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Il Barone Rosso
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E-book288 pagine3 ore

Il Barone Rosso

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Info su questo ebook

Agli inizi della prima guerra mondiale, Manfred von Richthofen cerca la fama come ufficiale cavaliere nell'esercito tedesco. Il cammino verso la gloria lo porta, ancora alle prime armi, nell'aeronautica militare tedesca dove scopre un talento nascosto per il combattimento aereo. 

Richthofen impara che in volo, la vittoria e la notorietà, arrivano a spese di altre vite umane: un ardente fardello che macina la sua anima. Per i soldati e il popolo tedesco, lui è l'orgoglio dell'impero. Per i suoi nemici, il Barone Rosso. 

Mentre le ferite sul corpo e nell'anima aumentano, tuttavia, Richthofen capisce che anche gli eroi hanno dei limiti. Con la guerra avviata alle battute conclusive, la sua più grande battaglia sarà trovare le forze per continuare a combattere.

LinguaItaliano
Data di uscita15 set 2019
ISBN9781071504598
Il Barone Rosso
Autore

Richard Fox

Brent Ryan Bellamy (Toronto, ON, CA) is an instructor in the English and cultural studies departments at Trent University and is co-editor of An Ecotopian Lexicon and Materialism and the Critique of Energy. He teaches courses in science fiction, graphic fiction, American literature and culture, and critical worldbuilding. He currently studies narrative, US literature and culture, science fiction, and the cultures of energy.

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    Anteprima del libro

    Il Barone Rosso - Richard Fox

    Il barone rosso

    Un romanzo della Grande Guerra

    Richard Fox

    Copyright © di Richard Fox

    Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, distribuita oppure trasmessa in ogni forma e in ogni modo senza il permesso scritto da parte dell’autore.

    ISBN: 099133292X

    ISBN 13: 978-0-9914429-2-8

    ASIN: B00PFF1266

    RICONOSCIMENTI

    Si ringraziano H. Lynn Keith, Bill Gilbert e Jennifer Thomson per la loro profonda conoscenza tecnica e culturale durante la scrittura di questo romanzo. Qualsiasi errore è da attribuire a me soltanto.

    A papà

    Che ha acceso in me l’amore per la storia

    Tabella dei contenuti

    Aprile di sangue

    Capitolo 1 – Finirà verso Natale

    Capitolo 2 – Così è la guerra

    Capitolo 3 – Per un altro scopo

    Capitolo 4 – Sono passato?

    Capitolo 5 – Perché voli?

    Capitolo 6 – Ti si è inceppata l’arma?

    Capitolo 7 – Un barone rosso

    Capitolo 8 – Quanti punti?

    Capitolo 9 – Fino alla vittoria

    Capitolo 10 – Un uomo fortunato

    Capitolo 11 – Non chiedere nient’altro

    Capitolo 12 – Tutto questo tempo

    Capitolo 13 – Prendila

    Capitolo 14 – Ottanta!

    Capitolo 15 – Dov’è Manfred?

    Katy – 1925

    Aprile di sangue

    1917

    Il primo luogotenente Manfred von Richthofen si affacciò dal lato della cabina di pilotaggio, scrutando il cielo alla ricerca di aerei inglesi. L’aria gelida gli mordeva la pelle appena si sporgeva. La campagna francese, una volta il paniere di Parigi, aveva un aspetto orribile a causa dei crateri del bombardamento. Una linea irregolare di trincee tagliava quelli che una volta erano i vigneti e le coltivazioni di cotone, come punti di sutura attorno a una ferita.

    L’aereo di Manfred, un Albatros D. III, era dipinto di rosso dalla prua alla coda. L’araldica dell’aereo venne evidenziata per far sì che i piloti alleati lo riconoscessero e per mettere paura ai nemici. Le sue ottantaquattro vittorie gli valsero il titolo di asso della Germania, l’aereo rosso sangue fu il biglietto da visita di Manfred.

    Il rombo di un motore si alzò dall’altro lato del suo aereo. Manfred virò e vide un biplano giallorosso andare in picchiata. Suo fratello, Lothar, puntava verso una nuvola solitaria sotto la loro posizione. Cinque aerei nemici volavano a distanza, diretti a est verso le linee tedesche. Manfred sorrise: avrebbe sempre potuto contare sull’ottima vista di Lothar.

    Manfred abbassò e alzò il muso dell’aereo fino a quando il terzo pilota tedesco, il luogotenente Kurt Wolff, diede l’OK al comandante con un pollice alzato. Manfred alzò l’Albatros per iniziare la virata di Immelmann, cambiando direzione per bersagliare il nemico. Manfred controllò alle sue spalle per localizzare il sole in modo da potersi posizionare per l’attacco. Tre possibilità su cinque non lo avrebbero preoccupato, non con il sole alle spalle e due dei migliori piloti della Germania al suo fianco.

    Gli aerei inglesi, due triplani Sopwith da combattimento stavano scortando un grosso R.E.8, un aereo da ricognizione, rimanendo in formazione mentre Manfred abbassava il suo aereo in picchiata. Con il sole alle spalle, l’inglese non si sarebbe accorto che lo stavano attaccando fino a quando non sarebbe stato troppo tardi. Quando la velocità aumentò, egli individuò il Sopwith all’estremità sinistra della formazione. Non sparò fino a quando si avvicinò a duecentocinquanta metri di distanza. Duecento metri. Cento metri. Nessuna reazione da parte del nemico.

    A cinquanta metri, così vicino che Manfred avrebbe potuto colpire la testa del pilota, sparò. La sua mitragliatrice doppia Spandau crivellò il pilota e il motore del Sopwith nel momento in cui Manfred passò tra gli aerei della formazione inglese. Girò il collo e tenne gli occhi sul bersaglio prima di ritirarsi in picchiata. Il motore del Sopwith bruciò con fiamme e fumo, il pilota perse il controllo e il velivolo si schiantò al suolo, volteggiando nell’aria mentre il fuoco lo ardeva. Soddisfatto del suo lavoro, Manfred ripose l’attenzione sui quattro aerei inglesi rimanenti.

    La formazione inglese si sparpagliò come una mandria spaventata, accortasi improvvisamente del predatore in mezzo a loro. Lothar e Wolff piombarono su un nemico ciascuno, traccianti gialli luminosi evidenziavano i colpi che Manfred non poteva sentire.

    Manfred risalì dalla picchiata e si avvicinò all’R.E.8. La mitragliatrice Lewis posteriore dell’aereo nemico sarebbe stata una minaccia per lui ma se si fosse avvicinato al nuovo bersaglio da sotto e da dietro, fuori dalla portata della mitragliatrice Lewis, avrebbe portato a casa un’altra vittoria. L’R.E.8 virò a destra e perse quota, portando la mitragliatrice posteriore nel campo visivo di Manfred.

    È tutto così facile, pensò Manfred. Si fece scappare una raffica a centocinquanta metri dall’R.E.8, con l’obiettivo di colpire la mitragliatrice posteriore piuttosto che abbattere la sua preda. Il mitragliere mantenne i nervi saldi; la canna della Lewis scintillò non appena i proiettili superarono la testa di Manfred. Manfred mantenne la rotta e sparò di nuovo.

    I suoi colpi sfiorarono la carlinga dell’R.E.8. Il mitragliere smise di sparare e collassò sul sedile. Manfred volò oltre l’R.E.8 e lo perse di vista facendo una brusca virata. Quando Manfred rialzò la coda, l’aereo mantenne la rotta. Il pilota rimase intrappolato, appoggiato sul retro della cabina di pilotaggio, le sue mani sul mitragliere. Manfred si avvicinò a venti metri prima che l’inglese iniziasse a cercare il suo assalitore. I due uomini spalancarono gli occhi.

    Manfred tolse la sua mano dal grilletto della Spandau e gesticolò verso il terreno. Se il pilota avesse voluto sopravvivere, avrebbe dovuto far atterrare il suo aereo dietro le linee tedesche. Il pilota scrollò la testa e tornò ai comandi. L’R.E.8 si rovesciò nel tentativo di fare manovra.

    La mandibola di Manfred si strinse dalla rabbia quando raggiunse le sue mitragliatrici. Nessun uomo deve morire per onore. Sparò all’R.E.8, i proiettili perforarono il telaio e il legno. Una fitta nuvola di fumo uscì dalla prua dell’aereo colpita un secondo prima che il motore prese fuoco. Il pilota cambiò gli occhiali protettivi, una sottile striscia di sangue rimase su di essi.

    La sua seconda vittoria era assicurata, Manfred riportò l’attenzione sul combattimento aereo.

    Il rimanente Sopwith era alle spalle di Lothar e stava sparando brevi raffiche verso suo fratello. Manfred avrebbe potuto fare ben poco, perciò rimaneva a guardare suo fratello andare da una parte all’altra. Un’altra raffica e l’aereo di Lothar impennò prima di andare in picchiata verso il suolo. Il cuore di Manfred batteva all’impazzata mentre Lothar andava giù.

    Il Sopwith seguì la discesa di Lothar, inseguendolo con un’altra esplosione di proiettili. L’aereo di Lothar oscillava a causa del pesante motore che induceva l’aereo ad andare verso il basso. Il Sopwith incassava i colpi.

    Manfred guardava con orrore Lothar perdere quota e l’indifferente terreno che avrebbe fermato la sua caduta era a qualche secondo da lui.

    L’aereo di Lothar andò in picchiata, sfiorando la cima degli alberi prima di livellarsi. Manfred si lasciò andare in un lungo sospiro di sollievo. Lothar era patito per le manovre acrobatiche e riuscì a liberarsi degli inseguitori che gli avrebbero causato noie.

    Il Sopwith si girò e volò verso Lothar. Lothar virò verso il suo avversario, portando i due aerei in rotta di collisione. Entrambe gli aerei spararono, i traccianti si incrociarono quando la distanza tra i due aerei divenne quasi nulla.

    Lothar andò sotto al Sopwith, le cui ruote sfiorarono l’ala superiore del velivolo di Lothar. L’aereo nemico provò ad alzarsi ma andò in picchiata a causa degli strappi sulle ali destre. I colpi di Lothar erano andati a segno. Le ali colpite fluttuarono come piume e il Sopwith capitombolò verso il terreno. Il Sopwith schiantò il muso sulla strada sterrata. Dopo anni di combattimenti aerei, Manfred capì che il pilota non era sopravvissuto all’impatto.

    Aguzzò la vista e vide il fumo grigio uscire da un aereo distante. Il fumo divenne nero quando l’aereo colpito iniziò a bruciare come un meteorite. Un altro aereo corse verso Manfred e Lothar. Si inclinò rivelando i colori rosso e verde dell’aereo di Wolff.

    Non c’era traccia dell’ultimo aereo inglese. Entrambe i piloti alzarono il pollice al loro comandante, presero posizione a lato di Manfred e spiccarono il volo nei cieli.

    La caccia continuava.

    Capitolo 1 – Finirà verso Natale

    Luglio 1914

    Manfred non pensò mai che andare in guerra sarebbe stata un’esperienza così gioiosa.

    Le ghirlande di alloro e i fiori decoravano le colonne del municipio e gli edifici intorno a piazza Schweidnitz. La fanfara prese posto al centro di fronte alla banca e suonava ancora una volta le stesse quattro canzoni patriottiche. Suonavano Heil dir im Siegerkranz, l’inno prusso, con particolare fervore e ad alto volume.

    I civili e i soldati riempirono la piazza per riunire alla guerra il primo reggimento di cavalleria Ulani. Lo stendardo del reggimento, dal tessuto rosso fiammante frangiato con fiocchi dorati, fluttuava nel vento. L’aria di entusiasmo e anticipazione somigliava più a una volkfest che celebrava la raccolta d’autunno, non il preludio della prima guerra in Germania dopo quasi una generazione.

    La maggior parte dei soldati giovani erano single e riuscirono a passare attraverso la folla abbastanza facilmente, fermati a volte da uomini anziani che volevano stringere loro la mano e incoraggiarli alla violenza verso i nemici francesi e russi. Una linea di soldati bloccò i civili alla stazione del treno dove il primo Ulani sarebbe partito per la guerra. I soldati passarono attraverso il blocco e si riunirono agli attendenti, quindi trovarono spazio in un mezzo per il trasporto truppe.

    Manfred condusse i suoi genitori e suo fratello attraverso la piazza, con un’andatura allegra che ripercorreva le note di Die Wacht am Rhein un’immancabile abitudine da quasi undici anni di addestramento e istruzione militare. Con il rango di luogotenente sembrava godere di maggiore deferenza da parte della folla rispetto ad altri di rango minore e facendolo passare al solo pronunciare di cortesi parole. Le ragazze sorridevano e sbattevano le palpebre quando passava. Per un ragazzo di ventidue anni, con un fisico da atleta costruito in anni di ginnastica e costante addestramento militare, guadagnare l’attenzione di giovani e graziose donzelle non era mai stato difficile.

    La guerra. Dopo così tanti anni di addestramento, speculazione e studio costante, era giunta la sua ora. Suo zio, un suo omonimo, divenne popolare nell’ultima guerra con i francesi. Le sue storie di comando nella cavalleria durante la battaglia di Gravelotte incantavano Manfred quando era bambino. Manfred era determinato nel tornare dalla guerra con racconti di simile valore. Desiderava una spada della cavalleria francese e la corazza per la stanza dei trofei di famiglia; il bottino sarebbe stato perfetto montato con dodici chiodi sul muro.

    Guardò dietro di lui per trovare la sua famiglia. Sua madre, Kunigunde, si vestì nel migliore dei modi per l’occasione domenicale, consapevole anche del suo ruolo nella gerarchia locale in qualità di baronessa. Non aveva espresso molto entusiasmo per la guerra, oltre ad augurarsi di vedere molto presto Manfred smettere di combattere. Il padre, Albrecht, che aveva lasciato l’esercito a causa della perdita d’udito accaduta mentre recuperava un soldato da un torrente gelato, era più entusiasta. Non avendo più la possibilità di rivedere la guerra, voleva che suo figlio maggiore prendesse un’onorificenza nelle spedizioni del personale, un segno sicuramente di valore.

    Entrambe i parenti si allontanarono da Manfred una volta vicino allo scaglione di soldati, atteggiamento che perplesse lo stesso Manfred. Non volevano questo da lui? Non era la guerra la ragione per cui egli era cresciuto in uniforme cadetta?

    Mentre i suoi genitori sembravano esitanti nel vederlo scomparire alla loro vista, suo fratello, Lothar, non riusciva ad accettarlo. Lothar, un anno e mezzo più giovane ma più alto di una decina di centimetri rispetto a suo fratello, camminava lentamente dietro i suoi genitori. Lothar, ancora all’accademia, non aveva ricevuto ordine di mobilitarsi con il suo battaglione di fanteria. Se questa guerra fosse stata come l’ultima, Lothar avrebbe sicuramente perso la possibilità di combattere. Il Richthofen più giovane rimuginava sul suo destino ed era invidioso di come Martin avesse la testa sulle spalle.

    Manfred sorrise alla sua famiglia. <<È tempo di andare>>, disse. Il suo corpo era frizzante di energia, pronto a saltare sul treno e ad affrontarsi con qualsiasi francese da Lussemburgo a Parigi.

    Suo padre gli strinse le mani e i polsi.

    <>, disse Albrecht.

    Sua madre lo abbracciò e si tirò velocemente indietro, tamponando i suoi occhi con un fazzoletto. Si girò e si riunì a suo marito.

    Manfred la consolò, perplesso dalla sua reticenza. Suo fratello si mise in mezzo per bloccarlo.

    <>, disse Lothar.

    Manfred guardò suo fratello minore, la cui attenzione era rivolta alle cabine d’arruolamento dell’esercito che spuntarono fuori in tutta la Germania ore dopo che la guerra era scoppiata.

    <>, disse Manfred.

    <> Chiese Lothar.

    Manfred puntò il dito al petto di suo fratello. <>

    <>, disse Lothar.

    <>

    Le braccia di Lothar si allargarono e avvolsero Manfred in uno stretto abbraccio.

    <>, sussurrò Lothar. Lothar lo lasciò andare e gli diede una scherzosa spinta verso la stazione del treno.

    Manfred si sistemò l’uniforme e diede alla sua famiglia un’ultima occhiata prima di andare in guerra.

    ––––––––

    Il treno partì dalla stazione con un sobbalzo.

    Manfred si unì ai soldati vicino a una finestra e salutò verso la folla di persone nella piazza della città. Gli spettatori lanciavano fiori verso il treno; donne e ragazze mandavano baci ai loro amati appena il treno si mosse in avanti.

    Manfred cercò la sua famiglia tra la folla, ma non li trovò. Salutò comunque; forse loro avrebbero potuto vederlo.

    Continuò a scrutare la folla e vide un gruppo di anziani in piedi tra le strade e la banca della città. Indossavano vecchie uniformi dell’ultima guerra. Nastri e medaglie di battaglie dimenticate appese come corpi appassiti. Un vecchio soldato, con la manica rimboccata su un braccio mancante, salutava mentre Manfred andava via. Gli occhi dell’uomo erano pieni di dolore, le lacrime raggiungevano i suoi baffi.

    Manfred ricambiò il saluto dell’anziano uomo. Perché era così triste? L’esercito tedesco era sulla via della vittoria.

    Capitolo 2 – Così è la guerra

    Manfred guidava la cavalleria attraverso la campagna francese. La missione di trovare i nemici in ritirata veniva ostacolata dalla fitta nebbia. Manfred non poteva vedere oltre i cento metri; il sole mattutino era poco più che una macchia dietro i cieli grigi.

    <>, disse Steiner, il sergente maggiore di Manfred nonché l’uomo di maggiore esperienza nella cavalleria del plotone.

    Manfred iniziò a ignorare i commenti quando un oggetto si materializzò nella foschia, un piccolo fienile di legno in una fattoria alla fine di un campo incolto. La caduta di un ramo spezzato proveniente da un albero vicino al fienile attirò la sua attenzione. Una figura solitaria correva veloce dal bosco al fienile.

    <>, disse Manfred. Il cuore batteva nel petto quando estrasse la pistola dalla fondina. <>, disse agli uomini di cavalleria vicino a lui. Conosceva ogni membro del plotone, quindi scelse i più aggressivi per il suo piano.

    <>, disse Manfred rivolgendo l’attenzione verso la tromba di Palz.

    <>, ma l’obiezione di Steiner venne interrotta quando Manfred spronò il suo cavallo e attraversò il campo. Scelse di sollevare le lance aventi l’acciaio dalla forma laminata all’estremità, di qualche metro e le fece scivolare dietro di lui.

    A metà campo circa, un singolo colpo d’arma da fuoco risuonò. Un lampo giallo dalla finestra del fienile e lo schiocco di un proiettile vagante furono la prima vera esperienza di guerra di Manfred. Spronò il suo cavallo al galoppo e attraversò il campo. L’adrenalina scorreva nelle sue vene quando entrò in azione, i colpi degli zoccoli nel terreno sporco gli facevano percorrere un brivido sulla schiena.

    Smontò dal cavallo a fianco al fienile e passò il comando a Palz. Heinrich e Baumer abbassarono le loro lance e presero posizione alla fine del fienile. Manfred calibrò l’impugnatura della pistola; in ogni caso il tiratore scelto si trovava dentro quel fienile ed era sul punto di imparare una lezione per aver sparato a caso verso Manfred e i suoi uomini.

    Manfred si avvicinò a una porta sul lato del fienile e gli rifilò un potente calcio. L’intelaiatura della porta tremò, spalancandosi come un torrente in piena. Manfred realizzò che non era del tutto chiusa e avrebbe potuto semplicemente spingerla per aprirla. Attraversò la soglia della porta, tenendo la pistola di fronte a lui.

    Trovò due ragazzi adolescenti, rimasti a bocca aperta per l’improvvisa comparsa di un ufficiale tedesco armato. Manfred teneva la pistola pronta vicino a lui, il francese era un ragazzo magro dai capelli neri e lisci e il labbro superiore alle prese con la crescita dei baffi che faceva di lui un poilu.

    Un fucile giaceva appeso sulla parete di fianco alla finestra rotta.

    L’altro adolescente, più piccolo del suo compatriota e con la struttura corporea di un bracciante, teneva d’occhio l’arma.

    <> Chiese Manfred.

    <<Va te faire foutre, boche>>, rispose il più alto.

    <> Disse Manfred. Lui non parlava francese, ma interpretò i sentimenti.

    L’adolescente più basso respirava affannosamente, quindi accusò Manfred con i pugni alzati.

    Manfred puntò la pistola verso il ragazzo. Nonostante anni di addestramento militare, svariate ore passate a perfezionare la mira con la sua pistola, nell’affrontare un vero nemico, Manfred esitò. Premere il grilletto per porre fine a una vita gli risultò molto più difficile di quanto si sarebbe mai immaginato.

    L’assalitore spinse Manfred fuori dalla porta. Il tallone di Manfred schiacciò qualcosa e cadde in un angolo fangoso. Manfred si dimenò con i piedi appena sentì la porta aprirsi sull’altro lato del fienile, seguito dal suono di due piedi che correvano sull’erba alta.

    Manfred scrollò il fango dalla parte dietro dei pantaloni e fece passare il suo cavallo.

    Questo non era il modo in cui si era immaginato il primo contatto con il nemico. Mantenne la dignità riuscendo a montare facilmente a cavallo.

    <> Disse lui.

    Lui e i suoi uomini uscirono di colpo dal fienile. I due francesi avevano quasi attraversato il campo di cotone, per provare a scappare tra gli alberi immersi nella nebbia.

    Gli uomini di Manfred portarono i cavalli di fianco a lui e abbassarono le lance per andare in battaglia. Il rumore degli zoccoli sollevava il morale di Manfred mentre si avvicinava alla preda. L’euforia del comando nel condurre i suoi uomini in battaglia, finalmente valse la pena per i lunghi anni di scuola militare e di lavoro nella guarnigione.

    Gli adolescenti caddero improvvisamente al suolo, ricoperti di cotone. Manfred mantenne il comando, incurante degli strani movimenti del nemico.

    Il fuoco di una mitragliatrice scoppiò dalla fila di alberi. I bang bang degli spari e la pioggia di proiettili bloccarono la carica. Heinrich grugnì a causa di un proiettile che gli colpì la spalla. Lasciò cadere la sua lancia e cadde dal cavallo. Cadde in un tonfo e fu subito calpestato dal suo cavallo impaurito. La cavalcata di Schwehr si agitò inclinandosi in avanti, facendo rotolare il cavaliere sul terreno. Schwehr balzò ai piedi di Heinrich quando altri spari arrivarono dalla fila di alberi. Lo staccato di un’altra dozzina di invisibili soldati francesi si unì al frastuono della mitragliatrice. Schwehr scattò, bersagliato dai proiettili; riuscì a fare altri due passi prima di cadere a terra.

    Manfred ha compiuto la sua missione; ha trovato l’esercito francese in ritirata. Un proiettile passò a velocità lampo vicino alla sua testa appena si girò. Altri spari risuonarono, ogni nuovo boato convinceva Manfred che i Francesi erano ancora in forze. Le divise blu francesi avanzarono lentamente dal bosco a dozzine.

    Lui e Palz scapparono via verso il granaio. Il resto del suo plotone emerse dalla nebbia e formò una linea

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