Worm Andy
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Info su questo ebook
Lorenzo Di Salvatore è nato a San Benedetto del Tronto il 22 dicembre 1996. Studente di Sociologia e Criminologia all’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara-Chieti, si occupa da sempre di tenere articoli di cronaca e divulgazione scientifica presso testate e blog indipendenti. Worm Andy è la sua prima pubblicazione per Gruppo Albatros.
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Anteprima del libro
Worm Andy - Lorenzo Di Salvatore
eventi.
Worm Andy
1
Un ammasso di sabbia e carne ebanina, disposti ordinatamente nei quattrocento e rotti ettari dello straordinario stato della Louisiana. Da quasi vent’anni appartenenti al magnate dell’oro bianco, si intende, non certo quello che i cercatori distinguevano dalla pirite, mordendo le grasse pepite nelle miniere e cercandovi il solco dei denti. Quasi sessanta famiglie negre che, accettato lo scarno contratto offertogli da una frusta a doppio ramo, sgroppavano nelle piantagioni di cotone di uno dei più grandi latifondisti dell’epoca, sir Andy Worm, i cui campi ereditarono dapprima il nome e, successivamente, la grandezza. Centinaia non di soli corpi, ma di menti. Menti di architetti, ingegneri, professori. Menti di romanzieri, poeti, pittori, attori e registi di teatro. Menti indipendenti e menti laboriose, su cui le catene, ovviamente, pesavano il doppio.
Di queste, riconosciute erano quelle della famiglia Zantoko.
Paouer Zantoko fu il primo della famiglia ad essere trascinato in catene al campo di Worm Andy; e per un anno resistette al lavoro duro e forzato, alla fame e scampando alla frusta. Di origine medica che non evitava di tener segreta, poiché non aprì bocca un solo istante per tutti i primi mesi nelle piantagioni, Paouer Zantoko diede un primo immenso segno di vita sociale quando, dopo otto mesi, diede assistenza ad un collega che si era tranciato il pollice col falcetto e rischiava di morire dissanguato. Ringraziato da Andy Worm in persona (si fa per dire, tramite una lettera affidata ad un bravo, come soleva chiamare lui i direttori del lavoro nei campi) e poiché l’uomo che aveva soccorso rischiava di diventare uno dei quattro già sepolti quel mese, congedò il medico con la possibilità di porgere una richiesta che il latifondista si impegnava ad esaudire prima di Novembre. Entro Ottobre, invece, il desiderio di riavere a sé la sua famiglia si avverò, ché non fu un brutto affare per Andy Worm rintracciare e aggregare ai suoi braccianti le due donne.
Paouer Zantoko li aveva informati della presenza nel continente di sua moglie Sarya e di sua figlia, Lupita, di quindici anni, fuggite alle navi e nascoste da mesi nella capanna abbandonata di un contadino deceduto. Furono i primi sorrisi, i loro, quando si incontrarono, a nascere e morire nei campi di Worm Andy. E morirono subito, i sorrisi delle donne, quando scorsero nell’uomo ferite profonde e pulsanti alla nuca e lunghe chissà quanto. Punito per aver tenuto nascoste due criminali, seppur donne e seppur della sua famiglia, visse per un giorno sotto la frusta e la sua schiena ne assaporò ogni particella in cuoio rinforzato. Era necessario tale accanimento, purché non si vociferi che il grande Andy Worm non sia un uomo di legge quale è. E che non si vociferi tra i bravi bianchi, soprattutto.
Eppure il sorriso di Paouer continuò per un istante a sciogliere le menti degli altri negri, sicché ne trassero spunto per canzoni intonate per decenni. Bastava un istante, una vibrazione impercettibile per riattivare menti abituate alla più inflessibile immobilità; e in quegli istanti nel campo rinasceva la vita, escludendo il cotone.
2
I giorni, al campo Worm Andy, si susseguivano in un religioso silenzio rotto soltanto dal canto proveniente dalla cappella in legno dipinto, poco distante dalle abitazioni. Era luogo paradisiaco, vuoi per il canto, vuoi perché unico luogo che non bruciava la pelle nelle ore più calde. Ci andava ogni domenica, la famiglia Zantoko. Fin dall’arrivo al campo del resto della famiglia, Paouer aveva cominciato a chiacchierare con i colleghi e anche sua moglie faceva lo stesso.
«Pensavamo fossi muto!» gli avevano esclamato in molti.
«Ogni volta che passava un bravo scommettevate su quando e se lo avrei colpito col falcetto» rispondeva ridendo Paouer. «Non è così male aver perso per tante volte quella scommessa» gli rispose una volta un negro, «meglio un medico vivo che un pazzo morto.»
Finita la pausa religiosa, che per molti non aveva il valore che di una pausa vera e propria, la famiglia Zantoko tornava ai campi. Tutti, compresi Sanya e Lupita, vi erano costretti. E proprio di questo Paouer si considerava responsabile. Non riusciva a non vedere le proprie azioni come un atto di egoismo, un errore.
Ogni volta che Lupita si feriva o diceva di aver fame, si sforzava di non guardare in direzione della tenuta Worm, dove le negre più giovani e più belle passavano le giornate al fresco a riordinare la casa e a cucinare. E sì che Lupita avrebbe potuto esserci, tra loro, al fresco e a leggere libri, lontana dalla polvere e dal sangue secco che infestava le piantagioni di cotone.
Mangiava meno degli altri, eppure aveva già il corpo di un’adulta, tanto era bella, con la pelle forte che mai si era scottata al sole, leggermente più chiara dei suoi genitori. Sembrava che qualcuno avesse abbandonato un ciondolo di oro bianco in un mare di cotone. Eppure, vivendo in una capanna di criminali e fuggiaschi, la grande villa rimase a lungo un luogo freddo e lontano per lei. Per quanto ne piangesse la sua anima, Paouer non era l’uomo che avrebbe potuto toglierle il lavoro dalle mani.
Ogni giorno tracciava dei piccoli solchi sul terreno, mentre sgobbavano. Delle lettere, piccole e precise, per non farle perdere l’abitudine a leggere. Era la notte, però, che le menti dei due affiatati membri della famiglia Zantoko si libravano oltre il tetto basso delle capannole comuni dei campi. Paouer raccontava dei lavori di maestri, che qui chiamavano scienziati, che scoprivano la medicina, che salvavano vite e facevano di quello un lavoro. Lupita ascoltava, si appuntava nei pensieri gli aneddoti e i procedimenti che suo padre le raccontava e se [le] li ripeteva nella mente fino a che non fosse in grado di ripeterglieli, parola per parola. Si interessava di tutto e di tutti, sognava di stringere grandi libri illustrati tra le mani e imparare l’arte della fisiologia, della farmacologia,