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The Art Of Magic - La Profezia
The Art Of Magic - La Profezia
The Art Of Magic - La Profezia
E-book190 pagine2 ore

The Art Of Magic - La Profezia

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Info su questo ebook

Sheila , delle campagne a est di Ronwood, esperta nel combattimento con il bastone da guerra ferrato.

L’avventura comincia quando due Goblin le uccidono la madre.

Hanna, discepola del dio Sall, abile sia con le magie da Chierica sia con la mazza ferrata da Guerriera.

Quale strada sceglierà per lei il concilio del tempio.

Garret, figlio dell’alchimista di Greenwood la capitale del regno, oltre alla spada sa padroneggiarsi con vere e proprie diavolerie, boccette con acido , bombette esplosive e addirittura sa usare bacchette magiche.

Godrin, nano guerriero delle montagne del Nord, la sua arma, con lui da generazioni, è l’ascia a due mani forgiata nella citta dei nani.

Karl, ladro di professione, abile ad individuare trappole e scassinare serrature.

Questi sono alcuni dei personaggi dell’ avventura Fantasy : The Art Of Magic- La profezia.

Aiutali a combattere Orchi , Goblin , Ragni giganti, Scheletri guerrieri e un cattivo di turno praticamente invincibile !

Scopri cosa gli riserva la Profezia ed entra nel magico regno di Greenwood
LinguaItaliano
Data di uscita2 dic 2015
ISBN9781326485757
The Art Of Magic - La Profezia

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    Anteprima del libro

    The Art Of Magic - La Profezia - Giorgio Lotto

    Giorgio Lotto

    The Art of Magic

    La Profezia

    Dedico questo libro a tutti i fan del Fantasy

    Prologo

    Il vecchio mago Antium ansimava e si portava avanti a fatica. Aveva avuto uno scontro con il suo nemico di sempre Arnes, un mago potente e malvagio. Prima di essere ferito all’addome era riuscito a scagliare sul mago una magia potentissima, una sorte di maledizione, che lo aveva paralizzato e teletrasportato in un limbo tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Antium, appena entrato nella caverna vicino alle foci delle cascate del fiume Iutha, sigillò l’entrata con una magia di piante rampicanti che si mischiarono alla vegetazione già esistente, così da rendere invisibile agli occhi l’entrata stessa.

    Ormai allo stremo delle forze, il vecchio arrivò alla grotta principale dove si trovava un forziere pieno di tesori, pietre preziose, corone e boccali d’oro. Il forziere era stato trafugato dalla Torre dei Maghi e portato qui da una setta di Maghi cui facevano parte Arnes e Antium, unici sopravvissuti.

    A guardia del forziere c’erano due Cerberi, cani infernali a tre teste, evocati anni prima dalla setta e fedeli ai loro padroni. Il forziere si trovava in fondo alla grotta, da cui entrava la luce filtrata dalla cascata; solo un mago della setta poteva aprirlo, poiché sigillato da un potente incantesimo.

    Antium con una magia aprì il forziere, a fatica sollevò il coperchio e vi depositò una spada. Era la Spada della Sottomissione, colui che l’impugnava diveniva più forte e agile ma anche profondamente malvagio.

    Il povero Antium fece appena in tempo a chiudere e sigillare con la magia il forziere quando si accasciò stremato vicino ad esso. La ferita era talmente grave che sentiva ormai giunta la sua ora, fu in quel momento che vide passargli davanti tutta la sua esistenza, costituita da scelte buone e meno buone. Da un po’era pentito di aver fatto parte di quella setta, nata a fini benevoli e con l’intento di ampliare la conoscenza magica ma poi trasformatosi in una setta malvagia che praticava la magia oscura, questo grazie soprattutto ad  Arnes e alla sua sete di potere. Pensò alla moglie, l’unica donna che avesse mai amato, ma anche la donna che lo aveva abbandonato molti anni orsono portandosi con sé la figlia ancora in fasce.  Se solo avesse potuto fermarla, farla ragionare, farle capire quanto la vita che le offriva fosse umile ma piena di speranza per un futuro migliore. Ma lei cercava di più, ricchezza, fama, così una notte prese la bambina e se ne andò. Fu in quel periodo che Antium, disperato, si unì alla setta di Maghi.

    La sua mente cominciò ad offuscarsi, non sentiva più gli arti, il respiro era sempre più affannoso. Dopo qualche istante spirò lì, accanto al forziere.  Morì con il sorriso tra le labbra, felice però di aver nascosto al mondo una spada così potente e di aver neutralizzato il mago Arnes. I due Cerberi gli si avvicinarono, quasi a salutarlo e rassicurarlo che avrebbero protetto il forziere per sempre.

    Intanto più a valle il discepolo di Arnes, un certo Xan , ancora ragazzino aveva trovato il corpo del suo padrone. Era sconvolto, non capiva perché il maestro non si svegliasse, non sembrava morto, anzi tastandogli il polso sentiva il cuore battere, ma non apriva gli occhi, era come paralizzato.

    Xan giurò a se stesso che si sarebbe preso cura di lui anche a costo della propria vita.

    CAPITOLO I

    La Fortezza dei Goblin

    Cinque anni dopo molto più a  est.

    Era una campagna florida e fiorente quella a est di Ronwood, si alternavano campi di girasole, di granoturco e prati fioriti.

    Vicino al ruscello si ergeva la fattoria di Elen, una donna umile, assai affascinante. Sua figlia Sheila, di sedici anni, si stava esercitando nel combattimento con i bastoni assieme all’amico di sempre, Eliot. La ragazza era bella quanto la madre, occhi verdi e capelli castani sempre tenuti con la coda. Anche se sorridente e spensierata, si vedeva lontano un miglio che quella vita contadina le stava stretta.

    La madre aveva raccontato a Sheila che suo padre era un guerriero e che era morto da eroe per difendere la città di Greenwood, la capitale del Regno. Aveva combattuto a fianco del re nella guerra contro gli orchi. Quindici anni erano ormai passati ma la ragazza voleva seguire le sue orme; se mai Greenwood avesse avuto bisogno di un guerriero, la spada che impugnava con fierezza ed eleganza sarebbe stata a disposizione.

    «Tutto qua quello che sai fare? Sei un po' lento e goffo mio caro Eliot!» disse Sheila e indietreggiando per schivare un colpo, andò addosso alla madre che stava uscendo di casa.

    «Non puoi fare le cose che fanno le ragazze della tua età, come ricamare? » le disse la madre un po’contrariata.

    «Quelle sono cose da femminucce deboli e noiose» ribatté Sheila rivelando il suo carattere sicuro e caparbio.

    La madre la guardò sconsolata procedendo verso il ruscello per prendere l'acqua e sorridendo aggiunse «Ricordati di prepararti con cura per la festa del raccolto che si terrà stasera in città!»

    «Io non ci andrò» disse Sheila, sottovoce e con aria infastidita a Eliot, mentre la madre già si intravedeva a malapena perché nascosta dalla rigogliosa vegetazione.

    I due ragazzi erano amici fin dall’infanzia. Eliot stravedeva per Sheila a tal punto che faceva esattamente ogni cosa lei gli chiedesse. Un po’ tardo di mente, era di animo sincero. I suoi genitori erano morti anni prima, la madre dopo averlo dato alla luce, il padre alcolizzato quando lui aveva appena nove anni. La nonna si era presa amorevolmente cura di lui e l’aveva cresciuto.

    Elen  raggiunse il torrente canticchiando mentre due figure strane le si avvicinarono strisciando lentamente, nascoste dagli alberi. Per un attimo alla donna sembrò di udire un rumore, forse un fruscio e si voltò di scatto verso il campo di girasoli, ma subito pensò di essersi sbagliata e continuò nelle sue faccende.

    Terminato di attingere l’acqua, si alzò dirigendosi verso casa, ma all'improvviso si trovò di fronte due Goblin, esseri maligni, oltreché sporchi e ripugnanti, con una pelle dal colorito verdastro e due orecchie lunghe e appuntite.

    Quello più anziano si installò davanti a lei e, affascinato dalla sua bellezza, chiese al più giovane se aveva voglia di divertirsi un po’, iniziando a tirarle i vestiti e facendole cadere a terra i secchi colmi d’acqua fresca.

    Elen  era impaurita e chiese loro chi fossero e cosa volessero, essi risposero ridacchiando che avevano fame e per quel giorno si sarebbero accontentati di carne umana. Poco dopo, le erano addosso estraendo la piccola spada arrugginita dal fodero, fatto con pelle di cinghiale.

    La donna cercava inutilmente di liberarsi dalla stretta di quei mostri gridando aiuto a squarciagola; Sheila la sentì, interruppe gli allenamenti con il bastone e si precipitò, assieme ad Eliot, verso il luogo da dove sentiva provenire le urla.

    Intanto sempre più infuriato il Goblin, perse il controllo della situazione e le affondò la lama nell'addome. Elen cessò all’istante di dimenarsi iniziando ad emettere solo impercettibili suoni. Il Goblin, incredulo di quanto aveva compiuto in modo così agghiacciante, ancora tremolante cercò di riprendere fiato e invitò il compagno più giovane a rovistare nelle tasche della donna. Non sapevano esattamente cosa cercare, ma volevano dare un senso a tale sacrificio.

    Fu in tale momento che apparve Sheila all’improvviso, con quella sua aria di sfida e il bastone in mano. Accortasi di quanto accaduto, il sangue le scorse nelle vene più acceso che mai e si preparò allo scontro.

    Era sconvolta, si trovava di fronte due esseri orribili che credeva esistessero solo nelle fiabe, decisa però a vendicare la madre, si sentiva forte e invincibile, come un guerriero.

    I mostri, osservandola così giovane cominciarono a prendersi beffe di lei facendo roteare la spada insanguinata sotto i raggi del sole, Sheila, con gli occhi velati di lacrime ma rossi di furore si gettò repentinamente all’attacco.

    Il Goblin più anziano, non molto abile con la spada, sferrò un primo affondo, la ragazza, avvantaggiata dalla lunghezza del bastone, lo colpì in pieno volto facendolo stramazzare a terra; poi si voltò verso l'altro che impaurito da tanta ferocia le lanciò addosso il corpo della madre, fuggendo tra i campi di frumento.

    Sheila impallidì, lasciò cadere il bastone per afferrarlo e adagiandolo sulle sue gambe lo strinse fra le sue braccia con amore. In quel momento la raggiunse Eliot ed ella, in lacrime, voltandosi verso l'amico lo intimò di seguire l’altro Goblin, indicando  la direzione con la mano.

    La madre aprì gli occhi per pochi istanti, guardò la figlia e con un filo di voce le disse «Sheila, tesoro mio mia, ormai sei una donna, ascolta bene !»

    «No madre! » rispose la ragazza continuando a singhiozzare disperatamente « non ti sforzare, adesso cerco aiuto….» Ma Elen la interruppe di nuovo e sempre più debole riprese «Me ne sto andando per sempre e sento di doverti dire finalmente la verità, tuo padre non era un eroe, abbiamo fatto insieme una cosa davvero malefica! Corri veloce, prendi il medaglione d’oro che trovi nel baule sotto il mio letto, portalo al mausoleo dei sospiri e libera la ragazza. Abbi cura di te, figlia mia». Queste furono le ultime parole mentre Sheila la osservava sempre più smarrita e attonita.

    I pensieri cominciarono vorticosamente a fluire nella sua mente. « Liberare chi?», proprio non capiva, le sembrava di vivere un sogno orribile, tutto era accaduto troppo all’improvviso, distruggendole la vita.

    Il silenzio cupo poi pervase la campagna, uno stormo di uccelli prese il volo simultaneamente, quasi ad accompagnare l’anima della donna verso quel cielo, oscuratosi all’improvviso.

    Elen morì proprio a mezzogiorno, si udirono infatti, in quel mentre, i dodici rintocchi del campanile della chiesa di Ronwood, uno alla volta echeggiarono nel cuore della ragazza, portandosi via una parte di lei, la giovinezza, la spensieratezza, il mondo incantato di prima, la persona più importante della sua vita.

    Un leggero movimento la fece tornare in un batter d’occhio all’atroce realtà e si accorse che il Goblin, disteso poco più distante, ancora esalava deboli respiri. Sì alzò veloce come una gazzella e brandendo la stessa spada, incurante dei suoi occhi che imploravano pietà, con un colpo secco gli tagliò il capo di netto. Poi il nulla, entrò in uno stato confusionario e lentamente, inciampando più volte nell’erba alta, tornò verso casa in cerca dell'amuleto nel baule.

    Lo trovò nel fondo, nascosto fra mille cose ormai dimenticate, aveva un simbolo disegnato su un lato, sull’altro era raffigurata una scacchiera.

    Quando la raggiunse l’amico, al quale il Goblin era sfuggito, seppellì assieme a lui la madre, si inginocchiò davanti alla tomba e guardandosi le mani ancora sporche di sangue, con voce tremolante ma piena di rabbia le promise vendetta. In cuor suo era decisa a cercare il mausoleo,  liberare la ragazza chiunque ella fosse e a dare un significato alle parole bisbigliate dalla madre. Chi fosse davvero non lo comprendeva più.

    Quindi si alzò, si ripulì le mani insanguinate sulla maglia e intimò a Eliot di prepararsi perché l’indomani sarebbero partiti alle prime luci dell’alba, in quel luogo non c’era più nulla da fare per loro.

    E così fecero, quando il cielo cominciava a tingersi di un rosa pallido, s’incamminarono, lasciandosi la campagna alle spalle, per sempre. La prima tappa  fu Ronwood, dove vendettero le abitazioni e i pochi ettari di terreno che possedevano, poi si fermarono all'emporio di Xen, per alcune provviste. Era un negozietto fornito un po’ di tutto nel quale veniva qualche volta con la madre, era strano quel giorno trovarsi lì così sola. Ricordava e rifletteva su cose che le sembravano ormai infinitamente distanti, quando entrarono due soldati della guarnigione che attirarono la sua attenzione, non se ne vedevano molti da quelle parti.

    Il negoziante, un uomo anziano, piccolo e tarchiato, le spiegò che cercavano volontari per assaltare la fortezza dei Goblin, esseri spregevoli che avevano saccheggiato abitazioni, ucciso bestiame e persone senza alcuna pietà.

    Fu in quel momento, mentre ascoltava silenziosa che

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