Il ricordo che ho di te
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Charlene Sands
Risiede nel sud della California con il marito e i loro due figli. Scrittrice dotata di grande romanticismo, è affascinata dalle storie d'amore a lieto fine ambientate nel Far West.
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Anteprima del libro
Il ricordo che ho di te - Charlene Sands
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Sunset Seduction
Harlequin Desire
© 2013 Charlene Swink
Traduzione di Roberta Canovi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-405-8
1
D’abitudine, Audrey Faith Thomas non si lasciava prendere dall’ansia; faceva eccezione, ovviamente, l’incidente di sei mesi prima in cui il fratello era stato disarcionato da Old Stormy in un rodeo e si era rotto la schiena. Casey aveva fatto un volo a più di due metri d’altezza, atterrando con un tonfo preoccupante; le conseguenze erano state così gravi che Audrey aveva dovuto sospendere l’ultimo semestre della scuola veterinaria per prendersi cura del fratello.
Al ricordo rabbrividì, ringraziando l’Onnipotente che Casey fosse vivo e vegeto e prepotente come sempre. Ma seduta dietro al volante, alla volta del proprio destino, il timore che le scorreva nelle vene non aveva niente a che vedere con quei disastrosi cinque secondi di cavalcata di Casey, che avevano messo fine alla sua proficua carriera nei rodei. Quel timore era del tutto diverso. Le faceva perdere la capacità di raziocinio, la faceva dubitare di se stessa. La spronava a invertire la marcia e a tornare dritta e filata a Reno, evitando di presentarsi al Sunset Ranch senza preavviso.
E affrontare Lucas Slade, l’uomo che aveva sedotto e abbandonato nel mezzo della notte.
Audrey si costrinse a deglutire cercando di digerire il proprio comportamento. Non c’era verso. Non riusciva ancora a credere a ciò che aveva fatto, neppure dopo essersi ripetuta le motivazioni un migliaio di volte.
Il mese prima, dopo un litigio col fratello e conseguenti tre settimane di silenzio, era partita da Reno per avventurarsi fino al cottage sul lago Tahoe e chiedergli scusa. Casey aveva avuto ragione sul ragazzo che lei aveva appena piantato, e lei aveva avuto bisogno della sua spalla per piangerci sopra. Solo che, quando era arrivata, Casey era addormentato sul divano e l’ultima persona che si era aspettata di trovare nella camera degli ospiti, nel suo letto, era Lucas Slade – il suo uomo dei sogni, quello che Audrey aveva usato come riferimento per misurare ogni altra persona. Da adolescente, quando era solita accompagnare il fratello maggiore ai rodei, si era presa una cotta spaventosa per lui – il ragazzo che la trattava con la dolcezza e lo stesso genere di amore fraterno che le mostrava Casey.
Vederlo aveva spazzato via ogni pensiero razionale. Era la sua occasione; non avrebbe lasciato che la propria pudicizia interferisse con ciò di cui aveva bisogno. Lui aveva il braccio destro ingessato, ma questo non le aveva impedito di avvicinarsi.
Luke aveva sollevato le palpebre e due fessure di blu solo parzialmente vigile l’avevano inchiodata. «Vieni più vicino» aveva gracchiato nella stanza buia. Lei l’aveva preso come un invito a sdraiarsi nel letto con lui, al diavolo le conseguenze. Quella notte, aveva messo in gioco il suo cuore e la sua anima, oltre che il suo corpo.
Al lago, Audrey aveva trovato ben più di una spalla su cui piangere, ed era stato glorioso e straordinario e assolutamente meraviglioso. Come avrebbe potuto non esserlo? Era da anni che era segretamente innamorata del migliore amico del fratello.
Audrey rivolse un’occhiata contrita a Jewel, la gattina rossa che dormiva nel trasportino sul sedile accanto a lei. «Non è che fosse un tizio qualunque. Era Luke» ribadì all’animale, come se questo spiegasse tutto. La gatta, che non era stata molto di compagnia durante il viaggio, aprì gli occhi per guardarla un istante prima di tornare nel mondo dei sogni. Audrey tornò a concentrarsi sulla strada, una scorciatoia attraverso la Sierra Nevada; oltrepassato il Sunset Lodge, un resort di lusso che apparteneva agli Slade, il ranch sarebbe stato a mezzo miglio di distanza.
«Ci siamo quasi» informò la gatta addormentata.
Audrey non riusciva a rilassarsi come l’animale; aveva le dita strette sul volante e, a mano a mano che crescevano i dubbi e la paura, il cuore le batteva sempre più forte.
Avrebbe dovuto restare con Luke, quella sera; avrebbe dovuto avere il coraggio di affrontarlo al mattino. Ma tutte le volte che quelle riflessioni le si affacciavano alla mente, immaginava anche Casey che si svegliava e la trovava a letto con l’amico. Non aveva alcun dubbio che il fratello avrebbe perso la testa, senza fare domande e senza prendere prigionieri; era giunta alla conclusione che lasciare il cottage fosse stato l’unico modo.
Ed era un bene che il fratello avesse il sonno pesante e non avesse la più pallida idea di ciò che era accaduto. Due giorni più tardi, quando aveva avuto il coraggio di chiamarlo, aveva appreso il motivo della presenza di Luke: era stato calpestato da un cavallo, che gli aveva rotto un braccio e incrinato tre costole. Era andato al cottage sul lago Tahoe per rimettersi in sesto.
Si chiese se la ritenesse una ragazza facile. Come aveva giudicato il fatto che l’avesse abbandonato, quella notte?
Lo avrebbe scoperto presto. Quel giorno, finalmente, se lo sarebbe ritrovato davanti e avrebbero discusso della notte trascorsa insieme e Audrey gli avrebbe confessato il proprio amore.
Avanzò nella proprietà degli Slade e arrivò ai cancelli, sovrastati dall’emblema in ferro battuto che rappresentava il sole al tramonto. Rallentò fin quasi a fermarsi, la sua determinazione che scemava. Faceva ancora in tempo a tornare a casa, senza che nessuno se ne rendesse conto.
Dietro di lei, il guidatore del furgoncino caricato con balle di fieno suonò il clacson facendola sobbalzare. Doveva essere un presagio: va avanti, verso il tuo destino, qualunque esso possa essere.
E Audrey così fece. Pochi minuti dopo, trattenendo il fiato e fingendo un coraggio che non provava, parcheggiò l’auto, prese il trasportino del gatto e bussò alla porta di Luke.
Quando lui aprì, il fiato le inciampò in gola e lo deglutì con un sussulto. Si abbeverò a quella vista, il cuore che si agitava nel petto, come tutte le altre volte che si era trovata in sua compagnia.
Era proprio senza speranza.
La luce del sole giocava sui suoi capelli biondo scuro e gli sfiorava il viso non rasato. Grezzo, attraente e così bello che avrebbe voluto mettersi a urlare. Era più alto di lei di quasi due spanne; da ragazzina, aveva pensato che se fosse diventata alta come lui sarebbe stata al suo livello – un’idea ingenua che, ovviamente, non si era mai concretizzata. Come se non bastasse, lui era di cinque anni più vecchio di lei, e da adolescente quella differenza di età le era sembrata insormontabile. Sensazione perdurata anche quando era diventata adulta.
Ammutolita, lo fissò, non volendo rovinare tutto con l’esordio sbagliato. Tenne a freno la lingua e attese che fosse lui ad aprire le danze.
Luke corrugò la fronte. «Sei tu, sotto quel cappellino? Audrey Faith?»
Diavolo, aveva scordato quel dannato cappellino che aveva messo in testa. Annuì, alzando un po’ la visiera.
Un ampio sorriso gli illuminò il volto, riflettendosi negli occhi. «Be’, vieni qui.» Non aspettò che lei si muovesse: si fece avanti con le braccia tese.
In quel momento, tutte le paure di Audrey si quietarono. Era contento di vederla... Misericordia.
Solo che, invece di stringerla tra le braccia e baciarla come aveva fatto al cottage, come lei si era aspettata, evitò del tutto le sue labbra; il suo viso finì contro la sua spalla quando lui la avvolse in un grosso abbraccio fraterno di benvenuto. Non c’era dubbio sull’affetto, né sulle pacche amichevoli sulle spalle, prima che si facesse indietro per guardarla.
«Cosa ti porta al Sunset Ranch?» Lo sguardo si spostò alle sue spalle. «Casey è venuto con te?»
«Ehm... no. Casey non è venuto con me.»
«Okay.» Fece un cenno col capo. «Be’, dai, entra. Togliamoci da questo caldo. E porta con te qualunque animaletto tu abbia salvato questa volta.»
Si era scordata del trasportino che aveva lasciato per terra nel porticato. «Si... si chiama Jewel. È stata investita da un’auto solo due mesi fa ed è rimasta sotto shock per un po’. Adesso ha degli attacchi d’ansia se la lascio sola troppo a lungo.»
«Gatta fortunata. Scommetto che la tratti da regina; sei sempre stata grandiosa con gli animali.»
Audrey rimase perplessa, sconcertata dalla reazione di Luke. Nessun riferimento alla notte fatale, quella che aveva sconvolto il suo mondo; non appariva arrabbiato, né ferito, né sollevato – non mostrava niente. Non aveva saputo bene cosa aspettarsi, ma sicuramente non tale civile indifferenza.
I piedi si erano incollati a terra, ma la sua esitazione non lo turbò: si limitò a sollevare lui il trasportino e a portarlo dentro.
Audrey si diede una regolata, e lo seguì.
«Sei un balsamo per gli occhi stanchi, Audrey Faith» si complimentò senza voltarsi a guardarla.
Be’, lo era anche lui. Le si chiuse la gola al ricordo dei sogni che aveva avuto di lui nelle ultime settimane. Ora se lo ritrovava davanti in carne e ossa. «Di questi tempi mi piace farmi chiamare Audrey. Ho abbandonato il Faith da anni.»
Luke ridacchiò, e fu un suono ricco e profondo e pieno di sensualità, proprio come lo ricordava. Certo, da ragazzina non aveva capito molto di sensualità; sapeva solo che le piaceva la sua risata. «Come preferisci, Audrey» accettò lui con voce dolce.
Buon Dio. Le si infuocava lo stomaco solo nel sentirlo pronunciare il suo nome.
Audrey cercò di riprendersi e di non fissare lo sguardo sul perfetto fondoschiena che camminava davanti a lei, concentrandosi invece sui capelli biondi che superavano il colletto della camicia per arricciarsi sulle spalle. Erano molto più lunghi, e lei ricordava la sensazione delle proprie dita affondate in quelle ciocche spesse e morbide. Quanto avrebbe voluto farlo di nuovo...
Quella notte sembrava un sogno surreale, ora.
Luke posò il gatto sul divano e si voltò verso di lei. «È davvero un piacere rivederti, Audrey. È passato molto tempo.»
Molto tempo? L’aveva visto solo un mese prima.
«Idem» rispose lei. La conversazione non si stava svolgendo sui binari che aveva immaginato. Nelle sue fantasie più sfrenate, Luke sarebbe stato entusiasta di vederla; l’avrebbe sollevata tra le braccia per portarla in camera da letto, dichiarandole eterno amore e chiedendole di non lasciare mai il suo fianco. Nel caso peggiore, Luke l’avrebbe ripresa per aver fatto sesso non protetto con lui e per essere scappata nel mezzo della notte.
Tuttavia, quella conversazione aveva dell’assurdo.
«Sono contento che tu sia passata a trovarmi» riprese lui invitandola a sedersi.
E lei si sedette accanto a Jewel. Luke invece si accomodò sulla poltrona di fronte. «Ti trovo benissimo.»
Non era troppo d’accordo. Quando si era vestita, quella mattina, aveva scelto il meglio che il proprio guardaroba trascurato aveva da offrire, che consisteva in una semplice camicetta, jeans larghi e un cappellino per raccogliere i capelli troppo lunghi. «Grazie, anche tu. Ti senti meglio?»
«Non mi lamento. Il braccio è come nuovo.» Il gesso non gli aveva impedito di farle vedere le stelle.
«Oh... ehm, bene.»
«Come vanno le cose?» domandò ancora lui, epitome dell’educazione.
«Io, ehm... Luke?» Detestava suonare tanto disperata, ma lui stava evitando alla grande l’elefante nella stanza.
I suoi occhi si addolcirono, e la voce rifletté compassione. «Che cosa succede, piccola? Hai litigato di nuovo con Casey? È tornato a fare l’orso?»
Lei si appoggiò allo schienale, scossa. Perché faceva deliberatamente lo gnorri? Di certo poteva immaginare perché lei si fosse fatta tutti quei chilometri per andare a trovarlo.
Luke allevava cavalli. Insieme ai fratelli, possedeva il ranch più grande delle tre contee contigue. Aveva molti pensieri per la testa, e la commosse il fatto che si ricordasse dei suoi problemi con Casey. Erano passati anni dall’ultima volta in cui Audrey si era lamentata con lui della natura protettiva e asfissiante del fratello; e si era confidata con lui perché Luke era l’unico che la ascoltasse davvero e che la trattasse come una sua pari, e non come una sciocca ragazzina che doveva ancora crescere.
«Litighiamo ancora» ammise, «ma ora è diverso.»
«In che senso?» Sembrava genuinamente interessato.
«Non può più mettermi in punizione, quindi ora faccio sentire le mie ragioni.»
Luke si mise di nuovo a ridere. «Ci scommetto.»
Audrey si costrinse