La vera dimenticanza
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Info su questo ebook
Alessandra Trotta è nata a Roma ed è giornalista e scrittrice, iscritta all’Albo. Nel 2003 inizia la sua collaborazione con alcune trasmissioni radiofoniche di successo, all’interno del palinsesto di Radio1 Rai, come “Io, Tu, Noi, la Famiglia”, alla quale lavora per due edizioni, ed “Europa Risponde”. Nel gennaio del 2004 scrive i testi per due edizioni della trasmissione “Capitan Cook” e tra il 2004 e il 2005 coordina la trasmissione “Italia che va” e anche attualmente collabora a progetti nel palinsesto Rai. Nel 2017 pubblica un libro di poesie dal titolo “Un amore di poesia” edito da Europa Edizioni. Nel 2018 pubblica un romanzo noir thriller intitolato “Personaggi alla ricerca della pistola fumante” edito da Gruppo Albatros Il Filo.
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Anteprima del libro
La vera dimenticanza - Alessandra Trotta
NuoveVoci
IMAGO FANTASY
Alessandra Trotta
La vera dimenticanza
© 2019 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-1042-2
I edizione ottobre 2019
Finito di stampare nel mese di ottobre 2019
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
La vera dimenticanza
A mia nonna Anna e a mia zia Lina
Il Creatore creò il cielo e la terra, il mare e il fuoco. Creò anche gli Dei cosicché si mantenesse l’equilibrio del creato. Le prime creature che abitarono il mondo furono gli elfi e i nani. Essi videro per la prima volta le meraviglie del creato e resero grazie agli Dei. Tutti questi avvenimenti sono conosciuti come tempi remoti e vengono rievocati soltanto da pochi saggi. Gli elfi si divisero in tre gruppi. Gli Elfi Bianchi abitarono le città più sontuose e luminose della terra, gli Elfi Silvi si insediarono nel cuore delle foreste più oscure, mentre gli Elfi Oscuri scavarono delle caverne per ripararsi dalla luce del sole. Anche gli Dei si divisero. Arrivò il tempo in cui il Creatore destò gli Uomini affinché popolassero il mondo. Gli elfi, i nani e le altre creature fantastiche si confinarono lontano dalla vista dei nuovi arrivati, così che la giovane gente non seppe mai della nostra esistenza
.
Ci sono poche persone in grado di cambiare del tutto un’epoca, di lasciare un segno nella storia. Il Cavaliere Nero fu uno di questi. La sua indole era molto complicata ed è difficile dare un giudizio univoco su tutto ciò che fece. Per alcuni fu il più grande comandante, per altri il peggior incubo. Molti lo amarono con tutte le forze, altri lo odiarono più di ogni altra cosa. C’era chi lo avrebbe seguito fin negli inferi se lui lo avesse chiesto, e chi sarebbe fuggito da lui come da un demone. In alcune bettole dell’impero il suo nome viene ancora sussurrato con inquietudine. Molte cose furono dette su di lui, e solo una piccola parte di ciò corrisponde al vero.
Io lo conobbi sin da quando era solo un fanciullo e, per fare giustizia al suo nome, narrerò la sua vera storia.
Ciò che si dice su di me non è importante, non quanto gli altri di questa storia. Nacqui e crebbi nel villaggio degli Elfi Silvi. Non tutti sanno che la leggenda del Cavaliere Nero inizia da quello stesso villaggio molto prima della sua nascita ed è legata alla storia di suo padre. Nel villaggio degli Elfi Silvi fra le tante famiglie si distinse quella degli Arhat. Tutti i figli di tale casa erano noti per la forza del proprio braccio e la nobiltà del proprio cuore. Il più nobile fra tutti gli elfi fu Anfin, figlio di Carant, colui che ammazzava i draghi, il campione degli Elfi Silvi e il maledetto dal Fato. Se dovessi scrivere tutto il male e il bene che egli fece al villaggio non basterebbero mille e un rotolo di pergamena. Anfin viaggiava sempre in compagnia di un Uomo - cosa molto strana fra gli Elfi Silvi -. Il suo nome era Max e si dice venisse dalla Siria. Max stesso raccontò come Anfin gli avesse salvato la vita. Da allora erano divenuti compagni inseparabili. Anfin aveva un nobile cuore e le sue spade erano sempre pronte a proteggere i più deboli e gli innocenti. La caratteristica - comune a tutti gli Arhat - che distinse Anfin fu il suo cuore. Una fiamma rossa come la passione bruciava nel suo animo e nei suoi occhi. Si innamorò di diverse ragazze. Le amò tutte con cuore sincero ma non fu fedele a nessuna. Da una bellissima ragazza umana di nome Elena ebbe un figlio maschio, che fu chiamato Lux. Questo fu il vero nome del Cavaliere Nero ma pochi fra i non elfi lo sanno. Nella nostra lingua Lux significa Elfo Oscuro. Perché il piccolo bimbo fu chiamato Elfo Oscuro non è noto, anche se molti sospettano che la risposta risieda nei diari perduti del padre. Anfin amò anche la propria sorella e da lei ebbe una figlia che chiamò Lor, di solo un anno più piccola del fratellastro. La storia di Anfin si conclude - così pensavo all’epoca - durante la battaglia dell’ultimo drago. Tutti gli Elfi Silvi si ricordano di quella battaglia, in cui Anfin salvò il villaggio dalla distruzione delle truppe dell’impero romano. In quello stesso giorno Anfin e la sorella morirono ed Elisa fu portata via dal villaggio e fu fatta prigioniera. I piccoli - rimasti entrambi orfani - furono affidati a Max. Quasi tutti noi abbiamo visto morire Anfin, ma pochi seppero che il suo spirito fu spostato nel corpo del figlio tramite un rito magico. Così sperarono di far eludere la morte al più nobile fra gli elfi. Quando accadde ciò io ero solo un giovane e Lux aveva solo due anni. Come in seguito egli stesso mi disse, il suo spirito e quello del padre si mescolarono. In un solo istante Lux vide e provò tutto ciò che Anfin stesso aveva visto e provato. Per tale motivo non fu un bambino come tanti altri.
Veramente Lux non fu mai un bambino poiché a soli due anni sapeva già leggere, scrivere, usare un’arma e fare tutto ciò che il padre sapeva fare. Così ebbe inizio la storia di Lux, figlio di Anfin più noto come il Cavaliere Nero".
E poi…
"Era uso degli Elfi Silvi che ogni elfo giunto all’età di armarsi venisse portato di fronte agli occhi del sovrano. Egli ne avrebbe giudicato le notizie al fine di indirizzarlo alla giusta attività. Chi era forte di polso e agile veniva addestrato all’uso della lancia. Chi primeggiava nella mira veniva addestrato all’uso dell’arco. Con gli anni i migliori fra guerrieri ed arcieri venivano promossi allo status di anziano. Un veterano aveva maggiori libertà di un normale guerriero poiché egli poteva scegliere l’arma o l’armatura con cui avrebbe lottato. Lux in cuor suo desiderava di poter usare le spade del padre, poiché nella sua mente aveva ancora i ricordi delle sue gesta. Il giudizio del Re fu indiscutibile, Lux e la sorella Lor sarebbero stati addestrati all’uso dell’arco. La reazione dei fratelli fu ben diversa. Lor accolse con un sorriso il suo destino, Lux si adirò nei confronti della sentenza. Lor vide spuntare nel suo cuore gli ideali degli elfi silvi e aveva votato la sua vita al villaggio, come aveva fatto il padre prima di lei. Io vidi tutto quei giorni lontani. Io conobbi Lux sin da quando era solo un ragazzo. Il suo mondo era unico. Era solito tener distanti da sé gran parte della gente. Nel suo cuore c’erano poche persone. Lor fu una di queste. Ogni scatto d’ira del giovane Arhat veniva placato dalla dolce voce della sorella. Ogni sera lui suonava la cetra e lei lo ascoltava affascinata. Lux le parlava del desiderio di riprendere le armi del padre, e lei lo accarezzava con dolcezza dicendogli che avrebbe fatto tutto al tempo giusto. Non vidi mai come cambiava la movenza di Lux quando si trovava da solo con la sorella. Ma si dice che il suo viso, che sempre aveva un’espressione di sfida, si addolcisse. Spesso la guardava in silenzio. I suoi occhi di ghiaccio si incrociavano con quelli azzurri di Lor. Le loro mani si incrociavano e stavano a lungo abbracciati. Furono i giorni in cui Lux capì di amare la sorella. Le voleva più che bene. Avrebbe desiderato baciarla e averla al fianco per sempre. Ma sapeva che per lei era solo un fratello. Sapeva quanto il cuore di Lor fosse puro, sapeva che non sarebbe nato un sentimento d’amore per il fratello. Sapeva che era la persona a lui più vicina, ma non avrebbe mai percorso quei pochi centimetri che separavano le loro labbra. La luna brillava alta una notte, quando Lux fece un giuramento. Promise alla sorella che non si sarebbe mai unito a nessuna donna. Giurò che sarebbe rimasto per sempre con lei. Lor ricambiò. Ma quanto diversi erano i pensieri dei loro cuori! Lux giurò poiché sapeva di amarla. Giurò poiché non voleva nessun’altra donna che non fosse la sorella. Lor promise poiché voleva bene al fratello. Non aveva mai conosciuto i genitori. Voleva bene a Max ma non si separava mai da Lux. Certi amori sono proibiti - e tali dovrebbero rimanere -. Max continuava a vigilare attentamente su Lux e ben presto capì che lui l’amava. In questo il giovane Arhat non era dissimile dal padre il cui amore per la propria sorella gli fece fare follie. Presolo da parte gli disse che mai Lor doveva sapere di un amore così innaturale quanto quello del fratello. Venne allora il tempo in cui Lux entrò nel corpo degli arcieri. Era loro compito trascorrere le giornate a fare ronde fra gli alberi accertandosi che nessun nemico si avvicinasse al villaggio. In quei giorni vidi Lux ampliare la propria cerchia di conoscenze. Furono molti coloro che si occuparono della nuova recluta. V’era la bella Duchesse dai capelli color delle foglie. Il tempo aveva cancellato ogni memoria di ciò che lui aveva fatto alla sua capanna. Non aveva più rancore per quello che definì come i capricci di un bambino. V’era l’affascinante Alex, dai lunghi capelli bianchi. Si diceva che gli elfi con cui fosse andata a letto erano più numerosi delle stelle nel cielo. Era furba e sempre pronta a conquistare un nuovo elfo.
Divenne compagno di Lux anche Sam, fratello di alcuni anni più piccolo di Alex. Non era un ragazzo di cui si parlava molto al villaggio, poiché era solito parlare con un sussurro e avere grande timore dei suoni forti. Come Alex anche Sam aveva i capelli bianchi come la neve, che teneva sempre in gran ordine. Sam aveva un compagno da lui indivisibile, il cui sopranome era Tik. Lo chiamavano così a causa del suo nervosismo, di cui gran parte di noi ignoravamo la causa. Era calvo