KemioFollia
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Anteprima del libro
KemioFollia - Fabio Lasalvia
Sommario
LA SCORCIATOIA
IL REPARTO
LE FASI
IL MIO COMPAGNO DI STANZA
IL LENZUOLO BAGNATO
LA NOTTE IN REPARTO
RACCONTO ICTUS
IERI
EXTASI
RAV 4
MIA MAMMA
FRITZ
FRATELLI
ROSOLINA
IL MERA
PAPA’
I RICORDI
IL BACIO
LA TIMPANO PLASTICA
IL CIRCO
LA RESPONSABILITA’
di
FABIO LASALVIA
Dedicato a tutti quelli che si sono raccolti accanto a me per aiutarmi ad affrontare questo momento difficile.
KemioFollia: blog inizialmente creato da me per tenere aggiornati amici e parenti sul mio percorso contro il cancro rivelatosi poi un rifugio caldo dove recuperare le forze e non sentirsi solo.
I RACCONTI di KemioFollia
03/2019
LA SCORCIATOIA
Ho fatto un sogno bellissimo sta notte. Ero in posto di campagna in cui vivevo da quando ero piccolo, dove tutti quelli che come me conoscevano il luogo, usavano una scorciatoia che accorciava di molto i tempi di percorrenza per arrivare dall’altra parte del paesino. L’unica differenza tra me
e loro era che tutti gli altri solitamente la percorrevano a piedi perché era composta da una scala formata da una ventina di gradini molto larghi, che giravano tutt’attorno, formando una piccola torre di cemento, che permettevano di salire ad un livello superiore
del paesino.
Io avevo l’esigenza di spostare un piccolo scavatore, da me guidato, attraverso questo passaggio per guadagnare tempo nei mie piccoli lavori quotidiani, ed era una cosa che facevo spesso, di cui conoscevo tutti i trucchi, le minuzie e che quindi di solito attraversavo con facilità.
Ma non quel giorno, quel giorno non ci riuscii, anzi mi ritrovai bloccato tra i gradini con il mio mezzo a motore, senza capire quali fossero i motivi per i quali non riuscivo proprio più a muovermi, rimanendo incastrato e bloccando l’uso della scorciatoia ai miei concittadini.
L’unico modo per uscirne era tirarlo su di peso, ma da solo non c’è l’avrei mai fatta.
Così mi recai nel vicino bar, chiamato non a caso La Scorciatoia
dove conoscevo quasi tutti, perché erano amici di vecchia data con cui avevo passato tante serate della mia vita a occupare il tempo per farlo sembrare meno noioso, tra chiacchiere, partite a carte e boccali di birra.
Appena entrai nel bar fui accolto da un ovazione, in quanto era ormai molto tempo che mancavo, dopo aver passato molti anni seduto su uno di quegli sgabelli di fronte al bancone del locale. Tutti che mi chiedevano dove fossi finito, se stavo bene, la famiglia e tante altre cose dimostrandomi il loro affetto, che quasi mi dimenticai del perché ero lì.
Alla fine mi ricordai: l’escavatore era ancora lì a bloccare il passaggio e ormai si stava formando una discreta coda, allora mi decisi a chiedere aiuto ai miei amici
. In un attimo svuotammo il locale e ci ritrovammo tutti fuori, davanti al passaggio pronti, come una squadra di pompieri affiatata da anni di lavoro insieme abituata a risolvere i problemi dandosi tutti una mano.
Questo fare gruppo
mi ha sempre aiutato molto nell’affrontare le cose negative che ti sorprendono in questo grandissimo viaggio che è la vita, perché mi ha dato più forza, più sicurezza, mi ha fatto sentire di non essere solo, ma parte di un gruppo pronto ad aiutarmi.
Vedere tutta quella gente pronta a lottare con me, senza chiedere nulla in cambio ma solo per quella amicizia che ci legava da anni è comunque gratificante e ci aiuta ad affrontare le paure sommando il coraggio di tutti in uno solo.
Ma una volta arrivati davanti alla torretta, mi accorsi che l’escavatore, non era più lì dove l’avevo lasciato, incastrato tra i gradini. La coda che si era formata non c’era più, la gente passava tranquilla dalla scorciatoia usandola come se non fosse successo nulla. Allora anch’io presi gli scalini, seguito da tutti gli amici del bar, per arrivare su in cima e capire cosa fosse successo.
Fu in quel momento che vidi il mio splendido escavatore giallo muoversi tra quei prati verdi con una classe inaspettata, tanto da sembrare un ballerino della scala nel pieno del suo assolo migliore. Mi avvicinai per capire chi lo stava manovrando, è chi fosse riuscito a sbloccarlo con tanta semplicità da farmi sentire un autista alle prime armi.
Marco Camperi, mio cugino, anche lui di zona, ma che non vedevo da un po’, che mi aveva insegnato in passato, come usare questi trabiccoli, con tanta pazienza e altrettanta conoscenza. Lui sapeva tutto di quelle macchinette, era in grado di aggiustare, settare, quelle scavatrici in modo che facessero tutto quello che gli chiedeva.
Mio cugino faceva sempre tutto con un sorriso enorme stampato in faccia per far sì che il mondo capisse che lui era felice a prescindere dalle cose brutte, dai problemi, perché lui era innamorato della vita, delle sue abitudini, delle sue emozioni, è non lo dimenticava mai. E quel sorriso era lì a dimostrarlo.
Faceva le cose che conosceva e sapeva fare, tutto il resto lo lasciava agli altri, che magari lo sapevano fare meglio. Ma quello che faceva lo faceva alla grande, a livelli enormi e senza darsi troppe arie o avere molti dubbi.
Non si accorse subito di me perché era troppo impegnato dall’eseguire tutte le sue manovre, che insieme formavano una coreografia bellissima, tanto che tutti gli amici saliti con me, erano così estasiati da quei movimenti che non riuscirono ad aprire bocca; si sentiva solo il rumore del motore ed una leggera brezza di vento che l’accompagnava.
Appena si accorse della mia presenza, fermò quel marchingegno, girandolo tutto attorno se stesso, riempiendo di un fumo bianco tutto il piazzale come se fosse stato un pilota di formula uno.
Scusami
mi disse, mi sono permesso di toglierlo dalla scala, perché avevo tanta voglia di guidarlo, era un bel po’ che non lo facevo
e sorridendo aggiunse sempre bellissimo
.
Scusami ancora, avrei dovuto chiedertelo prima
, perché lui era sempre molto educato e ci teneva a comportarsi bene, e soprattutto alle buone maniere, che per lui erano molto importanti. ..se potevo fare un giro, ma non ti ho visto da nessuna parte
.
Ciao Maio
, gli urlai addosso, che era il soprannome che usavo per mio cugino, no, non preoccuparti, mi hai fatto un favore perché pensavo di averlo bloccato, infatti ero al bar a chiedere aiuto a questi amici per tirarlo su di peso
, poi feci una pausa perplesso e chiesi ma come hai fatto, tutto da solo?
. Tanta esperienza, che vuol dire situazioni che si ripetono, che hai già affrontato, a cui hai già dato una risposta, che hai già risolto negli anni, e tante minuzie che fanno la differenza
, scendendo con grazia da kEMiO
, il nome del mio escavatore, aggiunse la soluzione di solito è sempre la più semplice, quindi partì sempre da li, senza farti troppi giri in testa, e vedrai che un modo per risolvere il problema lo troverai
poi si avvicinò al retro della macchina e prese il mio zaino blu, questo è il semplice motivo per cui non riuscivi a fare manovra, era messo male ed aumentava il tuo solito ingombro, io l’ho solo spostato e riacceso il motore e in un attimo sono salito quassù
.
In quel momento mi svegliai in quella stanza (letto 8) del reparto Ematologia al terzo piano della Città della salute e della scienza di Torino, detta Molinette, in cui ero ricoverato da una settimana, per un LINFOMA non Hongins (cosa che si è capita solo dopo l’esame istologico) trovato nel mio cervello da una risonanza di controllo del Dicembre 2017 dovuta ad un Ictus avuto nel Luglio 2015. Presente dal 2015 ma cresciuto da 5 millimetri a 13 millimetri, negli ultimi mesi, quindi con l’esigenza di essere subito rimosso, cosa fatta nel Maggio del 2018, operazione eseguita dal dott. Benech di Torino.
Essendo un tumore del sangue, per di più nel cervelletto, asportato completamente, e non essendoci altre metastasi
in TUTTO il mio corpo ma essendo comunque molto pericoloso per una possibile recidiva, cioè di una formazione di altri tumori dello stesso tipo nel corpo, il dott. Vitolo, primario di questo reparto, con la sua equipe ha deciso di ricoverarmi per sei cicli di chemioterapia intensiva, in quanto il cervello ha bisogno di una terapia più forte
per avere successo, e questa situazione mi ha costretto al ricovero, rinunciando al Day Hospital che mi avrebbe permesso di tornare a casa tutte le sere dopo la terapia, mi avrebbe anche dato la possibilità di dormire nel mio lettone con la mia splendida moglie e di abbracciare mia figlia tutti i giorni, ma che sicuramente sarebbe stata meno sicura
nel risultato, con effetti collaterali meno controllabili
e più invasivi.
Fatta questa scelta ho affrontato il primo ciclo, composto da cinque giorni di chemio terapia con dosi diverse, infuse durante tutto il giorno via flebo, insieme a tutta una serie di medicinali, somministrati nello stesso modo, per attenuarne gli effetti collaterali tipo: gastroprotettori, sali minerali, cortisone, anti nausea, collirio, potassio, diuretico x pulire i reni dalle scorie e altre terapie a bisogno.
Finito la chemio, che viene composta
in base agli esami del sangue, ai parametri del corpo, al peso, alla temperatura, alla pressione, rilevate il giorno prima, inizia la fase detta di aplasia
, un calo dei globuli bianchi che la chemio ha fatto scendere abbassandomi le difese immunitarie a livello tale che una piccola infezione può diventare un disastro. Dopo quindici giorni dall’inizio della terapia, i globuli bianchi dovrebbero salire a quella che è la normalità e garantirti le famose difese immunitarie che ti permetterebbero di stare
in mezzo alla gente e riassaggiare la vita normale, seppur con molte attenzioni e per al massimo un paio di settimane.
Passati i giorni premio
nei quali ti ricordi la bellezza della tua vita, incomincia di nuovo tutto l’ambaradan con il secondo ciclo, cinque sei giorni di chemioterapia, quindici-venti giorni di terapia per far salire i globuli bianchi, giorni premio, poi terzo ciclo e infine quarto ciclo con cambiamenti sulla durata, sul metodo, in base ai risultati dei precedenti cicli, controllati con una risonanza ogni due cicli.
Poi ci sono il quinto e il sesto, che sono un po' diversi perché a seconda di quello che sono i risultati precedenti, si opterà o per la radioterapia o per quella definita pulizia del midollo
, che hanno più o meno la stessa durata dei cicli di prima, ma metodologie molto diverse.
Per affrontare questa cura, devi essere forte e duro e cercare di prevenire tutti gli effetti collaterali che aumenteranno sempre di più con l’avanzare dei cicli, dovrai attaccarti a tutto quello che hai di bello nella vita, dalla moglie, la figlia, la famiglia, fino agli amici e a tutto quello che rimane, in modo da non perdere mai la forza che ti sostiene, il sorriso che ti rende sicuro, invincibile, solo così potrai farcela. Ricorda che dovrai crederci sempre e non mollare mai perché è importante per affrontare nel modo giusto la malattia, dovrai essere sempre positivo, non