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Racconti della Valle delle Tagliole
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E-book207 pagine2 ore

Racconti della Valle delle Tagliole

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Info su questo ebook

“Gli animali possono essere esempi di vita?”
Certo che sì. “In questo libro si raccontano 25 storie di animali diversi che si possono incontrare nella piccolissima e sperduta Valle delle Tagliole, nell’ultimo lembo di terra che divide l’Emilia Romagna dalla Toscana.” 
Storie in cui gli animali fanno da protagonisti: parlano, si relazionano agli esseri umani ed esprimono dei sentimenti. Ogni racconto vuole offrire un insegnamento per l’uomo oltre che una breve descrizione dell’animale trattato. 
“Osservando attentamente la vita degli animali non solo si ricevono lezioni sull’amore, la fedeltà, la compassione, l’umiltà, ma ci si sente spinti ad interrogare la propria coscienza e a provare ad essere migliori.” 

Vittorio Serafini è nato nel 1948 a Tagliole (Modena). È stato insegnante di lettere e filosofia e preside in tre scuole cattoliche private della provincia di Ferrara. Attualmente ricopre l’incarico di assistente dell’A.C.R. (Azione Cattolica Ragazzi) della diocesi di Ferrara-Comacchio. È direttore dell’Ufficio IRC (insegnanti di religione cattolica) nella stessa diocesi ed è parroco della unità pastorale Madonna del monte Carmelo. Già autore di due opere storiche: la prima sulla Valle delle Tagliole Fin che vive il maggiociondolo del 2004 e la seconda sul territorio ferrarese di Quartesana, Luminoso tramonto navigando ad est del 2008. Nel 2018 ha pubblicato il romanzo Viene il giorno e viene anche la notte, edito dalla casa editrice Terra marique e nel 2019 ha presentato la storia della casa estiva per i campi scuola dei ragazzi della ex diocesi di Comacchio: Le memorie di una pulce. L’ultima opera è uscita nel 2020 Nahum l’uomo del conforto: una raccolta di poesie di autori classici italiani e internazionali con commento e diario in tempo di coronavirus.
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2023
ISBN9788830679283
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    Anteprima del libro

    Racconti della Valle delle Tagliole - Vittorio Serafini

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    INTRODUZIONE

    Gli animali sul sentiero delle antiche orme

    Il sentiero delle Antiche Orme

    Ci sono suggestivi sentieri che portano sui crinali dell’Alta Valle delle Tagliole in provincia di Modena, ma ne esiste uno, tutto particolare e a bassa quota, chiamato "Il Sentiero delle Antiche Orme". Questo sentiero è tornato ad essere percorribile dal 1992, ma già lo calpestavano a partire dal 1613, quando i primi boscaioli cominciarono a colonizzare la Valle delle Tagliole. Il nome dato al sentiero vuole sottolineare come nei tempi antichi il tracciato servisse all’uomo per spostarsi da una borgata all’altra che nel tempo iniziavano a sorgere come funghi dentro la vallata. Il percorso delle Antiche Orme sfiora diverse borgate o casolari, alcuni ancora abitati, altri invece ormai abbandonati e cadenti: Casa Micheletto, Casa Bottega, le Grazie, Casa Mordini, Pian dei Remi, la Fatalcina, Casa Serra, la Cà, il Borrone, Casa Cassettai, Casa Matteo, Casa Mucci, Casa Tommaso, la Finaria. Con il passare dei secoli e con la costruzione della strada carrozzabile, terminata nel 1924, i taiolari hanno abbandonato questi antichi sentieri, percorribili solamente a piedi o a dorso di mulo. Perciò le orme sul terreno, che prima erano esclusivamente umane, piano piano hanno preso la forma di quelle degli animali che, indisturbati, camminano lungo questi antichi percorsi. Quale fauna si può incontrare mentre ci si inoltra nel bosco? La lista è molto lunga, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Si possono vedere alcuni animali dotati di una discreta mole: il cinghiale, il daino, la volpe, il lupo, la lepre, lo scoiattolo, il ghiro, il riccio, la puzzola, la faina. Ci si può imbattere anche in quelli più piccoli: la farfalla, il pettirosso, il picchio, la formica, l’ape, la coccinella, il ragno, la lucertola, il topo. Uscendo dal sentiero delle Antiche Orme e salendo verso la zona dei laghi Santo, Baccio e Turchino è facile osservare la trota e la rana. Dalla zona lacustre partono nuovi suggestivi sentieri che portano sulle vette del monte Rondinaio, della Bella Addormentata, del monte Giovo e del monte Nuda. Camminando fra gli alberi a basso fusto, fra i folti cespugli o lungo le verdi radure, è facile incontrare altri animali ancora: la marmotta, l’aquila, il cervo, la vipera. Se infine si ridiscende nel piccolo paese di Tagliole è normale imbattersi nel mondo legato alla vita quotidiana: la pecora, il cane, la mucca, il cavallo, la gallina, il gatto, il ghiro, il pipistrello, il gufo, il mulo. Qualche genere di animale, a dire il vero, è scomparso dalla valle a partire dal dopoguerra, ma molti addirittura si sono fortemente moltiplicati.

    Questo libro contiene 25 fra storie, leggende, racconti legati a più di trenta animali che nel passato e nel presente hanno animato ed animano la Valle delle Tagliole. Ho trascorso la mia infanzia nella valle e nei boschi che l’adornano. Con alcuni tipi di animali ho imparato a parlare come fossero delle persone. Ancora oggi mi sorprendo a dialogare con un cane, un gatto, una pecora, un cavallo, una farfalla, una lucertola, un pettirosso. Della terra dove si è nati, della prima scuola che si è frequentato, della prima fidanzatina che si è avuto "si porta l’immortal febbre nel sangue. Così è anche per i primi animali con i quali si è avuta una certa dimestichezza come dice bene il poeta Vincenzo Cardarelli: Terra mia nativa,/ perduta per sempre./ Paradiso in cui vissi/ felice, senza peccato, ed ebbi amiche un tempo/ le biscie fienaiole/ più che gli uomini poi". Leggendo questo libro non deve sorprendere il fatto che nei 25 racconti gli animali parlino, ragionino, emettano sentenze, poiché hanno un loro carattere, delle loro aspettative, delle loro delusioni e forti sentimenti di amore e odio verso tutto ciò che li circonda

    L’autore Vittorio Serafini

    IL CANE

    Nella Valle delle Tagliole, durante il secondo dopoguerra, pascolavano sui monti una decina di greggi di pecore. Gli allevatori, come aiuto nel loro faticoso lavoro, avevano preferito, fra tutte le razze, il cane pastore belga. Era questo un animale molto intelligente, elegante e muscoloso. Il pastore belga ancora oggi è richiesto per diverse mansioni perché ha le caratteristiche di essere molto affettuoso e legatissimo al proprio padrone. Ha uno spiccato spirito di iniziativa e quando si mette a fare la guardia non perdona nessuno, neanche a costo della vita.

    IL CANE FERRO CHE NON VOLEVA ENTRARE IN PARADISO

    Ferro era un cane nativo del territorio delle Tagliole ed era cresciuto scorrazzando in mezzo ai folti boschi, bagnandosi le zampe in tutti i numerosi ruscelli che incontrava. Dove però amava fare più il bagno era dentro le fredde acque del grosso torrente che spaccava in due la piccola valle. Ben presto apparve agli occhi di tutti come un animale eccezionale. Si presentava sicuro ed indipendente, obbediente ad ogni comando e ligio al proprio dovere. Era tutto nero e di robusta taglia.

    Una mattina il pastore Domenico, questo era il nome del suo padrone, si ritrovò il giovane cane Ferro sdraiato davanti al recinto delle pecore, accanto agli altri due cani paratori. L’uomo riteneva che l’animale non fosse ancora in grado di aiutarlo nel condurre al pascolo il gregge. Un cane pastore infatti deve prima essere addestrato, in modo da interpretare bene gli ordini, per non rischiare di disperdere le pecore. L’uomo con parole forti cercò di rimandare l’animale a casa, ma dopo vari tentativi, vista la sua pertinacia, si arrese e lo portò con sé. Ferro entrò subito con disinvoltura nella parte del cane paratore, come se avesse sempre fatto quel mestiere. Ferro non sapeva perché gli avessero dato un nome così insolito, ma comprese che quello era il richiamo al quale obbedire e al quale accorrere prontamente. L’animale mostrava un forte legame non solo verso il padrone, ma anche nei confronti di tutta la sua famiglia. La preferenza comunque era verso la persona di Domenico, colui che aveva la responsabilità delle pecore. In poco tempo divenne la sua ombra, sentendosi comproprietario del gregge che vegliava con zelo e custodiva con grande intelligenza. In tre mesi imparò quello che gli altri cani apprendevano in tre anni. Ferro là e il cane alzava la testa e correva a radunare alcuni ovini che si erano allontanati troppo. Ferro vai ed il cane si precipitava ad abbaiare verso il gregge delle pecore per fare comprendere loro che era il momento di riprendere il sentiero verso casa.

    Durante le ore del pascolo il cane stava seduto in equilibrio perfetto, con la schiena dritta e la testa alta, tenendosi saldamente seduto sulle zampe posteriori, come un periscopio che usciva dall’acqua del mare a scrutare verso tutte le direzioni e così avvistare ogni pericolo. Ferro diventò, in breve tempo, popolare in tutta la valle e molti avevano imparato che avvicinandosi troppo alle pecore di Domenico si scatenava la stizzosa protesta del suo cane.

    L’estate passò in fretta e Ferro veniva lodato e coccolato dalle persone che lo vedevano orgogliosamente camminare in testa al gregge, accanto al suo padrone, come una guardia del corpo. La strada era sempre quella: salire in direzione degli spiazzi di erba sotto la cima del monte Nuda. Nella valle convivevano una decina di greggi ed i pastori si dividevano da buoni fratelli le ampie zone adatte al pascolo.

    Ai primi di settembre Domenico annunciò alla moglie che sarebbe sceso in pianura, ripetendo l’annuale rito della transumanza. Io vado a Ferrara, ma tu dovrai rimanere a Tagliole con i nostri figli, disse il pastore. E il cane Ferro?, chiese la donna. Non lo porto con me. È troppo giovane ed il viaggio fatto a piedi nasconde numerose insidie, rispose il marito.

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