Tossicologia 1. Storia, elementi generali, fitofarmaci, schede di approfondimento
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Tossicologia 1. Storia, elementi generali, fitofarmaci, schede di approfondimento - Lilia Gigliarelli
633/1941.
CAPITOLO 1. TOSSICOLOGIA IERI ED OGGI
ELEMENTI STORICI DELLA TOSSICOLOGIA
Etimologia del termine: dal latino toxicum, che deriva dal greco toxicon (τοξικόν), sottintendendo farmacon (ϕάρμακον), ossia veleno per la freccia
.
Le popolazione primitive possedevano un’ottima conoscenza dei veleni derivanti da animali o dai vegetali, e che utilizzavano per combattere o per cacciare: infatti l’utilizzo delle frecce avvelenate risale a tempi molto antichi. I primitivi utilizzavano tali veleni non solo per causare la morte ma anche per procurare infezioni o malattie incurabili.
Esempi di specie da cui venivano estratti dei veleni naturali utilizzati a questi scopi sono riportati in figura 1.
Figura 1. A. Strycnos toxifera. B Phyllobates terribilis, C. Crotalox atrox. D. Croton tiglium. Le proprietà di questi veleni vegetali e animali erano note fin dall’antichità.
Attraverso l’osservazione del mondo animale, i nostri antenati preistorici incominciarono ad introdurre nella loro alimentazione sostanze diverse che miglioravano la sopravvivenza, la riproduzione e che permettevano loro di adattarsi a nuovi ambienti.
I primi scritti tossicologici risalgono al 2737 a.C. circa e sono da attribuire a Shen Nung considerato il padre della medicina cinese, famoso per aver assaggiato 365 erbe diverse. Egli catalogò centinaia di erbe medicinali o velenose e fu un punto cruciale per lo sviluppo della medicina tradizionale cinese. Secondo la leggenda la scoperta del tè fu casuale; e avvenne quando da un cespuglio in fiamme, alcune foglie caddero nel suo calderone producendo, così, una bevanda gustosa che poi risultò essere un antidoto contro una settantina di erbe velenose. Scrisse Classico sulle Radici di Erbe del Contadino Divino
. Morì avvelenato nel 2698 a.C.
Il papiro di Ebers (1550 a.C. circa), rappresenta uno degli scritti più lunghi e antichi giunti a noi, circa 108 pagine, descrive gli usi di molti veleni come la cicuta, l’oppio, il piombo, e il rame. Vi sono descritti più di 700 medicamenti tratti dal regno animale, vegetale e minerale (Fig. 2) e ci ha permesso di comprendere meglio le conoscenze mediche dell'epoca faraonica.
I papiri medici, erano dei manuali pratici e non opere teoriche ed infatti anche questo indica le cure previste per un gran numero di malattie.
La morte da cicuta era un mezzo ben noto di punizione capitale in Grecia, ne è un esempio il suicidio forzato di Socrate che morì dopo averne bevuto un estratto, come racconta la storia. Tutte le parti di questa pianta sono velenose (Fig. 3) e possono causare la morte per la presenza di alcune neurotossine, di cui la più attiva è la coniina o 2-propilpiperidina, un alcaloide poi sintetizzato nel 1886 dal chimico tedesco Albert Landeburg. La tossina agisce sulle sinapsi neuromuscolari causando la paralisi muscolare e, quindi, anche quella dell’apparato respiratorio. La morte avviene per asfissia. La coniina nei frutti della cicuta è contenuta intorno al 2% e nelle foglie intorno allo 0,5 %. Essa agisce anche indirettamente se ci si alimenta con la carne di un animale che l’abbia mangiata. In dose inferiore a quella mortale, nell’antichità, veniva usata per i suoi effetti narcotici e antispasmodici, e attualmente viene somministrata come antidolorifico. Ciò dimostra che il concetto di veleno
è associato alla quantità utilizzata!
Le donne aristocratiche dell’antica Roma, usavano spesso, per liberarsi di mariti non desiderati, veleni di ogni origine tanto che Teofrasto, studente di Aristotele, fece molti riferimenti a piante velenose nella sua prima De Historia Plantarum. Così come gli antidoti furono oggetto di studi e di sviluppi ulteriori da parte degli antichi romani; l’utilizzo dei veleni all’epoca fu notevole in quanto venivano usati anche per eliminare avversari politici.
Nel 75 a.C., circa, il Re Mitridate VI del Ponto (attuale Turchia) incominciò fin da ragazzo, ad assumere piccole quantità, di almeno 50 veleni con la speranza di immunizzarsi essendo egli convinto che sarebbe stato avvelenato come era successo a suo padre. La leggenda continua nel raccontare che, questa sua pratica lo avrebbe portato ad essere immune ad una quantità discreta di veleni. Da qui il termine, mitridatico, che si riferisce alla somministrazione (antidotale o protettiva) di dosi basse del tossico progressivamente crescenti, per ottenere assuefazione e immunizzazione.
Comunque, la pretesa che dosi estremamente basse di agenti tossici possano produrre anche effetti protettivi, concetto di base dell’omeopatia, non ha nessun supporto scientifico. Si dice che il mistico russo Rasputin si sia salvato da alcuni avvelenamenti grazie al mitridatismo, ma si deve sottolineare che questa pratica non è adatta a tutti i tipi di veleno, in quanto dipende dal tipo di tossina e dall’accumulo che può formarsi nell’organismo.
Il mitridatismo, per esempio, può essere efficace sulle persone come ricercatori o operatori zoologici che lavorano con animali velenosi tipo scorpioni e serpenti; è stato testato con successo in Australia e Brasile, garantendo l'immunità ai morsi ripetuti di cobra e crotali, e si dice che i maneggiatori di serpenti della Birmania si tatuino con il veleno di serpente per rendersi immuni.
Dioscoride, un medico dell’esercito romano, scrisse un trattato di 6-8 volumi che classificava i veleni in base alla propria origine (vegetale, animale, minerale) ed attività biologica. Questo trattato spesso suggeriva terapie efficaci per gli avvelenamenti come l’uso di emetici, ed è stata la sorgente di base di queste informazioni per i seguenti 1500 anni.
Durante il medioevo e fino al XIX secolo, in Europa, le sostanze tossiche più usate, in quanto più facilmente reperibili furono: sali di rame, piombo, le erbe venefiche, gli acidi forti e l’arsenico che, fino al 1855, in Francia occupava il primo posto. La comparsa del gas illuminante aumentò il numero di morti per avvelenamento da ossido di carbonio facilmente reperibile data la sua facile preparazione dalla combustione del carbone. Divenne così molto importante una figura alquanto strana: l’avvelenatore che occupò, durante il medioevo e il primo rinascimento, un posto predominante nella scena politica.
Nel 1493 nacque il fondatore della tossicologia come scienza oggettiva: Paracelso era un pensatore energico, irascibile ed iconoclasta.Studiò medicina in Svizzera e viaggiò in Europa e in Medio Oriente dove imparò l’Alchimia e la Medicina di quelle tradizioni. Paracelso pur avendo studiato astrologia, fu la prima persona ad attribuire gli effetti avversi di alcune sostanze alle sostanze in sé e non alla loro associazione con spiriti maligni o adirati o con Dio. Paracelso è accreditato di aver ideato il concetto di base della tossicologia, che spesso viene riportato nel modo seguente.
Omnia venenum sunt nec sine veneno quicquam existit. dosis sola facit ut venenum non fit
(Tutto è veleno: nulla esiste di non velenoso. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto).
Introdusse nella pratica medica l'uso dei veleni metallici (pietra infernale, solfato di rame, sublimato, sale di Saturno, composti di antimonio) e di estratti vegetali velenosi, con indicazioni di posologia. Nel 1545 nasce a Padova il primo orto botanico per lo studio dei semplici e più tardi a Pisa, e a Bologna. Tali orti botanici contribuirono notevolmente a quel movimento naturalistico sperimentale, in cui vennero effettuati studi più esatti delle piante medicinali e velenose, cosi furono gettate le basi naturalistiche e fisiologiche della tossicologia.
A Paracelso si deve la pratica di mantenere pulite le ferite e di permettere alle stesse il drenaggio per consentire la guarigione. Ciò gli fece guadagnare un unanime consenso in Europa ma entrò in disaccordo con i più importanti praticanti della medicina che alla fine lo costrinsero ad abbandonare la pratica medica. Morì a 48 anni.
Partendo dall’assioma di Paracelso proviamo a capirne il significato considerando esempi di sostanze note con bassa o elevata tossicità: L’acqua e il botulino. Può l’acqua essere tossica?
La prima risposta è sicuramente negativa, eppure ci sono molti studi sulla sua tossicità. Nel 2002 uno studente della California State University
a Chico è stato sottoposto ad una prova di iniziazione per entrare in una confraternita; egli è stato costretto a bere fino a cinque galloni di acqua in un brevissimo tempo, contemporaneamente veniva spruzzato con acqua gelata.Il giovane è tragicamente morto. Come mai? Il consumo di quella quantità d’acqua in un tempo breve ha determinato la diluizione degli elettroliti nel suo sangue fino al punto che le sue normali funzioni neurologiche sono andate perse.
Il batterio che produce il botulismo, il Clostridium botulinum, può produrre quantità letali di tossina botulinica in prodotti inscatolati impropriamente sterilizzati. Questa tossina batterica è una delle sostanze note per essere più tossiche.La stessa tossina, però, è usata terapeuticamente, per esempio, per trattare il colon spastico o come cosmetico per ridurre le rughe cutanee.