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I Dormienti
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E-book484 pagine8 ore

I Dormienti

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Info su questo ebook

Un'astronave gigantesca, la Eternity, vaga alla deriva nello spazio profondo con a bordo dodici adolescenti: sei maschi e sei femmine che si trovano in una stasi profonda. Vinicius salito a bordo incontra Albert, l'Essenza pilota, e gli chiede di aiutarlo a ridestarli dal lungo sonno. Gli dice che solo così potrà sconfiggere una volte per tutte i Mangiatori di Essenze: una razza aliena che vaga da una galassia a l'altra alla ricerca di Essenze vitali, che cattura e poi fa prigioniere per ricavare da loro l'energia oscura di cui si nutrono. Ma non sarà facile farli uscire dalla stasi, i dormienti hanno creato 12 alter-ego e questi, dodici mondi fantastici che la Eternity ha reso così reali che credono essere quella la loro vera realtà. Riuscirà Vinicius, con l'aiuto di un'assassina prezzolata, a convincere i dormienti che quello che stanno vivendo è solo frutto delle loro emozioni?
LinguaItaliano
Data di uscita6 feb 2019
ISBN9788831601726
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    Anteprima del libro

    I Dormienti - Silvio Esposito

    sostenitrici.

    Ringraziamenti

    Sono doverosi da parte mia, ma prima di passare a farli, a chi li merita, voglio esporvi i motivi. Tutto è iniziato il giorno che mi sono iscritto su Facebook per condividere le mie idee sull'essere e cosa lo muoveva a restare in questa realtà. In quell'ambito, un bel mattino, diedi l'incipit ad alcuni amici virtuali e iniziammo insieme a scrivere una storia fantastica. I partecipanti più attivi crearono subito personaggi come Eriel: nata dalla mente di Erica Elsa Furlan. Della principessa Bastet e la sua amica inseparabile Anat, nate da quella di Raissa Coco Comignani. E Soffio, la Signora dei Sogni, nata da quella di Miryam Cicco. - I nomi sono quelli utilizzati nel loro profilo Facebook e potrebbero essere degli pseudonimi. - Pertanto, insieme, avevamo poi dato vita ai primi personaggi della storia, che io, poi, ho inserito in un contesto più vasto rendendo la storia una saga vera e propria. Infatti ne inserii molti altri, tanti che poi ci rendemmo conto che non si poteva continuare: era difficile far interagire tutti i personaggi, in special modo farli dialogare; ma soprattutto perché io avevo nella testa la storia e loro non riuscivano più a seguirmi. Fatta questa breve premessa, doverosa da parte mia, passiamo ai ringraziamenti: in primis, per i motivi suddetti, vanno alle tre mirabili signore che hanno dato vita ai primi personaggi, senza di loro a questa saga non sarebbe stata unica nel suo genere. Ora passiamo ad altre cinque donne altrettanto fantastiche, quelle che mi hanno sostenuto con consigli e commenti sui vari capitoli che man mano scrivevo. Come Laura Capilla: che mi incitava di fare attenzione alla sintassi e poi mi spronava a fare meglio. I suoi consigli saranno il bagaglio che porterò per sempre con me. Valentina Campagnolo, che intervenuta più volte mi ha invitato a non usare troppo alcuni termini. Nora Agaz: che con la sua assiduità nel leggere i capitoli mi ha stimolato a continuare... stessa cosa Domenica Boccardo. Federica Paolucci, invece, esprimendo sempre la sua meraviglia nel leggere ogni capitolo, più di tutte le altre mi ha dato la forza di proseguire: un commento, in particolare, mi è stato molto caro, il più bello per me, anche se è stato esagerato a dire il vero: "questo capitolo mi è piaciuto moltissimo Silvio, i particolari sono molto ben descritti e i dialoghi sono belli, vi ho trovato l'atmosfera dell'unico, lungo, ma bel libro di genere Fantasy che io abbia mai letto: il Signore degli anelli. Perché simili sono gli intrecci e le storie fantasiose... Certo, paragonarmi a Tolkien è stato un po' troppo, anzi, direi esagerato; ma che dire, per uno scrittore esordiente, quale io ero e sono, un commento del genere non può che esaltarlo e stimolarlo a fare sempre meglio. Infine, un ringraziamento particolare va a mia moglie Rosanna, che ha dovuto sopportare le mie assenze pur se io fossi presente. Per farvi capire meglio, quando una persona vi parla e voi dite: sì ho capito", ma quando poi vi chiede: allora di cosa stavo parlando? E voi per tutta risposta fate scena muta, la guardate e restate imbambolati come un allocco persi nel vostro mondo immaginario.

    Capitolo Zero

    Albert

    D

    odici corpi in stasi, sei maschi e sei femmine non più che adolescenti si trovano a bordo della Eternity: un'astronave gigantesca capitanata da Albert, l'Essenza pilota.

    Ad Albert non è stato rivelato il motivo di quella scelta, non conosce i loro nomi e per questo li chiama simpaticamente i Dormienti. Tuttavia, il Primo Creatore prima di lasciarli andare alla deriva nello spazio profondo ha dato ad Albert un compito: proteggerli fino a che non si fossero destati, e quando ciò sarebbe avvenuto, cedere loro il comando dell'astronave e farsi da parte.

    Per questo motivo Albert da eoni viaggia da una galassia all’altra alla ricerca di qualcuno che possa aiutarlo a risvegliarle: perché le Essenze dei Dormienti si sono perse in mondi virtuali creati da loro stesse e la Eternity li ha resi maledettamente vivi e pericolosi. Le Essenze dopo aver creato un alter-ego, nato dalla paura che avevano al momento dell'ingresso e ora  in quella nuova realtà interagiscono inconsapevoli che il loro vero corpo si trova disteso in stasi a bordo di un'astronave.

    Un'astronave che i Mangiatori di Essenze vogliono distruggere a ogni costo, e prima che i Dormienti escano dalla stasi: Volcan, il signore assoluto di Horcobolus, è convinto che se non lo farà i Dormienti, riavuta l'Essenza, porteranno all'estinzione la sua specie.

    Capitolo 1

    Volcan

    E

    ra fuori di sé e se solo l'avesse avuto tra le mani in quel momento... beh, gli avrebbe stretto il collo talmente forte da spezzarglielo. Quell'ingrato di suo fratello, in combutta con Ataire, - il rammollito che lo seguiva ovunque – gliel'avevano portata via da sotto il  naso. E questo voleva dire che se Albert aveva acconsentito ad aiutarli gli avevano riferito ciò che lui intendeva fare. Maledetti imbecilli, non avrebbe dovuto fidarsi di quei due. Come poteva essere stato così stupido da lasciarli liberi di agire indisturbati. Ma adesso era troppo tardi per le recriminazioni, i fatti parlavano chiaro... Ma con suo fratello avrebbe fatto i conti a tempo debito, ora doveva riaverla, e nel caso Albert si fosse rifiutato di cedergli il comando, distruggerla con i suoi occupanti. Certo, non sarebbe stato facile, la Eternity era indistruttibile, ma doveva almeno provarci. Anche solo scalfirla quel tanto d'avere l'impressione che poteva esserci ancora un futuro per la sua specie.  Costi quel che costi, doveva fermarli, pensava Volcan convincendosi di poter riuscire in un'impresa a dir poco improbabile. Ma se ci fosse riuscito, cosa che molti ritenevano impossibile...  Se per qualche strano scherzo del destino fosse riuscito a ridurla in miliardi di pezzettini infinitesimali, beh... allora tutti l'avrebbero visto come un Dio e si sarebbero prostrati ai suoi piedi.

    E a quel pensiero sul volto di Volcan apparve un ghigno soddisfatto e poi gli s'illuminarono gli occhi.

    «Cosa aspetti Sotrianic! Entra e riferisci a Volcan che la Eternity è stata localizzata. Come minimo avrai una promozione per questo.»

    I compagni incitavano Sotrianic a entrare nello studio del signore di Horcobolus, ma lui non era del tutto convinto che poi avrebbe ricevuto un premio in cambio. Figuriamoci se Volcan l'avesse promosso per una notizia del genere si era detto. Per questo motivo aveva una paura fottuta di entrare. Perché sapeva cosa gli sarebbe accaduto se la notizia non sarebbe piaciuta a Volcan. Ma d'altro canto il comandante gli aveva dato un ordine ben preciso: dare la notizia che la Eternity stazionava nei pressi di Aethernum. Dunque come doveva comportarsi adesso?

    Sapevano tutti quanto Volcan fosse crudele. Era un mostro senza cuore. Perciò Sotrianic era certo che non se la sarebbe cavata a buon mercato e il terrore, in lui, era cresciuto fino al punto che si era bloccato. Intanto, i compagni insistevano che sarebbe andata bene, allora aveva preso coraggio e seppur con riluttanza, si era fatto avanti.

    La porta era scivolata di lato per dargli accesso, ma prima di fare il primo passo ed entrare,  Sotrianic prese a immaginare quale punizione gli avrebbe dato Volcan nel caso non avesse gradito la sua presenza. Una di quelle esemplari: il signore di Horcobolus era noto non lasciare impunito chi trasgrediva a un suo ordine. Volcan non perdonava mai, questo lo sapevano tutti. Tuttavia non poteva disattendere un ordine diretto senza per questo pagarla a caro prezzo: l'uno o l'altro lo avrebbero punito ugualmente. Al che Sotrianic fece un altro timido passo in avanti ed entrato nello studio di Volcan, si rese conto che ora non poteva più tornare indietro: Volcan lo aveva visto e anche se lo facesse non l'avrebbe passata liscia. Pertanto si fa avanti e sta per dare la notizia, ma prima di aprire bocca vine avvolto dalla luce e il suo corpo si smaterializza. Erano rimasti solo alcuni elettroni impazziti a testimoniare la sua presenza. La morte per lui era giunta pressoché istantanea, questa era l'unica nota positiva sull'accaduto.

    «Eppure lo sapete tutti, nessuno deve disturbarmi durante la meditazione. Per nessun motivo al mondo. Ed ecco cosa accade...» Siccome Volcan nel premere il grilletto aveva provato una sorta d'intenso piacere, l'aveva ribadito con una nota di euforia nel tono.

    Ora non poteva lasciare impunito chi aveva dato quell'ordine. Sarebbe stato un segno di debolezza da parte sua.  Sperava solo non fosse partito da Sìracus quell'ordine, perché sarebbe stato un problema. 

    La porta si era illuminata e Sìracus, si chiedeva chi poteva essere. Non si aspettava visite, e a quell'ora tarda poi. Tuttavia poteva essere importante, e anche se aveva deciso di non vedere nessuno, con tono seccato aveva invitato lo scocciatore a entrare. «Entrate pure, la porta è aperta.»

    La porta era scivolata di lato e dietro c'era Triglot, che con un aria preoccupata aspettava l'invito a entrare. Che arrivò subito. «Vieni avanti, cosa aspetti lì impalato, entra e accomodati pure dove vuoi.» 

    Dopo essersi seduto su di una poltrona di fronte a Sìracus, questi lo esortò a parlare. «Cosa ti porta da me a quest'ora, e perché hai quella faccia cupa... Ho capito, non dire altro, si tratta di Volcan, vero? Su, non tenermi sulle spine, cosa vuole da me questa volta.»

    «Volcan è su tutte le furie amico mio, ce l'ha con te e vuole vederti subito. Però, ecco,  questa volta fossi in te non andrei, non penso potrai cavartela a buon mercato. Vuoi un buon consiglio invece,  non presentarti, Volcan vuole fare di te un esempio e ti punirà solo per questo... Credimi, lo farà. Quel poveretto di Sotrianic non ha nemmeno finito di parlare che Volcan lo ha freddato, anzi, che dico, disgregato: il corpo si è volatilizzato e non è rimasta nemmeno la polvere. Quindi ora ascoltami con attenzione. Se non vuoi fare la stessa fine di Sotrianic ti conviene sparire per un po' e...» Triglot si era avvicinato a Sìracus e con fare amichevole aveva continuato. «C'è un cargo in partenza su cui potresti imbarcarti, è diretto su Aethernum e lì, Volcan, non verrà mai a cercarti. Quando  avrà sbollito la rabbia potrai fare ritorno e... Tranquillo, intercederò per te e non avrai alcun problema a mantenere il comando.»

    Sìracus a questo punto si fece maledettamente serio e indietreggiato di qualche passo gli vomitò addosso tutto il suo disprezzo. «Grazie, ma non lo farò. Sotrianic ha perso la vita per colpa mia e non me la sento di scappare... che figura ci farei. Ora veniamo a te, amico mio, credi che non sappia a cosa miri! E da molto tempo anche. Vuoi prendere il mio posto, non è forse vero? Speravi di tenermi lontano quel tanto da diventare comandante al posto mio? Ma come hai potuto pensare che fossi così ingenuo da non accorgermi che mi stavi tramando contro! Questi giochetti con me non funzionano, e non funzioneranno mai... Che delusione sei, eppure credevo mi fossi amico e invece... scusa, mi viene il voltastomaco al solo pensiero e... Basta, questa è l'ultima volta Triglot. Prova a minare ancora la mia autorità e provvederò a farti fare la stessa fine toccata allo sfortunato di Sotrianic. Ora, se proprio vuoi renderti utile e fare ammenda, fa in modo che la compagna e i figli di quel poveretto siano lautamente ricompensati... a spese tue, s'intende.

    Cosa poteva essere andato storto. Eppure aveva detto a Sotrianic di dire solo il necessario. Pertanto figuriamoci se si era comportato diversamente da come gli aveva ordinato di fare. Allora perché Volcan lo aveva disgregato? Adesso doveva trovare un modo per rabbonire il signore di Horcobolus, altrimenti correva il serio rischio di fare la stessa fine di Sotrianic. «Molto bene Triglot, vado da lui e quando gli avrò dato la notizia del ritrovamento della Eternity mi abbraccerà per la gioia... Beh, perché mi guardi sbalordito? Ah, capisco ed è vero. Forse ho esagerato un tantino, questa è una probabilità alquanto remota... Ma perché continuo a parlare con te, sparisci dalla mia vista... prima che ci ripensi e... Tu sai cosa devi fare, quindi va e non farmi perdere tempo.»

    «Scusa ma non è come pensi, ti sbagli di grosso Sìracus, io...»

    «Sei ancora qui! Che aspetti Triglot... Tanto tutto quello che potresti dire a tua discolpa non mi farà cambiare idea su di te.»

    Lasciato l'opportunista di Triglot, indossata l'uniforme Sìracus era uscito per poi dirigersi verso il sontuoso studio di Volcan. Doveva calcolare bene i tempi, tutto stava nel dire la parola Eternity e il più era fatto. Dopodiché, data a Volcan la notizia del ritrovamento dell'astronave, e di come fare a raggiungerla, - Triglot senza volerlo gli aveva dato un'idea in proposito era certo che ne sarebbe uscito vittorioso. Ma, più che altro, vivo e vegeto.

    Arrivato davanti alla porta d'ingresso allo studio di Volcan, una delle due guardie lo aveva annunciato e subito dopo una voce baritonale, a lui conosciuta, lo aveva chiamato per nome. «Entra pure Sìracus, noi due, come ti avranno già informato, dobbiamo parlare di faccende molto serie.»

    Entrato, Volcan aveva in mano un'arma e Sìracus, nel vederla, si chiese se fosse la stessa  usata per vaporizzare Sotrianic.

    Perché Volcan lo guardava con malanimo, c'era astio in quello sguardo, da cui traspariva odio e soprattutto rabbia. Una parola detta male, o non detta, e Volcan avrebbe usato l'arma contro di lui, ne era certo. Pertanto doveva essere molto prudente e per questo non disse nulla.

    Intanto, Volcan continuava a guardarlo senza muovere un muscolo,  il silenzio si era fatto opprimente e decise di parlare per primo. L'importante era giungere al punto senza tentennamenti nel tono. «La Eternity è ancora qui signore e io so dove si trova!»

    Poche parole, ma erano arrivate a segno. Infatti, i muscoli facciali di Volcan, prima contratti per la rabbia, ora erano  distesi e aveva un espressione addirittura compiaciuta.

    «Perché non l'hai detto subito amico mio.» Rispose di rimando Volcan con una voce distesa. Tutto questo chiasso per nulla... e io che credevo volessi nascondermi qualcosa. Molto bene allora... dove si trova la Eternity... ehm, scusa, hai ragione amico mio, la metto via subito. Ecco, vedi! La lascio sulla scrivania... Ora va meglio?»

    «Sì, molto meglio signore e mi lasci aggiungere che...»

    «Non aggiungere altro Sìracus, non rovinare tutto e... a proposito, la vuoi sapere una cosa divertente?»

    «Certo signore. Dica pure, l'ascolto.»

    «Ebbene, speravo tanto non avessi nulla di che discolparti e poterla usare ancora.» Volcan aveva un sorriso che la diceva tutta su quanto gli sarebbe piaciuto. «Naturalmente scherzo Sìracus, pertanto non temere. Lo sai che mi piace far stare sulle spine chi ho difronte. Comunque prima o poi sbaglierai e... ma torniamo alla Eternity. Dimmi Sìracus, dove si trova di preciso! Bada di non fregarmi però, altrimenti ti farò soffrire con... tu sai  cosa e mi risparmio la solfa.» Esclamò Volcan, che in piedi dietro la scrivania continuava a guardare Sìracus come se si aspettasse un errore da parte sua e avere una giustificazione per usare l'arma poggiata sulla stessa.

    «Si trova su Aethernum signore.»

    «Come su Aethernum? È tutta colpa di Bargund, lo sapevo, sa che non posso muovermi ufficialmente e che se lo facessi sarei costretto a portarmi al seguito un'intera armata. Ha tenuto conto dei nostri rapporti non proprio idilliaci con i Signori del Tempo e ha pensato bene che sarebbe stata al sicuro da loro. Tuttavia ha poca importanza, andremo su Aethernum lo stesso...  e tu verrai con me Sìracus.»

    Volcan aveva guardato l'arma posta sulla scrivania, questa volta con risolutezza, giusto a far comprendere a Sìracus che il tempo di giocare era finito. «Certo signore, verrò con lei. Tuttavia, se me lo consente avrei un'idea su come arrivarci senza dare nell'occhio. Ho saputo da fonti certe che un cargo è in procinto di partire per Aethernum, potremmo imbarcarci sotto mentite spoglie e una volta giunti faremo loro una sgradita sorpresa.»

    Volcan nel sentire la proposta s'inalberò per poi sbottare con aria disgustata.  «Mai e poi mai! Non viaggerò su di in un cargo puzzolente insieme a della plebaglia. Useremo una delle mie navi e... Non posso credere che tu abbia potuto pensare io potessi viaggiare con delle nullità e... Lasciamo perdere, tanto non capiresti.»

    Sìracus non aveva proferito parola e stava per andare via quando Volcan lo fermò. «A proposito Sìracus, volevo sapessi che sono contento di non averti ucciso. Però è un vero peccato che tu non sia arrivato in tempo, avresti potuto salvare la vita di quel poveretto... come si chiamava? Ah, sì, Sotrianic se non sbaglio... una nullità a dirla tutta e... Ma basta parlare di rammolliti, sono stufo! Va e preparati, ci vediamo all'astroporto tra poco, devo sistemare prima una cosa... ah, dimenticavo, l'astronave su cui viaggeremo è la Lotus, mi troverai sul ponte di comando.»

    «La Lotus signore?» Sìracus era sorpreso, non ne aveva mai sentito parlare.

    «Sì la Lotus,  mi è stata consegnata proprio ieri e non vedo l'ora di provarla. Non puoi sbagliare, la riconoscerai subito, è l'astronave più grande e anche la più bella.»

    Capitolo 2

    Ataire

    D

    ovevano lasciarla andare, gli aveva ribadito più volte Bargund, ma Ataire non si era ancora convinto che quella fosse la cosa giusta da fare. Tuttavia, il Maestro aveva insistito nel dirgli che non avevano altra scelta e lui non la pensava allo stesso modo. Così provò ancora una volta a dissuaderlo. «Siamo sicuri Maestro? E se la Eternity cadesse nelle mani sbagliate?» Ataire prima di continuare fece una breve pausa e poi, guardando Bargund dritto negli occhi, riprese con più fervore. «Penso che lasciarla andare senza nessuno a bordo... parlo di noi Maestro, sia una mossa sbagliata.»

    Ataire aveva espresso i suoi dubbi con un tono accorato, voleva che il Maestro sentisse e comprendesse cosa stava provando. E Bargund  lo aveva ascoltato, ma pur comprendendo lo sfogo del suo amico, non poteva tornare sui suoi passi. Anche perché Ataire era facile preda delle emozioni e passato il primo impulso, avrebbe capito e gli sarebbe passata. Il motivo era ovvio, il suo più caro amico non riusciva a capacitarsi del perché si ostinasse a restare, pensava che una volta giunto Volcan gli avesse fatto del male. Insomma, Ataire si preoccupava per la sua incolumità facendolo sentire in colpa, ma non poteva essere fatto diversamente: la Eternity doveva sparire e loro due, invece, dovevano restare. Pertanto provò a parlargli ancora una volta per rassicurarlo che tutto sarebbe andato per il verso giusto. «Questa è l'unica soluzione possibile, ne abbiamo già discusso un miliardo di volte amico mio e non si può fare altrimenti. Ascolta, se non lo facessimo sai cosa accadrebbe? Sì che lo sai, non fare il finto tonto. Lo vedo dal tuo sguardo che capisci cosa intendo. Non devono averla amico mio, e tu non devi preoccuparti per loro, penseranno altri a finire ciò che noi abbiamo iniziato. Come ti ho già detto più volte noi due resteremo ad aspettare il loro arrivo: la nostra cattura servirà a dare loro tempo prezioso.»

    Ataire a questo punto cominciò a tremare visibilmente e Bargund, dopo aver fatto un lungo sospiro, con fermezza riprese a parlargli. «Volcan non deve in nessun caso entrarne in possesso, se ciò accadesse la Eternity gli permetterebbe l'accesso a migliaia di galassie, che ora fortunatamente gli sono precluse. Mio fratello ha intenzione di catturare e tenere prigioniere sempre più Essenze, e se ne ottenesse a sufficienza, questo Universo sarebbe destinato a scomparire e con esso, coloro che lo hanno creato dandogli luce. Se ancora non è accaduto è per merito dei Dormienti che mantengono viva la prima Creazione. Hai forse dimenticato che mio fratello si è rivolto a me dicendomi di distruggerla? Però la Eternity è indistruttibile, non esiste un'arma che possa scalfirla e non facendo progressi, per evitare di essere disgregato, gli ho dato a intendere che esisteva un'arma capace di farlo. E pensa, quel giorno gli ho detto che anche tu ne eri a conoscenza. Sai questo cosa vuol dire? Che non hai più nulla da temere da Volcan, quindi quando si presenterà reggi il suo sguardo e il più sarà fatto. Dopodiché digli ciò che si aspetta di sentire: cioè che l'arma si trova su Aethernum, ma che tu non sai di preciso dove perché non te l'ho detto. Al resto penserò io.»

    Tranquillizzato Ataire, almeno così sperava, Bargund lo lasciò a riflettere. Sentiva anche lui il bisogno di restare un po' da solo per riflettere su quanto tra poco sarebbe avvenuto. E quale luogo migliore luogo per farlo se non il suo studio. Entrato, la porta non fece in tempo a scivolare di lato che era già davanti alla grande vetrata. Amava guardare da essa lo spettacolo che gli mostrava e come sempre, lo lasciava senza parole. Ad accoglierlo infatti c'era l'alba più bella di sempre. I colori con cui si mostrava erano indescrivibili: l'azzurro vivo del cielo veniva attraversato da strie dal bianco intenso al rosa pallido all'arancione intenso. Ma quando il sole fece capolino da dietro le montagne, un giallo brillante da mozzare il fiato prese il loro posto, il sole sorgeva ad annunciare un nuovo giorno ed era uno spettacolo da togliere il fiato. Era davvero un'alba fantastica, peccato che questo era un giorno infausto e non si sentiva dell'umore giusto per apprezzarla, pensò Bargund preoccupato per ciò che stava per arrivare.

    Alzato lo sguardo al cielo, Bargund la vide imperitura: era la Eternity e si stagliava nel cielo azzurro in tutta la sua fredda bellezza. Là, dove lo spazio infinito tra poco l'avrebbe inghiottita portandogliela via per sempre.

    Al pensiero di perderla provò un senso d'angoscia e per un istante gli venne l'impulso di cambiare i suoi piani. E l’avrebbe fatto se non fosse intervenuto l'allarme a fermarlo da quel proposito. Il sibilo acuto lo stava avvertendo che il nemico era giunto alle porte. Non c'era tempo da perdere, gli restava giusto il tempo di salutare Albert e ringraziarlo per la fiducia e l'amicizia che gli aveva concesso finora: chissà se lo avrebbe rivisto ancora in futuro e voleva lo sapesse.

    Per cui quando la porta di luce apparve nel suo studio, perché solo così si poteva salire a bordo della Eternity, e solo se Albert lo desiderava, Bargund l'attraversò e si ritrovò faccia a faccia con l'uomo più strano e imprevedibile dell'Universo. Che gli venne incontro e nello stringergli la mano con vigore si chiese come poteva essere possibile che un ologramma potesse arrivare a tanto. Perché Albert tutto era tranne che un ologramma: quando parlava con lui era come confrontarsi con un essere vivente in carne e ossa e per questo gli sarebbe mancato.

    Riflettendo su quella sua peculiarità, aveva perso la cognizione del tempo ed ebbero giusto il tempo di scambiarsi qualche cenno d'intesa che Albert, poi, lo aveva accompagnato alla porta di luce e Bargund  e si ritrovò di nuovo nel suo studio.

    Questa volta Bargund non si era fermato a riflettere e raggiunta la grande vetrata, arrivò giusto in tempo per vederla inghiottire dallo spazio profondo, che d'ora in poi l'avrebbe custodita nelle sue viscere gelosamente.

    Salutata con un pensiero e raggiunta la scrivania, Bargund prese posto sulla grande poltrona retrostante e si mise in attesa che Volcan, o qualche suo tirapiedi, giungesse per arrestarlo. Tuttavia non era preoccupato, conosceva molto bene Volcan, erano cresciuti insieme e sapeva che suo fratello non era crudele e spietato come invece lo dipingevano tutti su Horcobolus.

    Ataire era entrato nel suo studio di corsa e non riuscendo a fermarsi in tempo, aveva urtato contro la scrivania e per il contraccolpo era caduto rovinosamente in terra sbattendo la testa. Il dolore, però, era passato subito e aveva preso a pensare al Maestro, che gli aveva chiesto di perdonarlo scusandosi più volte. Ma come! Come poteva perdonare Bargund, perché non riusciva proprio a perdonarlo per averla lasciata andare. Avrebbe voluto restare a bordo della Eternity con loro e invece ora si trovava nello studio impaurito ad aspettare che arrivassero per imprigionarlo.  Avrebbe voluto dire a Bargund che non era affatto felice di quella decisione, e di quanto non gli piacesse l’idea di doversi assoggettare a quei mostri. Ma ormai era troppo tardi, tornare indietro non era più possibile. Volcan era arrivato e gli pareva addirittura di sentire i passi cadenzati del suo esercito avvicinarsi sempre più. Perché lui non lo aveva mai detto a nessuno di avere avuto la sfortuna d'incontrare Volcan. E quel giorno Volcan gli aveva fatto paura, molta paura. Soprattutto lo sguardo freddo e distaccato con cui lo aveva guardato. C'era odio, tanto odio: odio oltre ogni misura in quello sguardo. 

    Rialzatosi, Ataire si era seduto sulla poltrona girevole posta dietro alla scrivania e ora si chiedeva cosa gli sarebbe accaduto una volta che Volcan si fosse presentato. Perché sapeva che se l'avesse guardato fisso negli occhi, come gli aveva suggerito di fare Bargund... ma a quel pensiero una risata isterica uscì dalla sua bocca, non poteva essere possibile. Non sarebbe mai riuscito a guardarlo negli occhi, senza per questo tremare come una foglia al vento. Tuttavia doveva farsi coraggio e affrontare il destino a testa alta. Ma quando la porta dello studio si aprì e prese a tremare, alla faccia che si fosse ripromesso di non farlo, cominciò anche a mancargli l'aria e ora, boccheggiava come un pesce fuori dall'acqua. Che figura da smidollato stava facendo, ma che poteva farci, era più forte di lui.

    Volcan dal canto suo lo guardava con indifferenza e una marcata autorevolezza. Aveva indosso l'uniforme da combattimento attillata al punto che ogni muscolo del corpo ne veniva risaltato. Un fascio di muscoli scattanti e non c'era un solo filo di grasso su quel corpo massiccio all'inverosimile. Come poteva, Ataire, non averne timore.

    Per colpa della sua statura Volcan aveva abbassato il capo per entrare: cosa, questa, assai rara da vedere. Perché di solito erano gli altri a doversi inchinare. Si poteva ben dire che Ataire era stato uno dei pochi fortunati ad avere assistito a una simile scena.

    Ma Ataire non ci aveva fatto caso, tanta la paura che aveva in corpo.

    Volcan intanto lo osservava con uno sguardo freddo e quando Ataire se ne rese conto quasi svenne. Ma  poi si riebbe, smise di tremare e prese a parlare... perlopiù a balbettare. «L'arma che cerca si trova su... scusi, non ricordo bene... sa, deve scusarmi signore... è solo che... ehm, non so cosa dirle, ecco... ma no, lasci perdere. Scusi, volevo dire che... insomma, era mia intenzione riferirle che l'arma per distruggere la Eternity si trovava su Aethernum e... ecco, ha visto, ci sono riuscito... però se intende sapere dove e chi la custodisce questo lo sa solo Bargund... suo fratello. Il quale mi ha riferito di dirle che l'attende nello studio. Pensi, si è raccomandato di non farle perdere del tempo con le mie chiacchiere e io, invece... scusi, è solo che lei...»

    Una luce abbagliante lo colpì in pieno volto e Ataire fu costretto a chiudere gli occhi. Non aveva avuto modo di finire quello che aveva da dire che era stato avvolto dalla luce e ora si trovava da qualche parte nel buio e nel silenzio più assoluto. Però l'aveva scampata bella, Volcan non c'era ed era un sollievo per lui constatarlo. Ma ripensando all'accaduto, Ataire si chiedeva se forse non fosse giunta la sua fine. Volcan gli aveva sparato, non c'era altra spiegazione che giustificasse la sensazione di immobilità che stava provando. Doveva avergli sparato a dispetto di quanto gli aveva detto il Maestro: che lo aveva rassicurato dicendogli che Volcan non l'avrebbe mai fatto. In fondo a Volcan bastava Bargund, pensò Ataire avvilendosi ancor più. Il mostro lo aveva eliminato senza farsi tanti scrupoli e non servivano a nulla le sue recriminazioni. Dovevano essere andate in quel modo le cose, e immaginando la scena, vide Volcan che lo osservava riverso in terra e se la rideva come un matto guardando il corpo esanime. Ma poi gli venne in mente un'altra cosa. Se così erano andati i fatti, questo voleva dire che adesso poteva togliersi ogni dubbio su quanto si diceva accadesse dopo la morte.

    Ma Ataire non era affatto morto, aveva solo perso i sensi per lo spavento e quando sentì il battito del suo cuore, e poco più in là il respiro sommesso di qualcuno che sembrava stesse dormendo, se ne convince ed è molto felice di questo. Perlomeno questa era la sensazione che provava in una situazione che a dire il vero non gli era ancora del tutto chiara.

    Il buio la faceva da padrone e non gli permetteva di vedere oltre il suo naso. Sentiva solo quel respiro sommesso e chi lo emetteva doveva essere molto vicino a lui e... Ma che sciocco, come aveva fatto a non pensarci prima, doveva essere il Maestro, lo avevano catturato e ora si trovava disteso da qualche parte poco distante. Peccato che non  si poteva muovere per constatarlo di persona, pensò Ataire, se solo fosse riuscito ad allungare una mano, o un piede... sì, forse toccandolo sarebbe riuscito a svegliarlo e insieme, poi, avrebbero deciso il da farsi. Come facevano sempre quando si trovavano in difficoltà: anche se non era proprio così che andavano le cose ultimamente.

    Ataire provò ad allungarsi, ma si rese subito conto di non riuscire a muovere un solo muscolo e si demoralizzò. Il suo corpo era come paralizzato, tutto il corpo lo era e non riusciva nemmeno ad aprire bocca per farsi sentire. Altrimenti si sarebbe messo a gridare a gran voce il nome del Maestro, che di sicuro si sarebbe svegliato. Riusciva a stento a respirare. Comunque una cosa positiva c'era, non tremava più e nel farci caso si rese conto che il formicolio pian piano stava scemando, e quando sparì del tutto e iniziò a muovere timidamente le dita della mano, dopodiché un braccio e poi l'altro, a cui seguirono le gambe, a quel punto gioì. E quando arriva anche la luce lo fa ancor più. Tuttavia era stato costretto a chiudere gli occhi per non ferirli: il bagliore accecava la vista.

    Dopotutto le cose stavano andando per il verso giusto, pensò Ataire soddisfatto. Che quando gli occhi si assoggettarono alla luce, con sorpresa capì che a respirare non era  Bargund, - come aveva creduto e sperato - bensì una femmina: la più bella femmina che avesse mai visto. Ma le sorprese non erano finite.

    La femmina, infatti, si trovava sullo stesso letto e lo guardava con un'aria innocente nel mentre sorrideva con malizia. Ma la cosa che lo turbò non era il sorriso accattivante e grazioso di lei, ma il fatto che la femmina era nuda. Un corpo provocante e un volto dal fascino irresistibile, facevano si che gli veniva difficile distogliere lo sguardo. Curve sinuose che Ataire prese a fissare e la passione dentro di lui crebbe a dismisura. Tuttavia si trattenne dal saltarle addosso, era poco carino, che figura avrebbe fatto, non era di certo un'animale. Poi voleva saperne di più sul suo conto e del perché si trovasse lì anche lei. Ma la femmina non gli diede modo di farlo, si era avvicinata fino a toccargli il braccio con un capezzolo e in quel preciso istante si zittì. Provava un intenso piacere nel sentire la pelle ruvida e fresca di quella femmina sul suo braccio, che la testa iniziò a girargli e quando lei socchiuse la bocca, le cui labbra sottili e sensuali non aspettavano altro che qualcuno le mordesse, non resistete e lo fece con passione.

    La femmina subito dopo aveva inserito la lingua nella sua bocca, che calda e vellutata la lambiva voluttuosa. Emozioni contrastanti lo assalirono, l'odore di femmina che emanava era così sensuale che rimanendone estasiato pensò che quella era la controparte che aveva sempre desiderato di possedere. Ma la passione in lui svanì quando la femmina si ritrasse e chinata la testa di lato, prese a osservarlo per poi dirgli: «Buongiorno, spero abbia dormito bene... Sa perché glielo chiedo? Perché per tutta la notte non ha fatto altro che agitarsi durante il sonno: parlava di una navicella spaziale, di mostri con gli occhi di ghiaccio e altro ancora, di cui, però, non ho capito il senso. Tuttavia ricordo benissimo il resto, e mi lasci dire che è stato davvero fantastico... Ma che vedono i miei occhi! Però, dopo tutto quello che abbiamo fatto insieme lui è ancora in piena forma. Ma è davvero insaziabile. Molto bene allora, però questa è l'ultima volta... Vieni qui e lascia fare a me piccolino, quando avrò finito con te non avrai più la forza di rialzarti!»

    La femmina aveva cominciato a fare quello in cui era molto brava e ad Ataire non restò che chiudere gli occhi e assaporare quel dolce piacere. Piacere che per lui era del tutto inaspettato e ora, con le nari aperte all'inverosimile perché stava per giungere al culmine,  si pregustava il momento quando la femmina si fermò sul più bello e alzatasi di scatto lo lasciò insoddisfatto. Dopodiché, con aria innocente aveva detto: «scusa devo proprio andare, il mio tempo qui è scaduto... Ma ci saranno altre occasioni di rivederci... Giuro che quanto prima tornerò e riprenderemo da dove ho interrotto.»

    Ataire aveva un'espressione che la diceva tutta su quanto non fosse contento di quella scelta. Purtroppo, però, doveva rassegnarsi. E seguendo la femmina con lo sguardo, la vide raccogliere i vestiti, e dopo averli indossati, senza voltarsi indietro l'aveva salutato per poi uscire di corsa.

    Ancora senza parole, Ataire se ne restava seduto a gambe incrociate al centro del grande letto a riflettere. Cercava di capire chi fosse quella femmina e del perché se l'era trovata nel letto. Si chiedeva soprattutto se si fosse accoppiato con lei, come gli aveva dato a intendere. Perché non ricordava niente, e siccome quella era la femmina più bella che avesse mai visto, si diceva che non  poteva essere possibile che lui si fosse dimenticato di averla tenuta tra le braccia. Ma, soprattutto, che fine avesse fatto il Maestro. E stava per scendere dal letto e inseguirla per avere delle risposte in merito, quando si ritrovò di nuovo al buio e nel silenzio più assoluto.

    ***

    Una luce intensissima squarcia il tessuto spazio temporale e da quello strappo ne esce fuori la Eternity. Che, trovata un'orbita stazionaria nei pressi di una delle tre lune di Aethernum, rimane in attesa dell'arrivo di un nuovo passeggero. Si chiama Vinicius, questo gli ha riferito Bargund, il quale ha poi aggiunto che quell'uomo è l'unico in grado di farli uscire dalla stasi e Albert, per questo, è felice: i Dormienti sono destinati a salvare la Creazione tutta dai Mangiatori di Essenze, e siccome lui ha il compito di fare in modo che ci riescano, ogni aiuto gli è bene accetto.

    Capitolo 3

    Vinicius

    S

    ullo schermo del computer apparve un volto a lui conosciuto ed era quello di Demetrius che lo interruppe mentre stava riordinando alcuni documenti che in futuro gli sarebbero serviti a dimostrare che Volcan mentiva sul fatto che non volesse assoggettare altre Essenze.

    Vinicius a questo fu costretto a metterli da parte per ascoltare cosa aveva da dire il tirapiedi di Darius.«Avanti Demetrius, parla, sono stanco e vorrei andare a riposare quanto prima. Cosa c'è di tanto urgente da non potere aspettare domani.»

    «Signore perdoni l'ora tarda, ma un'astronave gigantesca è apparsa dal nulla e ora staziona nei pressi di Antares. So a cosa sta pensando e... no signore, non appartiene alla flotta dei Mangiatori di Essenze, è troppo grande. Mi creda se le dico che è immensa signore... ho calcolato che potrebbe essere lunga all'incirca novanta satrap. È grande quanto tutta Allibis signore e penso sarebbe meglio avvisare il Generale Artemius... e dopo indire una riunione del consiglio al completo.»

    «No Demetrius! Per ora non è necessario scomodare le alte sfere. Non ancora, prima devo accertarmi di persona con chi abbiamo a che fare.»

    «Come preferisce signore, buon riposo allora. Ci aggiorniamo domani.»

    La voce di Demetrius lo infastidiva, con quel tono liscio e manierato, atto solo a circuire e ad addolcire, nascondeva la sua vera essenza nel perfetto stile di un viscido cortigiano. Insomma, era un tono lezioso che raramente non aveva secondi fini e, ogni qualvolta lo sentiva parlare, Vinicius provava un senso di fastidio che poi si trasformava in malessere. Per non parlare del modo in cui si poneva: da vero strafottente. Tuttavia, Demetrius aveva un pregio, obbediva ai suoi ordini senza disattenderli e questo era importante per chi come lui doveva affidarsi a qualcuno. Ora non doveva far altro che dargliene uno per far sparire la sua faccia dallo schermo.

    E lo fece subito. «No Demetrius! Neanche domani. Ci aggiorniamo subito e... a proposito, non fare parola con nessuno di tutto questo. Che la notizia resti confinata in questa sede, e fino a nuovo ordine. Solo quando ne saprò di più divulgheremo la notizia. Ora va a preparare la navetta, voglio vederlo da vicino questo mostro e... Demetrius, tieni fuori da questa storia Darius e il Generale Artemius, se lo venissero a sapere il primo la vorrebbe per sé e il secondo l'attaccherebbe senza farsi troppe domande.» 

    «Molto bene signore, come desidera. Io allora l'aspetto all'astroporto e...»

    Prima di andare, Demetrius era curioso di sapere se c'era una persona a cui lui teneva molto e glielo chiese. «Mi scusi signore ma ho la necessità di sapere se viene qualcun altro con noi per organizzarmi al meglio.»

    Vinicius sapeva che Demetrius sperava gli dicesse che Maya si sarebbe unita e, purtroppo, così era, anche se la cosa gli dava fastidio oltre misura, lei lo detestava a morte e per questo gli avrebbe tenuto il broncio per tutto il viaggio d'andata, come anche al ritorno, ma non poteva evitarlo. Come non poteva non portarsi dietro Demetrius, che altrimenti si sarebbe precipitato ad avvisare il Generale Artemius che, saputa la notizia, avrebbe messo in allarme tutta Allibis.

    Come signore di Aethernum aveva delle responsabilità, tra cui quella di mantenere l'ordine e la sicurezza e Vinicius si trovava molto spesso a dover fare cose che detestava pur di mantenerlo. Come costringere Maya a viaggiare insieme a Demetrius.

    Maya sapeva essere diplomatica in ogni circostanza e se avessero incontrato una nuova razza sarebbe stata un'ottima intermediaria. Visto che lui e Demetrius non sapevano cosa fosse la diplomazia, erano stati addestrati esclusivamente all'arte della guerra e non ne avevano la benché minima dimestichezza. Maya avrebbe fatto la differenza nel caso di uno scambio di vedute fuori dalle righe con gli occupanti dell'astronave. Pertanto, anche se a malincuore confermò a Demetrius quello che si aspettava di sentire.  «Sì Demetrius, verrà anche Maya con noi e... vedo che la cosa ti rende felice, ma vorrei ricordarti che Maya non viene per farti piacere... nel caso non c'intendessimo con chi si trova all'interno di quell'astronave ci sarà d'aiuto.»

    «Capisco Signore. La sua è davvero una scelta lungimirante... Noi di sicuro manderemmo tutto all'aria alla minima incomprensione.»Disse Demetrius, che prima di andare sorrise soddisfatto e Vinicius si pentì di quella scelta.

    Spento lo schermo,  Vinicius si alzò ed entrato nella stanza dove Maya riposava senza far rumore, la vide distesa sul letto che dormiva serena. Era bella da togliere il fiato ed era una peccato svegliarla, ma doveva, e avvicinatosi, le sussurrò in un orecchio parole dolci. «Amore mio scusa ma devi svegliarti... ho bisogno del tuo aiuto.»

    Maya, in realtà, era sveglia da un bel pezzo. Dopo aver udito la voce di Demetrius, che tanto odiava, non era più riuscita a riprendere  sonno. Ma non solo per questo. Perché se quel lurido verme aveva disturbato Vinicius era certa che doveva trattarsi di qualcosa di molto grave. Pertanto era preoccupata, ma più perché Vinicius la stava pregando di alzarsi.

    Al che Maya aprì gli occhi lentamente, come se si stesse svegliando in quel preciso istante e gli sorrise. Poi, alzata la testa, ma di poco perché Vinicius si era avvicinato a lei per baciarla, quando le loro labbra si unirono lo baciò con passione.

    Dopo essersi baciati e coccolati per un po', Maya aveva assestato per bene il cuscino dietro la schiena e ora rimaneva in attesa che Vinicius le dicesse il motivo di quella sveglia anzitempo. 

    «Scusa per l'ora mia cara, ma un'astronave gigantesca, almeno questo ha detto Demetrius, è apparsa nel nostro sistema e staziona nei pressi di Antares. Ma prima di allertare tutti voglio capire con chi abbiamo a che fare, chi sono gli occupanti e cosa vogliono da noi e... no mia cara! Ho capito cosa stavi per chiedermi e no! Non sono i Mangiatori di Essenze.»

    «E

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