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Libertaria. Volume 1: Una antologia scomoda
Libertaria. Volume 1: Una antologia scomoda
Libertaria. Volume 1: Una antologia scomoda
E-book701 pagine9 ore

Libertaria. Volume 1: Una antologia scomoda

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Info su questo ebook

Molti hanno dell’anarchia una idea assai superficiale, se non del tutto distorta. La propaganda martellante da parte dello Stato, e l’approccio passionale e irrazionale di molti auto-proclamati anarchici, hanno minato alla base l’anarchia come concezione e come pratica. Oggi, in una fase storica di profonda crisi dello Stato territoriale, è tempo di riportare alla luce alcuni scritti che, nonostante il passare del tempo, mantengono una freschezza e una lucidità straordinarie, e che per questo costituiranno forse motivo di disturbo per molti anarchici tradizionalisti e anti-anarchici viscerali.
Libertaria è il più ambizioso progetto antologico mai portato avanti sul tema dell’anarchia. I trecento saggi contenuti in questa collezione di cinque volumi mostrano non solo che la concezione e la pratica anarchica sono attualmente più che mai valide, ma ci offrono anche la possibilità di riflettere sulla crisi e sulla degenerazione di un potere dominante che non ha più ragione di essere.
LinguaItaliano
EditoreD Editore
Data di uscita4 giu 2021
ISBN9788894830712
Libertaria. Volume 1: Una antologia scomoda

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    Anteprima del libro

    Libertaria. Volume 1 - Gian Piero de Bellis

    Note

    Introduzione all'opera

    di Gian Piero de Bellis

    Nel mese di maggio 2017 è apparsa presso D Editore un’antologia dal titolo Panarchia. In essa, vari autori, dall’Ottocento ai nostri giorni, presentavano un’idea che può apparire a prima vista abbastanza strana, ma che, a un esame più attento, si rivela estremamente interessante. L'idea è che il modo migliore per far convivere, in maniera armoniosa, su uno stesso territorio, persone di diverso orientamento culturale e politico, è far sì che ognuna sia libera di formare o scegliere la comunità di cui vuole far parte, attenendosi alle sue regole e forme organizzative, senza intromettersi od ostacolare i modi di vita dei membri delle altre comunità autonome. Un po’ come si aderisce a una Chiesa, a una religione o come, negli ultimi decenni, si sceglie una tra le tante compagnie telefoniche, la cui sede amministrativa non è o non deve necessariamente essere situata nel paese in cui vive l’utente.

    Alcuni dei documenti contenuti in quell’antologia sono stati scritti da autori che si richiamavano espressamente alla concezione anarchica. Degno di nota, in particolare, è il caso di Max Nettlau, il massimo storico dell’anarchia e uno dei suoi esponenti più interessanti e anticonvenzionali.

    Andando a scavare nell’immenso giacimento di scritti anarchici prodotti da centinaia di pensatori e protagonisti della storia dell’anarchia, ho quindi notato sempre più che l’anarchia esprime, in maniera costante, anche se non sempre del tutto evidente, quello che la panarchia indica nel modo più chiaro possibile. E cioè che la libera sperimentazione di comunità volontarie a base non territoriale rappresenta la soluzione migliore (più umana e più funzionale) per la vita in società. Soprattutto in società variamente articolate, estremamente complesse e tecnologicamente avanzate.

    Ecco allora che è nata l’idea di questa nuova antologia che continua il discorso iniziato con quella precedente e allarga la visuale per comprendere i molteplici aspetti che fanno parte della vita quotidiana delle persone e delle comunità. Il titolo Libertaria (sulla scia del Libertaire di Joseph Déjacque e poi di Sébastien Faure) intende chiarire fin dall'inizio che il filo conduttore è quello della libertà dell'essere umano, la libertà di sperimentare vari stili di vita e aderire dappertutto a una o più comunità autonome, sulla base di scelte libere e volontarie. Infatti, la libertà del singolo è il presupposto, necessario e indispensabile, per la nascita di molteplici e variegate comunità volontarie, al posto degli attuali stati cosiddetti nazionali, che uniformano le persone e centralizzano le decisioni, imposti a tutti coloro che vivono in un dato territorio.

    Il progetto iniziale di questa antologia prevedeva la traduzione di alcuni scritti finora non disponibili in lingua italiana o disponibili in versioni ridotte o privi della benché minima nota. Nel corso del tempo e con l’avanzare delle ricerche, il volume unico previsto si è trasformato in cinque volumi con trecento documenti suddivisi in più di ventidue temi. Nonostante la sua ampiezza, che ne fa una delle antologie sull’anarchia più voluminose al mondo, parecchi altri autori e scritti avrebbero potuto trovarvi posto. Ma questo sarà, mi auguro, il compito di futuri ricercatori e traduttori.

    Il motivo principale che ha spinto alla produzione di questa antologia è costituito dal fatto che molti hanno dell’anarchia una nozione assai superficiale e, molto spesso, del tutto distorta. La propaganda martellante da parte dello Stato nel corso di decenni e l’approccio estremamente passionale e scarsamente razionale di numerosi auto-proclamati anarchici hanno minato alla base l'anarchia, come concezione e come pratica, e la sua capacità di attrazione. Adesso, in una fase storica di crisi profonda dello Stato centrale territoriale, è tempo di riportare alla luce scritti che hanno una freschezza e una lucidità straordinari e che, per questo, costituiranno forse motivo di disturbo teorico e pratico per molti anarchici tradizionalisti e anti-anarchici viscerali.

    Il sottotitolo Una antologia scomoda chiarisce fin dall’inizio le intenzioni di questa opera. La maggior parte degli scritti contenuti in questa antologia saranno del tutto indigesti per molti anti-anarchici (di professione od occasionali) posti di fronte al messaggio che, quello che vogliono davvero gli anarchici, è di essere lasciati in pace a vivere le proprie convinzioni. Allora apparirà del tutto evidente che il pensiero e la pratica degli anti-anarchici si basa sul riconoscimento, da parte loro, della validità e legittimità di comportamenti autoritari e padronali di cui il loro Stato è la massima espressione. Posizione del tutto sgradevole e riprovevole per qualsiasi persona morale e razionale.

    Ma l’antologia sarà indigesta anche a quanti si professano anarchici e pensano che, attraverso comportamenti aggressivi, prepotenti e violenti, saranno in grado di diffondere le loro idee e convinzioni. Costoro hanno rappresentato e rappresentano una sciagura per l’autentica anarchia perché, con il loro modo di fare (egoismo, menefreghismo, violenza gratuita e sconsiderata) giustificano l’esistenza di un potere autoritario, lo Stato, che ha allora buon gioco nel presentarsi come ente benefico, altruista, promotore dell’ordine.

    Al contrario, coloro che non si definiscono apertamente anarchici o libertari, ma vogliono gestire la propria vita in prima persona, in maniera autonoma, senza sfruttare o essere sfruttati, non troveranno nulla di scomodo in questa antologia. Costoro sono gli individui che, al di là e al di fuori di qualsiasi etichetta e qualifica, costruiranno le future comunità volontarie. A quel punto anche il termine anarchia uscirà di scena perché sarà scomparso il fattore di disturbo e di ostacolo (lo Stato padrone) alla formazione di esseri pienamente umani.

    Nota sui documenti e sulle traduzioni

    Molti testi inseriti nell’antologia sono di autori cosiddetti minori, ma non per questo meno interessanti. In particolare, si è cercato di offrire documenti non disponibili in italiano, tralasciando anche scritti di anarchici italiani che avrebbero potuto ben figurare nell’antologia.

    Le traduzioni sono tutte opera del curatore se non è precisato altrimenti. Come dice il famoso detto in francese: «Traduire, c'est trahir» o, in italiano, Traduttore - Traditore.

    Per cui, si invitano le persone che conoscono le lingue, a leggere i testi nella loro versione originale (per questo si fornisce sempre la fonte). In ogni caso, si è cercato, per quanto possibile di rimanere fedeli al testo ma, al tempo stesso, considerato che il significato dei termini cambia con il passare del tempo, taluni vocaboli non sono stati tradotti letteralmente. E questo, si spera, senza tradire il senso che l'autore voleva dare.

    In particolare, il termine anarchisme – anarchism è stato spesso reso come anarchia perché gli anarchici di una volta, quelli sinceri e preparati, erano molto più interessati alle questioni pratiche e poco o nulla alle diatribe ideologiche, come ben si vedrà leggendo i documenti dell’antologia. In altri casi si è usata l’espressione la concezione anarchica a significare che l’anarchia è un’idea e un ideale pratico e niente affatto una ideologia ben confezionata (un ismo) da realizzare attraverso passaggi prestabiliti e per mezzo di un partito di militanti ben inquadrati. Tutt’altro.

    Anche i termini comunismo e uguaglianza vanno chiariti. Qualora impiegati dagli anarchici, non si fa affatto riferimento alla proprietà statale dei mezzi di produzione e nemmeno all'essere tutti simili e identici economicamente, ma all'assenza di padroni e alla fine dei privilegi.

    Chiarificazioni e spiegazioni si troveranno anche nelle note dei documenti.

    Il termine autorité authority è stato in generale tradotto come potere o autoritarismo. Questo perché gli anarchici non sono contro l’autorità intesa come autorevolezza o sapere riconosciuto volontariamente, ma contro il potere imposto dall'esterno, in particolare quello sotto forma di dominio statale e padronale.

    La parola Stato è scritta in molti documenti con la lettera maiuscola solo per distinguerla dal participio passato del verbo essere; ciò non vuole assolutamente significare che a questa entità viene attribuita una importanza superiore a quella di un gruppo sociale o comunità.

    Essendo questa un’opera piuttosto voluminosa, errori e imprecisioni sono assai probabili. Si invita chiunque a segnalarli al curatore tramite il sito dell’editore di modo che possano essere corretti in una eventuale futura edizione.

    Ringraziamenti

    Una antologia come questa ha richiesto non solo la consultazione e selezione di parecchi documenti, ma anche il confronto con traduzioni in altre lingue e varie fasi di rilettura e revisione del testo finale in italiano. A questo riguardo ringrazio, in particolare, Giovanna Trombacca (lettura e correzione generale di tutti i documenti), Jürgen Romberg (revisione dei documenti in lingua tedesca), Luisa de Bellis (revisione dei documenti in lingua spagnola).

    Un grazie va a Marianne Enckell del Cira ( Centre International de Recherche sur l’Anarchisme) di Losanna e a tutti i suoi collaboratori che mi hanno aiutato nella ricerca dei testi e delle fonti. Un grazie anche a Daniele Leoni che mi ha segnalato e fornito taluni documenti e a tutti coloro che hanno messo sul Web documenti in varie lingue che sono serviti per la redazione di questa antologia.

    Ringrazio anche i responsabili del Centro Studi Libertari – Archivio Giuseppe Pinelli di Milano, promotori anche della Casa Editrice Elèuthera, che mi hanno permesso l'utilizzo di alcuni saggi di Amedeo Bertolo.

    Infine, un grazie a tutti gli autori viventi che, senza alcuna esitazione, hanno messo a disposizione i loro scritti perché fossero inclusi in questa antologia.

    Saint-Imier, gennaio 2020

    World Wide Wisdom

    Research & Documentation Centre

    Parte I - Documenti

    La storia delle idee anarchiche è inseparabile dalla storia di tutti gli sviluppi del progresso e delle aspirazioni verso la libertà

    (Max Nettlau, La anarquía a través de los tiempos, 1932-1934)

    Documenti

    Con i documenti qui presentati si vogliono mettere in luce gli aspetti più importanti che caratterizzano la concezione e la pratica degli anarchici. Si evidenziano, in particolare, le seguenti aspirazioni e convinzioni:

    Oltre la politica

    La distinzione basilare tra anarchici e marxisti non concerne il fine da perseguire (estinzione dello Stato) ma i mezzi da utilizzare. Gli anarchici non ritengono la politica uno strumento di liberazione ma un fattore di manipolazione e oppressione degli individui e delle comunità. Per questo la rifiutano totalmente, come emerge nella Circolare di Sonvilier (Documento 1). Questa posizione è sintetizzata da Bakunin nella sua Circolare ai miei amici d’Italia (1871) quando scrive: «La politica ha per oggetto la fondazione e conservazione degli stati; ma chi dice Stato dice dominazione da un lato, soggezione dall’altro».

    Oltre il centralismo e l’autoritarismo

    Gli anarchici rifiutano il centralismo e l’autoritarismo a partire dal modo stesso di organizzarsi che, nelle loro intenzioni e per quanto ne sono capaci, dovrebbe prefigurare la società del futuro, priva di dominatori e di sfruttatori. Da qui lo scontro con Marx e con i socialisti autoritari che volevano dirigere il movimento dei lavoratori europei (l’Internazionale) dal centro (Londra). Questa posizione di autonomia è pienamente riaffermata al Congresso di Saint-Imier (Documento 2) che fa seguito all’espulsione degli anarchici avvenuta al Congresso dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori (L’Aia, 1872).

    Oltre lo Stato monopolista

    La massima espressione di centralismo e autoritarismo è costituita dallo Stato monopolista (centrale, territoriale) che ha la pretesa di amministrare, cioè imporre il suo volere a tutti coloro che vivono all’interno di un certo territorio, che costoro lo vogliano o no. Contro questa pretesa assurda, davanti al Tribunale di Lyon (Documento 3) si eleva la voce degli anarchici che non sono contro questa o quella forma di Stato, ma contro l’idea stessa di Stato in quanto dominio esterno sugli individui.

    Per l’educazione integrale

    Per andare oltre lo Stato autoritario a sovranità territoriale monopolista e per conseguire una piena autonomia personale vi è bisogno di esseri umani capaci di interpretare e padroneggiare la realtà, almeno nei suoi aspetti principali. Da qui l’importanza che gli anarchici attribuiscono all’educazione integrale, basata sullo sviluppo di capacità intellettuali e manuali e priva di miti e idee convenzionali volte a manipolare l’individuo (Documento 4).

    Contro il militarismo e la guerra

    L’anarchico è un sostenitore convinto del principio di non-aggressione. Tra le fila degli anarchici si annoverano numerose figure di non-violenti, pacifisti, antimilitaristi, e notevole è stato il numero degli anarchici ammazzati o incarcerati perché contro l’esercito e contro la guerra. Il Manifesto dell'Internazionale Anarchica contro la guerra (Documento 5), redatto in occasione della Prima Guerra Mondiale, sintetizza queste posizioni. Esse non furono però condivise da tutti gli anarchici in quanto una parte di loro si schierò a favore della Francia e dell’Inghilterra, ritenendo la sconfitta del militarismo prussiano tatticamente più importante ai fini del prevalere in futuro della pace.

    Circolare a tutte le Federazioni dell’Associazione Internazionale dei lavoratori

    Documento 1 (1871)

    Questo importante documento, purtroppo non molto noto, illustra, in termini estremamente chiari, l'involuzione autoritaria dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, sotto la direzione del Consiglio Generale di Londra dominato da Karl Marx.

    In questa circolare troviamo espresso l'aspetto che differenziava i libertari della Federazione del Jura dai marxisti autoritari e che consisteva nel fatto, sottolineato dagli estensori del documento, che l'emancipazione dei lavoratori non avviene con la conquista del potere politico della classe operaia, come sostenuto dal Consiglio Generale, ma con un processo di auto-formazione compiuto attraverso esperienze pratiche ed elaborazioni teoriche. I membri della corrente libertaria dell'Internazionale avevano quindi già previsto tutte le conseguenze nefaste che la pratica del cosiddetto socialismo reale avrebbe generato in futuro.

    Purtroppo, l'anno successivo (1872) al Congresso tenutosi a L'Aia, Marx riuscì a far espellere gli anarchici dall'Internazionale e questo segnerà la fine della rivoluzione sociale a livello europeo, e la sua trasformazione in una lotta politica elettorale su base nazionale.

    I delegati qui presenti, rappresentanti un gruppo di sezioni dell'Internazionale che si viene a costituire sotto il nome di Federazione del Jura , si rivolgono, con questa circolare, a tutte le Federazioni della Associazione Internazionale dei Lavoratori per chiedere di unirsi a loro in vista della convocazione, in tempi brevi, di un Congresso Generale.

    Spiegheremo in poche parole quelle che sono le ragioni che ci fanno richiedere questa misura, assolutamente necessaria per evitare alla nostra grande Associazione di essere trascinata, a sua insaputa, verso una china fatale che la porterebbe alla dissoluzione.

    Al momento della creazione dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, fu istituito un Consiglio generale che doveva, nei termini degli statuti, servire come ufficio centrale di corrispondenza tra le sezioni, ma al quale non fu delegato assolutamente alcun potere, in quanto ciò sarebbe stato in contrasto con l'essenza stessa dell'Internazionale, che non è altro che una vasta organizzazione di protesta contro il potere.

    Del resto, le attribuzioni del Consiglio generale sono nettamente definite dai seguenti articoli degli Statuti generali e del Regolamento Generale:

    Statuti generali

    ART. 3 – È stabilito un Consiglio generale composto da lavoratori che rappresentano le diverse nazioni che fanno parte dell'Associazione Internazionale. Esso raccoglierà nel suo seno, secondo i bisogni dell'Associazione, i membri incaricati, come il presidente, il segretario generale, il tesoriere e i segretari dei diversi paesi. Ogni anno, il Congresso si riunisce per indicare la sede del Consiglio Generale, nominare i suoi membri, lasciando al Consiglio Generale la facoltà di nominare membri aggiuntivi e scegliere la sede della prossima riunione.

    Al tempo fissato per il Congresso, e senza che sia necessaria una convocazione speciale, i delegati si riuniranno con pieni diritti nel luogo e nel giorno designati. In caso di forza maggiore, il Consiglio generale potrà cambiare il luogo in cui si terrà il Congresso, senza peraltro cambiarne la data.

    ART. 4 – In occasione della riunione annuale del Congresso, il Consiglio Generale pubblicherà una relazione sulle attività portate avanti nel corso dell'anno. In casi urgenti, esso potrà convocare il Congresso prima del termine stabilito.

    ART. 5 – Il Consiglio generale stabilirà relazioni con le differenti associazioni operaie, di modo che i lavoratori di ogni paese siano tenuti costantemente al corrente dei progressi della loro classe negli altri paesi; che un'indagine dello stato sociale sia fatta simultaneamente e con lo stesso spirito; che le questioni proposte da una Società, e la cui discussione è di interesse generale, siano esaminate da tutti, e che, laddove una idea pratica o un problema di carattere internazionale esigerà l'intervento dell'Associazione, questa possa agire in modo omogeneo. Quando lo ritenga necessario, il Consiglio Generale prenderà l'iniziativa di formulare proposte da sottoporre alle società locali o nazionali.

    Esso pubblicherà un bollettino per facilitare le comunicazioni con gli uffici corrispondenti.

    Regolamento

    ART. 1 – Il Consiglio Generale è tenuto a mettere in atto le risoluzioni del Congresso.

    Esso riunisce a tale scopo tutti i documenti che gli uffici di corrispondenza dei diversi paesi gli invieranno e quelli che potrà procurarsi con altri mezzi.

    Esso è responsabile di organizzare il Congresso e di portare il suo programma a conoscenza di tutte le sezioni, attraverso gli uffici di corrispondenza dei diversi paesi.

    ART. 2 – Il Consiglio generale pubblicherà, tutte le volte che le sue strutture lo consentiranno, un bollettino che includerà tutto ciò che può interessare l'Associazione Internazionale: l'offerta e la domanda di lavoro nelle diverse località; le società cooperative; le condizioni delle classi lavoratrici in tutti i paesi, eccetera.

    Il Consiglio Generale fu insediato per il primo anno a Londra, e questo per diversi motivi: è stato da un incontro a Londra che nacque l'idea dell'Internazionale; Londra poi offriva maggiore sicurezza rispetto alle altre città d'Europa, per quanto riguarda le garanzie individuali.

    Nei successivi Congressi dell'Internazionale a Losanna (1867) e a Bruxelles (1868), il Consiglio Generale è stato confermato nella sede di Londra. Per quanto riguarda la sua composizione, tutti coloro che hanno partecipato ai Congressi generali sanno come sono andate le cose: si votavano sulla fiducia le liste che erano presentate al Congresso, e che avevano per lo più nomi totalmente sconosciuti ai delegati. La fiducia era così grande, che si lasciava al Consiglio Generale anche la facoltà di nominare chiunque volesse; e, attraverso questa disposizione degli statuti, la nomina del Consiglio Generale da parte del Congresso è diventata illusoria. Infatti, il Consiglio poteva, a posteriori, nominare tutto un insieme di persone che ne avrebbe modificato completamente la maggioranza e gli intendimenti.

    Al Congresso di Basilea, la fiducia cieca ha raggiunto una sorta di abdicazione volontaria del potere di decisione nelle mani del Consiglio Generale. Attraverso risoluzioni amministrative, si attentò, senza accorgersene, sia allo spirito che alla lettera degli Statuti Generali, nei quali l'autonomia di ogni Sezione, di ogni gruppo di Sezioni, era stata chiaramente proclamata.

    Giudicate voi:

    Risoluzioni amministrative di Basilea

    Risoluzione VI – Il Consiglio Generale ha il diritto di sospendere, fino al prossimo Congresso, una Sezione dell'Internazionale.

    Risoluzione VII – Qualora sorgessero dei contrasti tra società o rami di un gruppo nazionale, o tra gruppi di diverse nazionalità, il Consiglio Generale ha il diritto di decidere sulla controversia, fatto salvo il diritto di appello al prossimo Congresso, che prenderà una decisione in via definitiva.

    È stato così messo nelle mani del Consiglio Generale un potere pericoloso, e si è sbagliato a non prevederne le conseguenze.

    Se vi è un fatto indiscutibile, mille volte comprovato dall'esperienza, è l'effetto di corruzione che il potere produce su coloro nelle cui mani esso è affidato. È assolutamente impossibile che un essere umano che ha potere sui suoi simili rimanga un individuo morale.

    Il Consiglio generale non poteva sfuggire a questa legge fatale. Composto per cinque anni consecutivi dagli stessi individui, sempre rieletto, e dotato dalle risoluzioni di Basilea di un grande potere sulle sezioni, ha finito per vedersi come il capo legittimo dell'Internazionale. Il mandato di membro del Consiglio Generale è diventato, nelle mani di alcuni, sua proprietà personale, e Londra è sembrata loro come la capitale inamovibile della nostra Associazione.

    A poco a poco, questi individui, che non sono che i nostri rappresentanti – e la maggior parte di loro non sono nemmeno i nostri rappresentanti regolari non essendo stati eletti da un Congresso – questi individui, diciamo, abituati a marciare alla nostra testa e a parlare in nostro nome, sono stati portati, tramite il flusso naturale delle cose e la forza stessa di questa situazione, a voler far prevalere nell'Internazionale il loro programma speciale, la loro dottrina personale. Divenuti, ai loro stessi occhi, una sorta di governo, era naturale che le loro idee particolari apparissero ad essi come la teoria ufficiale, la sola che avesse diritto di cittadinanza dentro l'Associazione; mentre le posizioni divergenti espresse in altri gruppi sono sembrate loro, non più la legittima manifestazione di una opinione parimenti legittima, ma una vera e propria eresia.

    Così si è formata a poco a poco una ortodossia con sede a Londra, i cui rappresentanti erano i membri del Consiglio Generale; e presto i corrispondenti del Consiglio, provenienti dai differenti paesi, si sono dati per missione, non più di servire come intermediari neutrali e disinteressati tra le varie Federazioni, ma di essere gli apostoli della dottrina ortodossa, di cercarne altri propagatori dell’ortodossia, e di servire interessi settari a scapito degli interessi generali dell'Associazione.

    Quale risultato doveva produrre tutto ciò? Il Consiglio generale ha naturalmente trovato una certa opposizione al nuovo cammino intrapreso. L'irresistibile logica lo ha obbligato a tentare di infrangere questa opposizione. Sono quindi iniziate le lotte, e, con esse, gli accordi tra individui e le manovre di consorteria. Il Consiglio Generale è diventato allora un focolaio di intrighi; gli oppositori sono stati insultati, calunniati; infine la guerra, la guerra aperta, è scoppiata nella nostra Associazione.

    Dopo il Congresso di Basilea, nel 1869, il Congresso Generale dell'Associazione non è stato più riunito, e negli ultimi due anni il Consiglio Generale si è trovato abbandonato a sé stesso. La guerra franco-tedesca è stata il motivo della sospensione del Congresso nel 1870. Nel 1871, questo Congresso è stato sostituito da una conferenza segreta, convocata dal Consiglio Generale senza che gli statuti autorizzassero in alcun modo tale agire.

    Questa Conferenza segreta che non ha certamente offerto una rappresentanza completa dei membri dell'Internazionale, dal momento che molte sezioni, le nostre in particolare, non sono state convocate; questa Conferenza, la cui maggioranza era stata ingannata fin dall'inizio dal fatto che il Consiglio Generale si è arrogato il diritto di installare sei delegati da esso nominati con potere di voto; questa Conferenza, che non poteva assolutamente considerarsi come investita dei diritti di un Congresso, ha tuttavia preso delle risoluzioni che costituiscono una grave minaccia agli Statuti generali, e che tendono a fare dell'Internazionale, libera federazione di Sezioni Autonome, una organizzazione gerarchica e autoritaria di sezioni inquadrate, poste interamente sotto il controllo di un Consiglio Generale che può, a sua discrezione, rifiutare l'ammissione o sospendere l’attività delle sezioni stesse. E per coronare la cosa, una decisione di questa Conferenza prevede che il Consiglio Generale fisserà esso stesso la data e il luogo del prossimo Congresso o della Conferenza che lo sostituirà; di modo che adesso noi siamo minacciati dalla soppressione dei Congressi Generali, queste grandi sedute pubbliche dell'Internazionale e dalla loro sostituzione, a discrezione del Consiglio Generale, con conferenze segrete simili a quella tenutasi di recente a Londra.

    In presenza di questa situazione, che cosa dobbiamo fare? Noi non attribuiamo la colpa alle intenzioni del Consiglio Generale. Le personalità che lo compongono si sono trovate vittime di una necessità fatale: esse volevano, in buona fede e per il trionfo della loro dottrina particolare, introdurre nell'Internazionale il principio di autorità. Le circostanze sembravano incoraggiare questa tendenza, e riteniamo naturale che questa scuola, il cui ideale è la conquista del potere politico da parte della classe operaia, abbia creduto che l'Internazionale, in seguito ai recenti avvenimenti, dovesse cambiare la sua organizzazione originaria e trasformarsi in una organizzazione gerarchica, diretta e governata da un Comitato.

    Ma se ci diamo una ragione di queste tendenze e di questi fatti, non ci sentiamo di meno obbligati a combatterli, in nome della Rivoluzione sociale che perseguiamo, e il cui programma è l'emancipazione dei lavoratori a opera dei lavoratori stessi, al di fuori di qualsiasi potere di direzione, anche nel caso esso fosse nominato e autorizzato dai lavoratori.

    Noi chiediamo il mantenimento, nell'Internazionale, del principio dell'autonomia delle parti, che fino ad ora è stato alla base della nostra Associazione; noi chiediamo che il Consiglio Generale, le cui attribuzioni sono state denaturate dalle risoluzioni amministrative del Congresso di Basilea, torni al suo ruolo normale, che è quello di un semplice ufficio di corrispondenza e di statistica; – e questa unità che si vorrebbe stabilire attraverso la centralizzazione e la dittatura, noi la vogliamo realizzare attraverso la libera federazione dei gruppi autonomi.

    La società futura non deve essere altro che l'universalizzazione dell'organizzazione che l'Internazionale si sarà data. Noi dobbiamo quindi avere cura di avvicinare quanto più possibile questa organizzazione al nostro ideale. Come è possibile volere che una società egualitaria e libera sorga da una organizzazione autoritaria! È impossibile. L'Internazionale, embrione della futura società umana, è destinata a essere, d'ora in poi, l'immagine fedele dei nostri princìpi di libertà e di federazione, ed è tenuta a rifiutare nel suo seno ogni principio tendente al potere e alla dittatura.

    Concludiamo chiedendo la convocazione, in tempi brevi, di un Congresso Generale della Associazione.

    Viva l'Associazione Internazionale dei lavoratori!

    Sonvilier, Jura, 12 novembre 1871

    I delegati al Congresso della Federazione del Jura

    Henri DEVENOGES, Léon SCHWITZGUÉBEL, delegati della Sezione centrale del distretto di Courtelary;

    Fritz TSCHUJ, Justin GUERBER, delegati del Circolo di studi sociali di Sonvilier;

    Christian HOFER, delegato della Sezione di Moutier-Grandval;

    Frédéric GRAISIER, Auguste SPICHIGER, delegati della Sezione centrale di Le Locle;

    Nicolas JOUKOVSKY, Jules GUESDE, delegati della Sezione di propaganda e d'azione rivoluzionaria socialista di Ginevra;

    Charles CHOPARD, Alfred JEANRENAUD, delegati della Sezione degli operai incisori e bulinisti del distretto di Courtelary;

    Numa BRANDT, delegato della Sezione di propaganda di La Chaux-de-Fonds;

    James GUILLAUME, A. DUPUIS, delegati della Sezione centrale di Neuchâtel;

    A. SCHEUNER, Louis CARTIER, delegati del Circolo di studi sociali di Saint Imier.

    Il Congresso dell’Internazionale Antiautoritaria

    Documento 2 (1872)

    Dopo l'espulsione degli anarchici al Congresso dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori de L'Aia (2-7 settembre 1872), Mikhail Bakunin, James Guillaume e gli anarchici di altre federazioni e sezioni si ritrovarono nel villaggio di Saint-Imier (Jura) e presero alcune risoluzioni in quello che sarà conosciuto come il Congresso dell'Internazionale Antiautoritaria.

    PRIMA RISOLUZIONE

    La posizione delle Federazioni riunite in Congresso a Saint-Imier, in riferimento alle risoluzioni del Congresso de L'Aia e del Consiglio generale

    Considerando che l’autonomia e l’indipendenza delle federazioni e sezioni operaie costituiscono la condizione primaria per l’emancipazione dei lavoratori;

    Che qualsiasi potere legislativo e regolamentare accordato al Congresso sarebbe una negazione flagrante di questa autonomia e libertà:

    Il Congresso nega in principio il diritto a legiferare da parte di tutti i Congressi, siano essi generali o regionali, non riconoscendo ad essi altra missione che quella di presentare le aspirazioni, i bisogni e le idee del proletariato delle differenti località e paesi, al fine che la loro armonizzazione e unificazione si realizzino per quanto possibile. Però, in nessun caso la maggioranza di un qualunque Congresso potrà imporre le sue risoluzioni alla minoranza.

    Considerando, d’altra parte, che la istituzione di un Consiglio Generale nell’Internazionale è, per sua propria natura e in maniera fatale, destinata a divenire una violazione permanente di questa libertà che deve essere la base fondamentale della nostra grande Associazione;

    Considerando che gli atti del Consiglio Generale di Londra che è stato adesso dissolto, sono stati, durante questi ultimi tre anni, la prova vivente del vizio insito in questa istituzione;

    Che, per accrescere il suo potere, inizialmente molto ridotto, ha fatto ricorso agli intrighi, alle menzogne, alle calunnie più infami, per tentare di insozzare tutti coloro che hanno osato opporsi ad esso;

    Che, per arrivare alla realizzazione finale delle sue mire, ha preparato da tempo il Congresso de L'Aia, dove la maggioranza, organizzata di proposito, non ha avuto chiaramente altro scopo che quello di far prevalere, all’interno dell’Internazionale, il dominio di un partito autoritario, e che, per raggiungere quell'obiettivo, non ha avuto timore di calpestare ogni traccia di decenza e di giustizia;

    Che un tale Congresso non può essere l’espressione del proletariato dei paesi che si sono fatti rappresentare.

    Il Congresso dei delegati delle Federazioni spagnola, italiana, jurassiana, americana e francese, riuniti a Saint-Imier, dichiara di respingere tutte le risoluzioni del Congresso de L'Aia, non riconoscendo in alcun modo i poteri del nuovo Consiglio Generale da esso nominato. E, per salvaguardare le loro rispettive Federazioni contro le pretese governative di questo Consiglio Generale, oltre che per salvare e rafforzare ancor più l’unità dell’Internazionale, i delegati hanno gettato le basi di un progetto di pace e di solidarietà tra queste Federazioni.

    SECONDA RISOLUZIONE

    Patto di amicizia, solidarietà e reciproca difesa tra le libere Federazioni

    Considerando che la grande unità dell’Internazionale è fondata non sull’organizzazione artificiale e sempre dannosa di un qualche potere centralizzatore, ma, da una parte, sull’identità reale degli interessi e delle aspirazioni del proletariato di tutti i paesi, e dall’altra, sull’associazione spontanea e pienamente libera delle federazioni e delle libere sezioni di ogni paese;

    Considerando che in seno all’Internazionale vi è una tendenza, apertamente espressa al Congresso de L'Aia dal partito autoritario che è quello del comunismo tedesco, a sostituire il dominio e il potere dei suoi capi al libero sviluppo e all'organizzazione spontanea e libera del proletariato;

    Considerando che la maggioranza del Congresso de L'Aia ha cinicamente sacrificato, alle mire ambiziose di questo partito e dei suoi capi, tutti i princìpi dell’Internazionale, e che il nuovo Consiglio generale, da essa nominato, e investito di poteri ancora più grandi di quelli che aveva voluto arrogarsi attraverso la Conferenza di Londra, minaccia di distruggere questa unità dell’Internazionale attraverso i suoi attentati alla libertà;

    I delegati delle Federazioni e Sezioni spagnole, italiane, jurassiane, francesi e americane riuniti in questo Congresso hanno concluso, a nome di queste Federazioni e Sezioni, e previa loro accettazione e conferma definitiva, il seguente patto di amicizia, solidarietà e reciproca difesa:

    Le Federazioni e Sezioni spagnole, italiane, francesi, jurassiane, americane, e tutte quelle che vorranno aderire a questo patto, avranno tra di loro scambi di comunicazioni e una corrispondenza regolare e diretta del tutto indipendenti da un qualsiasi controllo dall'alto.

    Qualora una di queste Federazioni o Sezioni si trovasse attaccata nella sua libertà, sia dalla maggioranza di un Congresso Generale, sia dal governo o Consiglio Generale installato da questa maggioranza, tutte le altre Federazioni e Sezioni si proclameranno pienamente solidali con essa.

    Essi proclamano in maniera molto chiara che la stipulazione di questo patto ha come scopo principale il bene di questa grande unità dell’Internazionale che l’ambizione del partito autoritario ha messo in pericolo.

    TERZA RISOLUZIONE

    Natura dell'azione politica del proletariato

    Considerando:

    Che voler imporre al proletariato una linea di condotta o un programma politico uniforme, come l’unica via che possa condurre alla sua emancipazione sociale, è una pretesa non solo assurda ma anche reazionaria;

    Che nessuno ha il diritto di privare le federazioni e sezioni autonome del diritto incontestabile di determinare esse stesse e di seguire la linea di condotta politica che esse ritengono migliore, e che ogni tentativo similare ci condurrà fatalmente al più nauseante dogmatismo;

    Che le aspirazioni del proletariato non possono avere altro oggetto se non la messa in atto di una organizzazione e di una federazione assolutamente libere, fondate sul lavoro e sulla uguaglianza di tutti e pienamente indipendenti da qualsiasi governo politico, e che questa organizzazione e questa federazione non possono essere altro che il risultato dell’azione spontanea dello stesso proletariato, delle associazioni di mestiere e delle comunità autonome;

    Considerando che qualsiasi organizzazione politica non può essere altro che l’organizzazione del dominio di una classe a detrimento delle masse, e che il proletariato, se si impadronisse del potere, diventerebbe esso stesso una classe dominante e sfruttatrice;

    Il Congresso riunito a Saint-Imier dichiara:

    Che la distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato;

    Che ogni organizzazione di un potere politico cosiddetto provvisorio e rivoluzionario per conseguire la suddetta distruzione, non può essere altro che l’ennesimo inganno e sarebbe, per il proletariato, cosa pericolosa quanto tutti i governi attualmente esistenti;

    Che, rifiutando qualsiasi compromesso per arrivare alla realizzazione della rivoluzione sociale, i proletari di tutti i paesi devono mettere in atto, al di fuori di qualsiasi politica borghese, la solidarietà dell’azione rivoluzionaria.

    QUARTA RISOLUZIONE

    Organizzazione della resistenza del lavoro – Statistiche

    La libertà e il lavoro sono la base della morale, della forza, della vita e della ricchezza dell’avvenire. Ma il lavoro, se non è liberamente organizzato, diviene opprimente e improduttivo per il lavoratore; ed è per questo che l’organizzazione del lavoro è la condizione indispensabile per l’emancipazione effettiva e completa dell’operaio.

    Ciononostante, il lavoro non può essere esercitato liberamente senza il possesso delle materie prime e di tutto il capitale sociale, e non lo si può organizzare se l’operaio, emancipandosi dalla tirannia politica ed economica, non conquista il diritto di sviluppare pienamente tutte le sue facoltà. Qualsiasi Stato, e cioè qualsiasi governo e amministrazione delle masse popolari, dall’alto verso il basso, essendo fondato necessariamente sulla burocrazia, sull’esercito, sulla polizia, sul clero, non potrà mai realizzare la società organizzata sulla base del lavoro e della giustizia, dal momento che, per la natura stessa del suo organismo, è spinto a opprimere il lavoro e a negare la giustizia.

    A nostro giudizio, l’operaio non potrà mai emanciparsi dall’oppressione secolare, se a questo corpo statale che assorbe e demoralizza, non sostituisce la libera federazione di tutti i gruppi di produttori fondata sulla solidarietà e sull’uguaglianza.

    In effetti, in parecchi luoghi si è già tentato di organizzare il lavoro al fine di migliorare la condizione del proletariato, ma anche la più piccola miglioria è stata ben presto neutralizzata dalla classe privilegiata che cerca continuamente, senza freni e senza limiti, di sfruttare la classe operaia. Nonostante ciò, il vantaggio dell'organizzazione è tale che, anche nella situazione attuale delle cose, uno non potrebbe farne a meno. Essa fa fraternizzare sempre più il proletariato nella comunanza degli interessi, lo allena alla vita in comune, lo prepara per la lotta suprema. E inoltre, essendo l’organizzazione libera e spontanea del lavoro quella che deve sostituire l’organismo privilegiato e autoritario dello stato politico, essa sarà, una volta pienamente funzionante, la garanzia permanente del mantenimento dell’organismo economico contro l’organismo politico.

    Di conseguenza, lasciando alla pratica della rivoluzione sociale i dettagli dell’organizzazione effettiva, noi ci prefiggiamo di organizzare e rendere solidale la resistenza su grande scala. Lo sciopero è per noi un mezzo prezioso di lotta, ma non ci facciamo alcuna illusione sui suoi risultati economici. Noi l’accettiamo come un prodotto dell’antagonismo tra il lavoro e il capitale, che ha per conseguenza necessaria il fatto di rendere gli operai sempre più coscienti dell’abisso che esiste tra la borghesia e il proletariato, di fortificare l’organizzazione dei lavoratori, e di preparare il proletariato, attraverso la realtà delle semplici lotte economiche, alla grande lotta rivoluzionaria e decisiva. Tale lotta, distruggendo ogni privilegio e ogni distinzione di classe, darà all’operaio il diritto di godere del prodotto integrale del suo lavoro, e attraverso ciò i mezzi per sviluppare, all’interno della comunità, tutta la sua energia intellettuale, materiale e morale.

    La Commissione propone al Congresso di scegliere un gruppo di persone che dovrà presentare al prossimo Congresso un progetto di organizzazione universale di resistenza, e delle statistiche esaurienti sul lavoro, dalle quali questa lotta attingerà alcune indicazioni. Essa raccomanda all'attenzione di tutti l’organizzazione spagnola come la migliore, attualmente.

    RISOLUZIONE FINALE

    Il Congresso propone di inviare copia di tutte le risoluzioni del Congresso, e del Patto di amicizia, solidarietà e reciproca difesa, a tutte le federazioni operaie del mondo, e di accordarsi con esse sui temi che sono di interesse generale per tutte le federazioni libere.

    Il Congresso invita tutte le federazioni che hanno stretto tra di loro questo patto di amicizia, solidarietà e reciproco appoggio, a mettersi d’accordo immediatamente con tutte le federazioni o sezioni che vorranno accettare questo patto, per definire la natura e la data del loro Congresso internazionale, esprimendo il desiderio che esso si tenga non più tardi dei prossimi sei mesi.

    I partecipanti al Congresso di Saint-Imier (15 delegati)

    Sei delegati delle sezioni italiane

    Mikhail Bakunin (1814-1876)

    Carlo Cafiero (1846-1892)

    Andrea Costa (1851-1910)

    Errico Malatesta (1853-1932)

    Giuseppe Fanelli (1827-1877)

    Lodovico Nabruzzi (1846-1916)

    Quattro delegati delle sezioni spagnole

    Charles (Carlos) Alerini (1842-1901)

    Rafael Farga-Pellicer (1844-1890)

    Nicolás Alonso Marselau (1840-1882)

    Tomàs Gonzáles Morago (??-1885)

    Due delegati delle sezioni francesi

    Camille Camet (1850-1917)

    Jean-Louis Pindy (1840-1917)

    Due delegati della fédération jurassienne

    James Guillaume (1844-1916)

    Adhémar Schwitzguébel (1844-1895)

    Un delegato di due sezioni americane

    Gustave Lefrançais (1826-1901)

    Saint-Imier (15-16 settembre 1872)

    Dichiarazione degli anarchici davanti al tribunale correzionale di Lyon

    Documento 3 (1883)

    L'8 gennaio del 1883, si aprì a Lyon (Francia) il processo detto dei sessantasei contro un certo numero di anarchici accusati «d’essere […] stati affiliati o di avere fatto atto di affiliazione a una società internazionale [l'Associazione Internazionale dei Lavoratori] avente come fine di provocare la sospensione del lavoro, l'abolizione del diritto di proprietà, la fine della famiglia, della patria, della religione, e di avere in tal modo attentato contro la pace sociale».

    La seguente dichiarazione, redatta principalmente da Pëtr Kropotkin, uno degli accusati, fu letta nell'aula del tribunale il pomeriggio del 12 gennaio da Frédéric Tressaud, uno degli anarchici sotto processo.

    Che cos’è l’anarchia e chi sono gli anarchici, ecco quello che ci proponiamo di chiarire:

    Gli anarchici, Signori, sono dei cittadini che, in un secolo in cui si predica dappertutto la libertà di opinione, hanno ritenuto loro dovere reclamare la libertà piena.

    Sì, Signori, noi siamo nel mondo parecchie migliaia, alcuni milioni forse – e non abbiamo altro merito se non quello di affermare ad alta voce ciò che la gente pensa in silenzio – noi siamo parecchie migliaia di lavoratori che rivendicano una libertà piena, tutta la libertà e nient’altro che la libertà!

    Noi vogliamo la libertà, e cioè, noi esigiamo per ogni essere umano il diritto e la possibilità di fare ciò che gli è gradito e di non fare ciò che gli risulta sgradevole; di soddisfare tutti i suoi bisogni senza porre altro limite se non ciò che è impossibile in natura e il pari rispetto dei bisogni del prossimo.

    Noi vogliamo la libertà, e crediamo che essa sia incompatibile con l’esistenza di qualsiasi potere dominante, quale che sia la sua origine e forma, che si tratti di una persona eletta o imposta, di un potere monarchico o repubblicano, che si ispiri al diritto divino o al diritto popolare, suffragato dalla Santa Ampolla [1] o dal Suffragio Universale.

    La storia è davanti ai nostri occhi per insegnarci che tutti i governi si assomigliano e si equivalgono. I migliori sono i peggiori. Un po’ più di cinismo presso gli uni, un po' più di ipocrisia presso gli altri!

    Alla base troviamo sempre le stesse procedure, sempre la stessa intolleranza. È consuetudine, anche per i finti liberali, tirare fuori, da sotto la polvere degli arsenali legislativi, qualche buona leggina sull’Internazionale [2], da applicare alle opposizioni che creano problemi.

    In altri termini, il male, agli occhi degli anarchici, non risiede in questa o in quella forma di potere esterno. Esso si trova nell’idea stessa di potere come dominio sugli altri; nel principio di autorità imposta.

    Il nostro ideale, detto brevemente, consiste nel sostituire, nei rapporti tra le persone, alla tutela amministrativa e legale, e alla disciplina imposta dall’alto, un libero contratto, che può sempre essere modificato e sciolto dalle parti.

    Gli anarchici si propongono dunque di mostrare alle persone che possono benissimo fare a meno del governo come iniziano a fare a meno di Dio [3].

    L’individuo poi imparerà anche a fare a meno dei proprietari. In effetti, il peggiore dei tiranni non è colui che ci imprigiona ma colui che ci affama; non è colui che ci prende per il bavero, ma colui che ci prende per il ventre.

    Nessuna libertà senza equità! Nessuna libertà in una società in cui il capitale è monopolizzato nelle mani di una minoranza sempre più esigua e dove nulla è ripartito equamente, neanche l’istruzione pubblica che pure è pagata da tutti.

    Noi crediamo fermamente che il capitale, patrimonio comune dell’umanità poiché è il frutto della collaborazione tra le generazioni passate e le generazioni presenti, debba essere a disposizione di tutti di modo che nessuno possa esserne escluso; che nessuno possa accaparrarsene una parte a detrimento degli altri.

    Noi vogliamo, detto in breve, l’equità, nei fatti, come corollario o piuttosto come condizione primordiale della libertà. Da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni [4]. Ecco quello che vogliamo sinceramente e fortemente. Ecco ciò che avverrà, perché non vi è potere in grado di prevalere contro rivendicazioni legittime e necessarie. Questo è il motivo per cui ci volete macchiare di tutte le infamie.

    Ecco gli anarchici, coloro che voi definite scellerati!

    Noi che esigiamo che tutti possano avere di che nutrirsi, che non ci siano impedimenti allo svolgimento di un’attività produttiva, e che tutti godano dell’autonomia e della giustizia.

    Gli esiti del processo

    Il processo, iniziato l’8 gennaio 1883, si concluse il 19 gennaio con le seguenti condanne:

    Toussaint Bordat, Joseph Bernard, Pëtr Kropotkin, Émile Gautier: cinque anni di prigione, 2.000 franchi di ammenda, dieci anni di regime di sorveglianza e cinque di privazione dei diritti civili.

    Jean-Baptiste Ricard, Pierre Martin, Octave Liégeon: quattro anni di prigione, 500 franchi di ammenda, dieci anni di regime di sorveglianza e cinque anni di privazione dei diritti civili.

    Auguste Blonde, Benoît Péjo, Claude Crestin, Antoine Desgranges: tre anni di prigione, 500 franchi d’ammenda, dieci anni di regime di sorveglianza e cinque anni di privazione dei diritti civili.

    Etienne Faure, Jules Morel, Pierre Michaud, François Pautet, Frédéric Tressaud: due anni di prigione, 300 franchi d’ammenda, dieci anni di regime di sorveglianza e cinque anni di privazione dei diritti civili.

    Félicien Bonnet, Régis Faure, Louis Genet, Antoine Gleizal, Emile Huser, Jacques Peillon, Pierre Pinoy, Michel Sala, Philippe Sanlaville, Charles Voisin, Jacques Zuida, Joseph Genoud: quindici mesi di prigione, 200 franchi d’ammenda e cinque anni di privazione dei diritti civili.

    Louis Bardoux, André Courtois, Joseph Bruyère, François Dejoux, Jean-Marie Dupoisat, Victor Fages, Louis Landau, Joseph Trenta, Hyacinthe Jules Trenta: un anno di prigione, 100 franchi d’ammenda e cinque anni di privazione dei diritti civili.

    Michel (detto Le Jeune) Chavrier, Jean (detto Joanny) Coindre, Joseph Cottaz, Joseph Damians, Nicolas Didelin, Victor Berlioz-Arthaud, Emile Hugonnard, Charles Sourisseau, Emile Viallet, Louis Champalle: sei mesi di prigione, 50 franchi d’ammenda e cinque anni di privazione dei diritti civili.

    David De Gaudenzi, Joseph Ribeyre, Jean-Marie Giraudon, Jean-Marie Thomas, César Mathon: assolti .

    Gli imputati assenti furono condannati in contumacia.

    Louis Dejoux, G eorges Fabre: due anni di prigione, 1.000 franchi d’ammenda e cinque anni di privazione dei diritti civili.

    Antoine Cyvoc t, Henri Borriasse, Jacques Ebersoldt, l’indicateur de police Georges Garraud (detto Aristide Valadier), Jean Baguet, Joseph Bonthoux, Jean-Marie Bourdon, Henry Chazy, Frédéroc Jolly, Adolphe Dard, Jean Renaud, Emile Maurin: cinque anni di prigione, 2.000 franchi d’ammenda e cinque anni di privazione dei diritti civili.

    Molti dei condannati fecero appello e un nuovo processo ebbe luogo davanti alla Corte d’Appello di Lyon dal 26 febbraio al 6 marzo 1883.

    Il tribunale ridusse le pene della maggior parte degli accusati, ma le confermò per Joseph Bernard, Toussaint Bordat, Emile Gautier, Antoine Desgranges, Louis Bardoux, Victor Fages, Michel Chavrier, Jean Coindre, Emile Hugonnard, Charles Sourisseau e Louis Champalle.

    Pëtr Kropotkin non fece appello contro la sentenza.

    Manifesto sull'educazione integrale

    Documento 4 (1898)

    Questo testo è stato pubblicato come opuscolo allegato alla rivista settimanale Les Temps Nouveaux (16-22 aprile 1898). Il titolo originale era: La liberté par l’enseignement (L’école libertaire) .

    Fu sottoscritto da varie personalità del tempo.

    Per quanto riguarda l’educazione e l’insegnamento, il Potere ha come finalità quella di accaparrarsi l’essere umano sin dalla sua più giovane età, quando la sua capacità di giudizio non è sviluppata, le sue esperienze carenti, la sua mente ingenua e fiduciosa.

    Per deprimere la ragione a danno della libertà, il potere si è impossessato dell’intelligenza e della volontà per incatenare gli esseri umani, senza che essi se ne rendano conto, attraverso una lunga pratica fatta di pregiudizi, di paure e di innumerevoli impedimenti.

    Lo Stato, intuendo assai bene, sulla scia della Chiesa, che l’individuo sente nel corso di tutta la sua vita l’influenza subita durante il periodo scolastico, si è arrogato il diritto di posare la sua mano dispotica sui cervelli e sui cuori per marcarli con la sua impronta indelebile.

    Insegna la morale? Certo, la sua. Insegna la storia? Sì, la sua ancora. L’istruzione civica, i princìpi elementari del diritto o dell’economia politica, eccetera? Si tratta sempre, ad ogni modo, del panegirico entusiasta delle istituzioni esistenti, della forza eretta a diritto.

    Un direttore di scuola, assai spesso stizzoso, scorbutico e sgradevole, e che sembra prendere come suo compito quello di fare dei suoi studenti un allevamento di pecore di Panurge [5] in contemplazione della sua infallibilità, è incaricato di inculcare nel cervello del fanciullo una massa di conoscenze poco attraenti in sé stesse e presentate sotto il loro aspetto più sgradevole e il meno facilmente comprensibile. Al ragazzo si ordina di restare immobile per ore intere davanti a una cattedra, un libro o un quaderno. Così facendo l’alunno deve sforzarsi di sopprimere e soffocare, nel più profondo del suo animo, la spinta imperiosa della sua naturale vivacità.

    Ogni scoppio involontario della sua debordante vitalità è severamente punito. Alla sua età, rigogliosa di energie, si esige da lui che si comporti in maniera seria e posata, alla pari del docente impassibile incaricato del suo insegnamento.

    È forse costui una guida, un consigliere, una persona animata da una vocazione, un amico? Niente di tutto ciò. È un mestierante, un servitore che esegue degli ordini, impossibilitato a esprimere in tutta sincerità ciò che crede essere la verità.

    La scuola, nella società attuale, non è che l’anticamera della caserma, dove si compirà alla perfezione l’ addestramento finalizzato all’asservimento.

    Oltre alla costrizione fisica, ci si adopera a pervertire il senso morale del fanciullo attraverso tutta una serie di esempi storici idioti, una esaltazione costante dei crimini dei potenti e la condanna feroce di tutte le attività che non mirano al profitto.

    Si eccita la mente del fanciullo descrivendo dettagliatamente scene di carneficina e di violenza che sono abbellite in maniera poetica, presentando in termini eroici la forza bruta, esaltando i furti, i saccheggi e le stragi commesse dallo Stato.

    Gli si inculca il rispetto del potere e di coloro che lo detengono, l’ammirazione per i grandi conquistatori, il disprezzo per coloro che si ribellano e che soccombono lottando per la loro liberazione; l’amore per glorie fasulle, per i lustrini, i pennacchi, le uniformi, la bandiera.

    Gli si instilla l’odio cieco e criminale per i popoli che abitano al di là di un certo fiume, l’infatuazione stupida e irragionevole per la propria razza e il disprezzo per tutte le altre.

    Lo si porta a condannare i poveri, ad adulare i ricchi e a detestare tutte le vittime, passate o presenti, della tirannia, dell'intolleranza, della doppiezza o della vigliaccheria governativa.

    Un coacervo di veleni, appositamente distillati, per annullare le forze, far scomparire le energie e pervertire gli animi.

    Il nostro approccio educativo intende sopprimere i tre aspetti pesantemente negativi dai quali derivano tutte le iniquità sociali: la disciplina , i programmi , il v oto .

    La Disciplina imposta, che genera inganni, furberie, menzogne;

    I Programmi uniformi, che schiacciano la creatività, l’iniziativa, la responsabilità;

    Il Voto, che produce rivalità, gelosie, odii.

    Il nostro approccio educativo sarà integrale, razionale, misto e libertario.

    Integrale — Perché tenderà allo sviluppo equilibrato di tutto l’essere e fornirà un insieme completo, armonioso, sintetico, avanzato in tutti i campi delle conoscenze, intellettuali, fisiche, manuali, professionali, e questo a partire dalla più giovane età.

    Razionale — Perché sarà basato sulla ragione e sarà in sintonia con i princìpi della scienza attuale e non dei dogmi di fede; mirerà allo sviluppo della dignità e dell’indipendenza personali e non del pietismo e dell’ubbidienza cieca; e tenderà al superamento di un Dio fittizio, pretesto eterno e assoluto di asservimento.

    Misto — Perché favorirà l’educazione congiunta dei due sessi con una frequentazione costante, fraterna, familiare dei ragazzi e delle ragazze, dando all’insieme dei costumi sociali una sua serenità. Lungi dal rappresentare un pericolo, questa frequentazione allontana dalle menti dei ragazzi le curiosità malsane e diventa, nelle giuste condizioni in cui è praticata, una garanzia di protezione dei fanciulli e di elevata moralità.

    Libertario — Perché sancirà infine la cessazione progressiva del potere a vantaggio della libertà — lo scopo finale dell’educazione è infatti quello di formare degli esseri umani liberi, pieni di rispetto e di amore per l’altrui libertà.

    Tale è, a grandi linee, l’approccio educativo e di istruzione del nostro progetto.

    Noi riteniamo che l’educazione sia un mezzo potente per diffondere e far crescere negli spiriti le idee di generosità umana. È uno strumento che aiuta, molto più di altri, a elevare il livello morale dei giovani. A causa della suscettibilità e impressionabilità dell’organo sul quale agisce, la sua azione è di primaria importanza. L'educazione può decidere dell’avvenire di una intelligenza, aprendo orizzonti prima sconosciuti. L’insegnamento può essere il motore più attivo di progresso attraverso l’influenza diretta che esercita sulla fioritura delle idee e il loro ulteriore sviluppo. Può diventare la leva che solleverà il mondo e che cancellerà per sempre gli errori, le menzogne e le ingiustizie. La sua portata può essere immensa, la sua missione nobile ed elevata, perché l’educazione deve avere per scopo l'innalzamento dell’umanità.

    In effetti, il più grande servizio reso all’umanità non è forse quello di strappare il velo che si mantiene ostinatamente sui suoi occhi, e mostrare quali idoli fasulli si insegna ad adorare e la miseria delle argomentazioni in virtù delle quali si pretende di imporre il rispetto?

    In questi tempi di indifferenza, desolazione, in cui domina la mediocrazia, non è impresa facile quella di

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