Grimoires
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In una tenebrosa Lombardia di fine anni 90, la giovane band Mefistofele accresce le proprie capacità esoteriche fino a giungere alla certezza di poter governare le potenze infernali, dimenticandosi che chi gioca con il fuoco rischia di creare grandi incendi e incenerire se stesso.
La luce di questo lume logorante attira l’attenzione delle più temibili dottrine magiche, attuando l’ingannevole gioco dell’angelo più fascinoso delle filosofie occulte.
L’autore stesso definisce la sua opera come uno scritto volgare e profondamente immorale, ricco di parecchi spunti sul quale poter indagare, solamente però, per i consapevoli di non essere ammassi di carbonio ambulanti.
Ogni riferimento a persone o a fatti realmente accaduti, potrebbe anche non essere casuale.
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Anteprima del libro
Grimoires - Carmelo Caruso
Carmelo Caruso
Grimoires
CAVINATO EDITORE INTERNATIONAL
Carmelo Caruso
Grimoires
Prima edizione: Cavinato Editore International – 2019
Impaginazione e grafica: Silvia Mezzanotte
Illustrazioni presenti: Roberto Milani
Isbn: 978-88-6982-760-0
©Tutti i diritti letterari e artistici sono riservati
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compreso i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.
© Cavinato Editore International
Sede operativa – Logistica:
Via Trento 131/b
25020 Capriano del colle
Brescia- Italia
Tel. 030.2053593
Fax. 030.2053493
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© G.I.E.P. Gruppo internazionale di Editoria e Pubblicità SHPK
Tirane, Njesia Bashkiake nr° 2, Rruga Themistokli Germenji, Pallati Pegaso, Kati 7, Zyra nr.30
Albania (AL)
A mio Padre per aver varcato le tenebre della mia mente, ai Veri Amici per la gentil concessione dei Nomi.
Avvertenze per il lettore
All’interno del romanzo, anche se in forma narrativa, sono riportati rituali di alta Magia cerimoniale trascritti dai più importanti grimori della tradizione esoterica.
Sconsiglio vivamente la messa in opera di tali pratiche data la Pericolosità e l’elevata forma mentis necessaria.
Nel caso il mio suggerimento non ponga remore alla vostra ineluttabile curiosità, prego il lettore di acquisire maggiori informazioni dai volumi da me citati senza omettere nemmeno la minima parola o azione che possiate reputare come futile.
Carmelo Caruso
Anno Domini 2019
א
♫♪ This is War
I lie wounded on wintery ground
with hundreds of corpses around
Many Wounded crawl helplessly around
On the blood red snowy ground
Cries of the (ha, ha) suffering sound
Cries for help to all their dear Moms
many hours of music
many drops of blood
many shiverings and now i Am dead
and still we must never give up
WAR!! WAR!! WAR!! ♫♪
’assolo di Gigi stava terminando la canzone di Burzum quando l’ultima corda della sua Fender si spezzò facendo uscire dalle casse un acuto talmente stridulo da far concludere in anticipo il brano che diventerà una pietra miliare della scena Black Metal.
Luca al microfono fece una smorfia quando vide il suo chitarrista perdere sangue dal dito.
«Ma come minchia hai fatto?».
«Cazzo ne so, è la prima volta che mi taglio con una corda spezzata».
Qualche goccia di sangue fuoriuscì dall’indice di Gigi macchiando gli adesivi della chitarra nero lucido sui quali era raffigurato il logo dei Mayhem e il sigillo goetico di Asmodeo.
Emy alle tastiere, in quest’ultima canzone non era intervenuto, prese in giro Gigi per la ferita affermando poi che per oggi ne aveva piene le scatole.
Alessandro alla batteria, spostando di lato il lungo ricciolo che cadeva sul suo volto gli diede ragione, eseguendo un’ultima rullata accompagnata da un tic nervoso sfogato sul doppio pedale.
I Mefistofele erano una giovane band composta da cinque ragazzi capelloni di età compresa tra i ventitré, gli anni di Gigi, sardo di origine e pelle olivastra e ventisei quelli di Emy dal fisico alto e snello.
Provenivano tutti dall’hinterland ovest di Milano nei pressi del fiume Ticino.
Suonavano uno dei generi più estremi di tutto il panorama musicale: il Black Metal.
Nonostante la giovane età, erano richiesti in parecchi festival metallari del nord Italia in quanto erano pochissimi i gruppi capaci di suonare decentemente questo tipo di sonorità nato alla fine degli anni 70.
Una modesta casa discografica della Norvegia, diventata negli anni 90 la patria madre del genere, li contattò per un possibile contratto in attesa che raggiungano una maggiore maturità musicale.
Finite le prove passavano il resto della serata in un lazzaretto, un luogo tranquillo offuscato nei mesi autunnali da una nebbia spettrale, un turbine di anime fuoriuscite da quel campo santo dedito ad accogliere i cadaveri dei lebbrosi.
Giovanni, il bassista, calabrese di origine e di corporatura robusta, staccò una pallina di super polline dalla stecca che aveva in tasca e si mise a scaldarla nel letto di tabacco che teneva nella mano.
Era uno spettacolo vedere come quel tipo di hashish friggeva al contatto della fiamma dell’accendino e nel frattempo che impastava il tutto, una Bmw blu scura entrò a tutta velocità nel lazzaretto fermandosi prepotentemente vicino alla band.
Dal 3e20 is con cerchi in lega dorati, uscirono tre persone e colui che stava seduto al lato passeggero disse ai giovani.
«Miiinchia, pariti cinqu tabbutari».
Luca data l’origine dei suoi genitori, fu l’unico a capire l’allusione ai becchini.
L’uomo si avvicinò a Gigi tirandogli due manate in pieno volto.
«Melo, cazzo fai?», gli chiese il chitarrista.
«Pezzo di merda, mi volevi pigliare per il culo?».
Gigi stava per mentire ma ormai capì che era inutile.
«Cazzo Melo scusami».
Melo prese Gigi per i capelli, li strinse e guardò i suoi amici.
In genere quando si muove per castigare, esce con l’intenzione di imbrattarsi i vestiti di sangue ma ora era titubante e lo sguardo dei suoi compari lo trattenne ancor di più.
I Mefistofele avevano una nomea molto particolare nella zona.
Gente spergiura che da ragazzini assistettero a delle loro sedute spiritiche dove le fiamme delle candele si alzavano a ogni loro richiesta allo spirito, indovinavano il quantitativo di sigarette dentro il pacchetto di uno spettatore preso a caso, e una volta, sulla tavola medianica cascarono dal nulla dei minuscoli pezzi di carne insanguinata.
Con il passare degli anni gli avvenimenti si fecero sempre più tetri e sanguinari, fino ad arrivare al giorno in cui Alessandro, scoprendo l’uomo che fornicava con la sua ragazza, davanti a decine di persone dichiarò il giorno e l’incrocio in cui un’Alfa75 l’avrebbe investito spargendo il suo cervello sul marciapiede.
Per la gioia degli spazzini così fu.
Melo prese Gigi per la sciarpa.
«Pezzo di cretino, i soldi falsi chi pensi li abbia dati a Ciccio, mettitelo in testa che tutto quello che è di qualità superiore passa prima nelle mie mani».
Con violenza spinse il chitarrista.
«Vabbhé Gigi, so che hai sempre pagato i tuoi debiti, ti do tre giorni per consegnarmi i soldi, e voi altri levatevi dal volto quei sorrisetti del cazzo perché una volta che sarete nello stomaco di qualche maiale, le vostre fatture ve le potrete ficcare su per il culo».
I tre salirono sul Bmw e Melo prima che la macchina partisse a razzo gli suggerì.
«E fatevela una minchia di lampada!».
Luca bestemmiando si rivolse a Gigi.
«Ma ti sei messo con quella gente di merda? La rogna li evita e tu fai affari con loro?».
«Si Luca, ma è possibile che ogni volta che ho bisogno di soldi devo fare un sigillo solare, non è corretto nemmeno nei confronti di Paracelso che ci insegna come utilizzarli».
Giovanni finì di caricare l’impasto di essepì sull’alverman di Luca e prima di tirare a sorte per chi dovesse accendere la pipa cilindrica chiese a Gigi.
«Alla fine che cazzo vuole da te?».
Il giovane chitarrista sospirò.
«Gli ho preso una mignotta, arriva settimana prossima da Timisoara, sono riuscito a tirare a Melo il prezzo a Dieci milioni di Lire.
Dato l’imminente arrivo dell’Euro, Ciccio sta svendendo dei soldi falsi stampati alla perfezione e gli ho preso tre milioni che ho rifilato a Melo mischiati ai sette reali che già avevo in contanti».
Giovanni continuò a inveire ma pur sempre in amicizia.
«Ma lo vedi che sei un coglione, chi cazzo pensi li abbia dati a Ciccio?».
Gigi sbuffò.
«Dai raga che cazzo me ne frega, questa che arriva è una figa allucinante, mi farà tirar su un botto di soldi».
Emy prese l’alverman tra le mani e prima di passarlo a Gigi per accenderlo gli disse.
«Sei un pirla, e non ti dico coglione perché te lo hanno già detto».
«E mo’?», chiese Giovanni, «hai tre giorni per cagare tre milioni, auguri».
Acceso il cyloom, a Gigi venne un violento colpo di tosse e sputando bava filante disse, «la gallina nera!».
Luca intervenne subito, «basta magia nera, ci siamo già scottati una volta».
Alessandro battendo l’alverman sul tacco dei suoi anfibi per svuotare la robusta pipa sorrise, «Ma ce l’avevi proposta tu».
Luca sfiorando il ciondolo che aveva sul collo rappresentante Baphomet, ammise le sue colpe riferendosi a un evento di un paio di anni passati.
‘’Dopo aver recitato un versetto scritto da Cornelio Agrippa riportato nel ‘’Rituale di alta Magia’’ di Eliphas Levi, un amico scettico che volle assistere al loro rituale si recò la mattina seguente alla Santa messa lanciando sassi contro il crocefisso al momento dell’eucarestia.
Luca fu titubante all’esecuzione di quell’invocazione ma si ricordò una citazione di Pico della Mirandola la quale affermava che più le parole utilizzate per invocare il demonio sono astruse, più è probabile la sua venuta."
«Ma dai Luca», disse Giovanni, «canti inni a Satana, elogi infernali e ti tiri indietro a fare magia nera?».
«Sai che prediligo quella cerimoniale ma un vero mago deve essere abile in tutte le filosofie occulte, quindi vada per la gallina nera. Non ho il Grand Grimoire ma ho a casa un manoscritto chiamato Drago rosso che ne è l’equivalente.
Gigi a te lo sbatti, cerca un crocicchio e la gallina nera che non abbia mai fatto uova, appena trovi il tutto fammelo sapere immediatamente».
Non fu facile per Gigi trovare un incrocio lontano da occhi indiscreti e furono a dozzine le cascine interpellate per trovare la particolare gallina richiesta.
Si accorse ben presto che il richiamo del demonio nel cuore di un crocicchio, in tempi passati doveva essere una pratica parecchio temuta.
Infatti quando trovava quattro sentieri che si incrociavano nella campagna, nel mezzo era costruita quasi sempre un piccola cappella votiva.
In zona Cesarini, Gigi riuscì a scovarne uno libero appena prima di un bosco dietro un cimitero e quella stessa notte i Mefistofele furono pronti a officiare.
Lo spicchio di luna calante illuminava il sentiero calpestato dagli stivali di pelle dei Mefistofele, lasciando dietro il loro passaggio le penne nere della gallina.
Le lancette del lontano campanile di Corbetta furono prossime a sovrapporsi indicando la mezzanotte e Gigi con un ramo di cipresso, tracciò un cerchio nel centro del quadrivio.
Luca prese posto al suo interno e con la mano destra alzò la gallina per le zampe lasciandola a testa in giù.
Con un lungo coltello da caccia la squarciò in due tra le urla stridule del pennuto.
«Barahon escumos tetros barahin genorting quasquatos harabionis escumantiscos rapiens bruteus alabun.
Qumquam serenantem Efraim, Barahin strikin. Amen».
Lo sguardo della band si posò sugli scatti nervosi dei resti sanguinolenti della gallina e quando il loro viso si alzò dal sacrificio, furono immersi da quella sensazione che solo un abile praticante della Sacra Arte può provare.
Il conseguimento di quello che le leggi della natura non possono ottenere, un crescendo di stima che pervade ogni sentimento giacché hai la conferma di far parte della Grande Opera e di possedere quella forza che tanto viene celata all’essere umano.
Dinanzi a loro una figura orrenda vestita in maniera bizzarra, difficile da decifrare data l’oscurità della notte.
La testa era simile a quella di un cane, orecchie d’asino sottostanti a un paio di corna e al posto delle gambe aveva zampe e zoccoli come quelli di una giumenta.
Lo spirito si chinò loro.
«Complimenti dunque, siete ricchi e quindi gli esseri più felici di questa Terra».
Collin de Plancy, nel suo Dizionario Infernale, aggiungeva che allo spirito in questione al posto di un baule pieno d’oro si poteva chiedere di una gallina nera capace di fare le uova d’oro.
Luca prese in parola l’occultista francese.
La presenza evocata si fece seguire al confine del campo ai piedi di un canale d’irrigazione, indicando un cespuglio di more.
«Ecco, li troverete ciò che tanto bramate».
Quel suo parlare tenendo il muso immobile era inquietante ma ciò che li innervosiva di più fu quel sorriso stampato nel quale mostrava due lunghe fila di canini incredibilmente luminosi.
Giovanni si avvicinò al cespuglio raccogliendo un bauletto di legno dall’aspetto molto antico.