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Per una sola notte: Harmony Destiny
Per una sola notte: Harmony Destiny
Per una sola notte: Harmony Destiny
E-book145 pagine2 ore

Per una sola notte: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

IL CLUB DELLE MOGLI - Mary Duvall è riuscita a ingannare davvero tutti. La ragazzina ribelle e anticonformista si è trasformata in una bellissima e raffinata signora dell’alta borghesia. Nessuno dovrà scoprire il suo segreto, anche a costo di rinunciare per sempre all’amore.

Kane Brentwood non riesce a credere che quella donna elegante e impeccabile sia la stessa che aveva amato disperatamente e poi perduto. Nonostante le apparenze, Kane è deciso a riavere la sua Mary ed è disposto a tutto pur di convincerla a ritornare nel suo letto. Ma lei non sembra essere dello stesso avviso.
LinguaItaliano
Data di uscita11 apr 2016
ISBN9788858947814
Per una sola notte: Harmony Destiny
Autore

Katherine Garbera

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Per una sola notte - Katherine Garbera

    successivo.

    1

    Mary Duvall era davanti alla bara del nonno e ingoiava le lacrime. Era stato proprio lui, nonno David, a insegnarle a tenere sempre un contegno decoroso e compassato in pubblico. E non voleva deluderlo.

    La vecchia Mary avrebbe sfogato il suo dolore in un pianto dirotto, ma ora faceva di tutto per trattenersi. Per ignorare ogni emozione, lo strazio, la disperazione, ma non il bisogno di toccarlo un'ultima volta.

    Allungò la mano e gli sfiorò in una lieve carezza la pelle del volto, composto nell'immobile gelo della morte. Un tremito le ghiacciò l'anima. Si sentiva così sola. Era sola, adesso che il nonno non c'era più. Aveva già perso i genitori, morti in un incidente stradale, e anche suo fratello, il figlio prediletto, che si trovava in auto con loro.

    E dire che le stava piacendo la vita che aveva da poco intrapreso a Eastwick, alle dipendenze del nonno. Era tornata apposta da Parigi quando aveva saputo che le sue condizioni di salute si erano aggravate. Lui le aveva proposto di designarla come sua erede, a patto che gli avesse dimostrato di aver messo la testa a posto, di non essere più la ragazza ribelle di un tempo.

    «Sarai fiero di me, nonno» gli aveva promesso. «Non dovrai più sentirti in imbarazzo a causa del mio comportamento.»

    Si chinò, posandogli le labbra sulla fronte, desiderando che per un attimo, solo per un attimo, lui potesse abbracciarla. Era sempre stata una ragazza turbolenta, nemica delle regole, e suo nonno l'aveva osteggiata alla stregua di tutti gli altri membri del clan Duvall, ma non le aveva mai fatto mancare un suo abbraccio, ogni volta che partiva da Eastwick per andare a cercare la propria strada altrove.

    Oddio, come avrebbe fatto senza il nonno? Sentiva già un vuoto terribile.

    Un colpetto alla porta interruppe quel doloroso addio.

    Guardò l'ora e sospirò. Era giunto il momento di lasciar entrare la gente per l'ultimo saluto al defunto. I suoi cugini erano sicuramente lì fuori, ad aspettare di poter dire addio in privato anche loro a una persona a cui erano stati vicini solo per via dei soldi.

    Ma David Duvall aveva deciso di lasciare tutto a lei... a condizione che rigasse dritta.

    Aveva già in mente come utilizzare l'ingente patrimonio. La sua idea era quella di istituire un fondo fiduciario che sarebbe servito per creare dei centri neonatali presso gli ospedali delle zone più disagiate. Sperava anche di sponsorizzare un campo estivo a indirizzo artistico per bambini meno privilegiati. Nessuno l'aveva mai incoraggiata sulla strada della pittura, da bambina, anche se i suoi primissimi ricordi erano di lei con un pennello in mano. Creare mondi nuovi su una tela era da sempre stata la sua passione.

    Le sue opere stavano raccogliendo consensi in Europa e la vendita dei diritti di riproduzione su una serie di sue stampe le stava fruttando un bel po' di denaro.

    Ma, per il momento, c'era da pensare alla veglia funebre. Prima di aprire la porta, infilò il biglietto che aveva scritto quella notte nel taschino della giacca, sotto il fazzoletto, proprio sul cuore.

    Poi, si asciugò gli occhi e si preparò ad affrontare i cugini di secondo grado. Channing e Lorette Moorehead erano i figli della sorella di David Duvall.

    «Commovente. Credevo non te ne importasse un fico secco del nonno» la aggredì subito Channing, al suo solito, accompagnando la sorella Lorette verso la bara.

    «Mi importava, eccome» lo contraddisse Mary.

    «Allora, perché hai continuato a spezzargli il cuore per tutti questi anni?» la sfidò Lorette.

    Mary deglutì, ingoiando una battuta che poco si addiceva a una signora. O, perlomeno, all'immagine che il nonno voleva proiettasse di sé.

    «Avevamo fatto pace, ultimamente.»

    «Avrai potuto anche abbindolare il nonno, ma noi siamo convinti che tu non sia cambiata affatto. Ti tengo d'occhio, sai?» l'avvisò Channing.

    Aveva quasi dieci anni più di lei e, da che Mary aveva memoria, era sempre stato un arrogante presuntuoso. Non nutriva simpatia per Channing, ma con Lorette, di soli due anni maggiore di lei, erano sempre state molto amiche, da bambine. Scorrazzavano per la grande villa del nonno inventandosi giochi di ogni tipo. E quante ne avevano combinate insieme... Ma tutto era finito quando Lorette aveva compiuto dieci anni e si era dichiarata troppo grande per certe bambinate.

    «Vi lascio soli con il nonno e... con il vostro dolore.»

    L'anticamera era vuota, a parte le amiche del club delle debuttanti, un affiatato gruppetto di vecchie compagne di scuola che aveva continuato a frequentarsi negli anni e che si incontrava regolarmente al ristorante del Country Club. Erano stati proprio alcuni membri del circolo esclusivo di Eastwick a dar loro quel nome. Anche se nessuna di loro era più una debuttante, ovviamente. In realtà, erano ormai tutte sposate o fidanzate. Cosa a cui Mary non era minimamente interessata. Era stata profondamente innamorata di un uomo, un tempo, e, quando lui l'aveva lasciata per sposare il giusto genere di donna, aveva promesso a se stessa che non si sarebbe mai più messa nelle condizioni di soffrire di nuovo per amore.

    Ancora un altro esempio di come il suo stile di vita stravagante, il suo anticonformismo le avessero portato, in fondo, solo tanta solitudine.

    Il problema era che per anni Mary aveva vissuto con addosso un'idiosincrasia per le regole. Ma non era più così. Aveva pagato a caro prezzo la propria ribellione e la promessa che aveva fatto al nonno in punto di morte significava che aveva chiuso con il passato.

    Mary andò incontro alle amiche. Erano tutte vestite di nero, per rispetto del suo lutto, e Mary fu contenta di averle vicino in quella circostanza così dolorosa. Forse, pensò, non era completamente sola. Aveva loro, Emma, Lilly, Felicity, Vanessa, su cui poteva sempre contare.

    La porta d'ingresso si aprì prima che potesse raggiungere il gruppetto e Mary si voltò verso il nuovo arrivato. Il sangue le salì alla testa e il suo cuore improvvisamente si fermò, quando riconobbe l'uomo che credeva non avrebbe rivisto mai più.

    Kane Brentwood, lord inglese e suo ex amante.

    «Kane?»

    «Mary» disse lui. Bastò che pronunciasse il suo nome perché il suo corpo prendesse fuoco.

    Non riusciva a guardarlo in faccia, non ce la faceva ad affrontarlo. Non in un giorno come quello, quando era già così difficile mantenere il controllo.

    Le fu sufficiente guardarlo per sentirsi sopraffatta dal peso dei segreti che gravava su di loro. Segreti che, se svelati, le avrebbero fatto perdere tutto: l'eredità del nonno, il rispetto di Kane e la pace tanto faticosamente conquistata.

    Cercò di ricomporsi, ma, improvvisamente, sentì le forze abbandonarla a mano a mano che lui si avvicinava. Poi, il buio.

    Kane Brentwood afferrò Mary prima che si accasciasse a terra. Percepì distintamente il mormorio alle sue spalle, ma non se ne curò. Gli importava solo di tenere quella donna fra le braccia. La sua donna. Non si era presa cura di sé, constatò; era così magra, sciupata, pallida. Si chiese se avesse risolto i problemi con il nonno e quanto le fosse costato.

    Le chiuse il viso fra le mani. «Mary.»

    Le sue palpebre batterono rapide prima di aprirsi. Lui fissò lo sguardo in un paio di iridi del colore del mar dei Caraibi, che gli ricordò dei bei tempi trascorsi insieme nella sua casa di villeggiatura alle Isole Vergini. «Mary-Belle, va tutto bene?»

    «Kane.»

    «Sì, tesoro.»

    Mentre lo guardava, Mary aggrottò la fronte, confusa. «Non sono più il tuo tesoro

    Kane si sforzò di sedare il soprassalto d'ira che lo colse e dovette reprimere l'impulso di stringerla fra le braccia e dichiararle che era ancora la sua donna. E dimostrare che anche lei lo desiderava come un tempo. Ma era sposata, ora, e lui sapeva come la pensasse a proposito di matrimoni e relazioni extraconiugali.

    «Di questo parleremo un'altra volta» commentò.

    Un lampo le attraversò gli occhi, di quelli che in passato accendevano di solito una discussione che si concludeva puntualmente in camera da letto. «Tua moglie prenderà parte alla discussione?»

    «Non ho più una moglie. E tuo marito?»

    Mary arrossì e scosse la testa. «Non ho più un marito.»

    Niente marito. Era libera. Kane prese coraggio. Ora che l'aveva di nuovo fra le braccia, non se la sarebbe più lasciata sfuggire. Aveva già accontentato i suoi genitori sposando la donna giusta, e questo gli era costato non poco. Molto più di quanto non volesse far sapere a Mary. Erano entrambi di nuovo liberi, e stavolta aveva intenzione di giocarsi bene le sue carte. Non poteva rischiare di perderla di nuovo. Non lo avrebbe potuto sopportare.

    «Ti senti male, Mary?»

    Kane si guardò alle spalle e vide avvicinarsi quattro donne con degli uomini al seguito. Rinsaldò la stretta attorno a lei.

    «Sto bene, Emma. È solo che non ho dormito molto, stanotte.»

    Lui si chiese quanta verità ci fosse in quelle parole e, nel caso, quanto sonno avesse perso per via del bambino. Non era un esperto di piccole pesti, ma, da quel poco che aveva letto sull'argomento, sapeva quanto potesse essere logorante crescere un figlio, soprattutto nei primi anni di vita.

    Mary aveva gli occhi segnati e, per un attimo, Kane meditò di portarla via da lì. Ma non poteva farlo, non ne aveva alcun diritto. La mise giù, quindi, godendo al massimo di quell'ultimo contatto con il suo corpo.

    C'erano troppe persone intorno per affrontare certi discorsi e, al momento, il suo desiderio maggiore sarebbe stato semplicemente quello di stringerla fra le braccia. La vedeva così fragile, disorientata.

    Mary indietreggiò, ma Kane continuò a tenerle la mano agganciata attorno alla vita.

    «Che stai facendo?» gli domandò lei.

    «Reclamando ciò che è mio» le rispose, esternando senza indugi il vero motivo per cui era arrivato a Eastwick, specialmente ora che aveva saputo che non era sposata. Quando aveva visto il necrologio di David Duvall sul Wall Street Journal, non vi si era soffermato più di tanto, finché non aveva letto il nome di Mary nella lista dei familiari che ne davano il triste annuncio.

    La stava cercando da più di un anno. I suoi uomini non erano riusciti a trovare nessuna traccia

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