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Il bianco e il nero (eLit): eLit
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E-book345 pagine4 ore

Il bianco e il nero (eLit): eLit

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Info su questo ebook

ROMANZO INEDITO

Nessuno torna mai a Parish, Mississippi, se ha avuto la fortuna di potersene allontanare, e Ben Rader era convinto che non ci avrebbe mai più messo piede. Ma l'oscura morte del fratello del suo più caro amico d'infanzia lo induce, pur riluttante, a rientrare per assumere il posto dI capo della polizia. In quel sonnolento e pettegolo paesino c'è però un personaggio nuovo: Eve Maitland, la giovane e bella vedova di quello che era stato l'uomo più potente e ricco di Parish, che adesso deve occuparsi della gestione della tenuta e, cosa ben più complessa, dei figli adolescenti del marito scomparso. Nel corso delle sue indagini Ben dovrà affrontare anche problemi d'intolleranza e razzismo. Trovare il bandolo della matassa, che si rivela sempre più ingarbugliata, non sarà un compito facile e privo di pericoli...
LinguaItaliano
Data di uscita1 feb 2019
ISBN9788858997611
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    Anteprima del libro

    Il bianco e il nero (eLit) - Helen R. Myers

    successivo.

    Prologo

    Lago Moss

    Parish, Mississippi

    3 Giugno 1997

    Lem Cobb correva alla cieca nel bosco, le braccia tese davanti a sé. Ogni passo era un rischio. Rami, sterpi e tralci spinosi di rampicanti gli graffiavano il volto e le braccia, gli si impigliavano nei capelli. Non sapeva per quanto ancora avrebbe potuto resistere, il respiro gli usciva in rantoli simili a ringhi in quella densa oscurità, a dispetto della voce frenetica che gli risuonava nella testa. Attento... attento... non devi fare rumore!

    I piedi affondavano nel terreno, molle dopo il temporale del pomeriggio, a volte fino alla caviglia. A un certo punto si sentì strappare via una scarpa, quella con la stringa rotta. Quante volte sua madre gli aveva detto di cambiarla? Continuò a correre, ricordando tutte le raccomandazioni di lei... Dalla gola gli sfuggì un singhiozzo. Se solo l'avesse ascoltata. Uno stupido, ecco cosa era, un perfetto idiota che non era neppure riuscito a finire gli studi. E tutti i bianchi per cui aveva lavorato gliel'avevano rinfacciato di continuo. Be', ormai non poteva farci più niente, comunque era abbastanza sveglio da sapere che quel bosco non gli offriva un rifugio sicuro.

    Doveva arrivare fino al lago e raggiungere a nuoto la casa di Tilly, con la speranza che lei potesse dargli qualche dollaro. Quanto bastava per allontanarsi da Parish, dalla contea, arrivare il più lontano possibile. Tilly era generosa, diceva di amarlo. Sua madre non avrebbe approvato che lui approfittasse di quei sentimenti per strapparle del denaro duramente guadagnato, ma che diavolo... non era per scommettere su un combattimento di cani o per farsi una birra. La mamma avrebbe capito, una volta saputo che era questione di vita o di morte... ma sarebbe dovuta essere Tilly a spiegarglielo, perché lui proprio non ne aveva il tempo.

    Si fermò qualche istante per riprendere fiato e orientarsi meglio. C'era un gran buio, la luna non era ancora spuntata. Cercò di convincersi che era meglio così, per lui.

    D'un tratto sentì dietro di sé un trepestio di passi in corsa. Trattenne a stento un gemito di paura: gli erano ancora appresso, stavano guadagnando terreno.

    Atterrito, si lanciò di nuovo a precipizio, scegliendo il percorso più difficoltoso, cercando di non pensare a serpenti o altro.

    Quando finalmente scorse il lago sospirò di sollievo. Anche senza la luna, la liscia superficie riluceva come la pietra nera della spilla di sua madre. Lo interpretò come un buon segno e corse verso l'acqua.

    A un metro dalla riva, il piede scalzo urtò contro qualcosa di metallico. Per un attimo, inorridito, provò l'impulso di ritrarsi, pur sapendo che poche creature di quel bosco erano abbastanza veloci da riuscirci e che lui non era tra loro. Poi la trappola da volpi scattò con la ferocia di un cane da combattimento che azzanna l'avversario. Quando il lampo di dolore lancinante gli risalì la gamba esplodendogli nel ventre, nel cuore e nel cervello, Lem urlò come non aveva mai urlato in vita sua.

    Il suo corpo fu percorso da un lungo sussulto, come per effetto di una scarica elettrica. Ugualmente si sforzò di resistere, si chinò per tentare di liberarsi ma inutilmente. Perse del tutto l'equilibrio.

    Accecato dal terrore, non pensò a ripararsi dalla caduta e crollò andando a sbattere con la testa contro un albero di liquidambar presso la riva.

    I due uomini che poco dopo emersero dalla fitta vegetazione scorsero immediatamente Lem, ma una volta capito che non c'era più alcuna urgenza si tennero a distanza, osservando quella forma abbandonata tra le radici che sporgevano, simili a lunghe dita deformate dall'artrite. Un braccio di Lem era proteso verso l'acqua, come in un gesto di supplica.

    Infine si accostarono. Mentre uno teneva il fucile puntato contro la figura immobile di Lem, l'altro appoggiò il suo all'albero e si abbassò sul corpo per esaminarlo meglio. Dopo aver osservato per alcuni secondi il petto di Lem che si sollevava e si abbassava appena con il respiro, scrollò il capo e si raddrizzò.

    «Svenuto. Ha avuto fortuna questo bastardo. Non saprà mai quanto gli è andata bene.»

    Infilò un piede sotto Lem Cobb e lo rigirò in modo che finisse a faccia in giù nell'acqua. Un ranocchio gracidò, allarmato, e abbandonò all'intruso la sua foglia di ninfea.

    L'uomo ebbe un mugolio divertito, poi pescò dal taschino del camiciotto un pacchetto di sigarette e un accendino. Aspirò una lunga boccata di fumo e rimase a guardare le bollicine d'aria che salivano in superficie attorno alla testa parzialmente sommersa di Lem.

    Solo quando la sigaretta si fu consumata quasi fino al filtro, molto dopo che le bollicine avevano cessato di formarsi, l'uomo si girò verso il compagno. Gli fece un breve cenno del capo, raccolse il fucile e si avviò addentrandosi nuovamente nella fitta boscaglia.

    1

    Parish, Mississippi

    25 Giugno 1997

    Si era solo a metà mattina, ma Ben Rader sentiva che il sudore stava impregnandogli la camicia: di lì a poco, grazie all'aria umida che entrava dai finestrini abbassati del suo furgoncino, l'avrebbe avuta appiccicata addosso.

    Imboccò la strada che da Parish portava alla tenuta Maitland e si domandò se fosse il caso di fermarsi e prendere una camicia pulita dalla valigia. Presentarsi in ordine forse gli avrebbe facilitato il compito. Ma alla fine decise che la vedova Maitland avrebbe dovuto accettare la vista di un uomo grondante di sudore: cambiarsi sarebbe stata una perdita di tempo, come tentare di nuovo di mettere in funzione il condizionatore. Ma accidenti a quel clima che rendeva ancora più faticoso un ritorno già stressante, e accidenti a quel maledetto marchingegno che piantava grane neanche un giorno dopo che lui aveva sganciato ben duecento dollari per farlo sistemare.

    E accidenti a te che ti sei fatto invischiare in questo casino.

    Il caldo era pressoché insopportabile. A mezzogiorno si sarebbe arrivati attorno ai trentotto gradi e la radio di Greenville avrebbe raccomandato agli abitanti del Mississippi nordoccidentale di evitare sforzi fisici. Naturalmente a quell'ora la popolazione di Parish sarebbe stata all'ombra di verande, portici o alberi.

    Non c'era mai bisogno di grandi giustificazioni per prendersela calma, da quelle parti. Poco prima, mentre usciva dalla stazione di polizia, aveva visto che già stavano formandosi i soliti gruppetti di gazzettieri. Ben ricordava bene come andavano le cose. A ogni nuovo arrivo in paese le lingue lunghe si scambiavano vari commenti sul tempo e, esauriti quei preliminari, passavano al dunque: lo spettegolare era indubitabilmente la principale attività ricreativa della comunità. Almeno fino al tramonto. Ben sapeva con certezza di essere, dopo quell'insopportabile calura, l'argomento più trattato e discusso.

    Già, certe cose restavano sempre uguali. Erano passati otto anni da quando aveva lasciato Parish, per sempre, aveva creduto. E sebbene avesse notato dei segni di miglioramento, per dirne una, il nome Maitland era un po' meno frequente sulle varie insegne, sarebbe comunque occorso molto più tempo, forse intere generazioni, per modificare usanze e comportamenti così radicati. Inoltre gli abitanti, con la loro mentalità, formavano un nucleo compatto che volevano mantenere inalterato. E questa era di certo la vera ragione per cui Ben si trovava lì, e al diavolo i bei discorsi di Fred circa i suoi requisiti speciali.

    Già. Due settimane prima, quando Fred Varnell, emerito sindaco, gli aveva telefonato, avrebbe dovuto seguire il primo istinto e sbattere giù il ricevitore. Anche mentre ascoltava le blandizie di quel tanghero e si sentiva offrire uno stipendio stranamente decente, non riusciva a immaginare come qualcuno potesse decidere di tornare in quel buco. Essere agente investigativo nel dipartimento di polizia di Jackson poteva, per molti, non essere il massimo delle aspirazioni, ma Ben ne era abbastanza soddisfatto.

    Certo, ogni tanto aveva sognato il suo paese natale, ma erano sogni che si rifacevano all'infanzia, a quando si alzava prima dell'alba per andare a sfidare con lenza e amo i pesci del lago o a quando, a letto, ascoltava le voci di grilli e rane o il suono meno armonioso di due procioni che si contendevano i diritti territoriali sull'orto che suo padre cercava di coltivare.

    Nelle ore di veglia, invece, i ricordi di Parish erano molto meno sereni. Ed erano quelli che la telefonata di Fred aveva ridestato. Ricordi di cui avrebbe fatto molto volentieri a meno. Il suo profondo senso di disagio non era tanto dovuto a ciò che suo padre aveva fatto, ma a come aveva deciso di affrontare la cosa. Quindi non si era sentito affatto lusingato o soddisfatto quando Fred gli aveva detto che il consiglio comunale desiderava che lui prendesse il posto che era stato di suo padre e a cui aveva aspirato da ragazzo. A trentasette anni, non nutriva molte illusioni. Anche quando Fred gli aveva comunicato che Harry Wheeler, il capo della polizia, stava per andare in pensione, Ben aveva resistito. Aveva risposto a Fred che ci voleva ben altro per smuoverlo... e quel figlio di buona donna aveva in mano la carta giusta.

    «Lem Cobb è morto, Ben. Devi venire qui.»

    Lem, aveva spiegato Fred, era annegato nel lago Moss. Prima di ascoltare altro, Ben aveva respinto la cosa perché Lem, fratello minore del suo più caro amico d'infanzia, sapeva nuotare meglio di un pesce persico che stesse appresso a un girino. Era stato lui stesso a insegnarglielo, più di vent'anni prima, in un pomeriggio in cui, stanco delle lagne del ragazzino, lo aveva buttato giù dalla barca e proprio addosso a una grossa tartaruga.

    Morto. Questo poteva accettarlo, ma annegato...?

    E adesso lui era lì, e stava passando tra luoghi ben noti. A destra e a manca si stendevano coltivazioni di cotone, curatissime. Quella era terra degli Ashworth. Salvo che la stagione diventasse troppo calda o troppo asciutta, ci sarebbe stato un ottimo raccolto. Niente di nuovo: ai ricchi andava sempre bene.

    Dopo i Maitland, gli Ashworth restavano tuttora la famiglia più ricca della contea. Ben contava di passare anche da Vail Ashworth visto che il cadavere di Lem era stato trovato vicino al confine tra le proprietà Ashworth e Maitland, e forse qualcuno aveva notato qualcosa. Ma prima di iniziare le indagini doveva andare a presentarsi a casa Maitland e inoltre trovarsi un alloggio.

    Dopo poco meno di un chilometro oltrepassò una Mustang bianca, ferma sul ciglio della strada. La capote abbassata rivelava l'interno rosso fragola. Poco più avanti scorse una figura che procedeva a piedi. Di sicuro la guidatrice.

    Era una biondina, giovane, e camminava sui tacchi alti facendo ondeggiare parecchio i fianchi rotondi strettamente fasciati da una gonna color zucchero filato. Nella destra teneva la borsetta, dalla spalla sinistra pendeva un paio di collant.

    Sentendolo arrivare si girò a guardarlo e gli fece cenno di fermarsi.

    L'istinto disse a Ben di proseguire. Non era in vena di trattare con minorenni potenzialmente perniciose. Purtroppo venti minuti prima aveva pronunciato il giuramento come capo della polizia e non aveva scelta. Frenò, accostando, e attese che lei lo raggiungesse.

    Il finestrino limitava la visuale, ma Ben poté accorgersi che sotto la maglietta di cotone, parzialmente sbottonata, non portava niente. Le rivolse un breve cenno del capo mentre si chiedeva chi fosse.

    «Guai?»

    «Non più.»

    Gli rivolse un sorriso accompagnato da un malizioso scintillio di occhi azzurri. Inclinò il capo e i capelli biondo chiaro le sfiorarono la spalla: avevano un taglio scalato che incorniciava il volto a cuore, ancora infantile a dispetto della massiccia dose di mascara. Ben non l'avrebbe riconosciuta facilmente se non fosse stato per la fossetta sul mento: un marchio di famiglia. L'ultima volta che l'aveva vista era una pestifera ragazzina di dieci anni, quindi adesso era sui diciotto.

    Accennò dietro di sé con il pollice. «Cos'ha la tua auto?»

    «Non sono un meccanico, ma direi che ha il serbatoio vuoto.»

    Mentre la studiava attraverso le lenti dei suoi occhiali da sole, Ben pensava a tutte le lezioni che avrebbe potuto impartirle circa i pericoli dell'autostop e del civettare con gli sconosciuti. Ma sapeva che sarebbe stato fiato sprecato. I giovani erano tutti uguali: dovevano imparare con l'esperienza, e magari pagando sulla loro pelle.

    «D'accordo, sali.» Premette il pulsante che apriva la serratura elettrica.

    Fu a bordo prima che lui avesse potuto togliere dal sedile i fascicoli ritirati alla stazione di polizia. Li afferrò dando uno strattone per sfilarglieli di sotto e lei si contorse parecchio nel dubbio tentativo di aiutarlo, in realtà per dargli modo di apprezzare le cosce abbronzate.

    «Ecco, così va meglio» sospirò lei quando si fu sistemata. Era girata a mezzo verso di lui, un braccio appoggiato allo schienale.

    «E allacciati la cintura di sicurezza.»

    «Oh, non importa. Abito poco più avanti.»

    «Lo so. Allacciala lo stesso.»

    Invece di ubbidire lei gli lanciò un'occhiata. «Come fai a saperlo? Non ti ho mai visto. E, credi» aggiunse in tono carico di sottintesi, «me ne ricorderei.»

    «È stato anni fa. Sono appena tornato.»

    Lei ebbe una risatina sarcastica. «Bello mio, nessuno torna mai qui, se non per farsi sistemare accanto ai parenti al cimitero. E a me non sembri affatto morto.»

    Gli passò un'unghia laccata di rosa madreperla lungo la cucitura della camicia, sulla spalla. Ben le riportò la mano in grembo. «Signorina Maitland, sono troppo vecchio per dissipare la tua noia esistenziale.» Si spostò perché lei potesse vedere il distintivo sul taschino della camicia. «E sono certo che vorrai astenerti dal dire o fare altro che possa darmi di te un'impressione sbagliata.»

    Gabrielle Maitland lo osservò con rinnovato interesse.

    «Ben Rader.» Per un attimo abbandonò l'atteggiamento provocante. «Avrei dovuto riconoscerti.»

    «Avevi smesso da poco i pannolini quando me ne sono andato.»

    «Sarò stata anche piccola, ma non ero cieca. Sei identico a tuo padre. La gente ancora parla di lui. Impossibile dimenticare la sua faccia. Perché non ti togli gli occhiali? Vorrei vedere se hai ereditato anche quei suoi occhi pericolosi.» Di nuovo il numero della vamp, ma Ben non era affatto tentato.

    Lei ripiegò una gamba sotto di sé e si passò le dita tra i capelli. «Quando ho saputo che il vecchio Varnell ti avrebbe chiesto di tornare all'ovile, ho pensato che di sicuro l'avresti mandato all'inferno.»

    «E io pensavo che tuo padre ti avesse chiusa in un collegio di suore già da anni.»

    Per un attimo la maschera scivolò via, rivelando una giovane donna triste. «L'ha minacciato sino alla fine, ma credo che non ne abbia mai trovato uno capace di tenermi.» Diede un'occhiata al di là del finestrino. «Incredibile che sia passato già un anno. Per quel che vale, anche lui sarebbe stato contento del tuo ritorno.»

    «Ah, sicuro.»

    «Dico sul serio.»

    Forse era vero. Forse lui era troppo disincantato.

    «Senti, Bree. Forse non sono stato il più acceso ammiratore di Sumner, ma riconosco che la sua scomparsa è stata una perdita per Parish.»

    «Sì, è vero. Ma ne ha fatte vedere di belle, qui. Fino all'ultimo. Lo sapevi che ha perfino sposato la sua infermiera?»

    Dopo la faccenda di Lem, quella era stata la seconda notizia che Varnell gli aveva dato. Si accese una sigaretta.

    «E come l'avete presa, tu e Justin?»

    «Tutto quello che faceva papà per noi era ben fatto.»

    «Balle. Com'è andata?» insistette lui.

    «Be', eravamo un po' agitati. Comprensibile, no? Quando papà ha telefonato per comunicarcelo, Justin e io siamo rimasti svegli parecchio, a prevedere il peggio. Io, quanto meno; il mio virtuoso fratello dichiarava che per lui l'unica cosa importante era che papà fosse felice. Ma il buon Justin non saprebbe riconoscere un'arraffatrice neanche se gli sfilasse i boxer che ha addosso.»

    «È un'arraffatrice?»

    «Be', chi altri sposerebbe un uomo che sta morendo di cancro?» replicò lei.

    «Ho sentito dire che ha fatto tutto il possibile per lui.»

    «Può darsi, non dico di no. Ma ti assicuro che non è un tipo facile da capire.» Bree si strinse nelle spalle. «Non è male... presa in piccole dosi.»

    «Sembra quasi che ti sia simpatica.»

    «In piccole dosi, ho detto. Non la nominerei Matrigna dell'Anno... anzi, negli ultimi tempi è stata una gran rompiscatole. Ma ha dei meriti. Non so quanto possa valere la fatica di mantenere intatta la dinastia dei Maitland, tutto considerato.» Si sollevò i capelli dalla nuca e con quel gesto mise in evidenza la curva del seno.

    «È giovane, mi risulta» osservò Ben.

    «Dico, ha trentadue anni!»

    Già, un attimo prima civettava con lui e ora sottintendeva che una donna più giovane di lui di cinque anni aveva un piede nella fossa. No, avrebbe dovuto scoprire per conto suo che tipo era la vedova Maitland.

    «E tu che fai di bello?»

    «Cerco il modo di passare le giornate.»

    «Hai mai pensato di trovarti qualcosa da fare?»

    Bree si mise a ridere. «Fare che? E dove? Il mio fondo fiduciario è vincolatissimo, grazie a papà. Sono costretta a restare in questo posto dimenticato da Dio fino a quando avrò ventun anni, e anche allora dovrò essermi laureata o sposata per poterlo toccare. Bloccata qui, come il povero Lem. A proposito, non eri amico di suo fratello, Luther?»

    Luther, già. L'amico di sempre. Quanti scontri aveva affrontato con i ragazzi del paese per essersi schierato dalla sua parte. E Luther non era stato presente al suo giuramento.

    «Sì, andavamo di conserva» rispose.

    «Corre voce che non sei convinto del referto secondo cui la morte di Lem è stata accidentale.»

    Ben aveva già accertato che il medico legale, un generico che Parish condivideva con altri paesi dei dintorni, era un fossile che ci vedeva quanto una talpa e avrebbe fatto sensazione se fosse riuscito a distinguere tra un testicolo e un caso di emorroidi.

    «Le solite chiacchiere. Adesso, da brava, agganciati la cintura» concluse mettendo in moto.

    «Okay. Ma se posso fare qualcosa per te, basta chiederlo.»

    «L'unica cosa che puoi fare per me è tenere in mente che non spreco energie a ripetere cose già dette.»

    La porta del Minimarket Cobb si spalancò. Luther e Rae, subito sorridenti, alzarono lo sguardo dai cespi di insalata che stavano sistemando nei cestelli. Ma era Noah, il loro figlio minore.

    Luther riabbassò il capo, deluso. Da quando il negozio era stato inaugurato, due settimane prima, aspettava che i cosiddetti amici, i fratelli, venissero a far spese. Dopotutto erano stati anche loro a incoraggiare il progetto di un punto vendita che facesse concorrenza all'unico altro supermercato di Parish, ma finora ben pochi si erano presentati. I prodotti freschi stavano andando in malora, così come i suoi risparmi, ma quel che più gli pesava era vedere quanto ne pativa sua moglie.

    A parte sua madre, non aveva mai conosciuto una donna ottimista e tenace quanto sua moglie, Racine Johnson Cobb. Aveva tre anni più di lei e fin da ragazzo se n'era sentito attratto, ma solo dopo aver preso il diploma delle superiori ed essere andato a lavorare al deposito di legname aveva cominciato a elaborare progetti che riguardavano da vicino la bella, corteggiata, intelligente Rae. E sempre con il timore che lei scegliesse un altro, qualcuno che non avesse ripetuto due anni a scuola. L'aveva tenuta d'occhio, e quando lei era arrivata all'ultimo anno aveva deciso che non poteva aspettare oltre.

    Aveva deliberatamente cercato l'incarico di caricare sacchi di cemento sul furgone di Bum Poag, davanti alla scuola. Aveva lavorato con calma, aspettando la fine delle lezioni, e proprio mentre stava trasportando l'ultimo sacco aveva visto comparire Rae.

    Lei si era avviata lungo la strada in compagnia di un'amica, con i libri stretti al petto. Chiacchierava, rideva, fingendo di non accorgersi di lui. Luther aveva depositato sul pianale l'ultimo carico e aveva rivolto un cenno a Bum perché se ne andasse.

    Quel sabato la madre di Rae le aveva finalmente dato il permesso di uscire con lui. Due settimane dopo il giorno del diploma si erano sposati.

    A distanza di diciotto anni e quattro figli, Luther era ancora pazzo di Rae ma sentiva che, se quell'iniziativa commerciale si fosse risolta in un fiasco, tra loro si sarebbe definitivamente perso qualcosa: Rae, lo sapeva bene, aveva sempre sognato di trovare una sua strada in città vere e proprie come Atlanta o Dallas, e Luther si rendeva dolorosamente conto che meritava molto più di quanto le stava offrendo: di certo non dodici ore al giorno di lavoro nel negozio e altre cinque o sei a casa.

    No, non avrebbe mai dovuto lasciarsi convincere da Eve Maitland ad aprire quel negozio. Lui non era un commerciante ma un semplice agricoltore, anzi, un mezzadro. Non sapeva come attirare i clienti e tremava all'idea di affrontare altri rischi. Ogni sera andava a letto stanco morto, chiedendosi se gli avrebbero incendiato la casa per avere osato troppo. Ogni mattina si svegliava pregando il cielo che non arrivasse un proiettile a farli fuori. Sì, era stata una follia.

    «Papà! Indovina chi ho visto...»

    «Chiudi quella dannata porta!» scattò, rivolto a Noah. «Vuoi far entrare un esercito di mosche?»

    «Luther» mormorò Rae, «non reagire così con il piccolo.»

    Noah tornò indietro a spingere la porta, poi corse di nuovo verso di loro. Un ragazzino di sei anni che aveva ereditato gli occhi teneri e il temperamento gioioso di sua madre.

    «Come mai tutta quest'agitazione, Noah?» domandò Rae.

    Luther, come sempre, ne ammirò la pacatezza. Lei non si lasciava mai prendere dall'irritazione, dalla stanchezza.

    «L'ho visto! Ho visto Ben!»

    Luther si voltò. «Devi chiamarlo signor Rader!»

    «Sì, è giusto, Noah» intervenne Rae, più dolcemente. «I bambini non devono chiamare per nome gli adulti che non conoscono.»

    «L'hanno nominato capo, mamma. E sai una cosa? Gli hanno dato il distintivo e la pistola.»

    «Non c'è poliziotto senza una pistola» commentò Luther. Ma si chiedeva cosa provava Ben ad avere addosso l'arma che aveva posto fine alla vita di suo padre. Doveva per forza essere quella: l'amministrazione di Parish era troppo taccagna, oltre che a corto di fondi, per acquistarne un'altra.

    «Si è messo solo il distintivo» precisò Noah. «La pistola l'ha lasciata sul furgone. Ed è grande e grosso, più che nelle foto che avete voi. Perché non sei venuto a vedere, papà?»

    Luther fissò accigliato le verdure che stava sistemando nel cesto. «Hai sbrigato le faccende che ti ho detto?»

    «Ora vado. Ma perché...»

    «Subito!»

    Noah si affrettò a sparire nel retro del negozio.

    Luther si voltò e lesse il rimprovero negli occhi di sua moglie.

    «Soddisfatto, adesso?»

    Quando Rae usava quel tono lui provava sempre un nodo allo stomaco. «Non starmi addosso, donna.»

    «E non chiamarmi donna. Il nostro è un rapporto alla pari e io ho tutti i diritti di dire la mia. Inoltre il ragazzo ti ha rivolto una domanda perfettamente legittima.»

    «Sai benissimo perché non mi sono mosso da qui. Il passato non ha niente a che vedere con il presente. Oggi Ben è stato nominato capo della polizia e per quel che mi riguarda è una persona che non conosco più.»

    Il campanello del retro suonò, annunciando una consegna che lui non era in grado di pagare. «Sei tu quella con tutti i sogni e le speranze, Rae» disse mentre si avviava. Sulla porta si girò. «Io ho sulle spalle la morte di un fratello e un negozio che sta per fallire. Non ho proprio niente da spartire con un bianco.»

    2

    «Ragazza, quante volte ti ho detto che non devi lavorare sotto il sole, soprattutto con questo caldo?»

    Eve Maitland, che stava sarchiando l'aiuola, si interruppe alzando gli occhi verso la donna massiccia che stava attraversando la veranda a passo di carica. «Be', era solo questione di tempo...» mormorò.

    Sì, quelle due settimane di tregua si erano concluse, ma era bello rivedere di nuovo Mama Lulu, l'infaticabile governante sessantenne, piena di energie. Stava per sorridere ma, vedendo la luce minacciosa in quegli occhi scuri, si schiarì la voce e posò la zappetta sul canestro che aveva accanto.

    «Di quanto mi sono sbagliata?» chiese al ragazzo disteso sull'erba, un metro più in là.

    Ci fu un fruscio di carta mentre Justin Maitland spostava il braccio per guardare l'orologio. «Dieci e cinquantatré. Mezz'ora di anticipo rispetto alle tue previsioni.»

    «Deve aver deciso di occuparsi della stanza di Bree prima della tua o della mia, e ci ha visti dalla finestra.» Eve non aveva calcolato quella possibilità.

    Si strinse nelle spalle e cominciò a sfilare i guanti da giardinaggio. «Sì, Mama Lulu» rispose, «ma queste petunie verranno su lunghe come rampicanti se non le spunto, e le erbacce stanno invadendo le aiuole.»

    «C'è altra gente che può occuparsene» ribatté la governante. In una mano stringeva un ampio cappello di paglia e nell'altra un bicchiere di tè gelato. Consegnò il primo a Eve. «L'ho detto e ripetuto, una pelle come la tua si riempie di lentiggini se non stai attenta. E perché vuoi

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