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Solo per il piacere: Harmony Collezione
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E-book150 pagine2 ore

Solo per il piacere: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Sasha è tornata nella sua vita senza preavviso. Adesso Gabriel deve fare i conti con l'attrazione che ha sempre provato per quella donna, la stessa donna che dieci anni prima lo ha piantato senza una ragione. E ora che è stato nominato tutore dei suoi due figli, avrà tutto il tempo di mettere in atto la propria vendetta.
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2020
ISBN9788830510043
Solo per il piacere: Harmony Collezione
Autore

Penny Jordan

Scrittrice inglese, attiva da parecchi anni nell'area della narrativa romantica, è notissima e molto apprezzata dal pubblico di tutto il mondo.

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    Anteprima del libro

    Solo per il piacere - Penny Jordan

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Master of Pleasure

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2006 Penny Jordan

    Traduzione di Gloria Fraternale Garavalli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-004-3

    1

    Sasha si girò a guardare i suoi figli, due gemelli di nove anni. Stavano giocando sulla spiaggia come due piccoli gabbiani e si rotolavano lottando sul bagnasciuga dello splendido litorale sardo.

    «State attenti, voi due» li ammonì, rivolgendosi poi al gemello maggiore. «Non esagerare, Sam.»

    «Stiamo giocando ai banditi» si giustificò il ragazzino dopo aver atterrato il fratello. Fingersi banditi era diventato il loro gioco preferito da quando Giuseppe, il fratello della cuoca che lavorava nel piccolo albergo che faceva parte della catena del suo defunto marito, aveva raccontato loro la storia dell’isola e dei suoi leggendari briganti.

    I caratteri somatici dei gemelli tradivano la loro duplice origine, italiana e inglese. Avevano infatti i capelli neri del padre, folti e lucidi, e la carnagione olivastra. Gli occhi invece li avevano presi da lei ed erano del colore del mare, varianti dal blu al verde a seconda della luce.

    «Ti avevo detto che mi sarei liberato» commentò Nico con una risata sfuggendo alla presa del fratello.

    «Attenti agli scogli» insistette Sasha, quando Sam gettò Nico sulla sabbia rotolandosi con lui nella lotta.

    «Guarda, Sam, una stella marina!» esclamò Nico e un attimo dopo erano entrambi accovacciati sugli scogli ad ammirarla.

    «Mamma, vieni a vedere» la chiamò Nico. Sasha li raggiunse, chinandosi fra di loro e posando un braccio sulla spalla di Sam e l’altro su quella di Nico.

    «Su, andiamo. E io sono il capo dei banditi, ricordatelo» sentenziò Sam incitando il fratello a seguirlo, già stanco di osservare la fauna marina.

    I ragazzi, constatò Sasha. Col cuore gonfio d’amore e d’orgoglio li guardò allontanarsi per giocare in una zona più sicura della spiaggia. Alle loro spalle svettava su un’altura l’albergo che a suo parere era il più bello della catena posseduta dal suo defunto marito. Come regalo di nozze le aveva dato carta bianca sul restauro e l’arredamento.

    Il denaro speso era stato ampiamente recuperato dall’afflusso di clienti che erano rimasti colpiti dalle sue idee innovative e dalla sua determinazione a mantenere l’albergo piccolo ed esclusivo.

    Alla morte di Carlo aveva purtroppo scoperto che gli altri alberghi della catena non avevano avuto lo stesso successo economico di quello sardo. A sua insaputa, Carlo aveva contratto ingenti debiti, dando i suoi alberghi come garanzia. La malattia forse lo aveva portato a prendere decisioni sbagliate.

    Carlo era sempre stato un uomo gentile e premuroso, ma non l’aveva mai resa partecipe dei suoi affari. Agli occhi di suo marito era sempre stata una figura da proteggere e vezzeggiare, non una sua pari.

    Si erano conosciuti ai Caraibi, dove Carlo si era recato per valutare l’opportunità di acquistare un albergo da aggiungere a quelli già in suo possesso.

    Ora, oltre al dolore di aver perso suo marito, doveva convivere con l’idea di essersi trasformata da un giorno all’altro da moglie coccolata di un ricco uomo d’affari a vedova indigente. A una settimana dalla sua morte, il suo commercialista l’aveva dovuta informare che Carlo aveva preso in prestito diversi milioni da un investitore privato a cui si era rivolto in cerca di aiuto.

    A garanzia del debito aveva dato le azioni degli alberghi. Per quanto avesse supplicato i suoi legali di trovare una via per tenere almeno l’albergo in Sardegna, costoro l’avevano informata che l’investitore aveva replicato che non avrebbe mai acconsentito a quella sua richiesta.

    Sasha rivolse ancora lo sguardo verso i suoi figli.

    Avrebbero sentito la mancanza della Sardegna e delle fantastiche estati trascorse lì, ma avrebbero sentito ancor di più la mancanza di Carlo. Nonostante l’età avanzata, che non gli aveva consentito di prendere parte ai loro giochi di bambini vivaci e scatenati, Carlo li aveva adorati e loro avevano adorato lui.

    Ora Carlo se n’era andato, lasciandola a mantenere la promessa che si sarebbe sempre ricordata dell’importanza della loro origine sarda.

    «Ricorda che qualunque cosa abbia fatto, l’ho sempre fatta con amore... per te e per loro.»

    Gli doveva così tanto. Carlo aveva accolto la ragazza povera e sbandata che era stata e l’aveva trasformata col suo amore e il suo aiuto. I doni che le aveva offerto erano stati inestimabili: rispetto di sé, stabilità emotiva, capacità di dare e ricevere amore nel modo più giusto, libera dalla schiavitù del desiderio distruttivo. Era stato molto più di un marito per lei.

    La determinazione non le mancava di certo. Era già stata povera... ed era sopravvissuta. Ma allora non aveva avuto la responsabilità di due bambini. Proprio quella mattina aveva ricevuto una mail dalla scuola in cui la informavano che le rette per il nuovo anno erano in scadenza. L’ultima cosa che Sasha voleva era causare ai suoi figli un ulteriore sconvolgimento, allontanandoli dalla scuola che tanto amavano.

    Abbassò lo sguardo sui suoi anelli di diamanti. I gioielli non erano mai stati importanti per lei. Era stato Carlo a insistere per comprarglieli. Sasha aveva deciso che ora li avrebbe venduti. Fortunatamente avevano un tetto sopra la testa per tutta l’estate. Le era costato molto chiedere ai legali di Carlo di insistere perché le venisse concesso di restare nell’albergo fino all’inizio della scuola e aveva tirato un sospiro di sollievo quando l’avevano informata che il misterioso investitore aveva acconsentito. La sua infanzia era stata così priva d’amore e certezze che quando era rimasta incinta si era ripromessa che non avrebbe mai fatto passare ai suoi figli ciò che lei aveva passato. Ecco perché...

    Si girò a guardare i bambini. Carlo aveva sì cambiato tante cose in lei, ma c’era una ferita che non era riuscito a sanare. Una ferita emotiva che nonostante tutto era ancora aperta.

    La preoccupazione degli ultimi mesi l’aveva resa pelle e ossa. L’orologio le ballava intorno al polso ogni volta che muoveva il braccio.

    Aveva diciotto anni quando aveva sposato Carlo e diciannove quando aveva dato alla luce i gemelli. Era una ragazza poco istruita e la proposta di Carlo era stata un dono del cielo per lei, nonostante la differenza d’età. Diventare sua moglie le aveva garantito tutto ciò che non aveva mai avuto e non solo in termini di sicurezza economica. Carlo aveva portato stabilità nella sua vita e Sasha era rifiorita nella tranquillità dell’ambiente che lui le aveva assicurato.

    Sasha si era ripromessa che avrebbe fatto di tutto per ripagare la gentilezza di Carlo nei suoi confronti e l’espressione di suo marito la prima volta che aveva visto i bambini stesi accanto a lei nel letto della clinica esclusiva in cui aveva partorito, le aveva fatto capire che gli aveva regalato un dono inestimabile.

    «Guarda mamma.» Nico richiamò la sua attenzione perché Sasha guardasse lui e il fratello fare le capriole. Ancora qualche anno e l’avrebbero pregata di non osservarli troppo. Fino a quel momento non si erano accorti di quanto li tenesse sotto controllo. A volte, con due bambini così vispi e intelligenti era difficile non essere ultraprotettiva, il genere di madre che vede il pericolo ovunque.

    «Bravi» si complimentò, trattenendosi dall’ammonirli di stare attenti.

    «Sappiamo fare anche la verticale» si vantò Sam.

    Erano due bambini agili e forti, piuttosto alti per la loro età.

    «Hai fatto dei figli forti e robusti, Sasha» l’aveva spesso lusingata Carlo. Sasha sorrise al ricordo di quelle parole. Durante il loro matrimonio aveva avuto il tempo e la possibilità di diventare la donna che era oggi.

    Alzò lo sguardo sull’albergo a picco sulla scogliera.

    Aveva viaggiato in lungo e in largo con Carlo, alloggiando nei piccoli alberghi della sua esclusiva catena, ma quello in Sardegna aveva sempre avuto un fascino particolare per lei.

    In origine era stata una casa privata, di proprietà di un cugino di Carlo, che gliel’aveva lasciata in eredità alla sua morte.

    Gabriel se ne stava all’ombra accanto alle rocce e osservava la spiaggia sottostante. La bocca si torse in una smorfia di disprezzo.

    Come si sentiva ora Sasha? Il destino l’aveva tradita e la sicurezza che si era comprata col suo corpo, non sarebbe durata per sempre. Come si era sentita quando aveva scoperto che la sua vedovanza non sarebbe stata caratterizzata dal lusso e dalla ricchezza?

    Aveva maledetto l’uomo che aveva sposato o se stessa? E i suoi figli?

    L’odio gli strinse lo stomaco. Guardare quei bambini gli aveva riportato alla mente la propria infanzia in Sardegna. Come avrebbe potuto dimenticare la crudeltà e la severità con cui era stato cresciuto? All’età di quei ragazzini lui si era dovuto sudare ogni singolo pezzo di pane. Calci e invettive gli avevano insegnato a muoversi rapidamente. Era stato un bambino indesiderato, un bambino allontanato dai ricchi parenti della madre, abbandonato dal padre e cresciuto da una famiglia adottiva.

    Da ragazzo aveva trascorso più notti a dormire fuori con gli animali che in casa con quelli che dovevano essere i suoi familiari, che avevano imparato a disprezzarlo dai parenti di sua madre.

    Gabriel era certo che un’infanzia simile rinforzasse o distruggesse l’animo di una persona e quando accadeva che lo distruggesse, come nel suo caso, lo rendeva duro come l’acciaio. Non aveva mai permesso a nessuno, né mai lo avrebbe fatto, di deviarlo dal cammino intrapreso o di minare la sua ferma determinazione a surclassare coloro che avevano scelto di disprezzarlo.

    Il nonno materno era stato il capostipite di una delle famiglie più ricche e potenti della Sardegna. La storia dei Calbrini era legata a filo doppio a quella dell’isola.

    Era una famiglia lacerata da faide, tradimenti e vendette, ma pervasa d’orgoglio.

    Sua madre era figlia unica. Aveva diciotto anni quando era scappata per non sposare l’uomo che il padre le aveva scelto, preferendo invece sposare un povero ma bell’agricoltore di cui aveva creduto di essere innamorata.

    Le ci era voluto meno di un anno per rendersi conto di aver commesso un errore e che odiava il marito quasi quanto la vita di povertà che le aveva riservato quel matrimonio. Ma a quel punto Gabriel era già nato. Era tornata dal padre, supplicandolo di perdonarla e di consentirle di far ritorno a casa.

    Il padre l’aveva riaccolta, a condizione che divorziasse e lasciasse il bambino al marito.

    A Gabriel era stato raccontato che sua madre non ci aveva pensato due volte ad abbandonarlo e che il nonno aveva offerto un’ingente somma di denaro a suo padre mettendo bene in chiaro che si trattava di un unico pagamento con il quale i Calbrini si liberavano di ogni responsabilità nei confronti del bambino.

    Ritrovandosi in possesso di più denaro di quanto non ne avesse mai avuto in vita sua, il padre di Gabriel aveva lasciato il figlioletto di tre mesi ed era partito

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