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Il Regno delle Mille Torri - volume 2
Il Regno delle Mille Torri - volume 2
Il Regno delle Mille Torri - volume 2
E-book333 pagine4 ore

Il Regno delle Mille Torri - volume 2

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Info su questo ebook

Seguita la mappa fino a terre che non dovrebbero esistere gli avventurieri si ritrovano in pericolo come mai prima d’ora. Nel tentativo di salvarsi scopriranno antichi segreti sepolti, un regno dimenticato da tempo e il vero scopo del creatore della mappa nonché le sue arcane intenzioni.
Rendendosi conto che nulla è come sembra gli avventurieri dovranno lanciarsi in una corsa contro il tempo e prendere decisioni che potrebbero risultare cruciali quando, alle porte della città della magia e degli Dei, si affronteranno due incompatibili possibili futuri.
A loro spese scopriranno che il bene per alcuni è il male per altri e che quando il male non è concretamente tangibile la sfida è doppia.

Le avventure e la storia del mondo di Fenuruel continuano con la saga de I Maghi Ribelli.
Un’altra entusiasmante e avvincente avventura in sei volumi che inizia con il libro:
L’Inganno del Mago: I Maghi Ribelli vol.1
LinguaItaliano
Data di uscita2 apr 2019
ISBN9788832561654
Il Regno delle Mille Torri - volume 2

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    Anteprima del libro

    Il Regno delle Mille Torri - volume 2 - Daniele Lippi

    LE ISOLE VOLANTI DI NIULGRETH

    Erano in volo. Tutti e quattro assolutamente stupefatti. Benché questa fosse la loro seconda volta, era la prima che potevano gustare appieno.

    Ben presto però per alcuni l’eccitazione e lo stupore iniziarono a lasciare posto al timore e alla paura.

    Ma siamo sicuri che questo coso regge? chiese Duntrem reggendosi con tutte le sue forze ai piccoli braccioli del suo sedile e distogliendo lo sguardo sia dalle nuvole sopra di loro, che si avvicinavano, che dalla terra sotto di loro, che si allontanava. Anche Sycro non sembrava a suo agio. Mi preoccupa di più l’animale, non credo sia abituato a portare tutto questo peso visto che di solito trasporta solo una dozzina di quei piccoli esseri che non mi ricordo più neanche come si chiamano.

    Si chiamano drealiani gli rispose Hardana soprappensiero, mentre con un’espressione allibita e un sorriso inebetito continuava a guardare prima giù poi su. La mezz’elfa non faceva che ripetere quei gesti sin dal loro decollo.

    Tjanador invece guardava l’orizzonte, ormai quasi scuro, scrutando col suo sguardo il più lontano possibile, attendendo febbrilmente d’intravedere le mitiche Isole Volanti di Niulgreth, ma all’orizzonte vedeva solo dense nuvole scure. Lentamente si resero conto che il carro volante aveva iniziato a compiere ampi cerchi concentrici salendo sempre più in alto. Penetrarono dentro le nuvole. Il fatto che le nuvole impedissero di vedere la terra sottostante e il cielo sopra di loro sembrò tranquillizzare sia Sycro che Duntrem, ma frustrò Hardana, che non poteva vedere più niente intorno a sé, e anche Tjanador, che fu costretto ad aspettare impaziente prima di continuare la sua ricerca visiva.

    Quando d’improvviso uscirono dalle nuvole, il mago si trovò davanti uno degli spettacoli più belli che avesse mai visto in vita sua. Illuminate dalla pallida luce della luna, c’erano le tre mitiche e leggendarie Isole Volanti di Niulgreth in tutta la loro maestosità. Fluttuavano nell’aria circondate da un denso mare di nuvole, come se fossero esse stesse a sorreggerle. Ognuna delle tre isole era grande come una città. Ospitavano boschi, laghi e prati in abbondanza, nonché, sparse in modo quasi disordinato, e questa fu una visione che fece salire a Tjanador un groppo alla gola e le lacrime agli occhi, innumerevoli torri, anche se poche di esse erano terminate, e per lo più sembravano essere state abbandonate a metà della loro costruzione. L’ultima cosa che il mago notò prima che il cavaliere del vento iniziasse una brusca e veloce discesa verso la più vicina e bassa delle tre isole, fu che queste erano collegate tra loro da due enormi scale.

    Tutto in quel luogo trasudava magia e Tjanador, respirando a fondo per smaltire la brusca emozione, sentì crescere in lui il potere magico man mano che vi si facevano più vicini. Elettrizzato dall’eccitazione e inebriato dal potere, fissava le isole dovendo ricorrere a tutta la sua forza di volontà per non saltare giù dal carro per raggiungerle più in fretta. Per il grande Suashlon... disse Hardana dietro di lui con voce strozzata e incredula, mentre osservava il portento creato dal potere dei maghi di un’epoca ormai lontana.

    Il carro volante si diresse verso una piccola radura sul bordo dell’isola. L’atterraggio fu molto più morbido del decollo e quasi senza neanche accorgersene erano pronti a scendere. Il Cavaliere del Vento sembrava nervoso e si guardava continuamente intorno come se avesse paura di qualcosa, slegò velocemente il piccolo cavallo e dopo averlo fatto scendere fece ampi e impazienti gesti ai quattro compagni per farli scendere a loro volta. I quattro eseguirono un po’ preoccupati e irritati, iniziando a guardarsi intorno. Non appena Duntrem, l’ultimo, tolse il suo piede da sopra il carro, il Cavalcavento fece un vero e proprio balzo, tornando alla guida del carro volante e frustando inaspettatamente la grossa bestia alata.

    Che cos’è che ti fa paura? gli chiese urlando Sycro non ricevendo alcuna risposta, mentre il carro volante e il suo cocchiere sparivano tra le nuvole veloci come il vento del nord.

    Non preoccuparti. lo rassicurò Hardana Dalle parole del Capo Sciamano è chiaro che questo per loro è un posto sacro e maledetto al tempo stesso. Bene! esclamò giulivo Duntrem Ora non ci resta che trovare l’Albero della Vita di cui parlava la mappa e seguirne l’ombra e poi... tesoro! disse ridendo e battendo le mani strofinandosele vigorosamente.

    Hardana tese la mano verso Tjanador: Dammi la mappa e controlliamo gli chiese prendendo la mappa e aprendola davanti a sé mentre i suoi tre compagni si accalcavano alle sue spalle per vedere. All’improvviso la mappa ebbe molto più senso. Sembrava infatti rappresentare le tre isole, congiunte dalle due scale, con un piccolo albero stilizzato disegnato sulla seconda. Hardana puntò l’indice su quel particolare con un ampio sorriso: Veniamo a prenderti! sussurrò compiaciuta. Non fatelo, o il vostro nome verrà maledetto dalle prossime mille generazioni! disse una voce dai toni isterici e apocalittici. Tjanador sospirò. I suoi tre compagni si guardarono intorno allarmati, estraendo le armi e ponendosi a semicerchio davanti a lui. Tjanador li guardò sorpresi. Avete sentito qualcosa? chiese riluttante. Certo, perché, tu no? gli rispose acido e teso Sycro mentre continuava a far saettare intorno a sé i suoi piccoli occhi vispi. Strano. rifletté Tjanador ad alta voce Davvero strano. Strano e affascinante ripeté.

    Duntrem si girò verso di lui chiaramente seccato: Cosa c’è di affascinante nell’essere insultati e minacciati? gli chiese girandosi giusto il tempo per fulminarlo con lo sguardo. Tjanador gli rispose tranquillo e sorridente: Quella che avete appena sentito, amici miei, era la voce della mappa! annunciò loro E se anche voi potete finalmente sentirla, ben presto capirete il perché dei miei improvvisi sbalzi d’umore aggiunse enigmatico.

    Lentamente, registrando le parole appena pronunciate da Tjanador, prima Hardana, poi Sycro e infine Duntrem, si rilassarono girandosi a guardarlo. Perché prima non la sentivamo? chiese Hardana genuinamente curiosa. Tjanador allargò le braccia come se volesse abbracciare ciò che gli stava intorno.

    Questo posto non solo è stato creato dalla magia, spiegò ma sembra anche ampli care la magia. Io stesso l’ho percepito chiaramente mentre ci avvicinavamo all’isola prima di sbarcare. Io, come lo sarebbe qualunque altro mago su quest’isola, sono più potente, la magia fluisce in me con più forza, quasi con prepotenza direi, e credo che questo aumento di potere valga anche per gli oggetti magici e per i loro poteri. Ecco perché adesso la Mappa è capace di comunicare anche con voi.

    Sycro fece una smorfia: Non si potrebbe evitare? Sai, non credo che mi piacerà mol....

    Stupidi ignoranti! lo interruppe d’improvviso la Mappa Tornate indietro da dove siete venuti! Qui non esiste niente per voi, niente che possa soddisfare i vostri sogni di gloria! Se continuerete vi attenderà solo la persecuzione del rimorso delle vostre azioni! concluse quasi urlando. Sycro sospirò: Appunto! Come dicevo, la cosa non mi piacerà molto.

    I quattro attesero qualche altro istante ma la mappa non disse nient’altro.

    Rinfoderarono le loro armi. Duntrem afferrò le redini del piccolo cavallo e iniziarono a camminare in direzione della grande scala che collegava le Isole Volanti, ma si bloccarono subito. Un grido acuto proveniente da sopra le loro teste li bloccò. Alzando lo sguardo videro che era il carro volante che volteggiava sopra di loro. Lo guardarono, e lentamente si accorsero che, dopo aver compiuto un’ampia curva, il carro stava puntando dritto verso di loro.

    Che succede? si chiese Sycro ad alta voce. Nessuno gli rispose.

    Il carro, più veloce del più veloce dei cavalli, gli veniva incontro abbassandosi sempre di più. Questo ci viene addosso! esclamò di nuovo l’uomo indietreggiando di alcuni passi imitato dai suoi compagni.

    Il carro era sempre più vicino e sempre più basso. I quattro iniziarono a correre e poi si buttarono a terra nel preciso istante i cui il carro passava a pochi passi sopra le loro teste. Lo strano animale da traino volante urlò come se volesse sfidare la resistenza dei loro timpani.

    Alzando lo sguardo per vedere quale sarebbe stata la sua prossima mossa, notarono una lettera che stava placidamente planando verso di loro.

    Il carro volante, invece, procedeva dritto, allontanandosi sempre di più. Non sembrava aver intenzione di tornare indietro. Sycro afferrò la lettera prima che toccasse terra e raggiunto dai suoi compagni l’aprì.

    È del Capo Sciamano! disse leggendo il nome sulla busta.

    Sycro aprì la missiva, si schiarì la gola, aggiustò la lettera a una distanza che gli permettesse una lettura chiara e iniziò: Cari Visitatori....

    Formale! commentò Duntrem sbuffando. Avrei dovuto farlo prima, ma la vostra voglia di raggiungere le isole era tale che mi ha trattenuto dal farlo. Dovete stare attenti quando sarete sulle Isole Volanti. Un luogo che per noi è sacro. Sacro e terribile al tempo stesso. Sacro perché creato dal nostro profeta. Sacro perché chiaramente destinato a noi. Sacro perché emana un potere intrinseco. Sacro perché a queste Isole sentiamo che intimamente sia legato il destino del mondo. Ma, come ho detto prima, è anche terribile. Terribile perché la sua bellezza attrae. Terribile perché sembra quasi avere una volontà propria. Terribile per le creature che ha partorito e continua a partorire. Terribile perché i suoi gli non hanno pietà né sentimenti né vita. La distruzione della vita il loro unico scopo. Con loro non si può parlare. Con loro non si può ragionare. Comprendono solo il linguaggio della morte e la morte sarà l’unica via di scampo per voi che avete osato violare con la vostra cupidigia e mera presenza il divino suolo delle Sacre Isole Volanti.

    Finito di leggere, Sycro alzò lo sguardo sui suoi compagni, appallottolò la lettera con una mano e se la lanciò alle spalle. Giusto? chiese subito dopo.

    Gli altri tre si guardarono l’un l’altro e annuirono alzando le spalle.

    Giusto! gli risposero in coro.

    Maledetto uccellaccio del malaugurio che non è altro! imprecò Duntrem contro il Capo Sciamano. Tjanador commentò perplesso: Chissà però cosa intendeva dire parlando di Guardiani. Dopotutto, quando ha detto che queste isole hanno una sorta di potere intrinseco, aveva ragione. Hardana lo guardò pensierosa prima di rispondergli: Saranno le solite farneticazioni di un popolo isolato e superstizioso, la paura è il miglior deterrente per assicurarsi che chi pensi di fare qualcosa alla ne non la faccia. Sarà! sospirò Sycro Ma a me suonava tanto come una minaccia, o meglio, come un augurio di morte.

    Inutile pensarci adesso! ragionò Duntrem Non possiamo tornare indietro, per cui meglio muoverci, siamo vicini alla meta ormai. Tagliò corto il nano, pratico come sempre ma con una nuova luce negli occhi.

    Si stavano finalmente avvicinando a quella piccola X indicata sulla mappa.

    Presto la caccia al tesoro sarebbe finita e i quattro compagni erano rinvigoriti dalla curiosità e da un’inattesa energia che sembrava spingerli in avanti.

    Anche Tjanador era eccitato come i suoi compagni e, se possibile, persino di più. Si guardava intorno stupefatto e meravigliato.

    Lui era l’unico che poteva anche solo immaginare il potere che la creazione di queste tre isole doveva aver richiesto. Una magia di questo genere non poteva essere stato il frutto di una sola persona, anche se questa persona era un Arcimago dal potere immenso. Osservava le cose intorno a sé e, malgrado l’oscurità, notò chiaramente gli alberi rigogliosi colmi di boccioli, la terra nera e fertile, l’erba fitta e verde che la ricopriva, i fiori spontanei che sembravano crescere a cespugli. Era impressionante pensare che tutta questa magia continuava a esistere dopo più di tremila anni dalla sua creazione.

    Sembrava tutto perfetto, come uscito fuori da un dipinto di un qualche grandioso e meticoloso artista, e lo sarebbe stato se in lontananza non ci fosse stata la visione delle torri in rovina che rompeva l’armonia di quel paesaggio. Tutto era incantevole e perfetto. Tutto questo appariva ai suoi occhi, occhi di mago, occhi che riconoscevano e capivano la grandiosità dell’antica arte magica, come un vero e proprio miracolo del potere racchiuso in ognuno di quelli che erano stati benedetti dal dono della magia, un dono tale da far impallidire ogni altra forma di potere, un dono che meritava molto più rispetto di quello che i maghi erano sempre stati abituati a ricevere dagli altri comuni mortali.

    Camminarono a lungo e in silenzio. Ognuno di loro rapito dal paesaggio circostante. La direzione da seguire non era difficile visto che la scala era talmente enorme e alta da essere chiaramente distinguibile in lontananza, persino sotto la oca luce della prima luna e delle stelle.

    Il loro procedere li portò fino alle vicinanze di una delle torri in rovina. La vegetazione aveva ormai inghiottito la sua base nascondendone l’entrata e dell’edera e altre piante rampicanti ne ricoprivano le pareti tonde.

    Perché costruite torri? chiese Sycro curioso. Tjanador osservò a lungo il rudere davanti a lui, scacciando un’improvvisa e inspiegabile rabbia prima di rispondere. Le torri servono per aiutarci a concentrare le energie magiche, a convogliare i vortici della magia, a far convergere le linee di potere. Sostanzialmente è per rendere più forte e potente il mago a cui la torre appartiene, per aiutarlo nei suoi sortilegi ed esperimenti.

    Duntrem, osservando anche lui la torre, gli chiese: Se un giorno vorrai farti costruire la tua torre metterò una buona parola tra la mia gente, sempre che tu voglia i migliori artisti-costruttori del mondo conosciuto. Tjanador lo guardò senza riuscire a nascondere un sorriso. Ti ringrazio. gli disse Ma la torre di un mago è costruita dal mago stesso, una torre magica è tale e serve al suo scopo solo se costruita con la magia, seguendo il giusto rituale. Hardana lo guardò riflettendo, poi parlò: Io non sono una maga ma ho studiato un poco di storia della magia al tempio. Mi pare di ricordare che se il creatore della torre muore o se ne va o non mantiene più la sua torre, questa si polverizza.

    Tjanador la guardò sorpreso.

    Hai perfettamente ragione. A meno che un altro mago non se ne prenda cura, quello che hai detto è proprio ciò che succede rispose, comprendendo appieno ciò che la sua risposta comportava solo nel momento in cui la pronunciava. Nello stesso istante anche i suoi compagni compresero totalmente le implicazioni delle sue parole. I quattro ripresero lentamente a camminare guardandosi intorno nervosamente. Maneggiando l’elsa della sua spada, Sycro chiese quasi sottovoce: Credete che dopo tutti questi secoli alcuni di loro siano sopravvissuti?. No! Non è possibile! rispose sicura di sé Hardana.

    Come fai a esserne certa? chiese Duntrem sfidando il suo giudizio, mentre il suo sguardo osservava le ombre intorno a sé. Hardana non rispose.

    Ma certo! esclamò Tjanador La lettera del Capo Sciamano diceva il vero. Sono le stesse isole con il loro potere e con la loro magia intrinseca a evitare che le torri, benché diroccate, non crollino e tornino polvere come dovrebbe essere!.

    Dopo questa sua scoperta ci fu un lungo momento di silenzio, rotto infine dalla voce un po’ roca e baritonale di Duntrem. Se la maggior parte di ciò che ha detto il Capo Sciamano nella sua lettera sembra essere vero... non è che anche il fatto dei Guardiani lo è?

    Istintivamente i quattro compagni si girarono verso le tenebre, alla ricerca di un qualsiasi movimento sospetto. Nell’indecisione generale Sycro prese la situazione in mano: Raggiungiamo la torre, cerchiamo l’entrata coperta dalla vegetazione e accampiamoci all’interno finché non sorge il sole. Nessuno si oppose. Con passo veloce e spedito raggiunsero la torre diroccata. Trovarono l’entrata coperta dalla vegetazione e con cautela entrarono all’interno, assicurandosi di richiudere la vegetazione alle loro spalle.

    La torre dentro era completamente cava e sopra di loro si poteva vedere il cielo stellato. Niente fuoco! consigliò Sycro mentre si accomodava per terra contro la parete. Rimasero lì. Seduti in cerchio. Nessuno di loro riusciva a prendere sonno, erano troppo eccitati e pieni di energia.

    Non vi sentite strani? chiese Hardana all’improvviso. Io sono nervoso e impaziente! rispose Duntrem Ci siamo quasi! vi rendete conto? aggiunse con il sorriso più ampio che gli altri gli avessero mai visto fare. Stessa cosa! gli fece eco Sycro. Tjanador era tentato di rispondere come i suoi due compagni ma decise di riflettere. Aveva ormai imparato a conoscere la mezz’elfa e di rado faceva domande così improvvise se non aveva fiutato qualcosa. Alla ne rispose: Mi sento come loro, ma mi sento anche più forte, più potente, sento la magia rafforzarsi dentro di me sin da quando ho posato piede su quest’isola, ma sento chiaramente che anche fisicamente è la stessa cosa, è come se avessi tutti i sensi più all’erta del normale e anche il sonno e la stanchezza sembrano cose lontane. Hardana lo guardò annuendo mentre lui spiegava le sue sensazioni.

    Esattamente quello che sento anch’io disse. Effettivamente il mago ha ragione concordò all’improvviso Duntrem e Sycro, con un’espressione sorpresa, annuì guardandosi le mani e le braccia, come fosse la prima volta, e dicendo con aria di s da: Ciò almeno dovrebbe giocare a nostro favore se è vero che questi Guardiani esistono. Detto questo rimasero in silenzio fino all’arrivo dei raggi del primo sole e, quando li videro filtrare attraverso la vegetazione che ricopriva la porta, senza dire una parola, si alzarono e uscirono con cautela.

    Quello che si trovarono davanti li fece rimanere senza fiato. Non era tanto per la bellezza di tutte le cose che li circondavano, quanto piuttosto per l’inspiegabile sensazione di pace e armonia che quest’isola, a centinaia di passi da terra, sembrava infondere in loro. Rimasero così, immobili, a guardarsi intorno per lunghissimi istanti. Pensavo che ci sarebbe stato più freddo. osservò Duntrem. Hardana annuì. E che ci fosse un vento più forte e non questa leggera brezza quasi estiva aggiunse.

    Anche Sycro volle dire la sua: E che i banchi di nuvole ci investissero come quando eravamo sul carro volante. Tjanador li guardò. Sembrava che non avessero ancora afferrato la vera essenza di quel posto. Magia! rispose loro L’essenza stessa di tutte le cose intorno a noi su queste isole è impregnata di magia, una magia potente e secolare. Poi tornò anche lui al silenzio, lo sguardo sempre più preoccupato, mentre sfiorava con gli occhi la natura intorno a sé. Sycro sembrò accorgersene mentre faceva saettare i suoi piccoli occhi furbi e indagatori in tutte le direzioni, come se si aspettasse un’imboscata da un momento all’altro, o come se volesse imprimere nella sua mente più dettagli possibili di quello che lo circondava. Qualcosa non va? gli chiese sotto voce, continuando a perlustrare con lo sguardo tutto intorno a sé.

    È una magia dormiente rispose Tjanador sussurrando anche lui. Cosa significa? chiese preoccupata Hardana. Il mago la guardò dritto negli occhi.

    Significa che ho la sensazione che il potere delle Isole, il vero potere delle Isole, potrebbe essere come in attesa di qualcosa che lo riattivi, che lo risvegli, che lo scateni.

    Duntrem lo guardò serio, poi scrollò le spalle e sbuffò: Lo dici come se fosse la fine del mondo! Ora basta parlare e fare le statuette. Qui è tutto bello, ma dobbiamo andare, la scala e l’albero sono laggiù, dritti davanti a noi, e non aspettano altro che il nostro arrivo per ricoprirci di fama, gloria e, chissà, forse anche ricchezze! disse puntando il dito davanti a sé e strizzando l’occhio ai suoi compagni.

    Il nano ha ragione! esclamò Hardana La meta è vicina! Su con lo spirito e avanziamo verso il nostro destino! urlò ridendo. L’avventura non è mai finita finché non è finita l’avventura! declamò Sycro gonfiando il petto con tono di chi la sa più lunga degli altri.

    Tjanador li guardò rivedendo lo spirito un po’ goliardico che aveva notato nei suoi nuovi compagni la prima volta che li aveva conosciuti. Pensò che era un buon segno e si rese conto in quel frangente che erano ormai giorni e giorni che non si ripeteva: Ma perché ho accettato di andare con loro?. Sorrise anche lui e, dopo una breve corsa per raggiungerli, si adeguò al loro passo spedito, questa volta anche lui determinato quanto loro.

    Camminarono fermandosi solo per un breve e veloce pasto sulle rive di un piccolo lago circondato da grandi salici piangenti, riprendendo il loro viaggio subito dopo. Più si avvicinavano alla scala di congiunzione delle Isole, più si rendevano conto di quanto enorme questa fosse.

    Era maestosa, sospesa nell’aria, più larga di qualsiasi ponte o strada avessero mai visto, brillante e quasi abbagliante alla luce del tramonto del primo sole e, quando anche il secondo sole stava per tramontare, i quattro si fermarono pochi passi all’interno di un piccolo ma rigoglioso castagneto. Non era stagione di castagne ma quegli alberi erano ugualmente pieni dei loro frutti. Accendiamo un fuoco? chiese Sycro Dopotutto se davvero ci fossero stati questi Guardiani penso che si sarebbero già fatti vivi, non pensate? aggiunse, senza aspettare risposta alla sua domanda, mentre si avviava lentamente nel bosco.

    Duntrem lo guardò, poi lo seguì dicendo: Io la penso come lui. Hardana non disse niente mentre tirava fuori il cibo. Tjanador li guardò perplesso e indeciso: era ancora convinto che dovesse esserci qualcosa di vero nelle parole del Capo Sciamano, ma a questo punto gli altri non gli avrebbero dato retta.

    Però facciamo i turni di guardia lo stesso! disse dopo aver esitato alcuni istanti. Gli altri annuirono a malincuore. Guardando i suoi compagni si sentiva un po’ stupido, ma non riusciva assolutamente a scacciare la strana sensazione di pericolo imminente che gli attanagliava lo stomaco. I due tornarono, accesero il fuoco quando ormai anche il secondo sole era tramontato e in cielo le stelle e le lune, grandi come non le avevano mai viste, li illuminavano dall’alto con la loro bianca luce spettrale. Dopo nuove insistenze da parte di Tjanador, organizzarono i turni e ognuno di loro vegliò sul sonno dei suoi compagni fino alle timide luci del primo sole, quando, sempre pieni di energia, si rimisero in marcia.

    Finalmente, dopo una notte passata quasi in bianco per il nervosismo, anche Tjanador si era convinto che le magiche Isole Volanti su cui camminavano erano sicuramente disabitate. Dopotutto non avevano mai incontrato altri animali se non uccelli, gli unici che potevano raggiungerle.

    Sycro osservando le enormi scale in lontananza commentò: Saremo alle scale poco dopo l’inizio della fase calante del primo sole.

    Duntrem alzò lo sguardo al cielo: Io direi tra meno di mezza giornata, insomma! disse scimmiottandolo. I due si lanciarono un’occhiataccia, poi iniziarono a ridere.

    Come i bambini! sorrise Hardana portandosi una mano alla fronte. Poi Duntrem smise di ridere. Rallentò il passo fino a fermarsi gli occhi fissi sul terreno intorno a sé. Cosa? chiese Sycro, il sorriso ancora stampato in volto. Duntrem, senza rispondere né alzare lo sguardo su di lui, d’improvviso lo spinse con tale forza che Sycro volò all’indietro cadendo a terra. Benché sorpreso si rialzò immediatamente. Ma sei impazzito? gli urlò contro muovendo un passo verso Duntrem, quando apparvero delle crepe nel suolo. Duntrem si guardò intorno e notò altre due fessure che si stavano ingrandendo.

    Alzò lo sguardo e notò che i suoi tre compagni avevano già iniziato a indietreggiare incerti sul da farsi, alzò una mano verso di loro facendogli cenno di seguirlo. Presto, corriamo verso la scala! urlò aprendo la strada. I tre dietro di lui non pensarono e agirono obbedendo al suo ordine e superando le crepe con un balzo.

    Cosa sta succedendo? chiese Hardana una volta raggiunto il nano. La donna era molto agile, segno che anche fisicamente prevaleva la sua metà elfica.

    Non lo so, ho solo sentito delle strane vibrazioni dal suolo rispose. Ma è un terremoto? L’isola è instabile? Si sta spaccando? insisté lei non volendo accettare una risposta vaga. Duntrem scosse la testa. Niente di tutto questo, è diverso, ma non sono riuscito ad associarlo a niente che già conosco. Dietro di loro però sentirono la voce di Sycro che urlava: Guardate!.

    Si girarono e videro sorgere dalla terra tre strane creature. Nessuno di loro ne riconobbe la specie. Superarono una piccola radura e un piccolo ma fitto bosco di abeti, trovandosi davanti alle rovine di un’altra torre quasi completamente distrutta. Stanno per raggiungerci! Alla torre, presto! urlò di nuovo Sycro che correva in retroguardia con il piccolo e robusto cavallo che gli trotterellava allegramente accanto. Raggiunsero la torre e si girarono, armi in pugno, ad affrontare i loro inseguitori. Erano tre esseri alti e magri, dalla pelle marrone e le braccia lunghe, a tal punto da riuscire a muoversi in maniera estremamente velocemente usando sia le braccia che le gambe per correre. In pochi istanti gli furono addosso. La loro pelle era spessa e bitorzoluta, i loro musi lunghi, le fauci protuberanti, munite di due le di denti aguzzi, le mani avevano tre lunghe dita che terminavano con unghie appuntite e ricurve a uncino, l’urlo sordo che emettevano assomigliava al suono di unghie sulla lavagna e i loro quattro malvagi occhi indipendenti erano

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