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La prova del nove
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E-book157 pagine2 ore

La prova del nove

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Info su questo ebook

L’avvocato Giorgio Nicosia è il protagonista ironico, single suo malgrado, dei romanzi Come un castello di sabbia (2009) e Nulla di più facile (2019).
In questo terzo racconto, Nicosia si trova alle prese con due omicidi: una giovane sub viene travolta alle Eolie da uno yacht assassino, che non si ferma a soccorrerla e fa perdere le sue tracce, e pochi giorni dopo un’altra donna viene uccisa a bordo della sua barca a vela, ormeggiata nel porto turistico di Palermo.
Nel secondo delitto, la verità sembra a portata di mano, perché la Scientifica ha rinvenuto la prova del nove, cioè tracce di DNA lasciate dall’assassino, ma l’azione si complica, perché le tracce appartengono a tre diversi soggetti.
La soluzione di questo omicidio avverrà in modo del tutto inaspettato, mentre per l’incidente nelle acque eoliane si scoprirà una testimonianza decisiva.
Tra un processo e l’altro, Nicosia descrive i colori, i luoghi e i sapori della sua terra e, ancora una volta, si innamorerà della persona sbagliata…

Vincenzo Lo Re, avvocato penalista, esercita a Palermo dal 1986 ed è specializzato in reati contro la pubblica amministrazione. 
Come difensore di Parte Civile, ha rappresentato Davide Grassi nei procedimenti a carico dei responsabili dell’omicidio del padre Libero, nonché l’Associazione degli Industriali di Palermo in numerosi procedimenti contro il racket delle estorsioni.
È stato componente del Comitato tecnico-scientifico del Progetto Legalità, curato dall’Associazione Nazionale Magistrati di Palermo ed è socio fondatore della Fondazione “Francesca Morvillo”, che si occupa del recupero dei minori sottoposti a procedimenti penali.
Nel 2009 è uscito il suo primo romanzo, Come un castello di sabbia (Novantacento editore), al quale è seguita nel 2019 la seconda prova come narratore, Nulla di più facile (Novantacento editore).
 
LinguaItaliano
Data di uscita16 giu 2023
ISBN9788830685383
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    La prova del nove - Vincenzo Lo Re

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    Vincenzo Lo Re

    La prova del nove

    © 2023 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-7939-9

    I edizione giugno 2023

    Finito di stampare nel mese di giugno 2023

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    La prova del nove

    Ad Antonella, che mi ha insegnato ad amare le Eolie e molto di più...

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Nota dell'autore

    Questo racconto è liberamente ispirato a vicende processuali da me vissute, ma filtrate attraverso la lente dell'immaginazione. Pertanto, ogni riferimento a persone e fatti realmente esistenti deve ritenersi del tutto casuale.

    Capitolo 1

    La secca delle Formiche aveva un fondale trasparente, ricco di fessure da cui spuntavano grappoli di bolle gassose. Era evidente che i misteriosi canali che portano la lava incandescente sulla cima dello Stromboli non passavano lontano da lì.

    Se Francesca portava la maschera a pelo d’acqua, poteva mettere a fuoco l’isolotto di Basiluzzo, nero e pieno di guglie saracene, e più lontano la piramide perfetta dell’isola di Stromboli, sulle cui pareti lapilli neri e muschi di un verde intenso lottano tra di loro per sopravvivere gli uni agli altri.

    La ragazza era alta quasi un metro e ottanta, capelli neri e lisci che le incorniciavano un viso ovale, dai tratti regolari, ed occhi di un blu intenso, che ricordavano il mare di Ostuni, dove era nata venticinque anni prima.

    Ormai da due mesi lavorava a Roma, come cancelliere alla prima sezione penale della corte di cassazione ed era arrivata alle Eolie da una settimana, in perfetta solitudine, sia per scelta, perché amava viaggiare da sola, sia per necessità, perché si era lasciata da poco con Pierluigi, giovane penalista romano.

    Due amiche siciliane con le quali aveva condiviso un trivani in via Salaria durante gli anni dell’università, le avevano consigliato di ricaricare le batterie puntando su Salina.

    Dopo una rapida ricerca sugli annunci on line, Francesca aveva preso in affitto a Malfa una casetta di tre stanze, che aveva una piccola terrazza incorniciata da bisuoli bianchi, su cui la ragazza si sdraiava nel pomeriggio, per farsi accarezzare dai raggi di sole che filtravano dalle canne del portico.

    Ogni mattina affittava giù al molo un piccolo gozzo da Salvatore Caldarera, detto Triglia, e prendeva il largo in direzione di Panarea o Basiluzzo, forse perché amava il mare aperto o forse perché l’imponenza dello Stromboli, vicinissimo, esercitava su di lei una forza magnetica, e quindi dirigeva la prua verso nord, alla ricerca di spigole, cernie, ricci e polpetti.

    Il barchino aveva in dotazione un’ancora malandata, che quasi sempre si incastrava tra i massi di fondali profondi non più di quattro metri, ma in tal caso a Francesca bastava arcuare la schiena e con un colpo di pinne leggero ed elegante raggiungeva l’ancora, liberandola dalle rocce ricoperte di alghe.

    Alle nove del mattino i raggi solari entravano in acqua con un angolo più o meno di trenta gradi, illuminando perfettamente il fondale di chi, come lei, nuotava con il sole alle spalle. Centinaia di ricci macchiavano di nero grandi massi che dormivano sul fondo da milioni di anni.

    In mare non c’era quasi nessuno. I gozzi dei pescatori erano rientrati all’alba e i proprietari di barche a vela e yacht dormivano ancora tranquillamente nei letti delle loro ville o nelle cuccette delle barche, mentre i bar di Salina iniziavano a sfornare morbide brioscine calde, da accompagnare con granite di pistacchio o di mandorla.

    Dopo avere attraccato alle Formiche, Francesca aveva indossato il suo mutino blu, maschera, pinne e si era immersa ad una profondità di tre metri, intercettando una nuvola di bolle gassose in risalita, all’interno di una piacevole corrente di acqua calda. Aveva esplorato il fondale per più di un minuto e le venne naturale risalire in superficie per una boccata d’aria, assecondando il flusso tiepido che la portava verso l’alto.

    Si trovava ormai a cinquanta centimetri dal pelo dell’acqua, quando vide un’ombra massiccia proiettarsi sul fondale.

    Non ebbe il tempo di girarsi per capire cosa fosse, perché la sua vita finì in quell’istante: la chiglia di uno yacht d’altura la colpì con enorme violenza sulla schiena.

    Chi pilotava lo scafo avvertì un tonfo e alzò la leva del gas, per rallentare la corsa dell’imbarcazione. Lo yacht tornò indietro lentamente e si arrestò nel momento in cui un marinaio a prua, incaricato dal timoniere di accertare cosa avesse provocato l’urto, intravide una muta blu riversa sul fondale e circondata da una nuvola di sangue. Pochi istanti dopo, i tre motori entrobordo da 500 cavalli ruggirono di nuovo a tutto gas, verso una destinazione sconosciuta.

    A non più di trecento metri, Sergio Rinarelli era ormeggiato col suo gommone nella caletta più bella di Basiluzzo e stava tirando l’ancora per dirigersi verso Lisca Bianca, quando vide sfrecciare da est verso ovest uno yacht di gran lusso, con un fly bridge sopra il quale si vedevano due persone in piedi. L’onda sollevata dal passaggio dell’imbarcazione di lusso mandò in crisi l’equilibrio del gommone di Sergio, che urlò in modo non proprio amichevole verso il timoniere dello yacht e poi indirizzò la prua verso l’isolotto di Lisca Bianca, lo oltrepassò in direzione di Lipari e decise di fermarsi alla secca delle Formiche, per raccogliere ricci in quantità sufficiente per due porzioni di spaghetti.

    Adorava cucinare per Carolina, la sua donna. Gli sembrava il modo più efficace di sedurla. Assai meglio che portarle un mazzo di tulipani o un’orchidea, tutta roba poco commestibile. Carolina, che non riceveva mazzi di fiori ormai da anni, gli chiedeva se il suo fioraio fosse morto e Sergio rispondeva di sì, aggiungendo che non si sentiva di tradire la memoria del poveraccio rivolgendosi a un altro fioraio. Meglio pescare ricci.

    Ma quella mattina i ricci che aveva iniziato a intravedere sul fondale, a pochi metri dal punto in cui aveva mollato l’ancora, erano coperti da un fagotto di colore blu, che inizialmente non capì cosa fosse. Purtroppo il sangue che avvolgeva la muta di Francesca gli tolse ogni dubbio.

    Sergio si tuffò senza pensarci un secondo e con grande fatica riuscì a portare a galla il corpo della donna. Sollevarlo da solo all’interno del gommone era impresa impossibile e cominciò a sbracciare e urlare verso un barchino ormeggiato a cinquanta metri da lui, finché i due ragazzi a bordo sentirono la sua richiesta di aiuto, si avvicinarono e si buttarono in acqua per aiutarlo.

    Per fortuna, l’urto violentissimo aveva lasciato intatto il volto di Francesca e adagiarla a bordo con l’aiuto dei due giovani non fu il supplizio che Sergio temeva. Mise in moto il gommone e puntò verso Panarea, mentre i ragazzi venuti in soccorso reggevano delicatamente il corpo della donna.

    Sul molo erano di pattuglia due carabinieri, in attesa dell’aliscafo proveniente da Salina, e notarono subito Sergio che agitava le braccia in modo convulso.

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