riuscì a sbarazzarsi del ramo e le ali si rifiutarono di piegarsi come dovevano. Alla fine poté solo tornare dal compagno, affondargli le zanne nel petto e volare via insieme a lui.

    Aveva... vinto?

    Probabilmente non riuscirai più a camminare, l'ammonì Desolazione.

    «Sì, invece» mugolò lei. Nel corso dei secoli le avevano tagliato diverse volte gli arti e anche la lingua. Prima o poi la caviglia sarebbe guarita. Il demone cercava solo di deprimerla.

    Rathbone scese dall'albero e avanzò disinvolto verso di lei. «Se me lo chiedi con gentilezza, posso darti un passaggio gratis.»

    «No, grazie.» Era troppo stanca per doversi occupare anche di un eventuale attacco a sorpresa dell'animale. «Dove siamo?» chiese.

    Questa volta il sussulto del leopardo fu più pronunciato. «Nel Reame di Grimm e Fantica, governato da Re Lazarus il Crudele e l'Insolito, unico figlio del Mostro» rispose.

    Lazarus. Il suo Lazarus. Era là ed era un re.

    Avanti, trovalo e passa del tempo con l'uomo chiamato Crudele e Insolito, sghignazzò il demone vendicativo. Scommetto che ti ferirà come io non sono mai riuscito a fare.

    Mentiva, o forse diceva la verità. Con lui non si sapeva mai a cosa credere.

    Forse avrebbe fatto meglio a tornare a Budapest.

    Lazarus sentiva la sua mancanza? O magari si erano lasciati da nemici?

    Be', e se anche fosse andata così? Tutti meritavano una seconda possibilità. Inoltre non sapeva come tornare. E poi cosa significava Crudele e Insolito? Molti immortali la chiamavano la Madre della Malinconia. I nomi erano solo nomi.

    «Dov'è il re?» chiese in tono tranquillo, cercando di mascherare la propria ansia. Non rivelare niente, nascondi tutto.

    Rathbone si passò la lingua sulle labbra, come se avesse appena scovato una succulenta preda. «Percepisco una certa eccitazione

    Accidenti! Era pronto a farle pagare un'informazione? «Se fosse così, saresti il primo a sentirla.» Era la verità. Che tristezza.

    «Ora distinguo solo desolazione.» Un lampo calcolatore apparve negli occhi lucenti come neon. «Mmh, la trama si infittisce.»

    «Cosa te ne importa delle mie emozioni?»

    «I misteri e gli indovinelli mi affascinano» rispose Rathbone. «Vieni. Ti porto da Lazarus, ma non sono più disposto ad aiutarti gratis.»

    Lo sapevo.

    «Mi pagherai un piccolo onorario come tuo accompagnatore, ma sappi, bella mia, che la gente entra nel suo territorio... e non lo lascia mai più.»

    2

    La vita è una partita e chiunque incontri è un avversario.

    Diventare il re che sei destinato a essere

    La raffinata arte della decapitazione

    Un improvviso sconcerto avvolse Lazarus il Crudele e Insolito. Aggrottò la fronte. Non era una sensazione sconosciuta, ma nemmeno abituale.

    Insomma, forse non significava nulla, o forse tutto.

    Con un sospiro di stanchezza si liberò dalle due ninfe dei boschi che dormivano avvinghiate a lui, si alzò dal letto e allacciò i pantaloni che si era rifiutato di togliere. Le sue gambe non erano destinate a un'esposizione pubblica.

    Chiunque avesse la sfortuna di vederlo nudo, veniva trasformato in pietra.

    Dovunque fosse vissuto da vivo o da morto, Lazarus aveva creato un Giardino dell'Orrore Perpetuo, la propria personale armata di pietra. Un po' come i soldati di terracotta di Qin Shi Huang, il primo Imperatore della Cina.

    Il suo ultimo giardino contava al momento ventitré statue, una vista davvero magnifica. Ognuna mostrava un livello diverso di dolore e panico.

    La sua favorita era quella del re che aveva sconfitto impadronendosi del trono del Reame di Grimm e Fantica. L'uomo era per sempre bloccato nella posizione conosciuta come l'aquila di sangue, con il corpo prono e le costole separate dalla spina dorsale e rotte in modo da assomigliare a due ali insanguinate.

    Crudele e insolito. La mia specialità. Chi si metteva tra lui e ciò che desiderava soffriva.

    L'aria fresca lo accarezzò mentre infilava la maglietta e indossava le armi di cui si era liberato un'ora prima. I pugnali si urtarono con un tintinnio, ricordandogli il giorno in cui si era lasciato decapitare da un guerriero posseduto da un demone. Il giorno in cui era sfuggito alle grinfie della sadica Arpia che lo aveva schiavizzato.

    Il giorno in cui era cominciata la sua vita tra i morti.

    A essere sincero, il mondo fisico e quello degli spiriti restavano indistinguibili per lui. Respirava ancora, aveva fame e sete e bramava il tocco di una donna. Poteva fare tutto ciò che faceva prima... tranne tornare tra gli umani. La stessa cosa valeva per chiunque altro nel reame.

    In effetti c'era una differenza tra Lazarus e gli altri morti: un cuore gli batteva ancora nel petto. Non era sicuro del motivo per cui lui costituisse l'unica eccezione.

    Le ninfe sul letto si stiracchiarono e si misero sedute. Seni sodi rimbalzarono, capelli arruffati ricaddero e sorrisi luminosi sbocciarono sulle loro labbra.

    «Se riesci a camminare, è chiaro che hai bisogno di un'altra ripassata» disse la bionda facendo le fusa.

    La rossa gli fece cenno di avvicinarsi. «E se ti usassi come un lecca lecca?» propose.

    Non avevano idea che tra le loro braccia aveva provato solo delusione.

    «Ho dei doveri» rispose. Negli ultimi tempi nessuna riusciva a soddisfarlo. Venire era diventato impossibile, perfino dandosi piacere da solo.

    Almeno non doveva chiedersi perché.

    Aveva trovato la sua ossessione. Molto tempo prima suo padre Tifone lo aveva ammonito a questo riguardo.

    Da qualche parte c'è una donna in grado di renderti vulnerabile. La desidererai con tutto te stesso, ma ogni secondo con lei ti porterà più vicino alla distruzione. Uccidila. Non commettere il mio errore. Non permettere alla tua ossessione di vivere. Salvati.

    Il giovane Lazarus lo aveva ascoltato rapito, giacché un tempo Tifone era l'immortale più temuto della Terra. E con buoni motivi: aveva ucciso chiunque avesse osato contrastarlo, offenderlo o metterlo in discussione.

    L'ossessione di Tifone era Echidna, una Gorgone. E madre di Lazarus.

    Le Gorgoni erano una razza crudele, con serpenti velenosi nei capelli e la capacità di trasformare in pietra chi le guardava negli occhi. Una capacità che in qualche modo Lazarus aveva ereditato, creando le sue statue con il solo tocco.

    Echidna era la sovrana dei serpenti alati, noti per il sibilo che un avversario ascoltava prima di venire ucciso in modo sanguinario. Era un'aberrazione nella sua tribù – gentile, dolce e timida con tutti, tranne che con Tifone. Lo aveva odiato con ogni fibra del suo essere. Lui l'aveva rapita, violentata di continuo e tenuta lontana dal suo unico figlio.

    Tifone aveva ricambiato il suo odio, ma si era rifiutato di lasciarla andare; il proprio morboso desiderio per Echidna superava qualsiasi altra cosa.

    Ogni volta che si avvicinava a lei, però, una piccola parte della sua carne si cristallizzava. Quella mutazione si era estesa a muscoli e articolazioni, limitando i suoi movimenti, rallentandolo e indebolendolo.

    Hera la Traditrice, Regina dei Greci, detestava Tifone per motivi che Lazarus ignorava. Quando aveva scoperto la sua pietosa condizione, lo aveva colpito facendo a pezzi Echidna davanti ai suoi occhi. Tifone non aveva potuto fare altro che guardare.

    C'era anche il giovane Lazarus. Nonostante tutti i suoi sforzi, non era riuscito a salvare la madre. Poi Hera era svanita con Tifone e da allora nessuno lo aveva più visto.

    Lazarus strinse le dita sull'impugnatura del suo kris, l'unico pugnale che si rifiutava di infilare in un fodero di cuoio. Preferiva coprire la lama con il sangue dei suoi nemici. Piccole punte ricurve costellavano entrambi i lati. Dopo aver trafitto un corpo, diventavano uncini e a quel punto era del tutto impossibile estrarre l'arma senza rimuovere anche qualche organo vitale.

    Un giorno Hera avrebbe conosciuto da vicino il kris.

    Poco dopo i suoi crimini era stata rinchiusa nel Tartaro, la prigione degli immortali. Un giorno sarebbe tornata libera, qualcuno l'avrebbe uccisa e lei sarebbe finita nel reame degli spiriti.

    Un giorno l'avrebbe trovata. E anche suo padre. Lazarus non era più un bambino intimorito e affascinato dal genitore e lo detestava. Tifone aveva commesso molti crimini contro sua madre e lo stupro era un limite che nessuno doveva oltrepassare.

    La coppia sarebbe finita nel Giardino dell'Orrore Perpetuo.

    Una delle ninfe dei boschi si sporse in avanti e gli passò le unghie sul petto. «Nel reame gira voce che tu sia in cerca di una sposa. È vero?»

    «Sì.» Aveva trovato la sua monomania, per perderla subito dopo. Il desiderio gli faceva ancora ribollire il sangue, eppure non aveva compiuto alcuno sforzo per trovarla. L'ultima volta che erano stati insieme...

    Lazarus avvertì nel petto una stretta simile alla paura. L'ultima volta che erano stati insieme lei aveva cominciato a indebolirlo.

    Passò una mano su una coscia, se ne accorse e imprecò tra sé e sé. Sottili rivoli cristallizzati solcavano la superficie della pelle. Vene avvelenate. L'inizio della sua rovina.

    Lazarus aveva consultato antichi testi sulle leggende che riguardavano la famiglia del padre, sperando di trovare il modo di salvarsi, ma si era rivelata una fatica inutile. Se anche qualcuno aveva sviluppato delle vene cristallizzate non ne aveva parlato, proprio come lui e Tifone.

    Ammettere la propria debolezza significava perdere presto la vita.

    E così aveva deciso di rafforzare le sue difese sposando una donna crudele e assetata di sangue, con una grande armata a propria disposizione. Lei lo avrebbe rafforzato, non indebolito. E lui avrebbe ignorato il bruciante desiderio per la sua monomania, evitando di rintracciarla per convincerla a tornare da lui.

    La sua monomania avrebbe rappresentato la propria fine.

    «Torna a letto e ti mostrerò perché sono la tua scelta migliore» lo invitò la ninfa dei boschi con un sorriso sensuale.

    La lettura del pensiero era un'altra capacità che Lazarus aveva ereditato dalla madre. La testa si riempì dei pensieri dell'altra ninfa, mentre passava in rassegna i vari modi di uccidere l'amica e nascondere il suo corpo.

    «Io sono ancora meglio» gracchiò, sbattendo le ciglia. «Scegli me.»

    Le due ninfe curavano le rose nel Giardino dell'Orrore Perpetuo. Erano amanti, non guerriere, e nessuna delle due possedeva la malvagità necessaria per diventare sua moglie.

    Doveva prepararsi alla guerra. Un giorno Hera e suo padre

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