Ethan Lake e i Due mondi - La battaglia per l'Omega
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Anteprima del libro
Ethan Lake e i Due mondi - La battaglia per l'Omega - Alessio. I. Nicolosi
Ethan Lake
e i Due Mondi
La Battaglia per l’Omega
Alessio I. Nicolosi
Ethan Lake
Alessio I. Nicolosi
© Editrice GDS
Via per Pozzo, 34
20069 Vaprio D’Adda (MI)
www.gdsedizioni.it
Ogni riferimento dell’opera a cose, luoghi, persone
e altro è da ritenersi del tutto casuale.
Illustrazioni: Miriam Franco
Tutti i diritti sono riservati.
Prologo
Eppure eccomi qui, disarmato, confuso, sconfitto. Il mio nemico mortale si apprestava a finirmi.
Vidi il riflesso del Sole sulla sua spada nel momento in cui stava per porre fine alla mia vita, poi un boato che portò l’oscurità...
Sono Ethan Lake, il primo demone dell’Ordine.
Questa è la mia storia.
CAPITOLO 01
L’INCARICO
Ethan
Mi destreggiavo al campo di addestramento nel mondo dei demoni con le mie armi preferite: le Azra.
Due spade gemelle, forgiate dagli Istrai, la razza dei demoni alchimisti; armi regalatomi da mio padre, appena ho avuto la forza di combattere. Si tratta di due lunghe spade con impugnatura striata; la lama con la punta seghettata è fatta di una lega d’argento e magia oscura, unica lega capace di uccidere qualunque creatura. La magia rendeva le Azra capaci di ustionare un nemico al solo contatto, ma non era l’unica cosa che le rendeva uniche, infatti, le spade erano legate alla mia anima, solo io ero in grado di brandirle e potevo farle apparire e sparire quando volessi nel mio mondo.
Mi stavo allenando nell’arena, un enorme Colosseo circondato dalle fiamme in cui i veri guerrieri erano forgiati; l’unico odore che sentivo era di sangue e sabbia. Mi allenavo battendomi con gli altri demoni, ne atterravo uno dopo l’altro, ero in un momento di pura frenesia. Abbattuto l’ennesimo sfidante, del sudore mi gocciolò dalla fronte. Con gli occhi cercai l’approvazione del mio maestro. In un angolo dell’arena era lì che mi osservava: Radius, era in meditazione mentre proseguivo l’addestramento.
All’improvviso il maestro mi fermò con un cenno e si avvicinò:
- Ethan, non credi di star facendo troppo lo spaccone?- mi chiese con fare quieto ma severo.
- Maestro io sto lottando come mi avete insegnato!- sbottai.
- Battiti con me, Ethan. - disse Radius mentre preparava la lancia da combattimento.
Maestro Radius, che mi aveva addestrato al combattimento, era un demone antico della razza degli Aries, molto alto con fisico atletico e slanciato, grosse corna in testa, il viso somigliava a un ariete, il busto invece, aveva fattezze umane, ma dall’ombelico in giù le gambe pelose concludevano il corpo con degli zoccoli; nonostante il fisico imponente, era molto calmo nei modi di fare, dal combattimento a l’insegnamento la sua forza era la quiete mentale.
Il combattimento iniziò, ci studiammo per una manciata di secondi, dopodiché avanzai contro di lui e sferrai il primo colpo all’altezza del fianco sinistro; il maestro lo parò con la sua lancia in un gesto che esprimeva molta sicurezza; lottare contro di lui mi dava sempre una certa soddisfazione, Radius era forte, l’unico che mi teneva testa negli allenamenti. Sferrai un secondo colpo ma stavolta alla testa, si abbassò evitandolo per poi colpirmi con un calcio, barcollai.
- Tutto qui? - disse il maestro con tono di scherno.
Radius mi fece un occhiolino e io persi la calma. Abboccai al suo stratagemma. Spalancai le mie ali nere e mi lanciai in un altro attacco, sferrando diversi colpi; il maestro li schivò tutti come se stessi combattendo a rallentatore, subii il suo primo colpo alla mano e mi cadde una delle spade.
- Devi stare calmo in combattimento, studia il tuo avversario Ethan... -
Le parole volarono nel vento senza meta perché interruppi la frase a Radius, lo attaccai all’altezza degli zoccoli, ma lui pestò la spada e con un calcio la gettò via; restai disarmato e mi allontanai.
Ero arrabbiato ma con me stesso.
Dovevo sfruttare la situazione, un guerriero disarmato non è un guerriero vinto.
Il maestro caricò come un toro o un ariete, bè insomma, stava venendo dritto verso di me. Presi un respiro profondo e mi osservai intorno. Notai la prima spada a terra, non molto lontano dalla mia posizione, rotolai all’ultimo secondo passandogli accanto, raccolsi la spada e sferrai un attacco, graffiando questa volta Radius.
Ci fu un attimo di silenzio...
Sentii chiamare il mio nome ma non gli diedi importanza, Radius si guardò il graffio sul braccio, fece un verso di scherno ma quasi divertito, un sorriso beffardo gli si palesò agli angoli della bocca. Il maestro alzò la sabbia con gli zoccoli per creare una nube, vidi la punta della sua lancia all’ultimo istante e la schivai con una rotazione del busto o almeno così pensai; vidi del sangue gocciolare e mi accorsi che proveniva dalla mia guancia.
- Ricorda, non ci sono regole in combattimento - disse Radius.
Il gesto mi strappò un sorriso, impugnai saldamente la mia spada e sferrai una serie di colpi; il maestro li schivò tutti fino a quando sentii di nuovo il mio nome, stavolta con un tono più deciso. Qualcuno mi stava chiamando, voleva la mia attenzione.
Rievocai la seconda Azra e sferrai un doppio colpo con le spade; il maestro lo bloccò con la sua lancia d’argento, incrociando così le nostre armi. Gli occhi del maestro erano su di me ma In quel momento vidi appena dietro di noi un’ombra familiare, la mia distrazione durò appena un secondo ma Radius ne approfittò con una rotazione della lancia, disarmandomi e atterrandomi per poi immobilizzarmi, mettendo lo zoccolo sopra il mio sterno e la punta della lancia sulla gola.
- Mai distrarsi! - Aggiunse soddisfatto.
Poi sentimmo: - Basta! - Radius alzò lo sguardo.
- Scusi mio signore, non sapevo stesse guardando - disse quasi impaurito.
- Che succede?- esclamai, ma alzandomi lo vidi. -Padre! Che ci fai qui? -
- Vieni con me - rispose in tono serio.
Così lo seguii fuori l’arena.
Indovinate un po’? Mio padre è il signore dei demoni. Eh già, ho sempre avuto molte pressioni. Fin da piccolo dovevo essere il migliore in tutto e nemmeno oggi mi sento all’altezza, ma beh, penso capiti quando sei il figlio dell’essere più potente del regno demoniaco. No?
Alto e con un fisico granitico.
Lui e io siamo della razza dei Litheios, avremmo aspetto umano se non fosse per le maestose ali nere, l’artiglio sul gomito e le corna sulla testa, queste ultime solo per gli adulti della nostra razza, per me mancavano pochi anni.
- Tellus, volevo dire padre, perché mi ha convocato?- parlai sorpreso.
- Aspetta, siamo quasi arrivati, ma da qui in poi dovremmo volare - rispose con tono fermo. Volammo per un paio di minuti tra colonne e stalattiti, la vista era spettacolare, si vedevano tutte le creature che popolavano il regno, ogni demone, dai più piccoli goblin ai giganteschi draghi, uno di loro ci incrociò in volo e dovemmo fare una deviazione.
Finalmente Tellus si fermò e arrivammo davanti ad un portale, emanava una strana luce blu.
Mio padre mi guardò e disse:
- Ti sei addestrato per questo figliolo, sei un buon combattente, e perciò, io oggi ti assegnerò il tuo primo incarico: andrai dall’altra parte. -
- Dove? - dissi con fare curioso.
- T’infiltrerai tra gli umani, vivrai, mangerai e dormirai come loro, sarai un’ombra, voglio sapere tutto sui loro piani per il nucleo dell’Omega, perché se lo distruggeranno, raderanno al suolo il mio regno, il nostro regno! - disse.
Notai in lui uno sguardo spiritato, così non discussi la sua decisione ma aggiunsi: - Va bene, cosa devo fare? - chiesi.
- Trova l’Ordine e portarmi i suoi segreti; devo trovare il modo per arrivare al nucleo perché nostro dovere preservarlo. - disse Tellus.
- Padre, farò del mio meglio, ma cosa è l’Ordine? E dove posso trovarlo? -
- Nessuno ha ancora scoperto la loro base. L’Ordine è composto da una élite di umani che collabora segretamente con i nostri nemici naturali, gli angeli. Vogliono annientarci Ethan, loro distruggeranno l’Omega- rispose, notai in lui un tono preoccupato.
Fu da mio padre che appresi che viviamo tutti sulla terra, ma in due dimensioni che coesistono, tranne i punti in cui si può viaggiare attraverso le dimensioni chiamate: singolarità, portali che richiedono enormi sforzi per essere evocati dai nostri alchimisti, ma appresi anche che le singolarità hanno vita propria, possono comparire e scomparire in qualunque momento.
Attraversai il portale.
Scheda Creatura #10 - Pag.148
CAPITOLO 02
ATTRAVERSO LO SPECCHIO
Jade
Fissavo la finestra, ero annoiata. Mi distaccai dal banco per appoggiare la testa sul vetro. Osservavo i miei occhi riflessi sul vetro, il grigio dell’iride si mimetizzava con lo smog emesso da un’auto di passaggio, i miei capelli castani erano raccolti in una coda e giocherellavo coi capelli per la noia. Mi misi a contare le macchine passare sulla strada.
- Signorina Miller, presti attenzione alla lezione! - disse la prof. con tono deciso, le rughe del suo viso si incresparono ad ogni parola, mentre i suoi occhi erano accusatori.
Non avevo mai avuto simpatia per la prof.Saija, era piuttosto severa e diventava paonazza alla minima infrazione. Benché la sua piccola statura e i vestiti fuori moda non facessero paura.
Al richiamo però sussultai per un attimo. Notai l’orologio: segnava le 12:58pm, era quasi ora di andare.
- Meglio non farla arrabbiare. - pensai.
- Scusi, mi ero distratta. - ammisi.
- Come pensi di prepararti all’esame se ti comporti così? - disse irritata.
Non risposi, mi limitai ad abbassare leggermente il capo sui libri mettendomi una mano sulla fronte per nascondere il mio sguardo stufo. Suonò la campanella.
- Finalmente liberi. - disse Michael seduto dietro di me.
Presi le mie cose e uscii dalla classe dirigendomi verso il mio armadietto, probabilmente ero l’unica ragazza a non averlo personalizzato, infatti il blu della pittura era intatto e l’armadietto in questione veniva utilizzato solo per lo scambio di libri tra una lezione e l’altra. Appena arrivata la mia migliore amica Astrid, una ragazza bassa con un viso dai dolci lineamenti, occhi verdi e capelli biondi, venne da me correndo e urlando: - É successo ancora! -
- Cosa? Astrid, sta’ calma. - cercai di tranquillizzarla.
- Tuo fratello è nei guai. - non la smetteva di muoversi.
- Portami da lui. - divenni seria alla notizia.
Posai le mie cose e seguii la mia amica, ci dirigemmo nel corridoio che portava alla palestra della scuola e lì, di fronte all’aula di biologia, vidi mio fratello gemello Nicholas che faceva a botte per l’ennesima volta, infatti succedeva tutte le settimane. Non era un ragazzo scontroso ma non sopportava le ingiustizie e il suo carattere mite lo rendeva una facile preda per i bulli.
Eppure le cose non si mettevano bene per mio fratello, ma nonostante fosse più alto di me aveva un fisico magro e non poteva nulla contro tre ragazzi della squadra di football scolastico.
- Basta! - urlai.
Attirai verso di me la loro attenzione, continuarono a picchiarlo, mi avvicinai per prestargli soccorso, mentre una piccola folla si stava radunando tutta intorno. Nel tentativo di aiutare Nicholas subii un colpo e caddi a terra, non mi feci niente, ma mio fratello vedendo la scena si scurì in volto.
- Come avete osato toccarla? - ripeteva mentre subiva.
- Come avete osato toccarla!? - ripeté alzando la voce tra un pugno e l’altro...
Stavo provando una strana sensazione come se la temperatura si fosse alzata di colpo, d’un tratto sembrava piena estate. Gli occhi di mio fratello si fecero di un rosso intenso, sostituendo il solito marrone. Un’espressione dura gli comparve in viso, i lunghi capelli castani ondeggiavano mentre subiva colpi, ma era come se non li sentisse.
All’improvviso il ragazzo che lo stava trattenendo urlò:
- Aaah scotta! - Lasciò Nicholas, aveva la giacca della squadra tutta bruciacchiata, corse via a togliersela, mentre gli altri due guardarono increduli.
A voce bassa tra la folla si sentiva: - Cosa é successo? -
- Non capisco - diceva un’altra voce.
Il mio gemello aveva uno sguardo spiritato, gli occhi cambiarono un’altra volta, divennero blu come il ghiaccio; guardò i suoi aggressori, il primo fece un passo indietro, il secondo non ne ebbe il tempo; mio fratello lo afferrò per il gomito e il ragazzo gemette, s’intravide il terrore nei suoi occhi, nell’aria si manifestò una strana brezza gelida come se l’inverno avesse deciso di farci un saluto; il giocatore di football non ebbe il tempo di reagire che si ritrovò a terra. L’ultimo rimasto prese parte allo scontro caricando un pugno verso mio fratello, lo colpì in pieno volto, il naso