Nonno Beppe
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Anteprima del libro
Nonno Beppe - Biagio Nardoia
633/1941.
Prefazione
La pubblicazione di questo volume è stata concepita, ideata e fortemente voluta per far in modo che non venisse disperso, nel dimenticatoio del nulla, l’angustioso e triste passato costituito dal vissuto, dall’esperienza e dal sofferto dolore di coloro che attraverso il ricordo e la memoria della loro dignità, sofferenza ed onestà hanno saputo insegnare alle future generazioni tutti quei valori che hanno determinato le fondamenta di base per una laboriosa, sana, onesta, prosperosa e pacifica vita civile.
Nonno Beppe, a detta di quanti l’hanno conosciuto personalmente, è stato un grande
per il suo tempo, considerando il periodo storico, la mentalità e l’ambiente antropogeografico in cui ha vissuto.
Purtroppo, per questioni anagrafiche, non l’ho potuto conoscere, però, attraverso la molteplice documentazione di cui sono venuto in possesso ed ai numerosi racconti delle testimonianze di quanti hanno avuto la fortuna di aver vissuto e condiviso parte della sua vita, è come se la figura di nonno Beppe rimane sempre viva e presente, accompagnandomi ovunque.
Le sue lettere, i suoi aneddoti, per noi della famiglia, sono diventati proverbiali portandoci ogni volta ad avvertire una particolare emozione e commozione.
Con profonda e toccante nostalgia debbo considerare che, purtroppo, non c’è più zio Vincenzo Testa, nipote di nonno Beppe, affabile raccontatore, che con la narrazione dei suoi ricordi ci teneva ogni volta inchiodati ad ascoltarlo per ore. Con sincero affetto posso ben testimoniare che lo zio è stato colui che in modo davvero encomiabile ha saputo far amare ed apprezzare, in tutti coloro che lo hanno conosciuto, la poetica della parola e del pensiero di nonno Beppe.
Vincenzo Testa ebbe un intenso e bellissimo rapporto epistolare con lo zio (e a me nonno) Beppe nel periodo della propria sofferta prigionia in Jugoslavia che va dal 1940 al marzo del 1947. Durante l’intero ciclo del doloroso calvario di sofferenza, di fame, di sporcizia, di pidocchi, di maltrattamenti, cercò sempre di difendere in ogni modo, a costo della vita, quel grande e incommensurabile tesoro rappresentato da una scatola contenente tutte le lettere che lo zio, per conto suo o della famiglia, gli faceva recapitare.
Le lettere, conservate e custodite con gran gelosia, le sapeva a memoria, una per una, frase per frase; sapeva illustrare l’occasione, il luogo, il momento in cui le aveva ricevuto e lette. Sapeva descriverci il pianto di gioia o di malinconia che gli avevano procurato nel leggerle, questo soprattutto quanto declamava la lettera che si riferiva al figlioletto Antonio che ancora non aveva potuto avere la gioia di conoscerlo:
E il Bimbo? Egli dorme sul letto, nel placido sonno dell'innocenza...
Oppure il ricordo di come lo zio riuscisse a descrivere e a fargli ricordare la sua casa, i suoi affetti e quel dolce modo di consolarlo in un periodo di sì tanta sventura:
Scrivo alle ore tre pomeridiane e mi posso bene orizzontare dal suono dell'orologio del vicino paesello - Gildone- Nel mentre scrivo penso e ripenso del come ti ricordi di scrivere a me anche attraverso a tanti guai e tante inspiegabili sofferenze. Ma dopo pure ripenso che anche in mezzo agli insormontabili Ostacoli l'uomo deve essere rassegnato a cercare il modo di non tralasciare nessun dovere di quanto gli riguarda.
O al modo poetico e sensibile con cui cercava di sollevargli il morale:
"Lo so quando giungono desiderate le notizie dei cari lontani, almeno in quei momenti che leggi scompare quella noia incarnata nell'anima e corpo dei poveri sofferenti. Comprendo purtroppo e mi sembra di essere socio alle tue sofferenze, ma cosa possiamo fare?...
Vogliamo solamente uniformarci alla Suprema volontà e soltanto l'Onnipotente potrà improvvisamente consolarci. Facendo scorrere il tuo pensiero verso un ignoto avvenire…
Quanti pensieri attraversano la tua mente, quante lagrime e quante …
… Coraggio Nipote mio, perché tutti dobbiamo soffrire per raggiungere il nostro ideale e specialmente poi i validi. Scrivi delle belle lettere d'incoraggiamento alla tua cara mamma, che poveretta, si vide strappare così in fretta l'amato figliolo…
Coraggio sempre, Vincenzino carissimo, che i maggiori dispiaceri si vanno sempre a quelle persone che possono bene riflettere l'esistenza di questo mondo oscuro..."
Oppure quando nel momento di massima gioia, in riguardo ai festeggiamenti del suo ritorno dalla prigionia, gli manda, per il tramite del figlio Michele, una delle più belle liriche, in cui si riesce a scoprire tutto il valore di bellezza e sensibilità di cui ne era testimone:
Carissimo Vincenzo, non vengo colle invecchiate gambe, ma eccomi a te col cuore
E a fine lirica quel suo vergare la lettera con una frase che funge da testamento letterario per ogni generazione a venire:
Resterà per sempre a ricordo di una vita risorta
.
Ho voluto scrivere per non disperdere, dimenticare e far dimenticare; per cercare di dare testimonianza al pensiero di un grande
uomo del suo tempo; per ricordare, in modo documentale e fedele, un momento storico della nostra terra molisana, con la vita, gli usi, i costumi e la mentalità che ne facevano parte, riunendo, in un simbolico cesto di vimini, sociologia, antropologia ed etnologia contadina, da consegnare alla memoria delle future generazioni in modo che possano prendere coscienza e conoscenza della storia relativa ai sacrifici patiti da chi ha dato vita a quel che son le nostre origini.
Al filo conduttore dei ricordi di Zia Libera, vissuta per ben più di 103 anni (di cui ne conservo gelosamente la sua immagine e la sua memoria),
che risalgono ad un pomeriggio estivo di qualche anno fa, ho cercato di inserirci, come fosse un mosaico, tutti i tasselli relativi alle testimonianze dirette degli scritti che nonno Beppe ebbe con il figlio Antonio al fronte prima, e con il nipote Vincenzino Testa prigioniero di guerra poi, oltre a varie altre testimonianze, sempre epistolare, di tutti i parenti che gravitavano intorno alla figura del nonno.
Escludendo la forma grammaticale e lessicale dei documenti raccolti, riguardanti il contesto di un particolare periodo storico, non so l’importanza che può avere quanto rappresentato nelle pagine che seguiranno, per noi della famiglia di nonno Beppe sicuramente moltissimo.
L’unico augurio che faccio e che mi faccio è che nelle future pubblicazioni, sperando che siano copiose ed interessanti, il testo sia arricchito sempre più di nuove testimonianze di documenti scritti o di aneddoti che hanno orbitato intorno alla figura di nonno Beppe.
NOTA BIOBIBLIOGRAFICA
Biagio Nardoia è nato nel 1958 a Cercemaggiore (CB), piccolo paese dell'entroterra molisana.
La sua attività letteraria ha avuto inizio con la poesia con brani sia in lingua che in vernacolo molisano, in particolare quello cercese
, appreso nei primi anni di vita, i quali hanno riscosso lusinghieri riconoscimenti regionali e nazionali
I suoi scritti sono stati molto condizionati dalle sue condizioni di vita in quanto fin dalla più tenera età è stato costretto a girovagare tra ospedali e collegi perché colpito da esiti di poliomielite.
Il continuo distacco e riavvicinarsi alla propria famiglia, alle proprie origini, alla propria terra, alle proprie regole di vita semplici e riservate, che son proprio quelle care ai contadini molisani, son le tematiche più ricorrenti che si possono riscontrare nelle sue liriche.
Nel 1991 pubblica la sua prima raccolta di poesie Pensieri dell'anima
, poi nel 1994 la seconda raccolta Un momento d'umanità
ed infine nel 2001 la successiva raccolta con Ritratti
.
La cicala, nascosta fra le fronde delle querce, aveva cantato tutta la mattinata in una giornata limpida ed assolata. Il pomeriggio era diventato afoso ed asfissiante, l’unico rimedio era restare in casa protetto dalle spesse mura di pietra. Non sapendo cosa fare per trascorrere il tempo, cominciai a rovistare nella vecchia cassapanca della zia, mentre lei, placidamente seduta sul gran seggiolone di legno imbottito di cuscini, era intenta con l’uncinetto a fare dei piccoli capolavori di merletto; dalla finestra si aveva la visuale che dava sull’orto con al centro il pozzo protetto dall’ombra dalle grandi querce e poi, come per incanto, si stendeva la vallata silenziosa da dove si riusciva ad intravedere Ferrazzano che, arroccato sul suo cucuzzolo, dominava l’intera distesa di Campobasso, mentre oltre apparivano i monti della Maiella che spaziavano tra cielo e terra.
Ogni tanto si fermava, guardava fuori perdendo lo sguardo su quell’orto, su quel pozzo, su quelle splendide querce ombrose; faceva un lieve sospiro come volesse scacciare nuvole di ricordi per poi ricominciare a muovere in modo meccanico quei ferretti fra le mani esperte.
- Zia ho trovato queste lettere nel baule, di chi sono? - Chiesi posando sul tavolo un pacco di lettere dai fogli ingialliti dal tempo, apparentemente ben custodite, rilegate con un nastro rosso.
- Dove li hai trovai? - Domandò fermandosi di sferruzzare per prestarmi attenzione.
- Nel baule di legno della tua camera. - Risposi soffiando su quelle carte creando una nuvola di polvere.
- Ah! - Sospirò lieve perdendosi con lo sguardo sul solito pozzo, sulle solite enormi querce, sul solito orticello.
- Allora? - Insistetti.
- Sai che non me le ricordavo più! - Sussurrò con un particolare sorriso enigmatico. - Quelle sono le lettere di tuo nonno Giuseppe, o meglio, la maggior parte di esse le ha scritte lui. - Precisò ricominciando a lavorare alla matassa di filo poggiata in grembo.
- Sono di … nonno Giuseppe! - Esclamai meravigliato, consapevole di avere fra le mani un così grande tesoro costituito da vari pezzetti di reale storia vissuta e sofferta.
Rispose affermativamente con un lieve sorrise.
- Le posso leggere? - Chiesi in modo timoroso non sapendo la reazione che tale richiesta le poteva suscitare.
- Certo, fai pure, non preoccuparti, anzi mi fa piacere che ti possano interessare. - Acconsentì con la sua solita delicata dolcezza sempre disponibile a soddisfare ogni mio minimo desiderio.
- Ma... tu lo conoscevi... o meglio quando l’hai conosciuto il nonno?...- Cominciai ad assillarla con domande a raffica, una dietro l’altra, com’ero solito fare quando volevo sapere, scoprire, conoscere, apprendere qualcosa che stimolava o andava oltre la mia fantasia, senza nessuna delicatezza, ritegno e rispetto verso chi sicuramente in quei fogli, fotografie e documenti vari, custoditi con tanta cura e gelosia, aveva riposto e riservato i