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Escort Come Me
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E-book151 pagine2 ore

Escort Come Me

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Info su questo ebook

Gli uomini che Patricia incontra sono oggetti da sfruttare per raggiungere gli obiettivi che si prefigge. Si rende conto del grande potere che può esercitare su di loro e lo usa in tutti i modi possibili, fino a rimanerne invischiata lei stessa.

Franco, sensibile e appassionato, le fa aprire gli occhi sul mondo pieno di falsi miti, insidie, minacce e contraddizioni, che lei stessa si è costruita intorno. Impadronirsi nuovamente delle sue convinzioni non sarà facile, e lui potrebbe esserle di intralcio in questo tentativo, al punto di farle decidere di trasformarlo in una vittima, vittima del suo fascino irresistibile.

Il racconto, vissuto e narrato in prima persona da Patricia e Franco, ha le sue radici nella nostra stessa natura di esseri umani, che detta precisi ruoli alle femmine e ai maschi, e ti trascinerà, tuo malgrado, tra sfarzo e squallore, verso quella che sembra essere l’unica motivazione di tutti i nostri sforzi…

***L’AUTORE

Fisico nucleare, Orima Zenio si occupa da molti anni di ricerca scientifica. Solo recentemente il suo amore per la scrittura e la sua curiosità verso la condizione e il destino dell’essere umano lo hanno portato a vivere e poi a raccontare esperienze significative e a tratti drammatiche.

Dopo alcuni tentativi che avevano come contorno la narrativa fantascientifica a lui più familiare, ha deciso di scrivere quello che gli dettavano il suo intimo e la componente trasgressiva della sua vita. Questo è il suo primo racconto pubblicato dopo quella decisione.
LinguaItaliano
Data di uscita27 lug 2019
ISBN9788834160954
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    Anteprima del libro

    Escort Come Me - Orima Zenio

    Zenio

    Una vecchia storia

    Habraam ha scritto:

    "Non ci sono vie per raggiungere la felicità!

    La felicità è la via."

    Sono convinta che questa sia la via giusta, ma la felicità cammina al mio fianco e io non riesco a toccarla. Posso vederla, sentirla, a volte annusarla. La leggo nei volti delle persone che incontro. Di alcuni di loro. Di pochi di loro.

    Quando ieri sono fuggita dalla casa materna, o meglio paterna, ho lasciato la felicità alle mie spalle e anche un passato pesante. Il mio passato è pesante ed è sempre uguale al mio presente e, temo, al mio futuro.

    Non ci sono altre strade per una donna in questo mondo e la felicità è la strada.

    L’ho colpito con il candelabro. Non potevo fare altrimenti. Non potevo sopportare il suo sopruso e dovevo agire prima che lo facesse lui.

    Non so se mi hanno seguita. Era buio e all’ingresso della locanda non c’era nessuno a quell’ora.

    Le strade polverose di questo villaggio non mi fanno più paura, ormai so che il sudiciume non è la cosa peggiore di questa realtà.

    Non rinuncio alla strada. A una strada che ho tracciato per me… e la felicità è la strada.

    La mia vita poteva essere ben diversa da quella che mi sono scelta. Avrei potuto trascorrerla negli agi, assoggettandomi però al volere di mio padre e della mia famiglia. Senza degnare di alcun rispetto quelli che soffrono e che sono meno fortunati o meno intraprendenti. Io non sono così. Non posso vedere la sofferenza dei deboli senza intervenire. Non posso esimermi dal compiacere ogni individuo, a qualunque prezzo, anche a costo di provare piacere, un immenso piacere…

    Qualcuno mi ritiene una donna di facili costumi o meglio una cortigiana, ma io non voglio nulla in cambio per il piacere che provoco. Mi piace piacere. È tutto!

    E io piaccio, attiro gli uomini come il miele fa con le api, ma spesso arrivano anche le vespe. Sì, un po’ tutte le donne hanno questo potere ma il mio è particolare; chi si lascia coinvolgere da me non può più rinunciare ad avermi vicina. Se mi perde… è perduto!

    Non lo faccio con intenzione, anche se conosco bene l’effetto che provoco sugli uomini. Mi piace divertirmi, giocare, ballare, scherzare, trasgredire con piacere, trasgredire nel bene. Tutto quello che piace senza fare male agli altri è bene!

    Lo diceva sempre mio padre, quando la sera a cena ripeteva i suoi sermoni. Ma per lui il male spesso coincideva con cose piacevoli e, suo malgrado, mi ha insegnato a diffidare degli ipocriti e ad avere una visione lineare della realtà. Mi ha insegnato a poco a poco a rispettarlo come mentore e molto velocemente a odiarlo come padre e come persona.

    A dodici anni ho lasciato il mio paese natale e lo sfarzo in cui vivevo.

    Sono stata trasferita, come tutta la mia famiglia, dalla brama di potere di mio padre, dal suo egoismo, dal suo desiderio di piacere, di provare piacere.

    Io passavo da lì. Facevo parte del suo desiderio. Me ne sono resa conto ben presto. Ancor prima di prendere coscienza che la mia dannazione era anche il mio potere. Il grande potere delle donne, in un mondo fatto per gli uomini.

    Così è stato anche ieri sera. La barba incolta dell’oste faceva da contrasto con i suoi occhi, vivi e penetranti, che scrutavano il mio corpo, difficilmente nascosto da abiti indossati velocemente e distrattamente. Non ci faccio caso. È da tanto che non ci faccio caso. So bene cosa sottintendono quegli sguardi maschili, e non solo. So bene che quello che può sembrare un fastidio o una persecuzione in realtà è un grande potere.

    Ho sfruttato anche questa volta la mia dote e ho ottenuto una stanza dignitosa, ma non ho potuto fare a meno di condividerla con lui. All’inizio ho pensato che non fosse un prezzo troppo alto. In fondo ho scoperto da tempo di essere stata concepita per questo fine. Talvolta è anche piacevole. Talvolta.

    Avrebbe voluto che rimanessi ancora. Magari per aiutarlo, in cucina e in sala.

    Mi sono fermata solo una notte. Non sono riuscita a fare di più, nonostante la stanchezza. Il suo alito era troppo pesante, i suoi modi troppo rozzi, il suo atteggiamento troppo arrogante.

    Gli ho dato un po’ di sesso e all’alba l’ho lasciato a dormire, prendendo con me la ricompensa per il piacere che gli avevo dato, e che non poteva ritenersi ripagato dal poco sonno che mi aveva concesso, in un letto troppo piccolo per essere comodo in sua compagnia. Purtroppo il suo sonno era troppo leggero è ha sentito i miei movimenti, svegliandosi di soprassalto. È stato a quel punto che, vedendolo avventarsi su di me, ho preso d’istinto il candelabro e l’ho colpito violentemente alla tempia sinistra. Crollato a terra con un urlo non si è più alzato, non fino a quando io ho continuato a guardarlo. Ma non è stato per molto. Pochi secondi. Ho fatto in tempo a vedere un rivolo di sangue scuro fuggire dalla sua testa e non mi sono soffermata a guardare da dove scaturisse. Di corsa ho raggiunto la strada e sempre correndo ho lasciato il paese.

    Ma ora le strade sono strette e polverose e rimpiango quel letto… e ho sete… e ho fame…

    Il lago si estende al mio fianco. Placido, quasi immobile in questa mattinata austera e triste, ma interiormente tranquilla.

    Sto camminando ormai da diverse ore ma la mia meta è ancora lontana. Oltre dieci ore di cammino a ovest. Per oggi non credo ci arriverò. Avrò bisogno di trovare una nuova sistemazione per la notte. Prima però devo mettere a posto il mio stomaco.

    La carovana è veloce e si muove verso di me. Si avvicina inesorabilmente, con continuità, come il destino che crediamo ineluttabile. È lenta ma per me veloce e non ho intenzione di sfuggire come non voglio sfuggire al destino, voglio aspettare e vedere come sarà, sono curiosa di vederlo.

    So che si tratta di una carovana dalla polvere che solleva muovendosi su questa steppa impietosa.

    Mentre si avvicina penso già a quello che farò nella grande città sul mare. Posso mettere da parte un po’ di denari e poi acquistare o affittare una locanda da gestire in proprio nei primi tempi, quindi ampliarla e assumere molto personale. Già ma come li guadagno questi denari? Ce ne vogliono molti e io li ho lasciati quasi tutti nella mia casa paterna. Potrei usare il mio fascino, quello che colpisce tutti gli uomini, ma non voglio abusare dei doni che ho ricevuto. Non voglio ingannare i miei simili. Se lo farò, dovrò farlo con onestà. Lo farò onestamente!

    Il cavallo si sta avvicinando velocemente, spero sia una carovana di persone per bene, che si spostano in gruppo per evitare le aggressioni dei predoni. D’altra parte ora vedo bene i carri e ce ne sono molti. Pochi cavalli girano intorno alla carovana ma vanno quasi al passo, tranne questo che mi è ormai a pochi metri di distanza.

    - Salve!

    Mi rivolge un saluto semplice con un tono amichevole che mi dà un po’ di coraggio.

    - Salve, da dove venite?

    - Arriviamo dal Mar di Galilea e andiamo ad Haifa.

    - Mi fa piacere incontrarvi. Anch’io vorrei raggiungere il mare ma da sola ho difficoltà a spostarmi…

    - Puoi unirti a noi, ma devi dare un contributo.

    - Che genere di contributo?

    - Cosa sai fare?

    - Un po’ di tutto. So cucinare, pulire, faticare e…. tante altre cose!

    Non so bene cosa voglia da me e spero non si tratti sempre della stessa cosa. Della prima cosa che gli uomini vogliono dalle donne. Ma vedo che nel gruppo e sui carri ci sono diverse donne e non dovrebbe essere questa la prima necessità degli uomini della carovana.

    - Bene! Allora Sali sul secondo carro, accanto alla donna dagli occhi chiari, Juarez. Tra poco ci accamperemo nei pressi di Cana e le potrai dare una mano a cucinare per tutti!

    - Spero ci aiuterà qualcun altro…

    - Certo! Tutto il gruppo di Jesus cucinerà con voi! Questa sera c’è una grande festa di nozze nel loro gruppo e ci fermeremo per un paio di giorni prima di ripartire.

    - Jesus? Chi è costui?

    - Lo conoscerai presto. Ora va sul carro che dobbiamo muoverci!

    Mentre cammino verso il carro, respirando la polvere ancora alta per il movimento della carovana che si è fermata giusto il tempo di raccogliermi, lo vedo camminare seguito da un gruppo di uomini a piedi. Sono tutti dietro di lui e allo stesso tempo lo affiancano. Deve essere un’illusione ottica. In queste terre siamo abituati a vedere cose che nella realtà non esistono o che sono semplicemente diverse da come appaiono.

    Si distingue il suo viso soave, con un sorriso consapevole che dà l’impressione della cosa scontata che non può che essere così. La strada per lui è tutto quello che serve e si vede, si sente.

    Mi devo avvicinare per vedere meglio! Man mano che la distanza dal gruppo che viene verso di me si riduce, mi sembra che sia una schiera con un fronte sempre più esteso. Se guardo al centro del gruppo vedo lui davanti a tutti e la schiera sembra assumere la forma della punta di una lancia. Mi sembrava di averli raggiunti ma ora mi rendo conto che sono passati oltre e devo inseguirli. Da dietro il gruppo appare ancora più grande e compatto ma… se guardo al centro del gruppo lui è ben evidente nonostante sia davanti a tutti e io mi trovi dietro di loro.

    Raggiungo il suo gruppo piuttosto che il carro, incurante delle indicazioni e dei richiami di qualcuno che non comprendo neppure chi sia e mi metto a camminare, dietro di lui. Penso di farlo per un po’, solo per un po’, non voglio essere dipendente, neppure da quest’uomo che ispira una grande fiducia. Poi riprenderò la mia strada, come sempre!

    Sì lo so, l’ho sempre saputo. Lui è la strada, la mia strada! Per sempre!

    Ma per quanto la mia convinzione fosse stata forte e determinata allora, non potevo immaginare che l’avrei seguito e subito per mesi, per anni, per secoli attraverso povertà e ricchezza, senza mai riuscire a essere indipendente… mai!

    Sempre schiava del mio potere.

    Siti, immagini e altre storie

    …Vago, vagamente concentrato,

    quasi non volessi comprendere,

    quasi volessi essere solo osservatore!

    Ma non si può solo osservare!

    Non a lungo…

    Ora si possono trovare sui siti web specializzati, ma una volta non era così. Si vagava tra annunci sui giornali o, ancora prima, tra strade neppure tanto periferiche. Erano bei tempi quelli, per tanti motivi. Avevo molti anni in meno per esempio. Ero molto più spensierato di oggi. Il coinvolgimento sentimentale era praticamente nullo, non ne sentivo la carenza e non avevo coinvolgimenti prima, durante, né dopo quei rapporti.

    Si trattava di esperienze molto personali che non me la sentivo di raccontare a nessuno. Neppure agli amici più cari. Temevo che non avrebbero compreso, o meglio avrebbero fatto finta di non capire. Il nostro perbenismo ci spinge a rifiutare la normalità estrema di certe situazioni. Semplicemente ci si vergogna. Sì, talvolta mi vergogno anche nel raccontarlo a me stesso.

    Viaggiavo per i viali di Bologna e le vedevo al margine della strada. Ammiccanti. Bionde, brune, rosse. Con capelli più o

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