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La Finestra Appesa a un Filo
La Finestra Appesa a un Filo
La Finestra Appesa a un Filo
E-book191 pagine2 ore

La Finestra Appesa a un Filo

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Info su questo ebook

Il corpo di un ragazzino, vittima
di un bullismo d'altri tempi, viene trovato
nelle acque fredde di un fiume.

Il padre, un contadino in apparenza
burbero e privo di cordialità, cerca conforto
nella disperata ricerca del cagnolino di suo figlio,
scomparso la sera della disgrazia.

Trascura i lavori della terra e i suoi animali,
mentre sua moglie, al contrario,
si chiude nel suo intimo dolore di madre,
profondo e infinito come una spina nel cuore.

Le montagne, e una campagna selvaggia e silenziosa,
danno vita a un fiume che accarezza un paese
di gente semplice e laboriosa,
ma anche diffidente e sospettosa.

Ne faranno le spese,
complice un maresciallo poco incline
a rendere onore alla giustizia,
due giovani fratelli che vedranno
sconvolta la loro piccola esistenza.

“Questo perché il mondo ha molte facce,
e a ognuno tocca in sorte la sua”.

RECENSIONI

“Con 'La finestra appesa a un filo' Toni Carli ci regala un romanzo complesso per la profondità dell'analisi psicologica dei personaggi in un contesto nuovo per il suo stile letterario panico, a tratti lirico. Possiamo, infatti, definirlo un giallo che trae alimento da relazioni umane ambigue, talora torbide, mischiate a ingenuità e malizie. Le brume friulane, più morali che meteoriche, mettono in evidenza un paesaggio interiore che muta a contatto con una realtà che vìola gli equilibri tradizionali. Episodi paralleli che interferiscono tra essi nella coralità di un paese straniato. Un libro da leggere tutto d'un fiato.”
Alfredo Camozzi, professore di filosofia

L’autore

Un incidente stradale di parecchi anni fa
lo ha costretto su una sedia a rotelle.

Da quel giorno ha imparato
a suonare il pianoforte e
a coltivare un orto giardino.

Tra uno spartito e l'altro,
tra una piantina e l'altra,
nel verde delle colline
ha scritto il suo quinto libro.

Un racconto ispirato dalla vita di campagna,
dai boschi e dai fiumi che
hanno accompagnato la sua gioventù.
LinguaItaliano
EditoreToni Carli
Data di uscita10 dic 2018
ISBN9788829571888
La Finestra Appesa a un Filo

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    Anteprima del libro

    La Finestra Appesa a un Filo - Toni Carli

    Valeria

    I

    Il padre di Mattia si sveglia presto al mattino, è ancora buio; apre la finestra e la luce della cucina va a sbattere su una zucca rampicante che penzola dal portico. La testa greve di sogni, sente che la notte è alle sue spalle e che presto il sole, uscendo dal suo nido, inonderà le valli di una luce gialla.

    A est il cielo comincia a schiarirsi. Esce da casa, mentre l'ultima civetta vola verso il fienile per trovarvi rifugio dalla luce del giorno. Sotto il portico inforca la bicicletta, e pedala, due chilometri di strada, quasi tutta a sterro, per presentarsi davanti alla chiesa.

    A volte è nella preghiera che si sente più felice, protetto, come se il mondo non potesse raggiungerlo. Fino a poco tempo fa tornava a casa la sera tardi, la luce insidiosa e ubriaca, il fanalino della bicicletta incerto tra il fosso e lo sterrato, l'alito pesante di grappa invecchiata male. Ogni tanto bisognava andarlo a cercare di qua e di là, si perdeva per le strade nelle notti senza luna e una volta trovato, dovevi spingerlo verso casa come un vitello vagabondo. Il bere lo conduce in direzioni diverse, a volte gli porta allegria e fiducia in se stesso, altre volte lo spinge a cercare nel profondo oscuro dell'anima pescando qualcosa di cui ignorava l'esistenza. Al bar lo conoscono tutti, si veste con abiti di cui non si capisce nemmeno da dove vengano, e tutti lo prendono in giro per l'odore che emana, un forte odore di stalla.

    L'alba giunge di un vivido arancione, screziato in basso da strisce rosa. Un cinguettio sommesso di uccelli rintanati nel groviglio del sottobosco, si alza piano piano, ancora impaurito. Mentre la luce solitaria del mattino si distende sull'altopiano, i pini neri sembrano trattenere l'ultimo respiro della notte. Sui segreti rumori del risveglio si staglia il liscio frusciare delle ruote sull'asfalto. Davanti alla chiesa si ferma e alza lo sguardo al cielo, cercando di tenere a bada il dolore.

    Entra nella casa del Signore per stare un po' da solo, lui e il Cristo in croce, prima che il giorno gli si ribalti addosso con tutte le sue schifezze e malinconie.

    Le afflizioni sono tante, la lista dei dispiaceri assai lunga, una sfilza di domande da infilare a una a una come grani nel rosario della vita. Perché si vive, mio Signore? Perché? Sta chiedendo questo, nel silenzio assoluto di un nuovo giorno, le sole cornacchie a zampettare sul tetto come passi che lo vengono a cercare.

    In piedi, appoggiato al banco di preghiera, la mano scivola sul legno caldo come se accarezzasse il corpo di Cristo, inspira profondamente e chiude gli occhi. Chiede a Dio di tenerlo lontano dal bere perché il vino è fonte di colpa e di peccato, davanti all'altare implora Dio di perdonarlo per aver abbandonato i figli, per non averli istruiti, ascoltati, amati. Papà, dove va il sole a dormire, perché le foglie cadono in autunno, perché i fiori profumano, perché le persone muoiono, il mondo finirà?

    Lui di figli ne aveva avuti quattro, e ora nessuno. Si pensa sempre di non sapere quello che si ha finché non si è perduto. Quando si è soli, è facile farsi delle illusioni, mostrarsi caritatevoli, dimostrare amore verso il prossimo, fingere di avere una risposta a tutto. A lui capitava di trovarsi in mezzo alla gente e di colpo tutto diventava più complicato. L'aria beveva la sua saggezza e faceva di lui un povero idiota sotto gli sguardi di tutti, e allora non ti credi più tanto amorevole, dici solo cose stupide, e tutto ti si rovescia addosso.

    La mano adesso non scivola ma si aggrappa al legno liscio del bancale, lo stringe forte come solo le mani callose di un contadino possono fare. Gli capitava a volte di doversi aggrappare a qualcosa, giusto per non cadere e rompersi la testa, o semplicemente per non perdersi e trovare la strada che fa per lui, come un cieco col suo bastone.

    Indugia un po', prima di uscire. Ogni volta è così, più passano i giorni, le settimane, i mesi, e più avrebbe voglia di rimanere più a lungo. Con gli occhi colmi di stupore, beve gli affreschi sul soffitto della navata centrale, ne assapora ogni centimetro, con la complicità del calore e della luce delle candele. A poco a poco la vista si abitua alla penombra, le nuvole sono soffici poltrone, dove gli angioletti giocano e si divertono. La sua testa si riempie delle loro voci lontane, ne indovina appena l'eco. Alcuni dettagli sono nascosti o poco chiari, non si vedono ma si possono immaginare nel silenzio attorno a lui. Si sta bene qui dentro, l'odore è buono e nessuno ti vede, nessuno ti prende in giro. D'istinto si annusa i vestiti come un cane randagio, non hanno mai avuto un odore così sgradevole, e si scusa con Dio.

    Dal nulla la luce del mattino s'infila dalle alte finestre della navata, ed è come se un arpione lo infilzasse per portarlo via da quella disperazione.

    Lancia un'occhiataccia alle cornacchie sul campanile, che a loro volta lo ricambiano con un versaccio crudele. Il sole è appena spuntato all'orizzonte, chiazze di nebbia sopra il fiume si stanno disperdendo nei boschi come fantasmi dopo un convegno notturno. Non piove da parecchio, le strade alzano polvere sul verde intorno. Una piccola preghiera l'ha fatta anche per questo, per il bene dei suoi campi, dei suoi raccolti, e anche per i suoi animali che raspano il cortile e il terreno intorno alla stalla, indurito come la pietra.

    A casa lo aspetta la moglie, invecchiata in un attimo, quell'attimo che le ha portato via il figlio, il più piccolo. Era già una donna fragile, delicata, un corpo poco resistente alle fatiche della campagna, poco resistente al tempo. Adesso non è niente, solo un corpo che sospira. È pesante di tristezza e il cuore nel petto batte piano, un cuore che se ne sta andando pezzo dopo pezzo, come un vecchio straccio che si disfa nel bucato. In un battito di ciglia si è ritrovata vecchia, lo sguardo a fissare il vuoto, inespressivo, come se non pensasse a niente, inferma in un angolo della cucina a biascicare il nome del figlio aspettando che il tempo ingiallisca i ricordi. Non c'è molto spazio per qualcosa d'altro negli occhi di una madre. Mattia, Mattia, come se neppure la morte potesse recidere il legame tra madre e figlio. La sua vita è diventata una lotta per tenere il freddo fuori dal petto, si copre le spalle con uno scialle di lana grossa per allontanarlo dal cuore. Ma non basta. Appena si alza per quei dieci passi che le servono per le faccende domestiche, ecco che tutti quei ricordi trovano il tempo di girarle in testa, costringendola a sedersi di nuovo. Il passato le scava velocemente la terra sotto i piedi. Chiama suo figlio, perché una morte così non può avere l'ultima parola. Nessuno muore, se lo si ricorda, e il cuore si raffredda se non batte per una persona che si ama.

    Quando torna suo marito, la trova sempre nell'angolo della cucina, accanto al caminetto spento, l'alito caldo della vita le si allontana sempre di più a ogni minuto che passa. Sta lì, seduta ad aspettare chi non può tornare, il grembiule scuro di lacrime, macchie che non se andranno mai. Che cos'è la vita? Si chiede in silenzio, ma è lontana anni luce da una risposta; e non c'è niente di strano, le risposte non le hanno nemmeno i vivi, o chi ha vissuto e ha oltrepassato il muro della vita.

    Ha sempre qualcosa da fare tra le mani, calzini da rammendare, stanchi bottoni da ricucire, pantaloni da rattoppare, gomitoli di lana da sferruzzare per farne maglioni per l'inverno. Perché da qualche parte bisogna pur posare gli occhi. Se li chiude, vede quello che non c'è. Tutta la sua vita scorre attraverso gli occhi, dietro quel sipario dove sfuggono al tempo e a ogni controllo. Hanno il potere di salvarci, o di spegnerci per sempre.

    Sulla tavola ha preparato due tazze di latte caldo, una per il marito e l'altra per chi non c'è più. Poi, in pochi passi, cambia l'acqua ai candidi gigli che emergono da un esile vaso di cristallo. Spesso i morti sono più presenti dei vivi, hanno i loro momenti, i loro giorni per venirci a trovare, le loro ore del giorno e della notte.

    Il padre di Mattia entra in casa, il silenzio rotto soltanto dal ticchettio meccanico di un orologio a pendolo appeso alla parete del corridoio. Appoggia il cappello su un attaccapanni appesantito da una giacca e una mantellina per la pioggia, e si avvicina a sua moglie, le accarezza la testa e le sussurra di farsi forza e di pregare. Che Dio ci aiuti. Altre parole non servono e nel silenzio la vicinanza basta a esprimere tutto quello che c'è da dire. La loro vita è diventata un affanno e le parole spesso non sono niente, un logoro vestito, dove il freddo penetra le ossa e la sventura scorre nelle vene senza riparo.

    Lei ora non prega più. Impossibile costruire un nuovo mondo su quelle macerie. Ora c'è solo il buio attorno e non chiede più niente, del resto Dio prende e Dio dà, ci regala tante cose per poi tornare a riprendersele, e di solito prende sempre più di quello che dà.

    Il vapore del latte a poco a poco svanisce e lui esce dalla cucina, le due tazze rimangono sulla tavola come due fari spenti. Si mette in spalla un sacco di granaglie da portare agli animali, un peso gradito, uno sforzo fisico per riposare lo spirito, per dimenticare se stesso e non essere dilaniato dalla sofferenza, da un vuoto pieno di mille domande.

    Dopo aver aperto il pollaio e riempito il trogolo ai due maialini, entra nella stalla, come tutte le mattine. Non fa nemmeno caso al tempo che passa, la sofferenza e la fatica lo rende tutto uguale. Trova conforto nelle sue mucche, ormai ridotte a una mezza dozzina. Un paio sono sulla via del tramonto, e al prossimo inverno finiranno al macello. Le altre, a vederle, paiono piuttosto in salute.

    E in più c'è Caronte, un vitellino tutto nero con una chiazza bianca in fronte. Non poteva nascere che così, con quel drappo nero addosso. Caronte è nato la stessa notte in cui il corpo di suo figlio è stato ritrovato nelle acque nere del fiume, annegato come un coniglio, lo stesso limpido fiume che lo aveva battezzato tredici anni prima, e tante altre volte ancora nelle estati a seguire.

    A Caronte è stato riservato un trattamento speciale. Non capita spesso che la vita di questi animali deragli da ciò che è previsto per loro, che accadano degli imprevisti, piccole coincidenze che cambiano il corso delle cose. A lui invece è stato concesso il privilegio, qualcuno lo chiama destino, di non essere separato da chi lo ha messo al mondo e di berne tutto il latte che vuole, fino a scoppiare.

    Prima di cominciare a mungere, il padre di Mattia attacca la spina e accende il vecchio giradischi. Gli hanno detto che la musica di Mozart aiuta le vacche a produrre più latte o quantomeno a renderlo più buono. Allora forse era il caso, si diceva, di farla ascoltare nelle vie cittadine, nelle piazze e, soprattutto, nel bar del paese. Poi comincia a mungere, non prima di essersi fermato un attimo ad ascoltare i solchi di quel vecchio disco, una musica che dovrebbe dargli un po' di sollievo, tirarlo su o meglio strapparlo dal fondo grigio in cui è precipitato. Tutto ha uno scopo nella vita, o perlomeno cerchiamo di esserne convinti.

    Poi va da Caronte, il prescelto, e gli gratta il collo dietro le orecchie. Nessun commerciante avrà il piacere di acciuffare questo bel vitello che scoppia di salute. Prima li vendeva per mandare a scuola suo figlio, combattendo con fatture e bollette per far tornare i conti. L'istruzione di un figlio comporta un sacco di spese, non solo libri e quaderni, bisogna vestirlo bene, comprargli un paio di scarpe buone perché il pulmino non arriva in campagna e un chilometro di strada lo deve fare tutto a piedi, con il sole o sotto la pioggia, la cartella come ombrello e il fango sotto le suole. Deve essere pulito, senza il nero sotto le unghie e dentro le orecchie. Per costruirgli un futuro, un mondo che doveva essere migliore del suo, gli aveva appena comprato una bicicletta, il regalo di Natale, la stessa che è stata ritrovata sulla riva del fiume quella sera maledetta.

    Per gli altri due maschi della famiglia non ce n'era stato bisogno. Cresciuti in fretta nel cortile di casa, dopo le elementari erano rimasti a fornire le braccia ai campi, per poi partire per l'estero, uno dietro l'altro. Della femmina non ne parliamo neanche, non era costata nulla e si sono accorti di lei solo quando, nemmeno diciottenne, era scappata da casa correndo dietro a un ragazzino poco più grande di lei. Questo perché il mondo ha molte facce, e a ognuno tocca in sorte la sua.

    Arriva da Caronte e tira un sospiro, non per la sorte dei due figli maschi e tanto meno della femmina, piuttosto per quei due occhi grandi che lo fissano e sembrano sempre spalancati dallo stupore. In quello sguardo i suoi ricordi si affastellano come foglie intorno a un vortice. Le gambe hanno un accenno di tremore e allunga il braccio per aggrapparsi alla greppia. Anche se possono sembrare belli, i ricordi non ci tengono a galla in mezzo alla tempesta, ci fanno precipitare nel buio senza scampo e senza salvezza.

    II

    Mattia alza la testa e fa un piccolo sforzo per sentire cos'ha da dirgli sua madre. È nella sua stanza al piano di sopra, in cima a una scala di tavole, scricchiolante e dai gradini disuguali. Il sole pomeridiano fa filtrare dalla finestra una luce sbiadita, rovesciandosi pigramente su un lettino addossato alla parete; un comodino, una sedia e un armadio a muro completano una stanza fredda d'inverno e calda d'estate. Come spesso gli accade, si ritrova assorto nelle pagine avventurose di un libro, un universo tra le mani. Storie che gli servono per togliersi ansie oscure che ogni tanto risalgono dall'abisso della sua anima e appaiono nei buchi neri del cuore. I viaggi tra folte foreste e lungo fiumi infestati di coccodrilli diventano una dolce medicina, storie che allungano il collo dal cielo, nuvole che si gonfiano e rilasciano miele, sotto l'ombra che da sempre illumina il mondo, una coppa che svuota l'acqua dalle falle di una barca che rischia ogni giorno di andare a fondo. Per un po' li tiene lontani, ma quando si ritrova tra i suoi compagni di scuola, questi piccoli esserini neri iniziano a danzare avvolgendolo in

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