Le pietre di Darumir
Di P. Sacchi
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La guerra ha un epilogo inatteso e le pietre si disperdono, finendo per diventare il filo conduttore che unisce i protagonisti degli altri quattro racconti brevi contenuti in questo libro.
L'esploratore Galaburn Dunmir, Ariyena la guerriera del popolo dei Velesti, il giovane mozzo Jansen, Balkien e il drago Robenor sono venuti in possesso di alcune delle pietre create da Darumir e ne faranno un uso che determinerà il destino di ognuno di loro.
Ma il fato è sempre in agguato e due di loro giungeranno addirittura a conoscersi.....
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Anteprima del libro
Le pietre di Darumir - P. Sacchi
P. Sacchi
Le pietre di Darumir
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INDICE
Introduzione
1. LE PIETRE DI DARUMIR
2. GLI ALBERI DERJEERLING
3. ARIYENA, GUERRIERA DEL POPOLO DEI VELESTI
4. L'ISOLA DELLE OMBRE
5. LA LEGGENDA DEL BOSCO DI KARDEN
6. EPILOGO
Introduzione
Il mago Darumir ha decifrato un'antica magia e l'ha utilizzata per creare delle piccole pietre da distribuire a tutti i soldati dell'esercito del regno di Tensenia per renderli più audaci e coraggiosi.
La guerra contro il regno di Solvaria si protrae da troppo tempo e re Garbenz intravede nel potere delle pietre di Darumir la possibilità di sconfiggere gli eterni nemici e realizzare i suoi piani per l'espansione commerciale del regno, nonostante vi sia chi cerchi di metterlo in guardia dall'uso di una magia non ancora verificata.
Ma il re ha preso la sua decisione e ordina la distribuzione delle pietre tra le sue truppe.
La guerra ha un epilogo inatteso e le pietre si disperdono, finendo per diventare il filo conduttore che unisce i protagonisti degli altri quattro racconti brevi contenuti in questo libro.
L'esploratore Galaburn Dunmir, Ariyena la guerriera del popolo dei Velesti, il giovane mozzo Jansen, Balkien e il drago Robenor sono venuti in possesso di qualcuna delle pietre create da Darumir e ne faranno un uso che determinerà il destino di ognuno di loro.
Ma il fato è sempre in agguato e due di loro giungeranno addirittura a conoscersi.....
1. LE PIETRE DI DARUMIR
- 1 -
Maestà, è da tempo che vi invito a prendere in considerazione delle alternative, rivedendo quei piani che, sino ad ora, non ci hanno permesso di conseguire alcun progresso
sentenziò Varden il consigliere personale di re Garbenz di Tensenia, posando il calice sul grande tavolo di legno dove gli strateghi militari avevano ricostruito la parte orientale del continente, simulando la disposizione degli eserciti che si fronteggiavano da un tempo così remoto nel tentativo di conquistare un accesso al mare che nessuno dei contendenti ricordava qu ando e chi avesse dato inizio al conflitto.
I regni di Tensenia e di Solvaria miravano entrambi ad espandere i loro commerci verso i territori del continente boreale senza dover sottostare ai dazi imposti dal piccolo ducato di Brin che, protetto dalla catena degli impervi monti Vaskam su tre lati, si era arricchito oltre ogni immaginazione a discapito dei due regni confinanti, penalizzati anche dalle difficili relazioni con l'impero di Masken e il regno di Podanzia.
Re Garbenz fulminò con lo sguardo il suo consigliere ma non replicò. Anche se ammetterlo gli costava molto in termini di orgoglio personale, il fatto che il suo consigliere potesse avere ragione anche in questa occasione era più che una semplice sensazione. Se un altro membro della corte si fosse rivolto a lui in quel modo, avrebbe avuto di che pentirsene, ma con Varden il re sapeva di dover fare un'eccezione e il suo consigliere sapeva di potersi esprimere liberamente almeno sino a che la sua visione strategica non fosse stata smentita dai fatti.
Attaccare il passo di Morov ci è costato molti soldati e un numero imprecisato di risorse. I nostri nemici non tarderanno a replicare e continueremo di questo passo per chissà quanto tempo. Se vogliamo sperare di uscire da questa situazione di stallo, dobbiamo pensare in maniera alternativa
disse Varden prima di riprendere il calice facendo roteare il vino caldo speziato per aspirarne il profumo intenso.
Sino ad oggi, sia noi che la Solvaria abbiamo reagito ai reciproci attacchi verso il ducato di Brin perché timorosi che un eventuale successo di uno dei nostri regni avrebbe significato la conquista di una supremazia commerciale a discapito dell'altro e così facendo abbiamo fatto il gioco del duca di Brin che si è limitato a presidiare i passi montani e ha assistito alla lotta tra noi e la Solvaria continuando ad arricchirsi a spese di entrambi, imponendo le sue condizioni in termini di dazi, tasse e prezzi. Se vogliamo veramente porre fine a questa situazione credo che dovremmo allearci con i nostri nemici di lunga data della Solvaria e, insieme, conquistare il ducato di Brin
Il re sgranò gli occhi e batté un pugno sul bracciolo del trono. Il suo viso assunse un'espressione dalla quale era evidente comprendere come Varden avesse menzionato un argomento che il re si rifiutava categoricamente di prendere in considerazione.
Ma cosa ti viene in mente ? Mio padre ti avrebbe fatto decapitare all'istante se tu avessi avuto l'ardire ti proporgli un'alleanza con la Solvaria e, ti avverto, non credere che non sia capace di fare altrettanto se ti dovessi spingere troppo oltre con idee così balzane
Ed è proprio qui l'errore, maestà. Non è un'idea balzana, ma semplicemente la realtà dei fatti. Il nostro nemico non è la Solvaria, ma il ducato di Brin. E' il duca di Brin che si arricchisce alle nostre spalle e ride della guerra senza fine che si protrae da prima che tutti noi nascessimo. Anche i figli dei nostri figli trascorreranno la loro vita combattendo la Solvaria e, forse, giungerà il giorno in cui dimenticheremo perché tutto questo ha avuto inizio
Stiamo facendo il gioco di Brin senza rendercene conto perché le nostre menti sono offuscate dall'odio verso quello che consideriamo un nemico quando invece dovrebbe essere il nostro alleato. Solo unendo le nostre forze riusciremo a rovesciare il duca e ad avere accesso ai porti e alle navi di Brin. In poco tempo avremo accumulato una forza commerciale tale che inizieremo a far paura anche a Masken e alla Podanzia e invece siamo qui a combatterci tra noi e se mai uno dei nostri regni dovesse prevalere all'altro, saremmo al punto di partenza: dovremmo ancora affrontare il duca di Brin e tutti quelli che non ci penseranno due volte a schierarsi al suo fianco per difendere le loro supremazia commerciale
Varden si stava infervorando e si spostava da un lato all'altro della sala del trono. Erano soli e la sua voce rimbombava sino ai colonnati di pietra che sorreggevano la cupola di spesso vetro dalla quale filtrava la luce rossastra degli ultimi raggi di sole della giornata.
Era fermamente convinto della sua teoria e non riusciva a capacitarsi di come il re fosse tanto cieco di fronte all'evidenza. Avevano dilapidato fortune in termini di uomini e risorse senza riuscire a ottenere un vantaggio significativo e il regno si stava indebolendo al punto che, in capo a pochi anni, o forse mesi, sarebbero diventati una facile preda di altri sovrani che attendevano solo il momento giusto per colpire. E secondo Varden questo momento non era più tanto lontano.
Riflettete maestà. Il regno non può continuare a lungo a finanziare la guerra senza mettere a repentaglio la sua stabilità. Spendiamo ogni giorno più risorse di quante riusciamo a produrne e siamo costretti a procurarci merci e armi da altri regni che ci osservano come avvoltoi in attesa del momento in cui saremo così deboli da non opporre resistenza e lo stesso accade in Solvaria. Se non ci fermeremo in tempo e continueremo a correre in direzione del baratro alla massima velocità, giungerà il momento in cui non ci resterà abbastanza spazio per rallentare ed evitare la caduta. Ci ritroveremo in fondo al burrone prima di rendercene conto
Basta così !
il re lo interruppe con un tono di voce che non ammetteva repliche Non puoi capire Varden. Tu ragioni razionalmente ma le guerre non si vincono perché si sono preparate le strategie migliori, perché si dispone dell'esercito più numeroso e si sono organizzati i rifornimenti più efficienti. Si vincono perché si riesce a sorprendere l'avversario e colpirlo dove e quando non sospetta
Il re si alzò dal trono e si aggiustò la stola di ermellino che portava sulle spalle.
I nostri maghi hanno elaborato una magia che ci consentirà di giungere alla vittoria finale e grazie alla quale spazzeremo via la Solvaria e il duca di Brin prima ancora che riescano a rendersene conto
Varden guardò il suo re aggrottando la fronte ed esprimendo tutta la sua perplessità rivolgendo i palmi di entrambe le mani verso l'alto. Non era la prima volta che dai maghi di corte giungevano notizie di potenziali soluzioni che avrebbero segnato l'esito del conflitto. Purtroppo i risultati non erano stati sempre pari alle aspettative ed era ancora vivo era il ricordo dell'ultimo fallimento.
So cosa pensi dei nostri maghi Varden, ma questa volta sono certo che abbiano sviluppato una magia mai concepita prima d'ora
Il consigliere liquidò le parole del re con un gesto della mano che denotava tutta la sua insofferenza, salvo pentirsi immediatamente della sua manifesta arroganza, annuendo ripetutamente con il capo. Varden non poteva scordare quanto accaduto giusto un anno prima quando l'ultimo ritrovato dei maghi, consistente in un vortice in grado di assorbire l'aria e far morire soffocati i nemici, si era rivelato una vera e propria arma a doppio taglio. Nessuno di maghi di corte aveva considerato che, una volta attivato, il vortice non poteva essere governato e che, dopo aver provocato devastazione tra le file del nemico, finisse col dirigersi, sospinto da un vento improvviso, verso le truppe del loro re finendo con l'annullare il vantaggio appena conseguito. Oltre duemila soldati nemici avevano perso la vita e altrettanti erano morti tra le fila dell'esercito di re Garbenz prima che i maghi riuscissero a distruggere il vortice.
Sapeva che ricordare direttamente un tale insuccesso non avrebbe fatto altro che scatenare l'ira del sovrano e soppesò le parole prima di pronunciarle:
Ditemi maestà, quante prove sono state fatte di questa nuova magia ?
Basta Varden. Sono stufo di ascoltarti. Ho dato ordine ai nostri maghi di procedere e di dotare ogni uomo del nostro esercito di una pietra magica in grado di agire sulla sua personalità. Ne basta una per ogni soldato perché le sue debolezze vengano trasformate in punti di forza. Ogni codardo diventerà un uomo coraggioso ansioso di battersi con il nemico, ogni indeciso diventerà risoluto, ogni uomo flaccido acquisirà vigoria e tutti godranno di una forza fisica amplificata che li renderà quasi imbattibili. Sarà come se avessimo raddoppiato la consistenza del nostro esercito perché ognuno dei nostri uomini equivarrà a due del nemico, dandoci un vantaggio enorme. In pochi giorni saremo in grado di sferrare l'attacco decisivo e chiudere i giochi
Pensa Varden, la Solvaria neutralizzata e il duca di Brin che assisterà impotente alla marcia dei nostri inarrestabili soldati sino alle porte del suo palazzo. I maghi mi garantiscono che dopo pochi giorni dal possesso della pietra già si vedono i primi risultati e in capo a due settimane l'effetto raggiunge il massimo, giusto il tempo che ci occorre per muovere le truppe verso il confine occidentale e sferrare l'attacco dal passo di Laskam
Il generale Sondel è già allertato e ha già ricevuto ordini precisi. Mi spiace di non averti consultato prima Varden ma il tempo delle discussioni è terminato. Ora è necessario agire con risolutezza e sfruttare il vantaggio che ci deriverà dal possesso delle pietre
Ti prego di non chiedermi se abbiamo valutato tutti i rischi dell'uso di queste pietre magiche. Sono pietre che agiscono sulla mente di ogni soldato che ne possiede una. Cosa vuoi che possa accadere se non dovessero funzionare ? Ogni uomo continuerebbe a combattere secondo le sue capacità....
Varden scosse la testa e cercò di riordinare le idee controllando la rabbia che sentiva montare dentro di sé. Per il sovrano era tutto troppo facile e, ancora una volta, i rischi derivanti da un uso incontrollato della magia non erano stati valutati in maniera approfondita. O meglio, a quanto pareva, non erano stati valutati per nulla.
Bene, sembra sia finalmente giunta la volta buona. Immagino che la scoperta dei nostri maghi sia una sorta di benedizione giunta dal cielo, ma preferisco toccare con mano prima di esprimere un giudizio, Credo abbiate nulla in contrario se domani vado a scambiare qualche parola con il mago supremo per comprendere meglio la natura e la portata della loro scoperta
Dalle scarne informazioni che mi avete fornito
disse Varden scandendo le parole ad una ad una per far pesare al re il fatto di essere stato coinvolto solo per comunicargli decisioni prese queste pietre delle quali ignoriamo la provenienza e la composizione sono in grado di alterare la psiche dell'uomo che ne possiede almeno una. Molto interessante. Avete mai pensato a cosa potrebbe accadere a delle menti alterate ? Potrebbero anche credersi così forti e invincibili da sfidare il proprio sovrano.....
Varden si interruppe lasciando la frase a metà e fissò il volto del sovrano che distolse lo sguardo e lo liquidò con poche parole.
D'accordo Varden, domani andrai a parlare con il mago supremo ma sia ben chiaro che il piano non subirà cambiamenti. Si va avanti e non si torna indietro
- 2 -
La notte sembrava non voler terminare. Varden aveva trascorso ore a fissare il soffitto della propria stanza illuminata dalla fioca luce che filtrava dall'unica finestra affacciata sul cortile del palazzo reale. Mancava ancora qualche ora all'alba quando decise di alzarsi e vestirsi. Indossò l'uniforme che riservava alle occasioni importanti e si allacciò il balteo con la spada di acciaio temprato nelle fornaci di Drun che il sovrano gli aveva donato quando lo aveva nominato suo consigliere personale. Si guardò allo specchio, una aggiustatina al collo della camicia e si avviò alla porta.
Percorse un lungo corridoio e discese le scale che lo avrebbero condotto al piano inferiore. Nonostante il sole non fosse ancora spuntato, le attività all'interno del palazzo fervevano già. Le inservienti vestite di nero e con un grembiule diverso a secondo della loro occupazione si muovevano veloci e silenziose trasportando cumuli di biancheria profumata proveniente dalla lavanderia centrale, mentre altre erano inginocchiate a terra intente a lavare il pavimento. Una di loro rivolse un'occhiata poco amichevole a Varden quando finì, involontariamente, con lo stampare l'impronta dei suoi stivali proprio dove la donna aveva appena pulito.
Scese un'altra rampa delle scale di marmo bianco striato di nero tenendosi vicino alla balaustra di legno finemente intarsiata. Dalle cucine si diffondevano gli aromi dei cibi che i cuochi stavano preparando per il sovrano e la sua corte. Era ancora presto e una bella fetta di pane caldo imburrato era quello che ci voleva per iniziare una giornata che non si preannunciava delle più facili. Si diresse verso la sala da pranzo secondaria e richiamò l'attenzione di una cameriera dai lunghi capelli castani e dal sorriso contagioso che mai aveva notato prima di quella mattina. Forse era da poco tempo che aveva preso servizio a palazzo.
Assaporò la sua colazione arricchita da frutta fresca e da un boccale di sidro e si trattenne qualche istante ad osservare la cameriera che lo aveva servito intenta ad apparecchiare le tavolate di legno massiccio che, tra non molto, avrebbero accolto i dignitari di corte. La ragazza rispose alle occhiate di Varden abbassando pudicamente lo sguardo ma non riuscendo a trattenere un sorrisetto malizioso e a non sbirciare nella sua direzione dopo pochi istanti.
Il consigliere era un uomo attraente e aveva appena compiuto trentotto anni senza aver mai preso moglie. Tutto ciò unito alla posizione che occupava, faceva di lui una preda molto ambita dalla maggior parte delle ragazze in età da marito e la cameriera non si stava di certo escludendo dalla lista delle pretendenti.
Varden però aveva altri pensieri per la testa e si alzò rivolgendole un fugace cenno di saluto.
Proseguì, attraversando stanze e sale e percorrendo lunghi corridoi, sino a quando giunse alla scalinata principale che conduceva al grande salone di ingresso dove tra breve si sarebbe radunata una moltitudine di persone per conferire con la corte del re. C'erano sempre questioni da risolvere tra il popolo e i segretari avevano il compito di valutare la complessità della vicenda per indirizzare i diretti interessati o ai mediatori, o agli esperti di legge, oppure, addirittura, ai giudici secondari e primari. Una trentina di uomini armati erano schierati su tutto il perimetro del salone, tenendosi in disparte vicino ai tendoni di pesante tessuto rosso ricamato di giallo e verde, pronti ad intervenire per convincere coloro che non erano disposti ad accettare le decisioni inappellabili dei funzionari di corte.
Un servo aprì la porta destinata alla nobiltà e si profuse in un inchino esagerato per celebrare il passaggio del consigliere personale del re. Varden uscì all'aperto e si fermò in cima all'ampia scalinata di oltre cento gradini che conduceva al vasto spiazzo circolare il cui perimetro era delimitato dai bastioni che circondavano tutto il palazzo. Il centro del piazzale era occupato dalla fontana eretta a ricordo delle imprese militari di un antenato di re Garbenz, immortalato mentre, dall'alto della sua cavalcatura, con la spada levata verso il cielo, spronava i suoi soldati all'attacco.
Varden scese gli scalini rapidamente e varcò le mura del palazzo. La giornata si preannunciava soleggiata e una leggera brezza trasportava il vociare e gli odori provenienti dalla piazza poco distante. Era giorno di mercato e gli ambulanti erano già indaffarati a montare le loro bancarelle per offrire le proprie mercanzie. Il mercato della capitale richiamava gente anche dai paesi vicini e, presto, nella piazza avrebbe regnato una enorme confusione che, talvolta, sfociava in discussioni troppo animate che la milizia cittadina, appostata su tutto il perimetro della piazza, non esitava a far cessare quando qualcuno trascendeva nel far valere le proprie ragioni.
Si vendeva di tutto: da cibo, armi, stoffe, stoviglie, animali da cortile, attrezzi da lavoro, amuleti, sino alle donne per chi cercava una compagnia da pochi minuti, mentre saltimbanchi, ladri, contorsionisti, sedicenti maghi, truffatori, accattoni e illusionisti facevano a gara per accaparrarsi le monete di qualche sprovveduto proveniente dalle campagne.
Ai margini della piazza molti mendicanti, malvestiti ed emaciati restavano sdraiati su ciò che restava di coperte lerce e puzzolenti, stringendo a sé tutti i loro miseri averi per la paura che qualcuno potesse derubarli. Varden disapprovava la presenza di quegli uomini in prossimità del palazzo e aveva fatto sgomberare l'area più volte, ma pareva che ogni volta tornasse un numero maggiore di disperati, segno evidente che la guerra interminabile stava mettendo in seria difficoltà sempre più abitanti del regno di Tensenia.
Si allontanò a passo spedito e imboccò la via principale di terra battuta. Notò che alcune botteghe erano state svuotate a riprova di come alcuni commercianti avessero rinunciato alla propria attività e nessuno si fosse offerto per iniziare nuovi commerci. Anche questo era un segnale allarmante e confermava la convinzione di Varden che il regno non poteva permettersi di continuare a destinare risorse ad una guerra che si trovava in una situazione di stallo perenne.
La strada iniziava ad affollarsi e la gente che