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Toilets
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E-book171 pagine2 ore

Toilets

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Info su questo ebook

Per Lisa i bagni sono una mania, tanto da dedicarne un blog. 
È nelle “toilets” che Lisa rievoca molti ricordi di gioventù e del rapporto conflittuale con sua madre Edna, una donna tanto severa quanto fragile, con cui non è più in contatto da tempo.
Sarà un viaggio inaspettato a costringere le due ad affrontare i silenzi e i rancori del passato.
LinguaItaliano
EditoreKoi Press
Data di uscita1 feb 2020
ISBN9788885769243
Toilets

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    Mi aspettavo poco. Mi ha stupefatta, invece. Una storia commovente scritta con grazia. La rileggerei!

Anteprima del libro

Toilets - Cristiana La Capria

Indice

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

Capitolo 11

Capitolo 12

Capitolo 13

Capitolo 14

Capitolo 15

Capitolo 16

Toilets

Cristiana La Capria

Koi Press  © 2020

Koi Press è un marchio editoriale di

LA MEMORIA DEL MONDO LIBRERIA EDITRICE SNC

Via Garibaldi, 51 - Magenta (Mi) 

Tel 0297295105 Fax 0297020045

p.iva e c.f. 05264460964

ISBN :  9788885769243

Immagine in copertina:  Tim Mossholder da Pexels

Il contenuto di questo libro è il puro frutto dell'invenzione, eventuali riferimenti a fatti, luoghi e persone è da ritenersi del tutto casuale.

Cristiana La Capria

TOILETS

1

Ci teneva a quell’appuntamento. Per essere puntuale si era messa a correre attraversando la piazza del Duomo, facendosi largo tra la folla, scansando i turisti che scattavano foto, facendo a zig zag tra la signorina che sfogliava il libro, i ragazzini che davano da mangiare ai piccioni e la coppia che spingeva il passeggino. Il locale dell’incontro si trovava in una stradina proprio dietro la cattedrale. Appena arrivata, si fermò qualche minuto davanti all’ingresso, il cuore batteva veloce, la fronte era umida di sudore. Alle sei e mezza del pomeriggio il sole picchiava ancora, le nuvole color zucchero coprivano il cielo, mancava l’aria. Agitò per qualche secondo il ventaglio nero di pizzo che un tempo fu di sua nonna, aveva bisogno di riprendere fiato, poi si decise a spingere la porta girevole di un imponente edificio dei primi del Novecento, doveva salire fino all’ultimo piano dove c’era un lounge bar, aperto da poche settimane.

Il vetro dei tavoli alleggeriva lo spazio intorno, le rifrazioni di luce che provenivano dai pendenti in cristallo dei lampadari si proiettavano senza sosta sulla superficie dei bicchieri ordinati in file precise sugli scaffali sopra il bancone.

Le piaceva quel coro di luci, le pareva di stare sul palco di un teatro ottocentesco, così elegante e brillante che nessuno poteva permettersi di mettere il broncio, o lagnarsi, quello era un posto dove veniva facile essere smaglianti, mostrare il meglio di sé. Anche per questo lo aveva scelto. Aveva bisogno di tenere a bada le preoccupazioni che la assillavano in quel periodo e un locale pubblico come quello l’avrebbe aiutata a trattenere i pensieri bui, non voleva farsi risucchiare. Lo aveva scelto anche perché Leonardo preferiva incontrarla in un posto riservato.

Domandò quale fosse il tavolo prenotato a suo nome e le fu indicato il numero dieci, nell’angolo della sala vicino alla finestra che dava sulla strada. Ad aspettarla non c’era nessuno però, lui non era ancora arrivato. Si guardò intorno, i presenti erano per lo più sulla trentina come lei, chiacchieravano, concentrati sulla conversazione in corso, le loro voci si mischiavano alle note di un brano jazz in sottofondo. Avrebbe potuto sedersi e aspettare, ma non lo fece. Aveva realizzato in pochi secondi di essere l’unica a occupare un tavolo da sola, intorno c’erano coppie, gruppi di amici e colleghi di lavoro. La cosa la fece sentire a disagio, nei posti pubblici non le piaceva rimanere con il vuoto attorno; non era mai andata al cinema, né al ristorante senza compagnia, aveva paura che la gente la osservasse giudicandola una persona triste, una incapace di tenersi vicino qualcuno che avesse voglia di passare del tempo con lei. Le cose belle e divertenti dovevano per forza essere condivise, la solitudine invece era una faccenda privata che permetteva di macinare pensieri e sbrigare emozioni faticose, da non mostrare a nessuno.

E poi in quella particolare situazione stare da sola e aspettare Leonardo era insopportabile, le provocava uno stato di insofferenza acuta perché aveva paura che lui non venisse all’incontro, una paura che nell’ultimo mese provava spesso. Quindi decise di riempire il tempo dell’attesa anticipando quello che avrebbe voluto fare dopo.

Attraversò un lungo corridoio che fiancheggiava la sala principale, arrivò fino in fondo dove si trovavano i bagni. Nessuna signora era in attesa prima di lei. La porta di ingresso era bianca come il latte, in alto su di una targa in ceramica era scritto Ladies, per entrare abbassò una pesante maniglia in ottone. Si aspettava un antibagno e poi la solita fila di porte tutte uguali per l’accesso ai gabinetti. Invece no, si trovò dentro a un’unica, ampia e impeccabile sala. La copertura del pavimento, in marmo con delle venature chiare che parevano di panna, rendeva elegante ogni suo passo. Uno specchio ovale in ferro smaltato di bianco, alto un metro e mezzo, quasi quanto lei, rifletteva la sua figura; si guardò dal basso verso l’alto: i piedi piccoli avvolti dalle treccine in cuoio nero dei sandali, la gonna di lino grigio, morbida e lunga fino alle caviglie, il top di maglina nero che fasciava la vita lasciando le spalle scoperte, il collo nudo su cui cadevano in disordine i capelli lisci e neri come il top. A Leonardo piaceva quel suo modo di vestire semplice e un po’ artistico, come lo definiva lui.

Appena si fossero incontrati lui l’avrebbe osservata con occhi seri poi avrebbe sorriso e l’avrebbe chiamata il suo piccolo angelo. Ma quel giorno forse non l’avrebbe chiamata così, lei si sentiva particolarmente nervosa e affaticata, aveva dormito poco, aveva dato una mano a Gino nel servire i tavoli del pub fino a notte fonda, la mattina si era messa a scrivere l’articolo da inviare in redazione il prima possibile, il tutto sotto il dominio di un’afa estrema. L’effetto era visibile, il viso era stanco, nessun trucco ravvivava gli occhi scuri a forma di oliva che in quel momento facevano un grande sforzo per restare aperti, le palpebre erano pesanti, avrebbe voluto chiuderle, se avesse potuto, e addormentarsi sulla poltrona di velluto colore crema che stava di fianco allo specchio. Invece la tensione la teneva vigile, come in uno stato di pericolo costante, quell’uomo l’aveva stregata, di lui non riusciva a fare a meno, stavano insieme da sei mesi ma erano rari i momenti di spensieratezza, lei si sentiva chiusa in una gabbia di insicurezza perché lui era impenetrabile, a volte compariva e altre no, quel legame sentimentale era un moto ondoso permanente che le procurava frazioni di gioia ma anche vertiginose sensazioni di vuoto. Si mise a camminare lungo tutto il perimetro della stanza, andava avanti e indietro e intanto inspirava sollevando le braccia ed espirava portandole verso il basso, aveva bisogno di calmare le fitte allo stomaco che la prendevano ogni volta che avvertiva il rischio che Leonardo non si facesse vivo. Chiuse gli occhi per un attimo, fece un’ultima espirazione profonda; ora aveva bisogno di rinfrescarsi, andò verso il lavabo a sciacquare il viso con acqua fredda, che poi tanto fredda non era, per colpa di quella torrida estate di luglio. Si sentì decisamente meglio.

Era arrivato il momento di mettersi all’opera con il suo progetto, prima doveva curare almeno un po’ l’aspetto, aggiunse del rimmel per dare un tono allo sguardo spento, passò del lucidalabbra rosso, tirò su i capelli con un elastico con sopra cucita una piccola formica di colore rosso, l’ultimo dei suoi lavori a uncinetto. Si diede ancora uno sguardo, sorrise, quel bagno le aveva fatto tornare il buonumore. Giudicò accettabile la sua immagine, a quel punto era pronta per procedere. Tirò fuori dalla borsa lo smartphone, si accomodò sul bracciolo della poltrona di velluto e, facendo attenzione a riprendere nell’inquadratura anche il water in ceramica e la parete di piastrelle, scattò un selfie. Andò avanti a fotografare altri dettagli degni di nota: il dispenser in vetro con dentro il sapone alla magnolia, quello che conteneva la crema idratante per le mani, e, soprattutto, il rubinetto del lavabo che spiccava come un aereo pronto a planare, dal corpo centrale scorreva l’acqua e i due diffusori laterali, come ali, soffiavano aria calda per asciugare in un battibaleno le mani. Dopo avere collezionato in una cartella dell’archivio le foto appena scattate, le registrò una per una con il titolo Bagno del Crystal bar e le postò sul suo blog.

Era il terzo anno che riusciva a tenere in vita la sua mania per i bagni, tramite il blog Toilets che registrava un numero crescente di follower.

Di fianco alle foto inviate scrisse una breve recensione:

Cari Toiletters,

oggi ho scoperto un bagno che vale la pena di provare. È situato nel ventre di Milano, nel nuovo lounge bar Crystal in via Tesserini 22. Troverete un’unica sala da bagno, con raffinati rivestimenti in ceramica dai colori caldi, dotata di tutti i comfort fondamentali, i sanitari sono eleganti e funzionali. Vi rilasserete su di una comoda poltrona dove potrete intrattenervi pensando, leggendo, chiudendo gli occhi e ascoltando note di musica classica che una piccola cassa diffonde nell’ambiente. Consiglio di usare il rubinetto a forma di aereo con le due manopole che sembrano eliche e le ali che asciugano le mani, dopo spalmateci pure un tocco di crema idratante alla magnolia e, soprattutto, prima di uscire non dimenticate di spruzzare una goccia di L’eau froide di Serge Lutens che troverete sulla mensola di fianco allo specchio, vi porterete via un ricordo prezioso. Come sempre vi invito a tenere a mente che il bagno non è solo uno spazio per le funzioni fisiologiche: è il posto dove possiamo sottrarci allo sguardo altrui, dove finalmente siamo soli e possiamo sentirci come ci pare, perché nessuno ci giudica, nessuno ci opprime. Il bagno è il backstage della vita quotidiana. E ora vi lascio la parola.

Lisa

Inviò il testo e, sotto alla fotografia del bagno, inserì la sua valutazione marcando ben 5 stelle, il massimo. Poi uscì dalla sala e si diresse verso la zona dei tavoli. Il numero dieci era ancora vuoto. Lo sapeva, se lo sentiva che ci sarebbero stati problemi, mentre proseguiva per andare a sedersi si chiese cosa fosse successo, cominciò a preoccuparsi, strinse tutti e due i pugni, sudava, stava di nuovo perdendo la calma. Perché Leonardo non l’avvisava? Erano ormai passati più di venti minuti dall’ora stabilita per l’incontro. Avvertì di nuovo un senso di malessere. Nell’istante in cui appoggiò la schiena sul divanetto di fianco al tavolo, sentì il segnale di una notifica, controllò il telefono e ci trovò una lista di commenti al post appena inviato sul blog. Ne lesse alcuni. Federica P. confermava la recensione sul bagno che aveva sperimentato anche lei, e diceva di apprezzare le parole usate da Lisa per la generosa descrizione, la signora Parrella sosteneva che di bagni del genere ne aveva visti solo da Harrods a Londra, un certo Paolo chiedeva se un disabile in carrozzina avrebbe potuto accedere a un bagno così meraviglioso. Intanto il numero dei like saliva e il telefono vibrava, le reazioni si accumulavano. Lisa stava leggendo il commento di un turista svizzero appena giunto in città che era entusiasta della recensione, ringraziava e annunciava che quella sera stessa avrebbe seguito il suo consiglio, sarebbe andato per un drink al Crystal e sua moglie avrebbe provato il bagno da favola.

In quel momento apparve in elenco la notifica di un nuovo messaggio, il mittente era Leonardo Solbiati. Finalmente. Trattenne il respiro e lesse Sono ancora bloccato, non riesco a venire. Passo da te più tardi. Non ebbe finito di arrivare all’ultima parola che la rabbia le aveva invaso i pensieri. Ma chi si credeva di essere? Neanche una telefonata? Neanche una parola gentile, delle scuse? Niente di niente. E lei che era stata preoccupata per lui, in ansia per quello che poteva essergli capitato. Lo maledisse. Sentì le guance bollenti, al cameriere che le chiese – Buonasera signora, allora è pronta per ordinare? – disse in modo secco che non voleva ordinare, poi ci ripensò, gli domandò di avvicinarsi – Mi può portare un gin tonic, per favore?

Al secondo sorso di alcolico la rabbia si era trasformata in tristezza, però. Stava già cancellando le parole cattive che aveva digitato sulla tastiera, alla fine pensò che non voleva rovinare tutto mandandolo al diavolo. Chissà, sennò, quando lo avrebbe rivisto. Non poteva perdere l’occasione di godersi il tempo con lui, ne sentiva la mancanza. Gli inviò un cauto Ok in risposta. Intanto il numero delle notifiche aumentava, quel suo ultimo post aveva fatto il botto. Ma a lei non interessava ormai.

Smise di leggere le notifiche, intascò il telefono, andò alla cassa a pagare e se ne uscì mogia. Come un fiore senza acqua.

Cara Lisa, grazie per il tuo consiglio. Al bagno del Crystal sono stata ieri, è un posto perfetto per concentrarsi, mi sono preparata al colloquio di lavoro. Davanti a quello specchio enorme ho provato il discorso da fare e la postura migliore per l’occasione. Risultato? Mi hanno presa. Consigliatissimo.

M.W.

2

Il sapore del malto mischiato al profumo del sigaro era una goduria. Gino stava cullandosi sulla sdraio con un’Avana tra le dita e sorseggiava beato la sua birra preferita. Si era preso una pausa, era uscito dal pub, aveva chiesto a Manolo di sostituirlo alla cassa, si era seduto proprio di fianco all’ingresso per riposarsi in santa pace, alla ricerca di un po' di brezza, anche solo di un minimo spostamento d’aria. Quella sera avrebbe avuto pochi clienti, lo sapeva già, anche se stavano per trasmettere in diretta la partita amichevole tra il Napoli e il Marsiglia, il pubblico sarebbe stato scarso, anche i tifosi napoletani più accaniti erano andati in vacanza, o si erano arresi all’assedio del caldo.

Erano quasi le otto di sera, il cielo si stava liberando dalla pressione delle nuvole e si intravedeva lo spicchio della luna che brillava quasi quanto il sole, proiettandosi sui tetti

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