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Due Novelle Rock'n'Roll
Due Novelle Rock'n'Roll
Due Novelle Rock'n'Roll
E-book378 pagine6 ore

Due Novelle Rock'n'Roll

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Info su questo ebook

Il rock'n'roll è musica di ribellione per definizione, altro non poteva essere lo stile che caratterizza queste due novelle che si propongono di attaccare in maniera esplicita e senza remore i falsi capisaldi e i medievali pregiudizi del mondo moderno e della società attuale. "Un biglietto con scritto solo X" e "Adolescenze selvagge di anime distratte" sono lato A e lato B di un'audiocassetta che suona contro le catene rette dai politici e contro le frustate vergate dal capitalismo, contro la ritrosia mentale imposta dai mass media e contro la schiavitù spirituale voluta dalla religione, e invita ad alzarsi in piedi e a ballare sulle note dei sentimenti, della spontaneità, dell'amore e della libertà.
LinguaItaliano
Data di uscita27 giu 2019
ISBN9788831626521
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    Anteprima del libro

    Due Novelle Rock'n'Roll - Alberto Alessi

    distratte

    UN BIGLIETTO CON SCRITTO SOLO X

    §1

    Scout aspettava il momento.

    «Ultimamente la mia scimmietta non lavora più molto bene. È come se funzionasse solo per metà, cioè: io devo scrivere la musica e i testi, e con una mano lei mi suggerisce melodie, note, sottofondi d'ambiente o plettrate in controtempo, come sempre, ma con l'altra, quella delle parole, si gratta la testa... ho provato anche a tenere la luce accesa prima di addormentarmi, perché di solito è nel pre - sonno che si sente più ispirata... non so, tipo: ti è mai capitato di fare un sogno intenso e poi ti svegli agitato e ti prometti che domani appena ti alzerai chiamerai quella persona, la perdonerai o cose così, ma poi la mattina ti ricordi solo di esserti svegliato per qualche minuto, ma non ricordi perché? Ehmm... scusa, mi sono lasciata andare... ah, comunque io... mi chiamano Scout; piacere...?».

    Scout, come la chiamavano, era arrivata al locale poco prima di mezzanotte; finite le prove con il suo gruppo era passata per casa, un appartamento a qualche chilometro dal centro della città, che divideva con Alice e Francesca, le altre due componenti, per darsi qualche ritoccatina, capelli, un po' di trucco e profumo; viveva, di notte, senza pretese: sapeva bene che il principe azzurro arrivava solo quando non l'aspettava, come quando si esce di casa un giorno qualunque, si mette in borsa l'ombrellino fucsia trasparente perché sono due settimane che piove, e invece il sole è la primavera. E infatti.

    E infatti.

    «Nicola, piacere. Non ho mai sentito il nome Scout... di dove sei?».  

    Erano lì che parlavano da quasi un'ora, durante la quale nessuno dei due si era preoccupato di presentarsi o chiedere il nome: cominciavano a capire che finalmente le loro serate avrebbero avuto un senso positivo, anche se solo platonico.       

    Erano seduti al banco, e Scout fumava Diana rosse a lunghe boccate e beveva bicchieri di Jack - cola a sorsi ancor più lunghi (a quanti siamo? già cinque? beh, niente male, mia cara), senza guardarsi intorno con cretina frenesia, come quelle sere in cui si ritrovava da sola ad aspettare le due amiche; continuava lo stesso a spostare lo sguardo vispo da lui allo specchio con le schiene sudate delle bariste, alle quali facevano da sfondo muri di ballerini e ballerine formicolati. Proprio come alla tivù.

    Scout non voleva televisori accesi con lei in casa. Preferiva il cielo. Il cielo: rimaneva affascinata da tutto quel colore, ma soprattutto: da tutti quei colori, si perdeva ad ammirare sfumature sempre diverse, effetti di luce che venivano a crearsi sulle nuvole, qui disperse e innocue, lì dense e imponenti che non capiva se stesse fissando un tratto di cielo o nuvole imbronciate. («Mtv o telegiornale?»). Spesso, verso sera, d'estate o in primavera, Scout usciva a godersi i tramonti; andava ai giardini pubblici, sola con sé, tra innamorati che si baciavano e sposini che si affrettavano a rientrare; si sdraiava in mezzo all'erba, si rollava una sigaretta con un po' di fumo e stava lì finché non si accorgeva che il buio la stava per avvolgere.        

    E d'estate il tramonto è una lunga parentesi di serenità.    

    Sola. 

    Felice e sola.

    Nicola era lì con il solito gruppo di amici e amiche, tutti diversi da lui, tutti eterosessuali; non poteva confidare a nessuno di loro la sua inclinazione, non avrebbero capito, accettato, tollerato il fatto che lui guardasse il sedere ai maschietti danzanti piuttosto che le scollature provocanti delle donne giovani, sorridenti e sculettanti. Era invidiato dai suoi amici, perché, dicevano, lui ci sapeva fare con le tipe; e davvero non gli ci voleva niente ad avvicinarsi a una bella ragazza e iniziare a parlarle e a interessarla; non era timido. E l'invidia cresceva ogni volta non appena si poteva capire anche lontano chilometri che la lei di turno ci sarebbe stata a qualsiasi proposta a qualsiasi condizione. Nicola con le ragazze si trovava benissimo in qualunque situazione, fuor che da un letto.

    Così sulle sue, si era diretto al banco per prendersi un vodka - lemon, e aveva trovato ad accoglierlo due occhi curiosi che gli ammiccavano come stupiti, e aveva deciso di non perdere l'ennesima occasione per far bruciare di rabbia i suoi amici; nonché, magari, di fare una nuova amicizia. Già sentiva il commentare volgare di quelli.

    «Ciao, come stai?», le chiese Nicola con un sorriso.

    «Bene direi; forse ho bevuto un po' troppo anche stasera, forse non si vede», rispose Scout, mostrandosi subito disposta a una chiacchierata.

    «Sei qui da sola?».

    «Sì, sto aspettando due amiche, se nel frattempo vuoi farmi compagnia...».

    «Bene; comunque, per la cronaca, io non sono solo, sono qui con un po' di gente. Vieni spesso qui?».

    «Mah, qualche volta; non è male, e la roba da bere non costa neanche troppo. Mi piace osservare la gente, non mi piace ballare, te lo dico subito così evito che se me lo chiedi e ci rimani male o ti allontani se ti dico di no... e mi piace sapere di essere osservata».

    «Mi sa però che non ti piace essere corteggiata; prima mi sembra di averti vista liquidare un tipo niente male in due parole...».

    «Ah già, il truzzo di prima... dai sempre giudizi estetici sui ragazzi o cosa?».

    «Se per te non è un problema, sì, mi interessano più i ragazzi che le ragazze».

    «No no, comunque quello là ci prova con tutte, lo vedo qua ogni volta che ci vengo, e io non sopporto di essere trattata come tutte, capisci?».

    Il truzzo di prima le aveva messo gli occhi addosso un paio di settimane prima, sempre lì al Drinkin' and; ma poi, quella sera, quando finalmente si era deciso a fare la prima mossa, lei se n'era già andata. Così questa volta non aveva perso tempo: tutto in bianco vestito le si era avvicinato, e gli era sembrato che lei avesse contraccambiato il sorriso; in realtà, a Scout era scappato un ghigno perché già stava fantasticando su come l'avrebbe scaricato. Lui le si era piazzato di fianco con l'aria sicura di chi la sa molto lunga; di fronte la cameriera, interessata e a conoscenza dei gusti di quella strana e solitaria cliente, aveva visto numerose scene simili nella sua pur breve carriera, anche con la stessa Scout come protagonista, e continuando a preparare cocktail su cocktail e sogni su sogni aveva chiesto al bullo: «Cosa ti faccio?»; «Due rum lisci, grazie», aveva risposto lui, continuando a guardare la sua preda ormai giudicata in scacco eccome.

    «A me il rum non piace», l'aveva spiazzato lei con una smorfia di glaciale serietà e abissale superiorità, voltandosi dall'altra parte.

    «E chi te lo dà», ringhiò quello, lasciandosi sfuggire un doppio senso molto probabilmente causato dal pensiero di quali intriganti discorsi avrebbe intrapreso per intrattenerla e sedurla. Mandò giù i bicchieri con due colpi meccanici e si girò per tornare in pista, sussurrando un elegantissimo: «Stronza puttana» (quale dei due l'aggettivo?, pensò Scout leggendogli il labiale), e prendendosi un semplice: «Fanculo» come risposta e unico risultato.

    «Ti va se ci mettiamo sui divanetti di sopra a parlare, che là almeno la musica non è assordante?».

    «Beh, vedi... Io ormai non ragiono più in termini di omosessualità o eterosessualità... o bisessualità; per me si tratta solo semplicemente di gusti, di affinità, di ciò che a uno piace o non piace, non mi sembra sia tanto difficile da capire. E questo per quel che riguarda l'esterno, perché non vedo proprio motivo nel dover trovare giustificazioni se ci si sente attratti da una personalità, un carattere, invece che da un'altra, non mi sembra ci siano caratteristiche psicologiche solo per le donne e altre solo per gli uomini. Anche se comunque noi abbiamo qualcosa in più, ricordatelo. Dunque va beh, con semplicità e sufficienza potrei dire che anch'io sono del parere, come sostengono alcuni, che siamo tutti potenzialmente bisessuali, solo che poi come sei stato cresciuto e ti hanno sempre insegnato è diverso, e devi affrontare, in un modo o nell'altro, certi contrasti interiori, per poterli superare; in realtà le mie idee sono collegate a qualcosa di più profondo e più ampio di questo, di questa specie di teoria».

    Scout parlava e parlava e beveva e bevendo parlava, e gli effetti si vedevano e si sentivano. Come molte altre volte, ubriaca si sentiva bene con se stessa e in pieno accordo con ciò che stava dicendo; si trovava a vivere una delle rare occasioni in cui riusciva a esprimere con le giuste parole ciò che pensava; e tra l'altro ci stava riuscendo su un argomento per lei fondamentale come la libertà; libertà sessuale, ma pur sempre di libertà si ritrovava a parlare.

    «Cioè», riprese, «non sto dicendo perché voglio provarci a tutti i costi con te, cioè, non fraintendere, sei molto bello, e io spero di piacerti allo stesso modo, e penso che se finora hai trovato, cioè ti sei innamorato solo di uomini, non voglio dire che è un caso, ma probabilmente a te piace un certo tipo di bellezza, anche solo dal punto di vista fisico... Sai, a me piacciono solo i ragazzi, o le ragazze, con i capelli neri... Ohi, se sto parlando troppo e ti sembro una stupida fermami, non vorrei che sto facendo una brutta figura davanti a un bel ragazzo come te...».

    «Stai tranquilla, ti invidio: io quasi mai riesco a ubriacarmi e diventare così sincero. Però ti dico: io c'ho provato una volta, ad andare con una ragazza; però niente; non so cos'era, ma mi sentivo bloccato come, a disagio...».

    «Forse non era quella giusta per te… puah, mi faccio schifo da sola… Scusa, ho detto una sdolcineria da ragazzina deficiente tipo quelle che ballano là vestite tutte uguali, uguali a quelle dei manifesti, delle modelle, e anche a quelle delle vetrine de... Comunque, detto un po' meglio, se una coppia a letto non funziona non è mai colpa di uno dei due, ma di entrambi, e non per romanticate senza senso tipo che in quei momenti due corpi si fondono in un'unica anima o cose del genere, capisci?».

    «Già, è vero... Sì, forse funziona così, ma resto dell'idea che per innamorarmi io di una ragazza deve succedere qualcosa di veramente speciale».

    «E io?».

    «E io, e tu cosa?».

    «E io ti piaccio, ti attiro anche solo un pochino? Credo mi basterebbe...».

    «Signorina, le direi di sì, ma non voglio illuderla...», le disse lui in tono scherzoso; «mi è già capitato di credere di provare qualcosa per una ragazza, come con la tipa di cui ti ho appena parlato, per poi accorgermi che mi interessava solo come amica, come si suol dire... non so se ti è mai capitato di confonderti un po' e sbagliare più di qualche scelta, qualche passo importante. È anche brutto, perché rischi di far star male le persone, per questo ti dico di non aspettarti nulla».

    Scout non aspettava altro, non si preoccupava per niente e di niente, o forse era brava a non farlo vedere. Prese la borsa, tirò fuori una foto e la porse a Nicola.

    Inizialmente lui non capiva cosa significasse: un ragazzino forse minorenne, seduto sul marciapiede di una fermata dell'autobus mentre stava facendo un tiro da una sigaretta; occhi socchiusi ma celesti, capelli corti, un accenno di barba, jeans strappati e una maglietta a maniche corte di un rosso pallido e sgualcito.

    «Carino. È tuo fratello?», azzardò a chiederle dopo qualche attimo di smarrimento, cominciando a notare sempre più insistentemente la somiglianza tra la bella ragazza che aveva di fronte e il bel ragazzo che teneva in mano.

    «Sì, ciao», rispose lei con un sorriso divertito. «Guarda bene, ci sei quasi...».

    Lo stesso modo sensuale di tenere la sigaretta sulle labbra; identico, sovrapponibile.

    Da sempre, era convinto che ognuno avesse il suo personale modo di fumare.

    (Dunque).

    Un turbamento sembrò scuotere Nicola per qualche istante: cercò di non pensare a un'ipotesi tanto lontana, trattenendo gli occhi su quella foto, per poi spostare ripetutamente lo sguardo straniato dalla foto a Scout, foto, Scout, foto, Scout, senza capire.

    «Proprio così», esclamò Scout, inizialmente sorridendo, ma poi, dopo qualche secondo di indecisione di troppo da parte di lui, cominciò a farsi seria, sospettando che forse aveva fatto male a fidarsi, (ma ancora in tempo per...), forse era presto o non era il caso di rivelargli fin da subito che lei non era come sembrava, o ciò che sembrava, forse ora lui si sentirà preso in giro e se ne andrà e forse aveva bevuto troppo davvero e con: «Uno scherzo, sì, mio, fratello; ci assomigliamo così tanto che la gente, quando ci vede insieme, ci chiede spesso proprio se siamo fratelli, o cugini», avrebbe chiuso la digressione.

    Pochi secondi di silenzio in più e l'imbarazzo sarebbe divenuto insopportabile per entrambi. Di questo se ne accorse Nicola, che disse: «Dai, non ci credo», accompagnandosi con un sorriso che spazzò via dalla mente frettolosa di Scout tutti i cattivi pensieri che avevano cominciato ad agitarla. Lei rispose con: «Immaginavo, che non ci credessi»; e lui, alla fine, le lanciò un'occhiata distesa e complice che non lasciava più dubbi.

    «E ora pensi di spiegarmi cos'è 'sta storia o pretendi che ci arrivi da solo?», chiese Nicola a quel punto.

    «Te la sei presa?», ribatté lei; «Non mi sembra ci sia molto da spiegare».

    «No no, anzi, mi fa piacere... cioè... no, questo non dovevo dirlo... ma dai, cioè... non me l'aspettavo proprio».

    Scout per certe cose non era per niente timida, e tanto meno la disturbavano gli sguardi delle persone attorno: gli prese una mano e se la posò sul ginocchio scoperto, poi la indirizzò lentamente, lentamente e con dolcezza, verso l'interno coscia, premendo sulla gonna nera verso l'alto, finché lui non sentì l'erezione che premeva contro il basso ventre. Chiuse gli occhi e cominciò, mano nella mano, a stringere e scorrere su e giù per qualche secondo; si portò la mano di lui alle labbra e baciò il polso; quindi l'avambraccio, la piega del gomito, alzò la manica della maglietta e leccò qualche striscia della spalla; poi il collo...

    «Vieni da me, ti prego», gli sussurrò lei con voce calma, cercando di mascherare il suo subbuglio ormonale.

    Lui la guardò negli occhi, forse stupito, forse pensando che questa ragazza (questo ragazzo? Forse l'indomani l'avrebbe capito... o forse sarebbe bastato il tempo di arrivare a casa) gli interessava veramente; ed era da tempo che non provava un interesse, un'attrazione così forte per qualcuno, che non si sentiva spensierato e felice al punto di dover misurare qualsiasi gesto per timore di rovinare tutto con poco. Così, nel dubbio che, forse, era meglio aspettare, non correre troppo e non lasciarsi prendere dagli istinti, nonché conoscersi anche solo un pochino di più; nel dubbio che se ora lui le proponeva di fermarsi lì per adesso e non affrettare le cose, scambiarsi i numeri di telefono e niente più, lei avrebbe potuto offendersi e interpretare le sue esitazioni come un rifiuto: nel dubbio, si voltò e scappò via.

    Tenendola per mano.

    §2

    Scout stava chiacchierando dietro il palco con il cantante dei Sant'Antonio Stuntmen; parlavano senza noia di come la serata fosse riuscita piuttosto bene, nonostante il maltempo avesse rovinato i primi due concerti del pure rocking festival e indotto quindi i più timorosi a starsene in casa o a chiudersi in qualche locale fognoso quattro muri e un soffitto.

    La gente aveva cominciato ad andarsene, spaventata da qualche lampo lontano e da quel po' di vento che non concedeva di stare in maniche corte neanche a metà luglio. Dopo un paio di birre e di chiacchiere i due si unirono a Alice e Francesca, stese sul prato.

    Il cielo era pieno di nuvole, così Scout cominciò a canticchiare: «Chi piangeva adesso ride, chi rideva lo sai dov'è...», sdraiata sull'erba, con una mano sul petto e l'altra che reggeva la sigaretta. Un paio di strofe dopo, anche Francesca si posizionò di fianco alla sua cantante, avendo capito che era meglio far compagnia a Scout che psicoviaggiava fra le nuvole notturne, isolando la conversazione tra il tipo con i capelli corti e Alice, ché tra i due c'era un feeling e una loquacità che lasciavano pochi dubbi sul tipo di attrazione che si esercitavano l'un l'altra.

    «C'è un timone che nasconde una nuvola che invece sono loro le protagoniste... o è una nuvola a forma di timone?», disse Scout abbagliata e perplessa.

    «E tu cosa c'hai messo in quella cicca? Fa' sentire?» le rispose la sua, da pochi giorni, nuova batterista.

    «No, niente, è solo Virginia giallo... però non è un timone, è un aeroplano fermo davanti a una nuvola, ed è a non più di cinque metri da noi... e più in là ce n'è un altro rovescio, ma sta più in alto...».

    «Già, c'è solo tabacco qui... di sicuro avrai bevuto o fumato prima per vagheggiare così... o almeno lo spero per te, se no sì che sei proprio da curare... A proposito, non ho più visto il dj e il poliziotto: sai niente dove sono finiti?».

    «Mi sembra siano andati in riva al fiume con una coperta, due candele e qualche fogliolina magica».

    Comunque anche da quelle parti c'era un buon aroma di marijuana nell'aria, così il giovane divo e Alice si baciarono per la prima volta, in contemporanea con i vari lampi di caldo che illuminavano il blu dello sfondo. Forse l'ultimo della nottata.

    Poi Scout si addormentò, e fece un sogno che non avrebbe mai dimenticato, nemmeno nei minimi particolari.

    "...

    Il poliziotto e il dj arrivarono in macchina a prendere lei e Francesca per riportarle a casa. Scout notò subito gli occhi arrossati del poliziotto, e pure il dj era completamente fatto e stava sdraiato immobile in un'espressione beata sui sedili posteriori. Il poliziotto aprì la porta e uscirono le note distorte del ritornello di è la fine la più importante degli Afterhours. «È proprio forte questo cd cazzo, me lo devi prestare appena puoi Scout», le disse. «Va bene, andiamo dai; ce la fai a guidare?», chiese lei. Francesca si fece spazio dietro senza disturbare, posandosi la testa del dj, pesante sia per lei che per lui, sulle ginocchia, accarezzandogli la fronte. Scout si mise la cintura e partirono. Il poliziotto sbagliò strada, ne prese una secondaria e stretta che comunque conosceva a memoria, e disse a Scout che la data con i Marlene Kuntz di fine agosto era confermata. Lei a quella notizia gioì per due motivi: primo perché i Marlene erano uno dei suoi gruppi preferiti, il primo che aveva iniziato ad ascoltare dopo che Brian Molko e i Placebo l'avevano indirizzata, iniziata, alla musica rock; secondo, le sembrava che colui che stava guidando fosse abbastanza lucido da non fare cazzate con l'auto. Le sembrava. Le sembrava così, ma durò poco, perché il poliziotto cominciò ad accelerare, la strada si restringeva, lui continuava ad accelerare, Scout spostò la sua labile attenzione su di lui, preoccupata, ma quello dava l'impressione di essere così concentrato e a volte gli piaceva spegnere i fari e creare il buio attorno, ricordò lei, sperando che non lo facesse ora, anche se era bellissimo, era come essere dentro una favola quando spegneva i fari, soprattutto se c'era nebbia ad alimentarsi nei fossi; accelerava, nessuna delle due passeggere sveglie si sentì di dirgli o gridargli di rallentare, ché non può succedere un incidente, non può succederci un incidente, ora, qui, a noi. Ma la macchina si alleggerì e sbandò per un istante alla fine di una curva, poi riprese normalmente, non possiamo morire in un incidente; Scout disse qualcosa tipo che le sarebbe piaciuto potergli masterizzare il cd che voleva, però nessuno la udì, e subito dopo il terreno era come olio, il poliziotto che perdeva il controllo, e Scout che notava gli alberi ai lati della strada ormai incombenti proprio dalla sua parte; fece in tempo a pensare che lo schianto l'avrebbe uccisa, forse gli altri si sarebbero salvati, ma lei no, perché l'auto era obliqua rispetto al rettilineo, alla sottile linea bianca immaginaria che tracciava il percorso ideale; provò per qualche secondo a portarsi a sinistra, la cintura glie lo impedì, la sganciò, gli alberi erano a pochi centimetri, guardò il poliziotto e vide che aveva gli occhi chiusi e la testa piegata sul volante e un'espressione assente. Rassegnata, provò ancora a gettarsi verso di lui per scuoterlo dall'ultimo, nel caso non ci fosse riuscita, torbido dormiveglia della sua vita, dopodiché avrebbe pensato a come tenersi aggrappata a qualcosa nell'impatto. Ma intanto si sentiva spostare dalla velocità opposta ai suoi tentativi nel fianco destro, poi il tronco appena fuori del finestrino, e un istante dopo più niente, un fiotto copioso e qualche schizzo di sangue e tutto nero, nero e silenzio.

    ...".

    Aprì gli occhi e percepì il suo corpo provare per l'ultima volta a spostarsi, ma la forza, centrifuga? La teneva inchiodata, la teneva angosciata e si sentiva premere contro il terreno. Mise a fuoco il cielo, il prato e Francesca che dormiva abbracciata su di lei; capì di non aver sognato, ma non era nemmeno un leggero dormiveglia ciò che aveva vissuto fino a pochi attimi prima. Immaginò che se avesse avuto quelle sensazioni di panico e terrore nel letto di casa sua, si sarebbe alzata immediatamente, a qualunque ora, per chiamare il poliziotto o il dj per accertarsi che stessero bene. Poi baciò la fronte calda di Francesca; provò a richiudere gli occhi, ancora qualche minuto, per ritrovarsi ancora poi, di lì a poco, a fantasticare, per l'ennesima volta solo quella sera, a riguardo delle stelle, della luna e delle nuvole; ormai non avrebbe più ripreso sonno, sempre che prima fosse stata addormentata. Poi Stefano che corre verso di loro chiamandole, Stefano che dice: «Ommioddio», Stefano che balbetta: «Non è vero», Stefano che si inginocchia e gronda lacrime, Francesca che si sveglia e aiuta Scout a fargli uscire qualche parola chiarificatoria per cercare di capire cos'è successo e se c'entra Alice. L'ambulanza che passa sparata, il suono della sirena che aumenta, aumenta, si allontana e si dirige verso il luogo dell'incidente: strade di campagna da millenni vergini di catrame, un albero piegato, i vecchi che si svegliano e scendono a vedere. Un'auto, o ciò che ne rimane, rivoltata in mezzo a un campo.

    Il mattino seguente l'incontro con Nicola Scout si era svegliata con la testa talmente pesante che faceva fatica a reggersi in piedi senza sbatterla contro le pareti della sua post - ubriacatura. Non si ricordava di essersi messa a letto, e nemmeno di aver posato i vestiti sopra la sedia. Perché erano lì se di solito li lasciava in bagno? Le soluzioni, pensò, tanto lentamente quanto forte era il mal di testa, erano due: o Francesca e Alice l'avevano aiutata, avendola trovata in bagno posata sul cesso a vomitare, nella migliore delle ipotesi, ovvero che fosse riuscita ad arrivare in bagno in tempo, e poi l'avevano spogliata già distesa, e posato lì le sue cose; oppure li aveva messi lei per sbaglio, in base a chissà quali pensieri sobri e imbevuti.

    Ritenne più probabile che le sue due amiche, o anche solo una, la prima che fosse rientrata, (ma non erano uscite insieme, no?), le avessero dato una mano, come tante altre volte lei stessa aveva fatto con loro. Beh, forse non tante. Di sicuro Scout era quella che beveva di più, anzi: che si ubriacava più spesso; di solito quando usciva non prendeva quasi mai alcolici, per cui le sere che le capitava di bere vino, Jack - cola o quella bevanda da poco scoperta e apprezzata con birra e lemon soda, le bastavano due bicchieri per essere allegra; tre per essere molto allegra eccetera eccetera, fino ad arrivare alla quota vomito, che oscillava dagli otto bicchieri in su. E per fortuna che aveva gusti delicati: odiava le due bevande che nella maggior parte dei casi le venivano offerte come incipit di aggancio da suoi temporanei e istantanei pretendenti, che vedevano rifiutato il loro alcolico e disinibitore omaggio: birra e spritz, per il loro essere diventati cliché, moda, un'altra stupida tendenza tra quelli che prima di andare in discoteca si danno appuntamento per tirarsela davanti a un sette o a locali nati a immagine e somiglianza, piccoli dentro ma con davanti uno spiazzo sempre colmo bene, se non per i soliti cani sciolti e gatti randagi.

    (Ecco: quelli siamo noi).

    Scout si sedette sul letto ed esitò qualche minuto in un'espressione tra l'imbambolata e il dai che devo alzarmi chissà che ora è; quindi andò verso il bagno, e durante il percorso scoprì di sentirsi strana, come agitata. E non capiva. Cercava di ricordare, ma tutto ciò che le veniva in mente non andava oltre l'aver finito il pacchetto di sigarette ed essersene comprata un altro al Drinkin' and (mezzanotte e mezza?). E poi il buio, neanche un lampo di rimembrare nella stanza più remota del cervello. Solo quella vaga sensazione di felicità ed estraneazione, un'emozione nell'accezione più viscerale del termine, e ora più si concentrava, più si aggiungeva a queste anche una punta di eccitazione. Si prese in mano la semi - erezione, ché le piaceva stringerselo così, più che quando era tutto dritto; si fissò allo specchio, una mano se la passò sul petto e sulle braccia e l'altra spostava in giù, un poco alla volta, il bordo delle mutandine viola chiaro. Chiuse gli occhi, si sfilò gli slip e li lasciò cadere a terra, tutto molto teatrale, come le piaceva quand'era sola in quel bagno dalle mattonelle rosse, e che era stato arredato, seguendo il suo volere, con due tappetini rotondi dello stesso colore delle pareti al centro della stanza, a dispetto di qualsiasi gradevole accostamento di colore e al limite della decenza estetica.

    Aveva cominciato a menarselo veloce da una trentina di secondi, quando riaprì gli occhi ancora assonnati; e lì il terrore.

    Ci fu qualche attimo in cui non riusciva a capire cosa ci fosse alla base del suo cazzo: spostò lo sguardo dallo specchio alla mano, sperando si trattasse solo di uno strano riflesso o di un abbaglio momentaneo. Non era così, e aveva paura ad aprirla del tutto e scoprire cosa fosse successo al resto della pelle. C'erano dei segni rossi, tre puntini che poi continuavano sotto le sue dita.

    Sangue.

    Pensò fosse sangue, e, senza essersene accorta, aveva cominciato a piangere. Disperata, non riusciva a calmarsi: solo pensieri orrendi e sconcertanti le invadevano l'immaginazione. Era lì, completamente nuda, di fronte allo specchio con una mano sul cazzo e una sul lavandino per dare appoggio al suo sgomento, e le lacrime le scivolavano sulle guance, e una volta che arrivavano, dopo una breve accelerazione, al labbro superiore, si lanciavano nel vuoto in direzione del centro della terra, per poi formare dei piccoli cerchi rosso scuri sul tappeto.

    Non riusciva a non guardare. Avrebbe potuto togliere la mano con uno scatto, una mossa decisa e scoprire subito, e così, quasi certamente, ricostruire in qualche frazione di secondo una notte intera; ma aveva paura di non farcela a reggere troppe emozioni in una botta sola, dato che, per quel che ne sapeva, poteva essere successa qualsiasi cosa a quel pene che per tanto tempo aveva costituito un limite alla sua vita sessuale, la vera vita sessuale che lei avrebbe voluto. Prima di accettarlo, e sfruttarlo, e santificarlo.

    Sollevò lentamente il mignolo, dopo aver tranquillizzato i singhiozzi e le lacrime.

    La prima chiazza continuava seguendo una lieve curva e si univa al puntino rosso centrale, formando un semicerchio. Inconsapevolmente Scout si calmò, ché almeno non aveva scoperto niente di peggio di ciò che aveva già visto, data l'uniformità del colore. Levò del tutto il mignolo e lo incastrò sotto, rivelando un altro piccolo arco che univa il secondo puntino rosso al terzo e...

    Un tre. Era un tre. Tolse la mano e si trovò a leggere due maledettissime righe di numeri scritte con colore indelebile proprio sul suo cazzo. Che, ormai, aveva perso gran parte della sua potenza, e con qualche forzatura lo fece rialzare per non aver dubbi sui numeri che leggeva:

    XXXXX

    XXXXX.

    Tuuu...

    Tuuu...

    (Rispondi, maledizione, rispondi!).

    Tuuu...

    - Pronto?-.

    (Nicola).

    - Ciao, ehm... Nicola, giusto?-.

    - Sì, sono io; e tu

    (Drinkin' and, divanetti...)

    sei Scout, vero? Come...-.

    - Certo. Ascoltami caro, io non ricordo bene cosa sia successo ieri sera, mi auguro fossi consapevole anche tu della possibilità che avrei potuto dimenticare tutto, e ne hai approfittato, e alla grande immagino, perché posso solo immaginare...-.

    - Ehi ehi, tesoro, calma...-.

    - Tesoro un cazzo, ma... ma ti sembrava il caso di scrivermi il tuo numero proprio lì?-.

    - Ma sei stata tu a...-.

    - Non ho finito. Non ho nessuna intenzione di frequentare persone con perversioni sessuali assurde; già fatico a star dietro alle mie, figuriamoci uno che si mette a scrivermi...-.

    - Ti sei data della pervertita da sola, ma ti posso almeno spiegare?-.

    - Non hai nulla da spiegare. Piacere di averti conosciuto da sopra, cioè... da sobria. E non ridere! Dimentica tutto ciò che è successo o posso aver detto ieri sera. Spero ti sia divertito-.

    - Ma aspetta...-.

    Nicola dovette lasciar lì anche quella frase appena cominciata. Scout aveva riattaccato, e lui non aveva nemmeno il suo numero per poterla richiamare: lei non glie l'aveva voluto dare, giocando a fare la preziosa; così lui aveva sperato che fosse sufficiente soddisfare quel suo capriccio di farsi scrivere il proprio su quella parte così delicata del corpo perché potessero risentirsi, tenendo conto della massacrante insistenza di lei, nonostante lui continuasse a rifiutarsi di esaudirla e avesse scritto più volte, invano, i numeri del suo telefonino su foglietti vari recuperati in giro per la stanza; ma ogni volta lei isterica e ridendo glie li aveva strappati senza neanche lasciarlo finire o addirittura iniziare. Già decisa di suo, quando beveva troppo poi diventava insopportabile e instancabile finché non otteneva ciò che voleva. E ciò che ora faceva innervosire Nicola ancora di più era che lui le aveva sbuffato:

    «Ti incazzerai con me perché non ti ho detto di no», in segno di rassegnazione. E Scout aveva risposto:

    «Già. Sicuro. Ma ora che ti sei deciso fallo e basta».

    Se n’erano andati dall'uscita secondaria. Nicola temeva che Scout volesse allontanarsi senza pagare, ma lei lo esortò prima con un:

    «Dai, fidati», poi spiegandogli che lì era un'ospite speciale, dato che ci aveva suonato un paio di volte, e che quando una band composta da tre belle donne, di cui una più chiacchierata delle altre per via di qualche dubbio riguardo la sua vera - fisica identità sessuale, si esibisce in

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