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Oceano di pietra: Sfidare il Triangolo Maledetto non è una buona idea...
Oceano di pietra: Sfidare il Triangolo Maledetto non è una buona idea...
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E-book318 pagine4 ore

Oceano di pietra: Sfidare il Triangolo Maledetto non è una buona idea...

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Info su questo ebook

30 ottobre 1974. Il pilota della Eastern Airlines Leonard G. Johnson è impressionato dalla lettura di un articolo su un aereo della stessa compagnia che si è schiantato il 29 dicembre 1972 nelle paludi Everglades (Florida), e assurto poi alle cronache per via delle presunte “apparizioni” a bordo di altri aerei della Eastern dell’ingegnere di volo Don Repo e del capitano Bob Loft, periti nell’incidente.
Johnson non dà credito ai resoconti paranormali, ma è a disagio per il fatto che il suo aereo dovrà trasportare a Lajes (Azzorre) un non meglio definito “carico” di vitale importanza per la sicurezza nazionale, che gli fa tornare alla mente misteriosi esperimenti militari di cui gli parlava il padre, astronomo di fama mondiale.
Il volo Eastern 441 con Johnson alla cloche decolla regolarmente, ma ogni contatto si interrompe alle 23.30 al largo delle coste del Maryland sulle coordinate in cui esattamente venti anni prima (alle 23.30 del 30 ottobre 1954) è scomparso per sempre un Super-Constellation, volo 441 della U.S. Navy diretto a Lajes con a bordo lo stesso numero di passeggeri… Coincidenza?
Alex Johnson, il figlio del pilota, che aveva due anni quando il papà è sparito nell’oceano, leggendo il bestseller di Charles Berlitz Bermuda: il triangolo maledetto, si rende conto delle inquietanti analogie tra la scomparsa del 1954 e quella dell’aereo di suo padre e convince un amico miliardario a cercare il relitto del Boeing 707. Sfidare il Triangolo Maledetto, però, non è una buona idea…
LinguaItaliano
Data di uscita12 set 2018
ISBN9788866904656
Oceano di pietra: Sfidare il Triangolo Maledetto non è una buona idea...

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    Anteprima del libro

    Oceano di pietra - Emanuele Gagliardi

    EEE-book.

    PRIMA PARTE

    I

    30 ottobre 1974 – Ore 15:00 – Washington Dulles International Airport

    Leonard George Johnson ama volare e ama gli aerei. La passione per il volo gliel’ha trasmessa suo padre, il professor Lewis Johnson, astronomo di fama mondiale, instancabile viaggiatore. Gli basta chiudere gli occhi per rievocare l’eccitazione d’una partenza in anni lontani: il sole caldo che segue l’auto lanciata sulla strada per l’aeroporto, tra campi riarsi, fuori città; l’azzurro smaltato del cielo, qualche volta decorato da batuffoli di cotone che a breve avrebbe visto tanto vicini da poter credere di toccarli. Finalmente il tremulo miraggio della torre di controllo. La frenesia di bambino, incontenibile: contava i secondi finché non riusciva a scorgere sull’orizzonte la coda di un velivolo. Una volta era stata l’elegante tripla deriva di un Super Constellation che si allontanava sulla pista rovente, le quattro eliche in movimento e un rombo lontano, ovattato, potente. Un’altra volta era rimasto a bocca aperta quando un DC7 Seven Seas era sfrecciato sopra l’auto, puntando verso il vuoto accecante. Lo aveva seguito finché gli occhi non avevano cominciato a fargli male. Poi l’auto aveva svoltato e si era arrestata all’ingresso dell’aeroporto. Era sceso di corsa per lasciarsi avvolgere da quel cocktail di odori – carburante, bagagli, dépliant freschi di stampa – che sa di libertà.

    Il padre non ha fatto salti di gioia quando Leonard, ventenne, ha voluto arruolarsi in aeronautica. Però non si è opposto. Ricordava quanto il fascino per il cielo, per i pianeti e per le stelle fosse stato determinante per lui, che la famiglia avrebbe voluto avvocato.

    Leonard si è distinto alla scuola di addestramento militare e ha raggiunto presto il grado di sottotenente. Dai monoposto è passato a velivoli più grandi… i B-29. Con un’altra stelletta sulle mostrine, ha conquistato il sedile di copilota sui bombardieri jet. I B-47, poi gli imponenti B-52 su cui ha prestato servizio in Vietnam. Gli otto reattori Pratt & Whitney del bombardiere Stratofortress lo hanno proiettato innumerevoli volte dalla base di Kadina (Okinawa) fino all’azzurro assoluto della stratosfera, oltre i 16.000 metri. Lassù è difficile pensare al tempo e alla velocità… li registrano gli strumenti, ma l’occhio resta inghiottito dall’immobilità dell’infinito. L’abbraccio di Dio senza inizio e senza fine. Lassù, nell’azzurro infinito, Leonard ha capito, e lo ripete sempre, che "la guerra piace a chi non la fa e a chi è tanto stupido da non capire cosa sta facendo". Tre anni fa ha lasciato l’uniforme della USAF e ha indossato quella della Eastern Airlines. S’è sposato e suo figlio, Alex, ha compiuto due anni da poche settimane.

    Anche oggi, comandante a trentatré anni, si sente elettrizzato quando imbocca l’ultimo tratto di strada prima di entrare nel parcheggio dell’aeroporto.

    Impermeabile gettato sulla spalla e valigetta nella mano destra, spinge con l’avambraccio la pesante porta a vetri del settore partenze. La carezza tiepida dell’aria interna, impregnata di cherosene, bagagli e brochures, gli rimanda per un istante suo padre e sua madre giovani che lo precedono con il carrello dei bagagli.

    C’è poca gente agli imbarchi. È autunno inoltrato e nei giorni precedenti il tempo non è stato buono.

    «Buongiorno, comandante!»

    L’impiegato del check-in ha il volto tronfio ma, tutto sommato, cordiale.

    «Buongiorno, Owen!»

    Owen si sente importante perché ha un distintivo con le ali sulla giacca. Anche le ali di Owen fanno parte del marchio Eastern, ma quelle di Leonard volano davvero!

    «Dove va a scaldarsi, comandante?»

    «Niente di speciale, Owen, vado a Patuxent River, alla base militare. Hanno affittato un nostro Boeing per Lajes, nelle Azzorre, e lo devo pilotare…»

    «Chi va con un jet civile in una base militare delle Azzorre?» domanda Owen. Più per attaccar discorso che per curiosità.

    «Familiari di militari e qualche ufficiale. Vanno a incontrarsi con i congiunti congedati dalle basi NATO europee. Pare che a Lajes ci sarà una festa. Fra tre giorni torneremo tutti a casa, se Dio vuole» chiosa Johnson. Vuole andare a comprare le sigarette al Duty Free e mettersi seduto al Gate, con i passeggeri comuni. Non gli piacciono i locali riservati agli equipaggi. Sembrano gabbie. Ben arredate, ma sempre gabbie. Con pavoni e paradisee che intrecciano vuoti canti e cinguettii ostentando mostrine, maquillage, muscoli, griffe e curve.

    Anche i colleghi migliori, quando non sono alla cloche, cadono nella trappola della banalità! Tutti esperti di automobili, formidabili amatori, insuperabili trainer delle squadre di baseball e di football. Le hostess… manco a parlarne! Si affrontano a colpi di borse di Vuitton, foulard di Yves Saint Laurent, scarpe di GucciRoba che, secondo loro, le renderebbe appetibili ai pavoni che guadagnano tre volte tanto. In realtà ai piloti i capi griffati non interessano. Puntano ai corpi che li indossano! C’è una nutrita casistica di matrimoni tra piloti e assistenti di volo… e una altrettanto lunga serie di rapidi divorzi e di separazioni.

    «Terminal 1, Gate 22, comandante, imbarcheranno fra un’ora, le ho dato una poltrona in prima fila.»

    «Grazie, Owen!»

    «Comandante… scusi ma… perché le fanno prendere un aereo per raggiungere la base e poi partire da lì?»

    «Come?»

    «Volevo dire… partono tanti aerei della Eastern qui al Dulles… non era più semplice farla decollare da qui e fare scalo alla base?»

    In effetti…

    Colto l’indugio del pilota, sulla faccia di Owen si disegna l’idea di aver imbroccato un segreto militare.

    «Valli a capire, i militari!»

    Un po’ di sano qualunquismo…

    A pensarci bene, una risposta plausibile non ce l’ha. Owen ha ragione: la Eastern sposta un jet e lo fa atterrare alla base di Patuxent River in attesa che lui lo raggiunga con un altro volo e lo piloti fino alle Azzorre… Non è logico! Da Washinghton a Patuxent River c’è poco più di mezz’ora di volo, perché la tratta è effettuata con i turboelica… Partendo direttamente dal Dulles con il Boeing 707 rifornito di carburante e vettovaglie ci arriverebbe in neanche venti minuti. Una volta lì, un’ora scarsa per caricare passeggeri e bagagli e potrebbero decollare con un vantaggio di almeno due ore…

    Dolciumi, liquori, profumi e tabacchi nelle vetrine del Duty Free lo distolgono dai pensieri. Al diavolo Patuxent River e i militari cervellotici! È facile che dietro ci sia solo una di quelle beghe burocratiche che non ha mai capito. Vede una scatola di soldatini e pensa di prenderla per Alex. Non sono proprio soldatini, ma indiani e cow boys alti circa sei centimetri, rossi, gialli, verdi. Alcuni hanno la posizione di chi, colpito, sta per finire a terra lasciando cadere l’arma. Nati per perdere… pensa mentre paga i soldatini e due stecche di Muratti.

    Al Gate 22 Leonard prende posto sull’ultimo sedile della fila, quello più vicino alla vetrata che affaccia sulle piste. Come faceva da ragazzo. Sulla piazzola di parcheggio il Lockheed Electra su cui dovrà imbarcarsi ingoia bagagli e carico nella stiva. Osserva le quattro eliche con le pale squadrate, ciascuna ferma in una posizione diversa. Ai tempi in cui aerei a elica se ne vedevano di più, si divertiva a cercarne uno con tutte le eliche ferme nella stessa posizione. Gli era riuscito pochissime volte…

    Nonostante l’autunno, il cielo è quasi limpido e il sole del pomeriggio riscalda la vetrata. Leonard segue con lo sguardo il rullaggio e il decollo di un velivolo che non ha mai pilotato: il Lockheed Tristar L-1011, un elegante trimotore a getto simile al nuovo DC-10, con due reattori sotto le ali e la terza turbina incastonata nell’impennaggio.

    Venti minuti all’imbarco. Ancora un occhio al cronografo automatico Seiko, quadrante arancione e tachimetro Pepsi rosso-blu. Regalo della moglie Shirley per il loro secondo anniversario.

    Sul sedile accanto al suo c’è una rivista aperta a metà. Dimenticata da un viaggiatore frettoloso? O ansioso… Lo cattura un titolo: Il mistero del volo 401.

    L’aereo della Eastern, la compagnia per cui allora lavorava da qualche mese, che a fine dicembre 1972 si è schiantato nelle paludi Everglades, a sud della Florida, poco prima dell’atterraggio a Miami. Lui, in licenza per la nascita di Alex, non aveva seguito molto la vicenda. Però era rimasto colpito dalla morte del primo ufficiale Albert Stockstill. Lo aveva conosciuto poco dopo l’assunzione alla Eastern e insieme avevano bevuto qualche drink al bar dell’aeroporto. Stockstill aveva una decina d’anni più di lui, ma sembrava più giovane ed era pieno di entusiasmo. Una volta i loro rispettivi voli erano stati ritardati per una tempesta estiva. C’erano wind shear particolarmente insidiosi a fine pista¹. Johnson e Stockstill si erano ritrovati a bere un succo d’arancia, la giacca in mano e la camicia appiccicata addosso per l’umidità che se ne infischiava del condizionatore. Stockstill aveva sorriso a una hostess con i capelli neri e due occhi d’un azzurro mai visto. Anche Leonard aveva seguito l’ancheggiare flessuoso della ragazza esaltato dall’uniforme che la inguainava.

    «Dovrebbero assumerla alla Eastern!» aveva detto Stockstill.

    «Per-rendere-più-piacevole-la-permanenza-a-bordo?» aveva ribattuto Leonard ironizzando su una formula pubblicitaria della Eastern.

    «No. Perché… hai visto?... ha negli occhi il colore della nostra compagnia, il blu ionosfera

    Stockstill aveva parlato ancora un po’ del blu ionosfera, poi l’altoparlante aveva annunciato l’inizio delle operazioni di imbarco di alcuni voli fra cui quello di Leonard. La tempesta, come era venuta se ne era andata e i due si erano salutati. Aveva più rivisto Stockstill? Forse sì, a novembre. Gli aveva domandato se fosse già diventato papà e lui aveva raccontato della nascita di Alex a fine settembre e del Battesimo celebrato la settimana precedente.

    Prima di cominciare a leggere l’articolo, Leonard sfoglia la rivista. Albert John Stockstill, di anni trentanove precisa la didascalia sotto la foto dell’uomo con la giubba e il berretto Eastern Airlines, pubblicata fra quelle del capitano Robert Albin Loft e del secondo ufficiale e ingegnere di bordo Donald Louis Repo. Questi non li conosceva. Tutti e tre erano morti insieme con altre cento persone fra passeggeri e equipaggio, verso mezzanotte del 29 dicembre 1972, nello schianto del Lockheed Tristar partito da New York.

    Un Tristar uguale a quello decollato prima…

    Un brivido gli percorre la schiena. Ama volare e ama gli aerei. Da sempre. Ma tutte le volte che gli strumenti gli indicano V1² e pronuncia il fatidico Go! per dar inizio al decollo, pensa che quella salita verso l’azzurro può essere un tuffo senza ritorno nell’infinito. La sua casa, Shirley, il piccolo Alex, gli amici restano tutti ben ancorati a terra mentre lui sfida la natura, forse Dio stesso, con una macchina che osa puntare verso il nulla. Tonnellate di acciaio cariche di quintali di carne umana, materia più materia, si avventurano laddove la materia è invisibile e impalpabile… Qualche volta il nulla, la materia invisibile e impalpabile, forse Dio stesso, non gradiscono la sfida e buttano giù quelle tonnellate di acciaio cariche di quintali di carne umana! Una di queste volte ci hanno rimesso la vita Stockstill e tanti che già assaporavano il tepore della Florida.

    Esordisce l’articolo:

    "Il Lockheed Tristar della Eastern, matricola N310EA configurato per 229 passeggeri, era uno degli aeromobili più confortevoli mai costruiti: cabina passeggeri alta due metri e quaranta perfettamente insonorizzata (tanto che la Eastern denominava i suoi dodici jet Tristar Wishperliners), illuminazione indiretta, controlli individuali dell’aria condizionata e delle cuffie per l’ascolto dei canali musicali, bar, spazi di ritrovo e una cambusa sotto la cabina principale raggiungibile attraverso due ascensori…"

    Un vero gioiello, considera Leonard. Come il 747 o il DC-10. Lui, però, preferisce su tutti il 707. Il Seven-O-Seven che vent’anni prima ha rivoluzionato il volo e decretato la quiescenza degli aerei commerciali a pistoni. In fin dei conti è ancora il modello più usato dalle maggiori compagnie per le tratte a lungo raggio e per i voli transoceanici. Il 747, se non lo riempi, è antieconomico e il DC-10, dopo il disastro di Orly, non è visto con favore da molti piloti³. Continua a leggere:

    Il Tristar N310EA era stato consegnato alla Eastern il 18 agosto 1972 ed era entrato in servizio il 21 […]. Quel 29 dicembre, alle 19:30, la Eastern ne aveva programmato la partenza per Miami per le ore 21, come Volo 401…

    La voce della donna che ha preso posto dietro il banco del Gate 22 lo distoglie ancora dalla rivista:

    «Volo National Airlines 666 per Norfolk con scalo a Patuxent River, imbarco immediato. I signori passeggeri sono pregati di presentare la carta d’imbarco unitamente a un documento di identità. Volo National 666…»

    Leonard raduna le sue cose: borsa, impermeabile, berretto… Ha già percorso qualche metro quando si accorge di aver dimenticato la rivista. Proprio come il viaggiatore che, prima di lui, avrà lasciato il posto in fretta e furia per mettersi in fila e salire su un aereo che probabilmente è ancora in volo. Chissà per dove? Da piccolo, ogni volta che vedeva un aereo in cielo si domandava dove fosse diretto, cercava di visualizzare i passeggeri…

    Recupera la rivista, se la mette sotto il braccio e riguadagna il percorso con un piccolo scatto.

    «Buonasera, comandante…» la ragazza dell’annuncio gli restituisce il coupon della carta d’imbarco. Poltrona 1A.

    «Buonasera, comandante» lo saluta pure il primo ufficiale che accoglie i passeggeri all’apice della scaletta.

    «Buonasera… Donald.» Leonard ricambia il saluto chiamandolo con il nome scritto sul badge perforato appeso al taschino della giubba. Deve avere non più di ventisei-ventisette anni.

    Sistema valigetta, impermeabile e berretto nella cappelliera sopra la poltrona. Si siede, allaccia la cintura e getta un’occhiata dal finestrino. Sono le 16:40 e il sole di ottobre già cede al cobalto dell’imbrunire. Le luci dell’aeroporto sono circondate da un alone di umidità sospesa che va a concentrarsi in piccoli rivoli sul vetro dell’oblò. I passeggeri hanno preso posto e la capocabina, una bionda con i capelli molto corti, chiude il portellone e comincia a contarli, mentre le altre assistenti si occupano sorridendo del loro comfort. Una ha un cestino di caramelle e le distribuisce con gran gioia dei bambini, che ne prendono a piene mani. Deglutire al momento del decollo aiuta a eliminare il fastidio alle orecchie dovuto al cambio di pressione e la caramella serve a creare maggior salivazione, ma i ragazzini ne fanno man bassa solo per il piacere di averle senza chiederle.

    16:52: il motore n. 2 di babordo comincia a rumoreggiare e l’elica prende a roteare sempre più veloce. Poco dopo, tutti e quattro i motori sono avviati e il rombo è più cupo. L’aeromobile lascia lentamente l’area di parcheggio per dirigersi verso la pista.

    Il giovane primo ufficiale, Donald, esce dalla cabina e raggiunge Leonard: «Comandante, il capitano mi prega di chiederle se vuole viaggiare in cabina con noi!»

    Ma Leonard tra poco dovrà pilotare sopra l’oceano per un buon numero di ore… E poi… in cabina si finisce sempre a parlare di baseball o del fondoschiena delle hostess… «Ringrazi il capitano, però preferirei restare qui. Ho una rivista da leggere e… ma dove l’ho messa?»

    Per la seconda volta il giornale è sparito.

    Il giovane pilota raccoglie da terra la rivista finita sotto la poltrona:

    «Questa?»

    «Proprio questa!»

    «Benissimo, allora si goda il volo, signore!»

    «Grazie, buon volo e buon lavoro anche a lei… Donald…»

    Per la seconda volta Leonard legge il badge ma non riesce a vedere il cognome…

    «Donald Repo, signore… di nuovo buon volo!»

    Il giovanotto torna in cabina.

    I motori hanno aumentato i giri e l’aereo si avvicina rapidamente alle luci della pista per allinearsi e iniziare il rullaggio.

    Leonard accende la luce individuale e riprende l’articolo sul disastro dell’Eastern 401:

    il secondo ufficiale e ingegnere del volo 401, il cinquantunenne Donald Louis Repo…

    «Donald Repo!»

    Il giovane copilota dell’aereo su cui sta viaggiando ha identici nome e cognome del secondo ufficiale morto nelle Everglades due anni prima! Ci sarà una parentela? Sarà solo un caso? Il quadrimotore romba a potenza massima e divora la pista. I rivoletti di umidità sul finestrino, che prima cadevano perpendicolari a morire sul metallo, ora si espandono in orizzontale sul vetro, deviati nel loro piccolo tragitto dalla corsa e dall’aria violentata dalle eliche. Una frazione di secondo e il disegno diviene diagonale. Le eliche fendono il cielo e l’aeroporto si allontana, giù, fino a confondersi con le mille luci di Washington.

    II

    30 ottobre 1974 – Ore 17:05

    L’aereo si livella in quota di crociera. Leonard smette di guardare fuori. Torna col pensiero al Volo 401, alla strana coincidenza di nomi fra il secondo ufficiale perito nell’incidente e il pilota che adesso è in cabina. Riprende l’articolo...

    "Donald Louis Repo viveva a Miami. Originario del Massachusetts, lavorava alla Eastern Airlines da venticinque anni, praticamente metà della sua vita. Quella mattina era stato in banca e poi era partito in volo per Tampa, dove aveva preso servizio a bordo del Tristar N310EA che effettuava il volo Eastern 164 per New York. Con lo stesso equipaggio, sarebbero tornati in Florida come volo Eastern 401.

    L’ingegnere di bordo sale sull’aereo sempre prima del capitano e del primo ufficiale per effettuare una serie di test. Ancor prima di accendere l’impianto di condizionamento d’aria, deve assicurarsi che in cabina vi siano uno stock di lampadine di ricambio, un kit per il pronto soccorso, repellente per la pioggia, occhiali protettivi antifumo, un’accetta… e così via. Deve poi compilare la scheda con i dati per il decollo, calcolando i limiti di peso in relazione alla lista dei passeggeri e al carico. Repo esegue tutto con scrupolo – anche se successivamente verrà fuori un errore, comunque irrilevante, nel conteggio dei passeggeri – e aggiunge alla stima del peso circa centottanta chili poiché oltre lui, il comandante e il copilota, viaggeranno in cabina altri due uomini: il pilota Warren Terry e Angelo Donadeo, specialista in manutenzione aerea. Lavorano per la Eastern e tornano a Miami dopo aver svolto un servizio.

    Il volo 401 è affidato al capitano Robert Albin Loft, cinquantacinquenne, alto, magro, trentadue anni di anzianità di volo.

    Poco prima delle 21 entra in cabina Albert John Stockstill, il primo ufficiale. Vive anche lui a Miami, come Repo, ma è nato in Louisiana. Stockstill ha al suo attivo più ore di volo a bordo dei Tristar del capitano Loft.

    Si avviano i motori. Le luci di stazionamento si spengono, avvertendo il personale a terra che l’aeroplano sta per prendere vita. Repo aziona la pompa del carburante.

    ‘Accensione numero 2’, dice il pilota mentre schiaccia l’interruttore d’avvio.

    Come un enorme flipper, gli strumenti s’illuminano di luci colorate verdi, ambrate, e attivano una serie di funzioni sintetizzate su pulsanti e interruttori in una o due parole: Valvola, Aperto, Premere, Pressione Olio, Acceso…

    21:20: decollo autorizzato. Appena sulla pista, Stockstill sblocca il freno e il Tristar comincia la sua corsa. Raggiunge V1, poi VR e Loft ordina ‘Go’. Il bianco aviogetto s’innalza lentamente verso la notte stellata.

    L’Eastern 401 punta a sud verso Norfolk, Virginia, poi imbocca il corridoio aereo 79 in direzione di Wilmington, North Carolina. Da qui, verso il mare. Giunto su ‘Barracuda’, punto di controllo virtuale sopra l’oceano, la rotta curva verso ovest. Il piano di volo computerizzato guiderà poi il Whisperliner verso l’interno, su Palm Beach, quindi più a sud in direzione di Miami, una distesa di luci incastonate tra due oscurità, l’oceano Atlantico e le Everglades.

    Il clima è il maggior richiamo per i passeggeri del volo 401 in quel venerdì d’inverno, ma non l’unico: a Miami ci sono Ann Margret al Fontainbleau, Woody Allen al Deauville e tante altre attrazioni…"

    L’articolo prosegue con le testimonianze dei sopravvissuti al disastro che rievocavano il fatidico volo. Leonard appoggia la rivista sulle ginocchia e torna a guardare fuori: ormai è buio ed è difficile indovinare cosa ci sia sotto anche se il quadrimotore si mantiene poco oltre gli 8.000 metri. Ogni tanto una fila di punti luminosi che si muovono in coppia rivela una strada di campagna percorsa da automobili. Più oltre, un centro urbano che pare una piccola gemma scintillante.

    Continua a leggere.

    "Appena dopo il decollo, Warren Terry, uno dei due ospiti in cabina, si sposta in una poltrona di prima classe. Nel cockpit restano in quattro: Stockstill che pilota, Loft che bada alla radio, Donald Repo e Angelo Donadeo, l’unico che non è pilota ma conosce il Tristar perché è stato capo tecnico della Eastern a Miami e da settembre ha lavorato come supervisore nell’analisi dei guasti che di tanto in tanto hanno afflitto la nuova flotta di L-1011. La mattina di quel venerdì è stato a New York per esaminare proprio un

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