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Il Candelaio
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E-book172 pagine2 ore

Il Candelaio

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Il Candelaio è una commedia teatrale in cinque atti del filosofo italiano Giordano Bruno pubblicata a Parigi nel 1582.
In quegli anni il filosofo soggiornava nella città di Parigi sotto la protezione di Enrico III di Francia, occupando un posto di prestigio nel collegio accademico reale.
Alla complessità del linguaggio, un italiano popolaresco e colorito che inserisce termini in latino, toscano e napoletano, un linguaggio denso di metafore, allusioni oscene, sottintesi, citazioni e storpiature linguistiche, corrisponde una trama eccentrica e complessa, fondata su tre storie principali, quelle di Bonifacio, Bartolomeo e Manfurio. Il candelaio Bonifacio, pur sposato con la bella Carubina, corteggia la signora Vittoria ricorrendo a pratiche magiche; l'avido alchimista Bartolomeo si ostina a voler trasformare i metalli in oro; il grammatico Manfurio si esprime in un linguaggio incomprensibile. In queste tre storie si inserisce quella del pittore Gioan Bernardo, voce dell'autore stesso che con una corte di servi e malfattori si fa beffe di tutti e conquista Carubina.
LinguaItaliano
Data di uscita25 nov 2019
ISBN9788894965353
Il Candelaio
Autore

Giordano Bruno

Giordano Bruno wird 1548 in Nola geboren. Er studiert ab 1562 in Neapel humanistische Wissenschaften und tritt drei Jahre später in den Dominikanerorden ein. 1575 beendet er sein Theologiestudium und zieht zum erstenmal den Verdacht der Ketzerei auf sich. Es folgen ruhelose Wanderjahre durch halb Europa, während derer Bruno an jeder neuen Wirkstätte schnell durch antiaristotelische Vorträge die ansässige Professorenschaft provoziert. Zurückgekehrt nach Venedig wird er 1592 denunziert und der Inquisition übergeben.Von der Ursache, dem Prinzip und dem Einen erscheint 1584. Bruno vertritt die Meinung, daß im Universum alles beseelt sei und deshalb im Sinne der antiken Lehre des Pantheismus eine Identität von Gott und Natur angenommen werden kann. Damit kann absolutes Wissen nicht durch theologische, sondern muß vielmehr durch naturwissenschaftliche Erkenntnis erlangt werden. Brunos zentrale Auseinandersetzung mit Aristoteles findet sich in Vom Unendlichen, dem Universum und den Welten, in dem das Problem der Vielheit der Welten behandelt wird. Den Vertretern der scholastischen Methode wirft Bruno vor, in einem verschulten Aristotelismus nur Abstraktionen gelten zu lassen, dadurch aber die Pluralität der Welt nicht zu erkennen. Neben philosophischen Texten verfaßt Bruno bedeutende Lehrgedichte wie Über die Monas (1591), die ihn als auch als Literaten zeigen. Brunos Werk hat die unterschiedlichsten Interpretationen erfahren; unbestritten ist sein Einfluß auf Denker wie Spinoza und Hegel. Leibniz übernimmt von ihm den Begriff der Monade.Giordano Bruno stirbt nach 8 jähriger Kerkerhaft 1600 auf dem Scheiterhaufen in Rom.

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    Il Candelaio - Giordano Bruno

    V

    Introduzione

    Il Candelaio è una commedia teatrale in cinque atti del filosofo italiano Giordano Bruno pubblicata a Parigi nel 1582.

    In quegli anni il filosofo soggiornava nella città di Parigi sotto la protezione di Enrico III di Francia, occupando un posto di prestigio nel collegio accademico reale.

    Alla complessità del linguaggio, un italiano popolaresco e colorito che inserisce termini in latino, toscano e napoletano, un linguaggio denso di metafore, allusioni oscene, sottintesi, citazioni e storpiature linguistiche, corrisponde una trama eccentrica e complessa, fondata su tre storie principali, quelle di Bonifacio, Bartolomeo e Manfurio. Il candelaio Bonifacio, pur sposato con la bella Carubina, corteggia la signora Vittoria ricorrendo a pratiche magiche; l'avido alchimista Bartolomeo si ostina a voler trasformare i metalli in oro; il grammatico Manfurio si esprime in un linguaggio incomprensibile. In queste tre storie si inserisce quella del pittore Gioan Bernardo, voce dell'autore stesso che con una corte di servi e malfattori si fa beffe di tutti e conquista Carubina.

    Nella commedia, dove Bruno definisce sé stesso un «accademico di nulla accademia», è mostrato un mondo assurdo, violento e corrotto, rappresentato con amara comicità, dove gli eventi si succedono in una trasformazione continua e vivace.

    Lo stesso apparato introduttivo ai cinque atti in cui la commedia è suddivisa risulta inconsueto e articolato, ponendosi in contrasto con i canoni della commedia tradizionale rinascimentale: alla poesia iniziale indirizzata ai poeti e a una dedica alla signora Morgana B. (probabilmente una conoscente di Bruno), seguono un argumento, dove Bruno riassume la trama; un antiprologo, dove l'autore capovolgendo subito quanto proposto in precedenza, ironizza sulla possibilità stessa di rappresentare realmente questa commedia; un proprologo, dove egli polemizza contro le ideologie false, e un bidello, che finalmente licenzia la commedia.

    Venti sono i personaggi e settantasei il numero di scene complessive. Il titolo deriva dal soprannome di Bonifacio: candelaio, termine che volgarmente significa anche omosessuale. La commedia è ambientata nella Napoli-metropoli del secondo Cinquecento, di cui abbiamo, come rileva Pasquale Sabbatino, il ritratto cartografico disegnato da Du Pérac e stampato da Antoine Lafréry a Roma nel 1566 e la descrizione di Giovanni Tarcagnota, Del sito, et lodi della città di Napoli, apparsa a Napoli, nello stesso anno, presso Scotto. Le scene si svolgono presso il seggio del Nilo, uno dei distretti amministrativi del tempo, situato presso il decumano inferiore e vicinissimo alla piazza San Domenico Maggiore, dove Giordano Bruno seguì il suo percorso ecclesiastico.

    Bonifacio, marito di Carubina, confida a Bartolomeo di essere innamorato della signora Vittoria, in realtà una prostituta, che vorrebbe conquistare senza dover ricorrere al denaro. Bartolomeo, un alchimista, gli confida a sua volta di avere anche lui un sogno: trasformare in oro e argento i metalli. Il pedante Manfurio, cui Bonifacio commissiona la scrittura di un'epistola amorosa, si esprime con frasi fatte e citazioni latine parlando a sproposito e mostrando di non comprendere quello che gli succede intorno. Sprezzante e sarcastico il rimprovero di Sanguino, servo di Bartolomeo, nelle cui parole riecheggia tutto il dispregio di Bruno per il mondo accademico dell'epoca.

    Bonifacio, sempre per lo stesso fine, commissiona all'artista Gioan Bernardo un ritratto che lo «faccia bello»; Gioan Bernardo promette ma nello stesso tempo lo prende in giro: « da candelaio volete diventar orefice», con allusione oscena al cambiamento di gusti sessuali, ma Bonifacio non intende. Non contento e sempre innamorato, Bonifacio ricorre anche a Scaramuré, un mago.

    Vittoria, ragionando fra sé e sé sull'amore di Bonifacio, che giudica ridicolo, introduce due temi centrali su cui Bruno ruota lungo tutto lo svolgersi dell'azione: il tempo e l'amore. Già nella dedica Bruno scriveva che «il tempo tutto toglie e tutto dà; ogni cosa si muta, nulla s'annichila», e ora la saggia e scaltra Vittoria conclude che « chi tempo aspetta, tempo perde». Il tempo sembra essere sempre là a disposizione per fare ciò che ci piace: in realtà il tempo è inesorabile, procede trasformando tutto senza concedere nulla, ma nello stesso momento il tempo riequilibra le cose e chi sa approfittarne riesce nel suo scopo. Il piano di Vittoria è pero infame: ella si prepara a ingannare Bonifacio. L'atto II si conclude con Pollula e Barra che leggendo l'epistola amorosa composta da Manfurio ne deridono il contenuto, e conoscendo Vittoria giudicano inutile la lettera: « le donne voglion lettere rotonde».

    Nel frattempo Bartolomeo, anch'egli tutto preso dalla propria passione, si mostra preda della cupidigia. Quello del denaro è un altro tema centrale nella commedia: se Bonifacio per avarizia non ricorre ai soldi come si converrebbe con una prostituta, Bartolomeo conclude che « a chi manca il danaio, non solo mancano pietre, erbe e parole, ma l'aria, la terra, l'acqua, il fuoco e la vita istessa». Entrambi « avari, insipidi e goffi» mostrano, come del resto anche Manfurio, di essere in fondo degli stolti, di non comprendere come vanno le cose nel mondo, di non conoscere in ultima analisi, sé stessi.[9] E per questo, sembra voler concludere Bruno, meritano di essere puniti, facili prede di imbroglioni, ladri e prostitute. Le cose vanno così, è una conclusione cinica ma realistica quella di Vittoria nel suo monologo: «Il mondo sta bene come st a».

    L'unico saggio sembra essere proprio Gioan Bernardo, il pittore, l'artista. Ragionando sull'intelligenza di costui e sulla dabbenaggine di altri. Dunque il pensiero di Bruno su questo stato di cose non appare pessimista: se nel mondo tutti avessero « giudizio, diligenza e perseveranza», non ci sarebbe spazio per i truffatori: inutilmente costoro tenderebbero le loro trame. Il mondo descritto dal Candelaio è sì un mondo disgraziato, ma nel quale è chiaramente mostrata una via di salvezza.

    Manfurio e Bartolomeo saranno derubati e picchiati più volte. Al convegno amoroso organizzato per Bonifacio, costui si presenta travestito da Gioan Bernardo, dietro orchestrazione di Vittoria e Lucia. Egli pensa così di incontrare Vittoria, amica intima del pittore e di poterla avere con l'inganno e la magia. Invece si ritrova davanti Carubina, la propria moglie travestita da Vittoria. Interviene Gioan Bernardo che smaschera l'amante e lo punisce. Non contento, il pittore convince Carubina che tradire un siffatto marito non è perdere l'onore.

    Comedia del Bruno Nolano,

    Academico di nulla academia,

    detto il fastidito

    In tristitia hilaris, in hilaritate tristis.

    Personaggi

    Bonifacio, innamorato di Vittoria

    Bartolomeo, alchimista

    Manfurio, pedante

    Vittoria, signora

    Lucia, ruffiana

    Carubina, moglie di Bonifacio

    Gioan Bernardo, pittore

    Scaramuré, negromante

    Ottaviano, spirito faceto

    Pollula, scolare di Manfurio

    Cencio, truffatore

    Marta, moglie di Cencio

    Consalvo, speziale

    Sanguino, mariuolo

    Barra, mariuolo

    Marca, mariuolo

    Corcovizzo, mariuolo

    Ascanio, servitore di Bonifacio

    Mochione, servitore di Bartolomeo

    Sonetto proemiale

    Il libro

    A gli abbeverati nel Fonte Caballino.

    Voi che tettate di muse da mamma,

    E che natate su lor grassa broda

    Col musso, l’eccellenza vostra m’oda,

    Si fed’e caritad’il cuor v’infiamma.

    Piango, chiedo, mendico un epigramma, 5

    Un sonetto, un encomio, un inno, un’oda

    Che mi sii posta in poppa over in proda,

    Per farmene gir lieto a tata e mamma

    Eimè ch’in van d’andar vestito bramo

    Oimè ch’i’ men vo nudo com’un Bia, 10

    E peggio: converrà forse a me gramo

    Monstrar scuoperto alla Signora mia

    Il zero e menchia, com’il padre Adamo,

    Quand’era buono dentro sua badia.

    Una pezzenteria 15

    Di braghe mentre chiedo, da le valli

    Veggio montar gran furia di cavalli.

    Alla signora Morgana B., sua signora sempre onoranda

    Ed io a chi dedicarrò il mio Candelaio? a chi, o gran destino, ti piace ch’io intitoli il mio bel paranimfo, il mio bon corifeo? a chi inviarrò quel che dal sirio influsso celeste, in questi più cuocenti giorni, ed ore più lambiccanti, che dicon caniculari, mi han fatto piovere nel cervello le stelle fisse, le vaghe lucciole del firmamento mi han crivellato sopra, il decano de’ dudici segni m’ha balestrato in capo, e ne l’orecchie interne m’han soffiato i sette lumi erranti? A chi s’è voltato, - dico io -, a chi riguarda, a chi prende la mira? A Sua Santità? no. A Sua Maestà Cesarea? no. A Sua Serenità? no. A Sua Altezza, Signoria illustrissima e reverendissima? non, no. Per mia fé, non è prencipe o cardinale, re, imperadore o papa che mi levarrà questa candela di mano, in questo sollennissimo offertorio. A voi tocca, a voi si dona; e voi o l’attaccarrete al vostro cabinetto o la ficcarrete al vostro candeliero, in superlativo dotta, saggia, bella e generosa mia s[ignora] Morgana: voi, coltivatrice del campo dell’animo mio, che, dopo aver attrite le glebe della sua durezza e assottigliatogli il stile, - acciò che la polverosa nebbia sullevata dal vento della leggerezza non offendesse gli occhi di questo e quello, - con acqua divina, che dal fonte del vostro spirto deriva, m’abbeveraste l’intelletto. Però, a tempo che ne posseamo a toccar la mano, per la prima vi indrizzai: Gli pensier gai; apresso: Il tronco d’acqua viva. Adesso che, tra voi che godete al seno d’Abraamo, e me che, senza aspettar quel tuo soccorso che solea rifrigerarmi la lingua, desperatamente ardo e sfavillo, intermezza un gran caos, pur troppo invidioso del mio bene, per farvi vedere che non può far quel medesmo caos, che il mio amore, con qualche proprio ostaggio e material presente, non passe al suo marcio dispetto, eccovi la candela che vi vien porgiuta per questo Candelaio che da me si parte, la qual in questo paese, ove mi trovo, potrà chiarir alquanto certe Ombre dell’idee, le quali in vero spaventano le bestie e, come fussero diavoli danteschi, fan rimaner gli asini lungi a dietro; ed in cotesta patria, ove voi siete, potrà far contemplar l’animo mio a molti, e fargli vedere che non è al tutto smesso.

    Salutate da mia parte quell’altro Candelaio di carne ed ossa, delle quali è detto che Regnum Dei non possidebunt; e ditegli che non goda tanto che costì si dica la mia memoria esser stata strapazzata a forza di piè di porci e calci d’asini: perché a quest’ora a gli asini son mozze l’orecchie, ed i porci qualche decembre me la pagarranno. E che non goda tanto con quel suo detto: Abiit in regionem longinquam; perché, si avverrà giamai ch’i cieli mi concedano ch’io effettualmente possi dire: Surgam et ibo, cotesto vitello saginato senza dubbio sarrà parte della nostra festa. Tra tanto, viva e si governe, ed attenda a farsi più grasso che non è; perché, dall’altro canto, io spero di ricovrare il lardo, dove ho persa l’erba, si non sott’un mantello, sotto un altro, si non in una, in un’altra vita. Ricordatevi, Signora, di quel che credo che non bisogna insegnarvi: - Il tempo tutto toglie e tutto dà; ogni cosa si muta, nulla s’annichila; è un solo, che non può mutarsi, un solo è eterno, e può perseverare eternamente uno, simile e medesmo. - Con questa filosofia l’animo mi s’aggrandisse, e me si magnifica l’intelletto. Però, qualunque sii il punto di questa sera ch’aspetto, si la mutazione è vera, io che son ne la notte, aspetto il giorno, e quei che son nel giorno, aspettano la notte: tutto quel ch’è, o è cqua o llà, o vicino o lungi, o adesso o poi, o presto o tardi. Godete, dunque, e, si possete, state sana, ed amate chi v’ama.

    Argumento ed ordine della comedia

    Son tre materie principali intessute insieme ne la presente comedia: l’amor di Bonifa[cio], l’alchimia di Bartolomeo e la pedantaria di Manfurio. Però, per la cognizion distinta de’ suggetti, raggion dell’ordine ed evidenza dell’artificiosa testura, rapportiamo prima, da per lui, l’insipido amante, secondo il sordido avaro, terzo il goffo pedante: de’ quali l’insipido non è senza goffaria e sordidezza, il sordido è parimente insipido e goffo, ed il goffo non è men sordido ed insipido che goffo.

    Bonifacio, dunque, nell’atto I, SCENA I, inamorato della s[ignora] Vittoria, ed accorgendosi che non possea reciprocarsi l’amore, - del che era la caggione che quella er’amica, come si dice, di fiori di barbe e frutti di borse, e lui non era giovane né liberale, - pone la sua speranza ne la vanità de le magiche superstizioni, per venire a gli amorosi effetti; e per questo manda il suo servitore a trovar Scaramuré che gli era stato descritto efficace mago. [II SCENA] Avendo inviato Ascanio, discorre tra se medesmo, riducendosi a mente il valor di quell’arte. [III SCENA] Gli sopragionge Bartolomeo che con certo mezzo artificio gli fa vomitare il suo secreto, e mostra la differenza dell’ogetto dell’amor suo. [IV SCENA] Sanguino, padre e pastor di marioli, ed un scolare, che studiava sotto Manfurio, che da parte aveano uditi questi raggionamenti, discorreno sopra quel fatto; e Sanguino particularmente comincia a prender il capo per ordir qualche tela verso di Bonifacio. [VI SCENA] Compare Lucia ruffiana con un presentuccio che Bonifacio mandava, e ne fa notomia, e si dispone a prenderne la decima, e poco mancò che non vi fusse sopragiunta da lui. [VII SCENA] Bonifacio se ne viene tutto glorioso per certo suo poema di nova

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