Il Capitale di Marx Brevemente compendiato (Con una lettera di Marx all'autore)
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Anteprima del libro
Il Capitale di Marx Brevemente compendiato (Con una lettera di Marx all'autore) - Carlo Cafiero
INDICE
Il Capitale di Carlo Marx
Carlo Cafiero
Biografia
Il pensiero
Cinema
Bibliografia
Il Capitale
L’opera
Ricezione in Italia
Note
Edizioni italiane
Prefazione di Carlo Cafiero
CAPITOLO I
CAPITOLO II
CAPITOLO III
CAPITOLO IV
CAPITOLO V
CAPITOLO VI
CAPITOLO VII
CAPITOLO VIII
CAPITOLO IX
CAPITOLO X
CONCLUSIONE
APPENDICE:
Note
Il Capitale di Carlo Marx
Brevemente compendiato da Carlo Cafiero
L’operaio ha fatto tutto;
e l’operaio può distruggere tutto,
perché può tutto rifare.
Un lavoratore italiano
Il presente ebook è composto di testi di pubblico dominio.
L’ebook in sé, però, in quanto oggetto digitale
specifico,
dotato di una propria impaginazione, formattazione, copertina
ed eventuali contenuti aggiuntivi peculiari (come note e testi introduttivi), è soggetto a copyright.
Immagine di copertina: Ritratto di Marx
Elaborazione grafica: GDM.
Carlo Cafiero
Carlo Cafiero (Barletta, 1º settembre 1846 – Nocera Inferiore, 17 luglio 1892) è stato un anarchico italiano.
Biografia
Carlo Cafiero nacque a Barletta il 1º settembre 1846 presso una ricca famiglia della borghesia agraria, i Cafiero. Sin da giovane venne avviato alla carriera diplomatica, che però abbandonò ben presto.
Dopo l’incontro a Londra con Karl Marx e Friedrich Engels, che lo portò ad accostarsi al marxismo, divenne il primo divulgatore del Capitale di Marx. Nel 1871, fu tra i principali artefici dell’attività volta al consolidamento delle sezioni italiane dell’Associazione internazionale dei lavoratori.
L’anno successivo, durante il congresso di Rimini (4-6 agosto 1872), in cui si svolsero le conferenze delle sezioni italiane dell’Internazionale, ruppe con il comunismo autoritario marxista, accostandosi al comunismo anarchico, di cui peraltro divenne uno dei principali esponenti. Insieme ad Andrea Costa, Giuseppe Fanelli, Errico Malatesta e Lodovico Nabruzzi, entrò a far parte della Lega Internazionale dei Lavoratori di Bakunin (una sorta di organizzazione segreta, dotata di speciali statuti).
Cafiero denunciò con vigore l’esclusione di Michail Bakunin (di cui in seguito fu il principale finanziatore) e degli anarchici dalla Prima Internazionale (congresso dell’Aia - 2 - 7 settembre), partecipando al congresso antiautoritario di Saint-Imier (15-16 settembre 1872), che sancì la nascita effettiva del movimento anarchico organizzato.
Nel 1873, dopo essere stato arrestato, riuscì ad acquistare un terreno in Svizzera, chiamato La Baronata
, in cui fu costruita un’abitazione che serviva a dare ospitalità ai rivoluzionari di tutta Europa. La Baronata
divenne la dimora principale, tra gli altri, di Bakunin, legato da una forte amicizia con l’anarchico pugliese (successivamente i rapporti tra i due si ruppero, ma dopo breve tempo l’amicizia si rinsaldò).
Inserito stabilmente nel movimento anarchico, Cafiero partecipò ai tentativi insurrezionali di Bologna (1874) e del Matese (1877), concluse entrambe in maniera fallimentare e con il suo arresto. Successivamente si sposò in Russia con la rivoluzionaria Olimpiada Kutuzova, probabilmente per sottrarla alle persecuzioni zariste. Nel 1875 fa il corrispondente dall’Italia del Bollettino della Federazione anarchica del Giura, riportando notizie sulla situazione sociale della penisola.
Cafiero fu sempre ben conscio dell’importanza della propaganda anarchica, per questo collaborò alla pubblicazione di diversi fogli socialisti del tempo, tra cui La Campana di Napoli. Impossibilitato a tornare momentaneamente in Italia, poiché, dopo l’attentato di Giovanni Passannante contro il re Umberto I, venne attuata una dura repressione contro repubblicani e internazionalisti, nel 1879 pubblica il Compendio del primo volume del Capitale - Il Capitale di Marx - che godette di immediata e larga diffusione. Il suo scritto più originale Anarchia e comunismo del 1880 parte dalla convinzione che la rivoluzione sia una legge che regola la storia dell’umanità e che rende possibile il progresso dei popoli nel corso del tempo: «La rivoluzione è causa ed effetto di ogni progresso umano, è la condizione di vita […] la legge naturale dell’umanità: arrestarla è un crimine; ristabilire il suo corso è un dovere umano».
Nella primavera del 1882 rientra in Italia annunciando, fra la sorpresa generale, il suo favore all’attivismo elettorale, anche se personalmente non accettò mai nessuna candidatura. Parlò di questa sua crisi interiore con Kropotkin e Malatesta, sostenendo di voler rinunciare «non all’ideale, ma alla pratica anarchica, non all’anarchia, ma all’anarchismo». Il suo allontanamento dall’anarchismo fu quindi più che altro formale e non sostanziale (come per esempio lo fu quello di Andrea Costa (1881), con cui peraltro lo stesso Cafiero fu durissimo, accusandolo di aver tradito la causa del proletariato).
In aprile venne arrestato per l’ennesima volta a Milano e in carcere si verificò il suo primo tentativo di suicidio. Dopo essere stato prosciolto dall’accusa e accompagnato al valico di frontiera di Chiasso, vagò in cerca d’alloggio, ma probabilmente erano già presenti in lui segni d’una malattia nervosa che più avanti si manifestò in maniera più completa.
Durante il suo peregrinare venne arrestato più volte in Italia e in Svizzera, ma la malattia nervosa lo portò al suo internamento in un manicomio (1883).
Morì a Nocera Inferiore (SA) il 17 luglio 1892.
Il pensiero
Per Cafiero il fine di ogni agire è la libertà, che certamente non è da intendere nel solo riconoscimento dei diritti borghesi. La via cui far ricorso per liberare l’umanità dalle catene, che limitano la libertà individuale e quella dei popoli, è la rivoluzione violenta (in questo senso concorda con Marx ed Engels):
Non solo l’ideale, ma la nostra pratica e la nostra morale rivoluzionaria sono contenute nell’anarchia; la quale viene così a formare il nostro tutto rivoluzionario. È per ciò che noi l’invochiamo come l’avvenimento completo e definitivo della rivoluzione; la rivoluzione per la rivoluzione.
Per Cafiero non può esistere libertà senza anarchismo (l’anarchia è l’unica condizione possibile per il libero sviluppo sia dell’individuo che della società), così come non può esserci uguaglianza senza comunismo (il comunismo è la riappropriazione di tutte le ricchezze della terra, precedentemente espropriata dalla minoranza al potere).
Il suo pensiero comunista-anarchico è certamente contrapposto all’individualismo:
"non solo si può essere comunisti; bisogna esserlo, a rischio di fallire lo scopo della rivoluzione una volta ci dicevamo collettivisti
per distinguerci dagli individualisti e dai comunisti autoritari, ma in fondo eravamo semplicemente comunisti antiautoritari, e, dicendoci collettivisti
pensavamo di esprimere in questo modo la nostra idea che tutto dev’essere messo in comune, senza fare differenze tra gli strumenti e i materiali di lavoro e i prodotti del lavoro collettivo… Non si può essere anarchici senza essere comunisti. Dobbiamo essere comunisti, perché nel comunismo realizzeremo la vera uguaglianza. Dobbiamo essere comunisti perché il popolo, che non afferra i sofismi collettivisti, capisce perfettamente il comunismo. Dobbiamo essere comunisti, perché siamo anarchici, perché l’anarchia e il comunismo sono i due termini necessari della rivoluzione".
Cafiero era convinto che la società futura, realizzata dall’anarchia, avrebbe permesso una più equa distribuzione delle ricchezze e dei beni, la cui produzione sarà nettamente maggiore rispetto all’attuale perché conseguenza spontanea del lavoro libero e dei lavoratori liberi, mossi dal solo desiderio di contribuire alla realizzazione di una società migliore e quindi privi di interessi egoistici e capitalistici. Per Cafiero in futuro ognuno potrà contribuire alla realizzazione della società secondo le proprie capacità e ricevere secondo i propri bisogni.
Cinema
Ezio Aldoni e Massimo Lunardelli hanno realizzato nel 2012 il documentario Carlo Cafiero, il figlio del sole.
Bibliografia
Il Capitale di Carlo Marx, brevemente compendiato da Carlo Cafiero, Biblioteca Socialista, n. 5, Bignami e c. editori, Milano 1879.
Carlo Cafiero, La rivoluzione per la rivoluzione. Raccolta di scritti a cura e con introduzione di Gianni Bosio, Milano 1968 (alcuni testi sono in francese). Questo libro fu riedito con tutti i testi in italiano, con il titolo Carlo Cafiero, Rivoluzione per la rivoluzione. Raccolta di scritti a cura e con introduzione di Gianni Bosio, Samonà e Savelli, Roma 1970.
Gian Carlo Maffei (a cura di), Dossier Cafiero, Bergamo 1974.
Al caffè, Errico Malatesta - 1922
Carlo Cafiero, Scritti(1880)
Manlio Cancogni Gli angeli neri 2011 Mursia ISBN 978-88-425-4471-5
Pier Carlo Masini, CAFIERO, Carlo, in Dizionario biografico degli italiani, vol.16, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1973.
Il Capitale
Il Capitale (Das Kapital) è l’opera maggiore di Karl Marx ed è considerata il testo-chiave del marxismo. Il Libro I del Capitale fu pubblicato quando l’autore era ancora in vita (1867), gli altri due uscirono postumi. Il Libro II ed il III uscirono a cura di Friedrich Engels rispettivamente nel 1885 e nel 1894, mentre il Libro IV venne pubblicato (1905-1910) da Karl Kautsky con il titolo di Teorie del plusvalore[1].
L’opera
Il sottotitolo dell’opera, Critica dell’economia politica, evidenzia chiaramente la contrapposizione esplicita di Marx all’economia politica di stampo liberista all’epoca dominante. Marx, partito dalla scuola della politica economica degli economisti classici, con i suoi studi se ne allontana, ridefinendo la centralità del lavoro nei processi di creazione, accumulazione e ricircolazione del capitale e introducendo il concetto di plusvalore altrimenti non identificato. Tutto il pensiero di Marx può essere in un certo qual modo visto come una riflessione in chiave critica sui temi sollevati da Adam Smith e David Ricardo, tra i massimi esponenti di quella scuola, e la teoria marxiana del valore è chiaramente impostata nella teoria del valore-lavoro degli economisti classici, tanto che alcuni considerano Marx, per quanto ne scardinerà tutto l’apparato, l’ultimo grande esponente della scuola classica.
Marx critica aspramente l’utilitarismo di Jeremy Bentham. Di Bentham stesso ha occasione di dire:
Della sua teoria poi dice: