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Una scozzese in fuga: Harmony History
Una scozzese in fuga: Harmony History
Una scozzese in fuga: Harmony History
E-book234 pagine5 ore

Una scozzese in fuga: Harmony History

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Info su questo ebook

Scozia, 1815
Stanco degli orrori della guerra e reduce da un amore impossibile che gli ha spezzato il cuore, il capitano Ross Graham parte alla volta della Scozia nella speranza di far luce sulle origini della propria famiglia. In una notte di tempesta si imbatte in una fanciulla sola e spaventata, e non esita a offrirle protezione pur essendo all'oscuro delle terribili circostanze che l'hanno condotta in quella regione desolata e pericolosa. E quando Cassandra lo implora di aiutarla a fuggire dal fratello, che vuole darla in sposa al miglior offerente, Ross sfida le convenzioni e il buonsenso e si lancia in una coraggiosa impresa che metterà a rischio le loro vite, nonché i loro cuori.
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2019
ISBN9788858996164
Una scozzese in fuga: Harmony History
Autore

Joanna Maitland

Tra le autrici più amate e conosciute dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una scozzese in fuga - Joanna Maitland

    Immagine di copertina:

    Bruno Faganello

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Bride of the Solway

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2007 Joanna Maitland

    Traduzione di Rita Orrico

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-616-4

    Prologo

    Londra, giovedì 22 giugno 1815

    Ross strinse i denti e si mosse verso la porta. Una volta superata la soglia, forse sarebbe riuscito a respirare di nuovo.

    «Capitano Graham?» L’amata voce di Julie era carica di apprensione.

    Lui si voltò lentamente, sforzandosi di celarle i propri sentimenti dietro un’espressione di amichevole cortesia.

    «Vi prego, non andate via» lo implorò lei. «C’è ancora molto da dire e non vi ho ringraziato abbastanza.»

    Ross scosse la testa, imponendosi un sorriso, ma scoprì di non riuscire a parlare.

    «Sono certa che abbiate molto da raccontare agli amici presenti» riprese a dire Julie, indicando con un gesto del capo la padrona di casa e il suo accompagnatore, impegnati in una fitta conversazione che, a giudicare dal leggero rossore che coloriva le guance della donna, doveva trattare argomenti piuttosto intimi.

    Quanto all’uomo, era fortunato, pensò Ross, perché il suo amore era ricambiato.

    «Ma soprattutto, mio caro amico» continuò Julie in tono serio, «vorrei che conosceste Pierre, così che lui possa condividere con me la stima che ho per voi.»

    Mentre parlava, lei aveva spostato lo sguardo nella stanza e l’aveva infine fissato su un punto alle spalle di Ross. Lui si accorse che i suoi occhi si erano illuminati nell’incontrare quelli dell’amato. L’espressione dolce del suo viso e il colore che faceva risplendere i suoi tratti tradivano la profondità dei sentimenti che provava per quell’uomo.

    Per Ross fu come ricevere una stilettata diritto al cuore, ma si sforzò di comportarsi da gentiluomo e amico, come aveva fatto ogni momento negli ultimi mesi. Fino al giorno prima aveva sperato di poterla conquistare, ma ormai era tutto finito. Non gli restava altro che l’orgoglio.

    Si produsse in un piccolo inchino. «Mademoiselle, sono al vostro servizio come sempre.»

    1

    «Sei una sgualdrina!»

    Quell’insulto fu l’ultima goccia. Cassandra Elliott si lanciò verso il fratellastro in un ultimo, disperato tentativo di prendergli dalle mani ciò che restava delle sue lettere. James però era troppo robusto e forte. La allontanò da sé con un braccio mentre con l’altro gettava nel fuoco i brandelli di carta.

    Cassandra non poté fare altro che guardarli contorcersi e annerirsi tra le fiamme del caminetto. «Sei un essere spregevole!» lo accusò, lasciandosi sfuggire un singhiozzo a metà tra la rabbia e la frustrazione. «Non hai alcun diritto...»

    «Ho tutti i diritti! Adesso mi dirai il suo nome.»

    Lei scosse la testa con veemenza. «Mai!»

    Per tutta risposta, lui la spinse con violenza sulla cassapanca di quercia. «Sono il capo di questa famiglia e non ti permetterò di disonorare il nostro nome con il tuo comportamento sfrenato!»

    «Il mio comportamento sfrenato?» ribatté lei in tono indignato. «Io non ho fatto nulla di più che ricevere un paio d’innocenti poesie d’amore. Mentre tu, Jamie Elliott...»

    «Io sono...»

    «Tu sei quello che fa visita al bordello quasi ogni notte, quando non sei impegnato a sollevare le sottane delle nostre cameriere! Non sono io quella che getta fango sul nome degli Elliott.»

    «Non dimenticarti il tuo posto, sorella. Io sono un uomo e per giunta il laird della contea.»

    «Tu sei un...»

    «Basta così! Non dire una parola di più» le ordinò lui, avanzando di un passo con fare minaccioso, la fronte corrugata e i pugni stretti sui fianchi.

    Cassandra si sforzò di non arretrare di fronte al fratellastro. Non voleva dargli la soddisfazione di mostrarsi spaventata. Se solo non fosse stata così sola!

    «Non osare mettere in discussione ciò che faccio! Sei solo una ragazzina e farai ciò che ti viene ordinato. Altrimenti...» James si piegò in avanti e si fermò con il volto a pochi palmi da quello della sorella. «Spero tu non abbia dimenticato quanto è successo a tua madre.» La sua voce si era abbassata diventando un sibilo minaccioso, molto peggiore di qualsiasi urlo.

    Il cuore di Cassandra prese a battere furiosamente.

    «Posso farti rinchiudere tra i pazzi come mio padre ha fatto con tua madre. Nessuno metterà in discussione la mia decisione, sanno tutti che sei una femmina cocciuta e irragionevole. Lo sei sempre stata. Mi basterà dire che, proprio come tua madre, sei diventata una sgualdrina e saranno tutti più che felici di aiutarmi a farti internare.»

    Cassandra tese una mano verso di lui. «Non lo faresti mai.»

    «Non mettermi alla prova, ragazza. Ricorda che sono figlio di mio padre» sentenziò lui, prima di uscire dalla stanza portando con sé la candela e lasciandola sola nella fioca luce del caminetto.

    Cassandra sentì il rumore della chiave che girava nella toppa. Non c’era bisogno che provasse ad aprire la porta per capire che era stata imprigionata di nuovo. Poteva dirsi fortunata se nelle prossime ore avesse ricevuto cibo e acqua.

    Si guardò attorno nella stanza, considerando che non poteva permettersi di rimanere al buio. Si inginocchiò davanti al caminetto per accendere una candela di sego e così facendo si accorse di un frammento di carta sfuggito alle fiamme. Quella era l’unica prova rimasta del fatto che qualcuno teneva davvero a Cassandra Elliott.

    Levò il pezzo di carta da sotto la sedia e lo stirò, come se così facendo potesse restituirgli la forma originaria. Almeno una persona le voleva bene. Una sola. Ma non poteva aiutarla.

    Continuò ad accarezzare il frammento, sul quale si potevano leggere solo poche parole senza senso, brandelli della breve e ingenua poesia d’amore di Alasdair. Cassandra aveva sorriso nel leggerla la prima volta: Alasdair aveva soltanto quindici anni, ma la idolatrava. S’immaginava nei panni del prode cavaliere, che conquistava il rispetto dell’amata grazie al proprio coraggio e alle proprie gesta valorose.

    Se James avesse scoperto l’identità del giovane poeta, la sua reazione sarebbe stata senza dubbio violenta e lei non poteva permettere che accadesse. Non gli avrebbe mai rivelato il nome del suo ammiratore segreto.

    Con un sospiro tornò a sedersi sulla cassapanca. Il destino della famiglia Elliott era segnato. Proprio come suo padre prima di lui, il fratellastro di Cassandra era dedito all’alcol e al gioco d’azzardo. Né lui né il padre si erano mai preoccupati delle terre di famiglia, troppo intenti com’erano a sperperare il denaro per rincorrere effimeri piaceri. Ed entrambi trattavano le loro donne come bestie da vendere al mercato.

    Se solo fosse stato possibile, sarebbe scappata. Ma non aveva denaro e nessun amico nel Galloway disposto a prendere le sue difese contro il laird. Su quel versante del Solway la conoscevano tutti e sarebbe stato impossibile nascondersi da James, che l’avrebbe ritrovata e riportata indietro. Era persino possibile che la facesse davvero rinchiudere in manicomio.

    Sua madre era morta in un ricovero per malati di mente, imprigionata con l’accusa di adulterio. Era stata davvero pazza? Forse non all’inizio, ma di certo lo era diventata e suo marito, il padre di Cassandra, l’aveva esclusa dalla propria vita come se la moglie avesse cessato di esistere.

    James Elliott era capace di fare la stessa cosa con lei, se avesse cercato di contrastare il suo piano di darla in moglie a qualche ricco e vecchio possidente.

    Quel pensiero le procurò un brivido. Cassandra si coprì il volto con le mani, imponendosi di non piangere.

    Quando sentì qualcuno armeggiare con il chiavistello della porta, si asciugò in fretta il viso e nascose il frammento della poesia di Alasdair.

    «Miss Cassie?» Era Morag, la sua cameriera personale, al servizio della famiglia Elliott fin da quando Cassandra era una bambina. «Vi ho portato qualcosa da mangiare. Il laird è furioso con voi, ma adesso è uscito. Non tornerà prima di domani mattina» le spiegò, appoggiando il piatto di peltro e una ciotola sul tavolino. «Mangiate, signorina. Ritornerò fra poco per portare via il piatto vuoto.»

    Non aggiunse altro. Non ce n’era bisogno. Entrambe sapevano che, se James avesse scoperto la disobbedienza di Morag, la domestica sarebbe stata cacciata su due piedi.

    Ross alzò il volto verso il cielo. Muovendosi verso nord si era abituato alle giornate più lunghe e aveva approfittato del maggior numero di ore di luce per mettere la massima distanza possibile tra sé e la sofferenza di Londra. In quelle terre di confine nella Scozia meridionale, quando il cielo era sereno la luce perdurava quasi fino a mezzanotte.

    Il tempo però stava cambiando e con sorprendente rapidità. A ovest, grosse nuvole scure si addensavano nel cielo, come stalloni irrequieti pronti al balzo. Era in arrivo un forte temporale e c’erano pochi rifugi disponibili per un cavaliere solitario e la sua fedele giumenta.

    Ross spronò il cavallo. Cominciava a pentirsi di non aver fatto una sosta sul versante inglese del confine, dove avrebbe trovato un comodo letto e buon cibo. Ora che si trovava così vicino all’estuario del Solway non vi era una sola abitazione in vista. Di certo il terreno era troppo infido per gettare delle fondamenta.

    Poco più avanti, scorse un piccolo gruppo di alberi. Era pericoloso sostare in prossimità della vegetazione durante un temporale, ma, vista la rapidità con cui avanzavano le nuvole, Ross non vide altra scelta. Spronò ancora una volta la sua cavalla e si sporse in avanti per accarezzarle il collo.

    «Manca poco, amica mia» mormorò all’orecchio dell’animale. Hera era chiaramente nervosa, ma la voce del suo padrone sembrò ridarle energia.

    Gli alberi del piccolo bosco erano piegati da un lato per le raffiche di vento sempre più violente.

    «Meglio di niente» commentò Ross fra sé, preparandosi a smontare da cavallo.

    Un lampo squarciò il cielo, seguito da alcuni secondi di silenzio quasi irreale. Poi giunse il tuono, violento e assordante come un branco di lupi inferociti.

    Hera scalpitò, ma Ross la tenne ferma accarezzandole il collo in un gesto automatico. Non era alla propria cavalcatura che stava pensando in quel momento, bensì al suono che aveva sentito poco prima del tuono: un altro cavallo al galoppo. Dunque non era solo in quella notte selvaggia.

    E infatti, al di sopra del vento, udì di nuovo il rumore degli zoccoli e intuì che qualcuno si dirigeva a grande velocità nella sua direzione.

    Ross voltò Hera per affrontarlo, ma non aveva fatto i conti con il temporale. Proprio mentre il cavaliere gli sfrecciava accanto, un altro lampo serpeggiò nel cielo.

    Hera si spaventò e Ross perse minuti preziosi per calmarla e convincerla a seguire il secondo cavallo. Non aveva altra scelta: il chiarore del lampo aveva rivelato un baio terrorizzato e una cavallerizza altrettanto spaventata, con indosso quella che gli era sembrata una lunga camicia bianca, i capelli scuri che sventolavano dietro di lei come uno stendardo.

    Sapeva il cielo che cosa ci facesse da sola, in sella a un cavallo, in una notte come quella. Poteva trattarsi di una ladra o addirittura di un’insana di mente. Ma, chiunque fosse, Ross non poteva lasciarla alla mercé del fiume poco lontano e della tempesta.

    Lanciò Hera al galoppo, ben sapendo che le sue possibilità di raggiungere la fanciulla erano scarse; la sconosciuta lo aveva sorpassato a tutta velocità e lui non osava chiedere troppo alla propria cavalla. Tuttavia, doveva almeno tentare.

    Da qualche parte davanti a loro si apriva l’estuario del Solway, con le sue sabbie mobili e le maree imprevedibili. A meno che il cavallo non si fosse fermato da solo, avrebbe ucciso se stesso e chi lo montava.

    Ormai si trovavano nell’occhio del ciclone.

    La pioggia aveva cominciato a cadere torrenziale, come spesso accadeva nelle notti d’estate. Ross poteva sentire l’acqua penetrargli nei vestiti, ma continuò la corsa per raggiungere la giovane donna.

    Finalmente vide il cavallo a qualche iarda di distanza, ma si accorse con orrore che trascinava dietro di sé una figuretta vestita di bianco.

    Ross trattenne il respiro: la ragazza doveva essere rimasta impigliata nelle staffe e non avrebbe resistito a lungo in quella posizione.

    Sembrò trascorrere un’eternità prima che riuscisse a raggiungerli.

    Ross si sporse in avanti, afferrò le briglie del baio e finalmente riuscì a bloccare la sua folle corsa. Senza perdere altro tempo smontò da cavallo e s’inginocchiò accanto al corpo esanime steso sul terreno.

    La giovane non si muoveva e lui le passò un braccio sotto le spalle per sollevare il corpo inerte.

    «Posso rialzarmi da sola, signore, vi ringrazio!» esclamò una voce ferma da sotto la massa di capelli bagnati.

    Ross sobbalzò come se l’avessero punto.

    La fanciulla si mise a sedere e cercò di spostarsi i capelli dal viso. Poi sollevò un braccio in aria, trionfante. «Credeva di averla avuta vinta su di me» sbottò. «Ah! Come se potessi pensare di arrendermi!» Nella mano destra, arrotolate intorno al palmo, teneva le briglie del cavallo.

    «Sareste potuta rimanere uccisa» replicò Ross, sbalordito. «Perché non avete lasciato andare il cavallo?»

    «Perché ho bisogno di lui» replicò la fanciulla con semplicità, guardandolo attraverso le ciocche scomposte dei lunghi capelli scuri. «Senza di lui, la mia fuga sarebbe impossibile.»

    Ross scosse la testa. Forse era davvero pazza, sebbene parlasse in modo del tutto coerente. «Tenete fermo il mio cavallo» le ordinò, consegnandole le briglie di Hera. Poi si alzò e aiutò anche lei a rimettersi in piedi, si levò il pesante cappotto e lo avvolse intorno alle spalle esili della giovane, che ora tremava come una foglia.

    «Non dovete, signore» protestò lei, cercando di levarsi di dosso il pastrano. «Sto benissimo. Stavo solo...»

    «Sciocchezze» sbottò lui. «Vi prenderete un malanno se non vi riscaldate subito. Presumo che siate di queste parti. Conoscete un riparo di qualche tipo nelle vicinanze?»

    «Ebbene... c’è il casolare della vecchia Shona. Ero diretta lì quando Lucifer si è imbizzarrito.»

    Ross si lasciò sfuggire una breve risata. «Un nome molto appropriato, direi. Che cosa vi ha mai indotto a cavalcare un animale del genere? E per giunta abbigliata in questo modo?»

    «Parlate come un maestro di scuola. Perché ogni uomo che incontro vuole impormi la sua volontà? Sono perfettamente in grado di prendere decisioni per conto mio.»

    Lui sollevò un sopracciglio. Era chiaro che si trovava di fronte a una giovane gentildonna, che però appariva tutt’altro che capace di badare a se stessa. Inoltre, doveva avere al massimo quindici o sedici anni.

    Era bagnata come un pulcino, il suo abbigliamento era appena decente e montava un cavallo selvaggio. Aveva decisamente bisogno di qualcuno che si occupasse di lei.

    «Non sono un maestro di scuola, signorina, sebbene io possa sembrarvi tale. Mi chiamo Ross Graham e sono un forestiero in queste terre. Se me lo permettete...» Si produsse in un rapido quanto inelegante inchino, che lei osservò con un piccolo sorriso, «vorrei scortarvi al rifugio. Sareste così gentile da... ehm... indicarmi la giusta direzione?»

    Lei scosse la testa. «Un uomo che si attiene all’etichetta da salotto durante una tempesta deve avere la mente un po’ confusa.»

    Ross le posò una mano sulla spalla e la strinse; il tempo delle cortesie era finito. «Da che parte?» le domandò in tono impaziente.

    «Aiutatemi a salire a cavallo e ve lo mostrerò.»

    «Non vorrete davvero tornare in sella a quell’animale, vero?»

    «Certo che sì! Sarà molto più rapido che camminare e potete stare tranquillo che non lo lascerò partire di nuovo al galoppo. Inoltre, il temporale sta passando e Lucifer si sarà calmato.»

    «Buon Dio!» borbottò Ross tra sé, ma l’aiutò a rimontare in sella nonostante disapprovasse.

    La fanciulla ripartì a velocità fin troppo sostenuta per i suoi gusti e viste le insidie presentate dal terreno accidentato.

    «State attenta!» urlò Ross alle sue spalle. «Di questo passo e al buio ucciderete voi stessa e il cavallo.»

    «Non io!» ribatté lei di rimando. «Seguitemi, se ne avete il coraggio!»

    Nei dieci minuti che seguirono, Ross si chiese se fosse saggio mettere in pericolo se stesso e la propria cavalcatura in quel modo. Hera era stata la sua fedele compagna durante gli ultimi due anni della guerra d’indipendenza spagnola e non era giusto porre fine ai suoi giorni sulle rive del Solway.

    «Eccolo!» esclamò la giovane donna, indicando con la mano un minuscolo edificio seminascosto a ridosso di una piccola collina. «Presto!»

    Ross non si lasciò distanziare. Il temporale era davvero passato oltre e anche l’oscurità si era fatta meno fitta. Poteva vedere con chiarezza la cavallerizza davanti a sé, l’orlo della sua veste bianca che svolazzava al di sotto del cappotto e le lasciava scoperti i polpacci e i piedi.

    Quando raggiunsero il casolare, lei smontò da cavallo e bussò con forza alla porta, che venne aperta proprio nel momento in cui Ross si apprestava a fare lo stesso.

    Dall’interno sbucò un uomo alto e dalle folte sopracciglia nere, che abbassò lo sguardo sulla ragazza e piegò le labbra in un ghigno malevolo. «Proprio come

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