Blu come il mare
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Info su questo ebook
Nel libro vengono narrati gli anni dell'infanzia, dell'adolescenza e dell'età più matura, senza seguire un filo logico e narrativo degli avvenimenti. Il periodo di studi trascorso in famiglie dell'Essex, a est di Londra, e della frequenza del corso di lingua inglese, nel college ivi situato.
Ora combatte contro la depressione, ma sempre a testa alta, nonostante i momenti bui e di indecisione.
Senza sosta combattiva grazie alla passione per l'arte e la letteratura, non demorde, e affronta la vita quotidiana ogni giorno in modo diverso.
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Anteprima del libro
Blu come il mare - Primula di bosco
(AL)
ESTATE 2014
UN INCONTRO INTERESSANTE
Oggi è una giornata soleggiata; guardo dalla finestra e vedo gli alberi del mio giardino, specialmente la pianta con fiori rosa, molto folta e corposa, il suo nome è Lagostròmia
, l’aveva piantata mio padre circa quarantacinque anni fa, è un albero di origini orientali.
Sono gli ultimi sprazzi di un’estate calda e afosa. Ancora domani un po’ di sole e poi il meteo preannuncia temporali, grandinate e trombe d’aria.
Abbiamo bisogno di acqua, molta acqua per la campagna che ha patito la siccità durante tutta l’estate e a differenza dell’anno scorso dove abbiamo visto delle vere bombe d’acqua
con danni ovunque in tutta Italia, e da noi l’estate non fu vista. Una vera estate anomala.
Mi fa compagnia la mia gatta che fa capolino dalla porta d’entrata, la chiamo ma non risponde, starà guardando se vede qualche animaletto: lucertole, farfalle, mosche, cavallette e altro, poi me le porta in casa per farmi il regalo
. La mia micia è molto vispa e quando esco mi segue sempre. Sto attenta che non attraversi la strada e così si nasconde nel giardinetto roccioso del vicino. Mi aspetta fino al mio ritorno, quindi rientra in casa con me. Ama molto essere accarezzata dalla padrona
, fa le fusa e si struscia contro le mie gambe. E’ rientrata e ora cammina tra i miei piedi come volesse dirmi: Ci sono anch’io
. Mi fa compagnia mentre scrivo, ma sono attenta quasi guardinga che non cammini sulla tastiera del mio portatile. Ora se ne sta accovacciata zitta zitta sul tavolo mentre guarda attorno; forse ha fame e devo darle le crocchette e poi coccolarla
. Sono qui sola e mi annoio un po’. Alcune mie amiche sono in vacanza, mentre altre lavorano. Con loro sono andata al lago nei mesi di luglio e agosto, a fare qualche nuotatina, ma il lago d’Iseo è inquinato e non ne ho approfittato molto. Quest’anno poi ci sono state molte alghe, il lago è basso proprio perché è piovuto poco, non so se hanno chiuso le paratie della diga, ma si pensava così perché se l’acqua è troppo bassa soffrono: il lago, la sua flora e la sua fauna.
Proprio in riva al lago durante le nostre soste, io e la mia amica abbiamo incontrato Hopy, solo con la sua bicicletta. Era all’ombra seduto sotto un albero, aspettava la mia amica e subito mi è sembrato un tipo anomalo, strano e fantasioso, parlava in continuazione del lago, del sole, dell’estate e delle persone che si recavano sulla spiaggetta. Parlava degli olivi che crescono in quella zona e diceva che ce n’erano tanti altri, ma noi non li vedevamo. Continuava a fare battute spiritose sulle donne in generale. All’improvviso ha inforcato la sua bici e ci ha detto che doveva andare non so dove; se ne andò e non l’abbiamo mai più rivisto.
Appena Hopy è partito, di gran corsa, l’amica si è tuffata per una lunga nuotata e quando è riemersa era felice; non abbiamo più parlato di Hopy e non l’abbiamo più visto. Questo strano personaggio mi ha colpito per la velocità delle sue reazioni e delle sue decisioni.
MESI DOPO...
Sono passati otto o nove mesi da quando ho scritto l’ultima volta. Nel frattempo sono successe molte cose: la più importante è che ho subìto l’intervento di mastectomia destra a causa di un tumore, poi radioterapie e pastiglietta chemioterapica per cinque anni. Dopo tante peripezie ora sto meglio, e grazie al cielo posso dire di essere guarita anche se, come da routine, dovrò controllarmi ogni sei mesi.
Era l’estate del 2015, faceva caldo, molto caldo, 37/40 gradi e più, accusavo dei dolori al seno destro, sopra l’areola e anche in zona equatoriale. Non ci feci caso, ma con il passare dei giorni il fastidioso dolorino si faceva sempre più insistente. Io però ricordo che si diceva in giro che il tumore al seno è asintomatico perciò decisi di recarmi dalla mia dottoressa di base, gliene parlai e mi disse: facciamo una mammografia di controllo
e fu così che fissai l’appuntamento presso l’ospedale per questa mammografia. Quasi contemporaneamente mi arrivò per posta dal competente servizio ASL l’invito ad eseguire una mammografia di controllo. E così feci.
Il martedì successivo, mentre stavo facendo la spesa al supermercato ricevetti una telefonata. Mi chiamava l’infermiera dell’ospedale, da dove partono tutte le richieste per fare le mammografie come prevenzione del tumore alla mammella nelle donne ultracinquantenni, e disse che dovevo recarmi presso tale ospedale per effettuare un’ecografia e ribadì che avrei dovuto farla lì. Tornata a casa, dalla spesa, iniziai subito a preoccuparmi e mi sentii in colpa per non aver fatto la prima mammografia ma anche allora pensavo che non sarebbe stato niente anche se qualche dubbio me lo ponevo: Tumore o no?
.
In ansia per questo dubbio ne parlai con mia mamma che mercoledì 3 settembre, mi accompagnò all’ospedale nel reparto di radiologia dove ero convocata. Mentre aspettavo vedevo donne che entravano ed uscivano sia dalla sala della mammografia che da quella dell’ecografia. Arrivò il mio turno, entrai da sola e appena mi vide il medico mi disse: Abbiamo trovato un noduletto che due anni fa non c’era
e così fui sottoposta ad ecografia guidata e relativo ago/aspirato con biopsia. Dopo aver fatto tutto il medico mi disse: Tra due settimane avremo l’esito, venga non appena la chiameremo, mi raccomando,
venga"!!!
I dubbi nel frattempo mi assalivano e pensavo: dovrò essere operata?
ma l’idea dell’intervento non mi spaventava quanto quella di avere un tumore dopo tutto avevo già conosciuto due o tre donne che erano state operate e ancora vivevano tranquillamente. Questa idea non mi fece paura, anzi, mi diede coraggio.
Arrivò la telefonata per l’esito della biopsia e con mia sorella andai dal chirurgo, che chiese subito: Chi è la paziente?
e senza esitare risposi: sono io
.
Come risposta fu: Va operato!!!
E risposi: Lo sapevo
.
Quando ero adolescente e giovane e il mio seno non cresceva, tutti i giorni mi guardavo allo specchio per verificare se qualcosa fosse cambiato, ma era piccolo, cresceva poco e mi sentivo diversa dalle ragazze della mia età, non sono normale
pensavo sempre.
Siccome soffro di una patologia psichiatrica che sto combattendo da vari anni, sono in cura da una brava dottoressa che in contatto con il chirurgo, mi convinse a farmi operare.
Il medico fu convincente e mi riservai la facoltà di decidere dove andare ad operarmi, e dopo tre giorni, aiutata nella decisione anche da mia sorella, gli demmo la risposta, che fu: Si, vengo qua
Ok,
mi disse, ci rivedremo presto, e vedrai che ti troverai bene
.
Con il mio fardello di informazioni me ne tornai a casa. Avevo la possibilità di fare due tipi di intervento: quello con la ricostruzione del seno e quello normale, cioè senza seno finto. Ma la prospettiva di ritornare sotto i ferri
dopo un anno o due non mi allettava, anzi, dissi subito che avrei rifiutato la ricostruzione e avrei tenuto la mia cicatrice visibile. L’importante era guarire.
Il cancro era di tipo 1, cioè al primo stadio, ma sono tuttora convinta che il tumore alla mammella non sia asintomatico
anche se la scienza dice il contrario.
Io avevo sintomi tipo prurito, fitte e pizzicotti.
Tornai dalla mia dottoressa di base per dirle che avevo un tumore. Per me l’idea di avere una malattia tumorale era sempre stato un pensiero fisso, ed ora ne avevo fatto l’amico della mia vita che si era impossessato di me, delle mie idee e dei miei pensieri. Facevo fatica a dormire la notte e di giorno rimuginavo continuamente sull’operazione e sul dopo, le cure come la chemioterapia e la radioterapia, ma per il momento l’importante era debellare il male. Feci tanti esami fra cui anche la ricerca del linfonodo sentinella
, importante per l’intervento; a seconda del risultato positivo o negativo cambiava il tipo di intervento. Fu così che mi tenni in contatto anche con la psichiatra che ormai sapeva tutto e che ai colloqui cercava di rasserenarmi dicendomi che ad oggi questo tumore è diventato una routine
, come se il 40% delle donne ci passano e lo attraversano, guadando il fiume, camminando sui sassi che lo occupano. Il mio sasso era nel corpo e nella testa. Dovevo superarlo con sicurezza e coraggio, ma soprattutto con tranquillità. Certamente, avevo paura dell’anestesia e di ciò che immaginavo comportasse.
Ormai anche la famiglia e gli amici lo sapevano, e mi sentivo dire: Cosa vuoi che sia, un tagliettino in più o in meno è uguale?
. Ma non si trattava di un piccolo taglietto, sapevo che mi avrebbero asportato completamente il seno destro. La mia idea era quella di rifiutare la ricostruzione e che avendo il seno piccolo non si sarebbe visto molto.
Il giorno prima dell’intervento mi recai in clinica per sottopormi all’esame della ricerca del linfonodo sentinella. Mi dettero il liquido di contrasto e rimasi sdraiata per due ore sul lettino massaggiandomi il seno dove avrebbe dovuto agire per meglio visualizzarlo. Arrivò la dottoressa accompagnata dall’infermiera e mi dissero: Adesso facciamo una prova, devi cercare e trovare il tuo nodulo
.
Così feci e dopo aver toccato sentii sotto la pelle un nodulo duro grande come un pisello, e dissi: E’ qua
.
Brava
risposero guardandosi negli occhi, fecero un puntino e mi sottoposi all’esame della ricerca del linfonodo in causa.
Era la prima volta che mi recavo in clinica nel reparto di medicina nucleare, dove prima di fare gli esami, ti preparano e scappano per non accumulare troppe radiazioni: Dove sono capitata?
pensai.
Dopo l’esame tornai a casa sapendo che l’indomani mi aspettava l’operazione chirurgica, era l’ultimo giorno di vita del mio seno destro. Speravo che tutto sarebbe andato bene e di avere un po’ di fortuna. In quel momento pensai che avevo bisogno di fortuna e mi ricordai dell’incontro con Hopy perché mi era sembrato predittivo il significato del suo nome: ‘Speranzoso’. Era una persona semplice poteva essere forse un avventuriero, un alternativo o un rifugiato politico, ma no, conosceva il lago come casa sua, come le sue tasche e con la sua bicicletta