Saltaboschi - Il bandito della Valsugana
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Il desiderio di sopravvivere, tornare a casa, dimenticare.
E un destino che invece porterà Nazario dove non avrebbe mai pensato di arrivare.
Nel luglio del 1866 l’Impero Austro-ungarico inizia a vacillare e il Veneto, da anni sotto il dominio austriaco, sente finalmente il profumo della libertà: i generali Garibaldi e Medici alle porte.
Nazario questo non lo sa, è solo un ragazzino che vive lungo il Canale del Brenta, tra il Monte Grappa e l’Altipiano di Asiago, e passa le sue giornate a coltivare il tabacco all’ombra della prima Valsugana.
Alla morte del padre la stretta austriaca sul suo lavoro si fa più forte, la fame inizia a mordere e la scelta è una sola: diventare un bandito.
Contro di lui il Capitano August, un ufficiale austriaco che ha combattuto a Solferino e che porta un fucile mai visto prima. Assieme a lui Tiago, un misterioso brasiliano dal passato di legionario, che vive di pesca e caccia e di qualche soldo che guadagna aiutando l’amico Giovanni Carlesso, uno squinternato contrabbandiere che nasconde il tabacco nel carretto in cui vende panna e biscotti lunghe le vie di Bassano del Grappa.
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Anteprima del libro
Saltaboschi - Il bandito della Valsugana - Pietro Parolin
Saltaboschi
Il bandito della Valsugana
di Pietro Parolin
Panda Edizioni
ISBN 9788899091873
© 2016 Panda Edizioni
www.pandaedizioni.it
info@pandaedizioni.it
Immagine di copertina: Stefano Tamiazzo
Foto di quarta: Luca Lago
I fatti e i personaggi rappresentati nella seguente opera, nonché i nomi e i dialoghi ivi contenuti, sono unicamente frutto dell'immaginazione e della libera espressione artistica dell'Autore.
Ogni similitudine, riferimento o identificazione con fatti, persone, nomi o luoghi reali è puramente casuale e non intenzionale.
Proprietà riservata. Nessuna parte del presente libro può essere riprodotta, memorizzata, fotocopiata o riprodotta altrimenti senza il consenso scritto dell'editore.
A Martina
1
Valle del Brenta, luglio 1866.
La luna batteva sul ripido del bosco.
Nazario sentì le zampe grattare sulle foglie secche lungo la mulattiera e le voci in lontananza ancora indistinte. Sentì un latrato troppo vicino e si girò senza smettere di correre per capire quanto vantaggio avesse ancora. Al primo grido, al primo ordine di fermarsi, aveva abbandonato il sentiero e si era buttato tra gli alberi e i rami che ora gli graffiavano la faccia. Il bosco che conosceva a memoria stava per terminare e la discesa diventava più difficile. Non capiva dove fossero i finanzieri e in lontananza non vedeva il tremolio delle lanterne tra le fronde perché loro non le usavano. Anni prima le fiamme di un incendio erano arrivate fin quasi in paese, bruciando gli stretti terrazzamenti, annerendo le rocce bianche delle masiere¹ e distruggendo il raccolto di tabacco assieme al motivo per cui i soldati avevano un lavoro lì: sopprimere il contrabbando.
Il capitano August non aveva esitato a distruggere un’intera piantagione per stanare un contrabbandiere con quattro borse di tabacco. Il comando austriaco lo aveva ripreso duramente, anche se proveniva da una delle famiglie più importanti di Vienna, e da allora c’era l’ordine per tutti di non accendere fuochi lungo le mulattiere, e se qualcuno si attardava con la legna erano affari suoi.
La gente da allora si portava dietro i cani. Se il giorno finiva ed erano ancora nel fitto del bosco, il loro fiuto era molto meglio di una lanterna. Ma i latrati che Nazario sentiva non erano dei cani del paese, erano di cani con nomi stranieri, arrivati là già addestrati e lui li odiava, perché erano buoni solo per stanare i poveri diavoli come lui.
Continuò a scendere a passi ampi, quasi a salti, puntando il tacco dello scarpone dove vedeva un po’ di chiarore, il grigio del muschio, sperando che il terriccio tenesse.
I faggi lasciarono il posto ai castagni, alle robinie e ai bagolari, le rocce intorno cominciarono a farsi umide e poi a zampillare acqua dura di calcare e fino a valle, se ci fosse arrivato, avrebbe rischiato ancora di più di spaccarsi l’osso del collo.
All’ultimo momento evitò uno strapiombo di qualche metro davanti a lui, riuscì a puntare i piedi, fece franare un po’ di terra e si fermò prima di cadere nel vuoto. Si tirò su e cambiò direzione in un lampo.
Fu allora che pensò per un momento a Toni Rigo, a quando anche lui non si fermò all’ordine dei finanzieri e si prese due schioppettate alla schiena, cadde dentro una gola nel bosco e là rimase tutta la notte, come per essere digerito. Il giorno dopo, davanti a paesani e finanzieri, i Rigo scesero con le corde per tirarlo su. Lavorarono due ore buone perché il corpo si era incastrato tra due denti di roccia e non voleva venire via, e quando finalmente lo fecero salire, il capitano August gli trovò addosso un sacchetto di fagioli e due misure di tabacco, poca roba per sfamare il canalone che se lo era mangiato, ancora meno per la sua famiglia.
Era successo nell’anno del colera, quando la gente non aveva più niente da mangiare tranne le bucce dei fagioli e la scolatura dei piatti delle famiglie che riuscivano a portare a casa qualcosa. Morirono in tanti da febbraio a marzo e sembrava che il focolaio non mollasse più quei posti, sembrava d’accordo con gli austriaci.
Cacciò quel pensiero: non doveva pensare, doveva correre. L’odore pungente delle foglie di tabacco che usciva a ogni salto dalla sua borsa si mischiava al sudore e si appiccicava alla pelle. Nazario sapeva di roggia, di Brenta, di fieno, di vecchio di contrada. Si portava dietro l’odore di quello che era e di quello che sarebbe diventato.
In quel momento tutti cercavano di contrabbandare qualcosa e per sfuggire ai controlli le donne si mettevano le foglie di tabacco tra le sottane, nei doppi fondi delle borse, se le legavano in vita come una gravidanza, o sulle gambe, fino a camminare rigide, senza riuscire a piegare bene le ginocchia e riempiendo l’aria di fruscii sospetti.
Ma le contadine erano animali strani per i finanzieri, tante volte bastavano un sorriso e uno sguardo per passare oltre i posti di blocco, altre invece occorreva qualcosa di più.
Per quello Nazario si era caricato tutto il tabacco nascosto in casa ed era partito. Perché non andassero più sua madre e sua sorella.
Avevano clienti giù a Bassano, gente che aveva già comprato da suo padre e riconoscevano la roba buona, la pagavano il giusto e non facevano storie come i cittadini di cui si parlava in contrada, quelli di Trento o Padova. Era gente che aveva ancora nel naso l’odore dei campi, e questa era la migliore garanzia.
Scendere però era diventato più difficile da quando i vecchi finanzieri erano stati trasferiti. C’era stato come un accordo quando dei soldati sposarono delle ragazze del paese. Le madri, pur di continuare il contrabbando, non avevano problemi a spingere le figlie tra le braccia degli stranieri, e quelli che erano venuti sulle terrazze a contare le foglie, a misurare l’altezza delle piante, a far storie per qualche rosegoto² in più o una foglia messa a seccare in cucina, alla fine giravano per le loro strade, andavano nella loro chiesa, al mercato, alla festa del patrono, erano diventati ancora più arroganti, si sentivano ancora più padroni e i loro figli portavano il loro cognome, austriaco o ungherese, o croato, tante erano le razze che si era portato dietro l’esercito.
Le loro mogli si arricchivano perché per loro si chiudeva un occhio sul contrabbando, e anche per tutti gli altri la cosa andava un po’ meglio. Bastava mettere qualche foglia nelle loro ceste invece che nelle borse da far scendere giù in città, un prezzo basso per non essere fermati, perquisiti, umiliati e puniti e continuare a sopravvivere.
Ma quando al comando si accorsero che la stretta si era allentata, i finanzieri furono trasferiti. Si portarono via le mogli, ne arrivarono altri e il prezzo che era sembrato basso fino a quel momento, ora che non si poteva più contrabbandare facilmente, divenne un marchio di infamia. Nessuno fece più affari con le famiglie delle spose e la fortuna che avevano fatto bastò a malapena per superare un inverno.
Senza più la fiducia gli uni negli altri anche le faide si spensero.
Un tempo, se gli austriaci ammazzavano qualcuno del paese, era difficile che uno o più dei dieci fratelli se ne stessero buoni e qualcuno dei soldati, subito dopo l’ultima palata di terra sulla bara, veniva trovato con la testa sfondata.
È andato sotto un carro
o non si è accorto del cavallo
o più semplicemente: scivolato nel burrone
. Gli ufficiali annotavano, le inchieste si aprivano e si chiudevano, le facce si stringevano in un’espressione desolata e si alzava un coro che non lasciava spazio a doppi sensi. Cantilenava di bocca in bocca, dalle vecchie ai bambini, tagliente come una roncola. "Tera dura pa’ i foresti.³"
Così dal comando ne mandavano avanti ancora, giovani, impauriti e cattivi. Sparavano di più per molto meno.
Come Toni Rigo si moriva per portare a casa un sacchetto di fagioli e nessuno diceva niente. Chi aveva partecipato ai moti rivoluzionari del ’48 e si era preso qualche bastonata, gente dura, non aveva più la forza di alzare la testa. Si facevano contrabbandare le donne e i giovani dimostravano meno talento nel disobbedire. Ma Nazario no.
Saltò, scivolò, afferrò d’istinto un ramo che si spezzò sotto il suo peso e cascò in terra stringendolo tra le braccia.
Si alzò di scatto, la schiena piena di foglie e umida di terra.
Soffocò un grido di dolore e sentì il caldo del sangue che gli scendeva lungo la spina dorsale. Tornò a respirare, appoggiò la borsa a terra e senza togliere lo sguardo dal carico si sbottonò la camicia di tela nera, la sfilò e la esaminò. Al chiaro di luna vide che si era strappata, si guardò velocemente le braccia e le mani per vedere se aveva altre ferite e di nuovo un dolore lancinante al fianco gli tolse il fiato. Si girò e vide che era caduto su un masso che sporgeva in mezzo al bosco, rotolato giù dalla mulattiera di sopra. Qualcuno lo aveva fatto cadere perché intralciava il passo ai muli senza preoccuparsi di dove sarebbe andato a finire. Arrotolò la camicia, se la passò attorno al petto e si fasciò come riuscì. Il rumore delle zampe sulle foglie si fece più vicino, assieme ai latrati e alle urla dei soldati. Ricominciò a correre. Sperava di non perdere sangue, di non lasciare tracce e non finire in bocca ai cani, voleva restare vivo e vendere il tabacco, tornare a casa e dare i soldi a sua madre, voleva sentirsi utile e importante come suo padre quando tornava la mattina dopo aver venduto.
Solo quando il bosco finiva, quando i tronchi lasciavano spazio alle prime case, solo allora poteva pensare a