Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La magia del Natale
La magia del Natale
La magia del Natale
E-book349 pagine4 ore

La magia del Natale

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Un momento magico da trascorrere circondati dal calore della famiglia, dai sentimenti genuini, dall’essenziale che torna almeno una volta l’anno ad insegnarci perché il Natale riesce meglio di qualunque altra ricorrenza a scandire i momenti della nostra vita.
LinguaItaliano
Data di uscita11 dic 2020
ISBN9791220235839
La magia del Natale

Leggi altro di Aa.Vv.

Autori correlati

Correlato a La magia del Natale

Ebook correlati

Racconti per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su La magia del Natale

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La magia del Natale - AA.VV.

    AA.VV.

    La magia del Natale

    La magia del Natale

    AA.VV.

    © Idrovolante Edizioni

    All rights reserved

    Director: Roberto Alfatti Appetiti

    Editor-in-chief: Daniele Dell’Orco

    1A edizione – dicembre 2020

    www.idrovolanteedizioni.it

    idrovolante.edizioni@gmail.com

    il treno di natale

    ¹

    di Elena Denisa Alexandru

    DIARIO DI SULLY - 25/12/1987

    Al raggio di luna piace giocare a nascondersi dietro l’angolo e poi, dopo averlo superato, gli piace uscire allo scoperto e accecare la strada.

    Ora illumina la mia scarpa sinistra. Da piccolo avevo prediletto la man sinistra e avevo odiato la man destra; la man del demonio!, guardati hai anche gli occhi vermigli del demonio. È lui ad averti partorito. mi gridava contro la dolce mamma e non le piaceva tenermi sul seno fin quando non l’ho abiurata e ho consacrato la man destra, dopo mi amava così tanto che alcune volte mi carezzava la testa con le sue lunghe dita da artista sporche di blu ciano e spesso mi faceva sedere accanto a lei quando piangeva il mar. Sosteneva che colui che dipinge è colui che si allontana e si priva delle emozioni che il soggetto ritratto suscita, mentre chi pinge respira in sincronia con la cosa che sta creando con la punta - attento!, solo con la punta - del pennello.

    Le ombre zampillano sulla superficie del muro, quando s’incontrano urlano d’orrore al vedere loro stesse nell’altro. Devo tener a mente di non lasciarle più sfuggire, creano figure mostruose. Ecco che ora mi sussurrano negli orecchi qualcosa di epocale.

    Sotto la tonda sfera luminosa, quando dentro le case con trepidazione si attende la venuta del vecchio sulla slitta, d’inquietudine mi vesto e del corpo martoriato mi svesto.

    La testa rotola giù sulla pietra tombale, un ruscello di porpora s’infiltra tra le mie gambe e scivola verso la negazione dell’accaduto. Dicotomia del corpo in questa notte di dicembre.

    Qualche settimana fa è stato il mio compleanno. Sono cresciuto di un petalo e mezzo. Saresti felice mamma! Ora sono finalmente grande.

    Ora posso fare finalmente le cose dei grandi!

    La testa rotola giù sulla pietra tombale e s’inchina al cospetto. Non ha vissuto tutte le vite. No, non ti voglio guardare.

    Lo scampanellio rosso del vecchio conquista la strada, allunga le dita, l’ombra si rabbuia e trema: è ora di retourner à la maison². Un bottone sfugge all’asola, finalmente libero di respirare e cade a terra con un suono metallico; il nero stival decapita la sua corsa, le dita goffe e paffute lo catturano e lo nascondono nella tasca sinistra della giacca fiammeggiante.

    L’odore acre degli aghi del pino loda la mia venuta - oh mio acanino, povero albero - mi hai atteso, sono finalmente qui, la mora luna non mi costringerà più a lasciarti da solo, tu sei il più pallido, ma non temere, io ti amerò finché c’è battito nel cuore. Io ti giurò dal profondo della mia mesta anima che non lo farò più, la testa non rotolerà più. Oh acanino, ascoltami, accetta il filo vermiglio che ti lego sulla punta, non rigettar il sacro.

    I passi risuonano solinghi alla ricerca della lutea luce, hanno l’aria della coperta gialla, derelitta sulla seggiola, non avanzano più per paura di sconsacrar il pavimento, ritrovano il solco, sono in pace lì così, per un attimo illuminato dall’ombra di un’auto che passa fuori dalla finestra.

    C’è un’ombra in me che si confonde con il cielo soffocato nella neve.

    Ecco che, bussano alla porta: tre tocchi di seguito, conta fino a quattro, batti il quarto. È il vecchio venuto a cucire il bottone, la barba ancora sporca di biscotti.

    Dal profondo del cielo il crepuscolo avanza verso la cima del monte, le guance del cielo si coprono d’imbarazzo ma la tosse incessante fa sì che perdano il loro naturale rossore e conquistino quel color egro. Qualche azzurro tenta di ribellarsi ma nulla può. Poderose risuonano nel cielo le lacerazioni della lama spinta verso i reni e rigirata nel flaccido corpo.

    Le strade sono ancora bollenti dalla rinnegata estate, uccisa dal peso dell’inverno, ma ora iniziano a tremar di freddo, sarà compito delle foglie tenerle al caldo e pigramente canteranno una trenodia colpite da un raggio di luna diurna e dopo verranno calpestate dal passo esanime.

    L’orizzonte lampeggia bianco, ferite sfolgoranti abbacinano le affascinanti nuvolette colore della panna che serene passeggiano sul campo di battaglia e senza timore s’avvicinano alla zona di confine, martoriata dalle bombe. Quelle stesse nuvolette infestano l’aria tipicamente natalizia del mese di dicembre e con lo stesso si compenetrano e si dissolvono lasciando ai posteri odor di cannella e pan di zenzero e di albero bruciato che fiero con i suoi rami spezzati e spelacchiati domina la collina dei martiri.

    Il vento trapassa l’iperuranio del vuoto, carnalmente s’unisce al monte. Sviscerati, disossati sospirano bufere di neve, l’amor passionale non ha il tempo di consumarsi, attende sulla punta delle dita, sulla punta del naso, sugli orecchi appuntiti, la lingua - nell’attesa che le labbra partoriscano le tant’anelate parole libetriche – s’intreccia e cade all’indietro, soffocamento! Sentenza di vita!

    La lanterna sulla sommità della cupola ottagonale chiude gli occhi di fronte allo schivo temporale, le lastre di piombo frenano i sospiri e i lamenti.

    Con ostinazione la risata delle tarsie marmoree policrome risorge.

    Il giorno di Natale finalmente il Sommo scende sulla terra e di candore ricopre i camini fumanti.

    DIARIO DEL CONTE DRACULA - 25/12/1897

    Attendo che tale J.H. arrivi presso la mia dimora cosicché il mio pianto possa finalmente trovar pace. È atteso per il mese di Maggio, manca poco, lo attendo come i fanciulli attendono la fetta di cozonac³ con più cioccolato o come i lupi anelano alla zona con più luce lunare, al bagliore crudele che possa liberarli dalla prigione corporea e farli ascendere al cospetto dell’Empirea.

    Prima sono andato in paese, piftiile⁴ erano quasi pronte quando sono partito. La chioccia Georgina e la chioccia Ilinca hanno deciso di non farmi più le uova, uno di questi giorni taglierò uno di quei pulcini ai quali tengono così tanto. Ho dovuto spegnere sarmalele⁵, avrebbero potuto affumicarsi, il lavoro di giorni sarebbe andato in fumo. Le persone in paese questa volta non hanno fatto caso al mantello spettrale che strisciava a terra, non hanno notato gli artigli (non trovo più le forbicette per tagliarli), ex abrupto⁶ un refolo di vento mi ha portato via il cappello e gli ultimi capelli bianchi che mi son rimasti in testa si son acconciati a nido.

    È il giorno della nascita del Celeste, mi devo comportare bene come Isabelle si raccomandava con me, ho dovuto coprire la sua sedia con un lenzuolo bianco, ora pare il fantasma dei Natali passati venuto a farmi visita.

    Sul tavolo, sulla sinistra, è presente il coltello con le rosette, un bicchiere se ne sta orfano sulla tovaglia di seta colmo di Țuică⁷.

    Un bacio immortale mi schiaffeggia, sembra dire riesci a sentirmi? Bramato amore, non lasciar il tuo pensiero fuggire. Manca poco alla congiunzione astrale.

    E il conte Dracula terminò il suo Natale ubriaco steso sul tavolo, sarmalele si bruciarono, credette di aver acquisito il potere profetico dei poeti – povero illuso!

    DIARIO DI SULLY - 25/12/1997

    Sono morto, grazie al cielo io sono morto. La mamma mi sta stringendo al seno.

    Ora posso nuotare nell’Azzurro degli occhi di Dio.

    Devo correre, mi chiama.


    1 In questo caso si fa riferimento al threnos(θρῆνος), canto funebre nella Grecia antica. Un esempio è riscontrabile nell’Iliade (XXIV, 720-774) con le lamentazioni per la morte di Ettore; famosi inoltre sono quelli di Simonide e Pindaro.

    2 Rientrare a casa, dal francese.

    3 Dolce tipico rumeno preparato solitamente durante le festività natalizie e pasquali. Molto simile al panettone.

    4 Piftie: gelatina preparata con il bordo e la testa di maiale e tanto aglio! Nel testo la parola piftiile contiene l’articolo determinativo.

    5 Sarmale: Involtini di verza con all’interno carne macinata. Nel testo sarmalele contiene anche l’articolo determinativo.

    6 Locuzione latina il cui significato è all’improvviso.

    7 țuică è una bevanda alcolica di origine rumena, solitamente distillata dalle prugne.

    il sorriso, e l’albero di natale del piccolo luigino

    di Renzo Brandalise

    In un paese molto lontano, sempre ricoperto dalla neve, viveva una famiglia poverissima che aveva un figlioletto di nome Luigino.

    Da tempo era molto malato e nessun medico aveva capito la causa di quella malattia che lo stava portando, lentamente, alla morte. Non si alzava più dal letto se non sorretto dai suoi genitori. Era fortemente dimagrito; gli occhi, affossati, erano contornati di colore grigio scuro ed era divenuto pallidissimo; era privo di forze e per mangiare doveva essere imboccato. Non sorrideva più e il suo viso, una volta bianco e rosso, era diventato bianco come la neve che ricopriva il prato fuori dalla casetta.

    Alcuni giorni prima di Natale, con un fil di voce diceva al papà, che gli era seduto accanto, sul letto con il materasso di foglie secche: Fra poco è Natale. Io scrivo una bella letterina a Gesù Bambino, forse lui riuscirà a farmi guarire quando nascerà.

    Ottenuti la penna e un foglio Luigino, dopo che il papà era uscito dalla stanzetta, iniziò a scrivere.

    Caro Gesù Bambino che vieni dal Paradiso, ti scrivo questa letterina per chiederti un regalo. Mi piacerebbe avere un albero di Natale che, sino ad oggi, non ho mai avuto. Papà mi ha promesso che, in quella notte, me lo porterai tu quando nella mangiatoia, fra la Madonna, S. Giuseppe, il bue e l’asinello, nascerai. Da tempo sono tanto malato e il sorriso se n’è andato.Ti prego Gesù Bambino, fammi guarire, è il più bel regalo che mi puoi fare così potrò trascorrere la festa di Natale felice e contento con mamma e papà. Sono sicuro che faresti contenti anche loro. Ti aspetto, intanto spero di non soffrire troppo.

    I genitori, di nascosto dal figlio, avevano aperto la letterina e letto cosa aveva scritto, mentre dai loro occhi uscirono tante lacrime che inondarono tutta la cucina. Purtroppo la mancanza di piante nella zona in cui c’era solo neve, non permetteva di soddisfare l’accorata richiesta che il figlio aveva rivolto a Gesù Bambino, e temendo che la malattia si aggravasse il papà , preoccupatissimo, rivolgendosi alla moglie esclamò:

    Devo trovare un albero per la notte di Natale, costi quello che costi, altrimenti corriamo il rischio che nostro figlio muoia.

    Il giorno della vigilia, salì sulla slitta che usava per andare in paese a fare la spesa, la attaccò alle renne che pascolavano nel prato davanti alla casetta e via di corsa, senza perdere tempo, verso il luogo in cui si trovava un grande stregone che, a detta delle persone del posto, aiutava tutti".

    Giunto nella grande grotta in cui abitava, lo trovò seduto, con le gambe aperte, sopra un grande sasso di colore verde e giallo e gli chiese: Buon stregone, tu che aiuti tutte le persone che hanno bisogno, ti chiedo, in tutta umiltà, se puoi aiutarmi a trovare un albero di Natale per mio figlio che è gravemente ammalato e che sta per morire.

    Lui, fortemente rattristato, mandò, subito, a chiamare la sua grande amica: La fatina rosa, che si trovava in cielo tra le nuvolette a forma di pecorelle, e le disse: Cara amica, bisogna trovare un albero di Natale per il figlioletto di questo buon uomo, che è molto malato, ed ha chiesto, con una letterina a Gesù Bambino, di regalargliene uno per Natale.

    Detto fatto, la fatina tirò fuori dal suo bellissimo e luminoso vestito rosa, una scintillante bacchetta magica che batteva due volte sulla spalla del papà di Luigino, mentre pronunciava alcune parole magiche:

    Crinsi, cronsti, sidù. Ora - disse la fatina, rivolgendosi al papa del bambino - La notte di Natale per il tuo figlioletto ci sarà un bellissimo albero di Natale sul quale ci saranno tantissime luci e candeline.

    Però, prima di andare via, dovrai vestirti da Babbo Natale - aggiunse la fatina - E con la tua slitta, che riempirò di doni, li dovrai portare in tutto il mondo per distribuirli ai bambini. Perché tu possa essere visto da tutti loro, metterò sulla schiena delle renne che tirano la slitta, due grandissime ali lucenti.

    Il buon Luigino, trasformato in Babbo Natale, iniziava il lungo il percorso nei cieli di tutto il mondo, tra grandi fiocchi di neve che volteggiavano nella notte Santa.

    Durante il lungo volteggiare nel cielo, ogni tanto scendeva sulla terra e distribuiva i doni a tutti i bambini che lo attendevano a braccia aperte.

    Al termine del viaggio, la slitta tornava ad essere quella di tutti i giorni e alle renne venivano tolte le lucenti ali, mentre il papà di Luigino tornava a vestire gli abiti di sempre. Così ricomposto, tornava nella sua casetta immersa dalla neve, dove trovava aria di grande festa.

    Il figlioletto era guarito perfettamente, e sprizzava di salute e di felicità da tutti i pori. Sul suo viso era tornato il bellissimo sorriso che, da molto tempo, lo aveva abbandonato. Uno stupendo albero di Natale si trovava a fianco del focolare acceso, sul quale c’erano tante luci, candeline e regali che facevano piangere di gioia il papà e la mamma.

    Sul tavolo si trovava una grandissima torta di cioccolata sulla quale c’era scritto: Festeggiamo l’albero di Natale, che Luigino ha chiesto a Gesù Bambino e che ha sempre tanto desiderato.

    Mentre lo osservavano si affacciavano sulla porta della casetta la fatina e lo stregone che auguravano Buon Natale a tutti.

    Luigino, saltato in piedi come le cavallette sui prati in tempo d’estate, radioso di gioia e di felicità, si gettò tra le braccia della fatina rosa e poi in quelle grosse dello stregone e li ringraziò baciandoli continuamente.

    Loro, ricambiando i suoi abbracci, esclamarono: Caro Luigino, ama sempre Gesù Bambino e i tuoi genitori che, per due volte, hanno dato luce ai tuoi occhi; quando sei nato e quando sei guarito dalla grave malattia. Amali finché puoi, perché quando la loro luce si spegnerà, non sarà più possibile riaccenderla.

    Poi, immersi in un grande alone di luce, velocemente, si diressero verso il cielo, dove li attendevano le nuvolette a forma di pecorelle che piacciono tanto ai bambini.

    una lettera speciale

    di Monica Bresciano

    Mia cara dolce Matilde,

    quanta gioia ho oggi nel cuore, sono così felice che neanche immagini! Credevo proprio che non mi avresti più scritto e invece... Ho ricevuto la tua lettera insieme alle migliaia di altre letterine dei bambini di tutto il mondo, e l’ho subito riconosciuta, sai perché?

    Ora ti svelo un segreto… le letterine dei bambini che, come te, sono già un po’ più grandicelli e hanno qualche dubbio su di me, profumano di neve, hanno luce di stelle e planano leggere sopra tutte le altre perché non devono passare inosservate. I bambini che le hanno scritte hanno bisogno di sapere che io ci sono, che esisto e che ogni Natale passo da loro. Ebbene, è così, come vedi sono qui che ti scrivo per dirti che sei una bambina meravigliosa perché sei stata capace di scavalcare le parole, di ascoltare il tuo cuore e tenermi ancora accanto a te.

    Sai Matilde, sento ancora vivo il tuo dolore quando, lo scorso Natale, la maestra ti ha dato motivo di dubitare di me; le tue lacrime erano così sincere da farmi capire quanto io fossi importante per te.

    Non a caso, lo hai dimostrato anche quest’anno scrivendomi ancora. Sai, purtroppo, il mondo dei grandi a volte è arido di sogni e così nasce l’incapacità di guardare alle cose con gli occhi fanciulli. Vedi Matilde, ci sono bambini che non crescono mai e questo non è bene perché non si può fermare il tempo e restare sempre piccoli, corpo e mente hanno bisogno di crescere in armonia per poter affrontare le difficoltà della vita e non rischiare di diventare adulti insicuri. Poi ci sono bambini che, purtroppo, crescono troppo in fretta perché la vita li costringe già da piccoli a superare prove dure negando loro la spensieratezza. Neanche questo va bene perché l’infanzia dovrebbe essere per tutti il periodo più bello e leggero della vita, privo di ansie e preoccupazioni; crescere troppo in fretta, a volte, rende rigidi e spietati con se stessi e con gli altri.

    Poi ancora ci sono bambini che crescono agiatamente diventando inevitabilmente adulti ma che, senza una ragione né un motivo, dimenticano il colore dei sogni. Chiudono in un cassetto la musica delle emozioni e vivono nel mondo dei grandi pensando che i sogni non abbiano più importanza e dimenticano così di nutrire il loro cuore bambino convinti che non esista più.

    No, mia dolce Matilde, non è così, tutti noi abbiamo una parte del cuore che non cresce mai, quella parte di noi che conosce lo stupore per le piccole cose, che gioisce per un raggio di sole all’improvviso, per un fiore che sboccia, per un cuore sull’asfalto, per una nuvola rosa, per una pallina di Natale tra le dita, è quella parte di noi dove abitano i sogni e la fantasia. Io vivo lì in quella parte di te che non mi ha mai mandato via, quella parte segreta del tuo cuore che nessuno ti potrà rubare mai, è preziosa come un diamante, abbine cura e custodiscila con amore, è la parte più pura di te dove, se vorrai, vivrò per sempre, anche quando sarai grande.

    Chiudi gli occhi e sogna… verrò da te, riempirò il tuo sacco di doni, di gioia e di risate, ti lascerò questa lettera che so leggerai e custodirai tra le cose più care. Nessuno mi vedrà, neanche la tua mamma, entrerò senza fare rumore e su di lei lascerò una carezza di luce, la stessa luce con cui ha saputo illuminare i suoi sogni ed i tuoi tenendomi sempre nel cuore consapevole di quanto sia grande la magia della vita. Guarda sempre il mondo con gli occhi dell’amore e in ogni cosa troverai il suo riflesso, ama a dismisura anche quando sarà difficile, amati sempre, qualunque cosa accada e non arrenderti mai. Ricordati di sognare e tienimi con te per tutto il tempo che vorrai in quella parte segreta del tuo cuore dove mi troverai ogni volta che cercherai te stessa perché io abito la tua essenza e non andrò mai via.

    Buon Natale piccola mia.

    Babbo Natale

    un natale perfetto

    di Santina Carbonaro

    Il coniglio Tip Top viveva solo nella sua casa appena fuori dal villaggio di Conilandia, ai confini con il bosco. La sua casa era circondata da un’ enorme giardino con tanti fiori e alberi di frutti. Il suo lavoro, lo spacca-legna, lo teneva occupato per tutta la sua giornata. Purtroppo, Tip Top, non aveva amici, era sempre solo, probabilmente per via del suo modo di essere sempre scontroso, cupo, scocciato e lamentoso, quindi aveva preferito isolarsi. Mancavano pochi giorni al Santo Natale e il coniglio Tip Top, come al solito si preparava a passarlo in compagnia di se stesso. Una sera di quelle, mentre era sdraiato sul suo lettino, Tip Top, finì nell’osservare il cielo, che quella notte era pieno di stelle. Tra tutte ce n’era una più luminosa dal colore d’oro. Così, Tip Top cominciò a pensare: Mi piacerebbe trascorrere un Santo Natale perfetto quest’anno, insieme ad una vera famiglia. Pensando ciò gli scese una lacrima, poi chiuse gli occhi e si addormentò.

    L’indomani, mentre si stava preparando, bussarono alla porta in modo insistente. Tip Top, che era nella sua camera da letto, scese di corsa le scale che portavano al salotto, aprì la porta e vide la signora Olga coniglia. Tip Top, ti prego aiutami, il mio piccolo si è perso da ieri sera nel bosco e non riusciamo a trovarlo. Solo tu conosci bene il bosco. Ti prego aiutami!, disse Olga coniglia piangendo.

    Certo, andiamo!, disse Tip Top, chiudendosi la porta di corsa alle spalle. Tutto il villaggio stava tentando di ritrovare il piccolo Ninì il coniglio, senza alcun risultato positivo.

    Stiamo perlustrando il bosco, ma del piccolo Ninì nessuna traccia purtroppo, disse il Sindaco del villaggio a Tip Top. Mi è venuta un’idea. Nel bosco, vi è tipo una conca formata da un grosso groviglio di cespugli ed erba alta, può essere che il piccolo, spaventato e infreddolito durante la notte, si sia rifugiato lì sotto, rispose Tip Top.

    Così si diressero tutti insieme verso il luogo indicato. Ecco, è lì!, esclamò Tip Top.

    Ninìììì, piccolo mio dove sei?? Sono la mamma, siamo venuti a prenderti. Esci fuori ti prego!, gridò a gran voce la signora Olga coniglia. Da lì a poco si udì una vocina esclamare: Mamma mamma!, e all’improvviso apparve il piccolo Ninì coniglio.

    Felici e contenti, tutti ritornarono al villaggio. Nessuno disse più una parola, neppure un grazie a Tip Top, ma lui si sentì contento e soddisfatto lo stesso, aveva aiutato qualcuno e questo lo faceva sentire bene, anche se non aveva ricevuto nulla. Pensò che era stato utile e si ripromise che qualvolta si fosse presentata l’occasione, lui sarebbe stato disponibile e pronto a tendere una mano a chiunque ne avesse bisogno. Passarono un paio di giorni e finalmente arrivò la notte del Santo Natale. Il cielo era limpido e pieno di stelle. Tip Top era sereno, aveva acceso il camino e stava preparando la cena. All’improvviso bussarono alla porta, andò ad aprire e vide il piccolo Ninì coniglio, insieme alla sua famiglia: Ciao Tip Top volevo ringraziarti per quello che hai fatto per me, disse sorridendo. Sì, grazie infinite davvero!, parlò a sua volta Olga coniglia. Abbiamo pensato di organizzare giù in paese una grande festa per la cena del Santo Natale, in tuo onore. Ci stanno aspettando tutti al villaggio, manchi solo tu, l’ospite d’onore!, disse Gigi coniglio, il padre del piccolo Ninì. Tip Top emozionato e onorato, accettando molto volentieri, si unì a loro. Si festeggiò tutta la notte con canti e balli. Quello fu il primo Santo Natale, dopo tanti anni, che Tip Top passava con degli amici e con una vera e propria famiglia. Da quel momento lui ed il piccolo Ninì coniglio divennero inseparabili. Cambiò anche il suo modo di essere, diventò più gioviale ed altruista con chiunque incontrasse, acquistando rispetto e tanti nuovi amici. Fu così che il desiderio di Tip Top fu avverato, grazie alla grande Stella d’oro. Questa è la prova che i desideri possono avverarsi, per cui crediamoci sempre!

    la stella d’oriente

    di Stefano Casulli

    La vita scorreva tranquilla in vicolo Salvatore Rosa, dai comignoli sbuffanti color catrame ne venivano fuori una mescolanza di profumi, aromi, fragranze e dalle aperture delle bianche abitazioni in pietra calcarea, soffuse luci illuminavano lo scenario festoso delle movimentate stradine, solitamente silenziose in quella stagione se non fosse per i sibili del vento che nelle gelide giornate invernali si insinuava attraverso le imposte e gli spifferi, disturbando il sonno dei suoi dimoranti. Qua e là negli angusti rioni si ammiravano eleganti giardini privati, balconi in festa e aiuole fiorite che restituivano eleganza, regalando un senso di pace ai viandanti che si addentravano in quei luoghi incantati.

    Seduto sui gelidi scalini di una dimora signorile il piccolo Nicolò se ne stava tutto solo destreggiando un flauto e ad ascoltarlo, senza giudicare quale unico spettatore, un gatto del quartiere che quotidianamente gli teneva compagnia nelle passeggiate per i vicoli del borgo antico al quale il nostro protagonista riservava in cambio qualche tozzo di pane e una scodella di latte.

    Nicolò, Nicolò, torna dentro che fuori si gela!, urlò una voce femminile proveniente da una finestra ubicata al piano superiore.

    Sì mamma, ancora qualche minuto!, ribatté con tono contrariato di fronte a quella richiesta il piccolo Nicolò.

    A pochissimi passi da lì, un gruppo di musicisti allietava con canti popolari le vie del borgo, augurando serenità e gioia ai rari passanti e a chi celato dietro le persiane ne seguiva il ritmo tamburellando il suolo con la suola delle scarpe. Nicolò gli corse incontro danzando allegramente sotto l’allegoria delle note musicali.

    Aveva appena otto anni, alto, molto alto di statura per un ragazzo della sua età, corporatura esile e un viso da angelo agli occhi di chi non lo conosceva affatto. In realtà avrebbe fatto le scarpe e dato del filo da torcere a chiunque si fosse imbattuto in lui.

    La sua casa, fungeva da spartiacque tra due vicoli, di cui da un lato vicolo della felicità e dall’altra vicolo del bacio così denominato per la presenza in fondo alla via senza uscita di un’antica scalinata dove le giovani coppie di innamorati si appartavano per le loro effusioni amorose, al di sotto di un arco in pietra che evocava una scenografia romantico medievale.

    In quella serata magica il cielo regalava uno spettacolo unico ed esemplare, le stelle proteggevano con il loro

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1